La tossicodipendenza del condannato è rilevante ai fini del riconoscimento della continuazione tra reati (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 9 agosto 2022, n. 30909).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BONI Monica – Presidente –

Dott. FIORDALISI Domenico – Consigliere –

Dott. BIANCHI Michele – Consigliere –

Dott. SANTALUCIA Giuseppe – Consigliere –

Dott. FILOCAMO Fulvio – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) CARLO nato a BARI il 10/10/19xx;

avverso l’ordinanza del 30/06/2021 della CORTE ASSISE APPELLO di BARI;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. FULVIO FILOCAMO;

lette/sentite le conclusioni del PG che ha concluso chiedendo che venga annullata con rinvio la sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato, la Corte d’assise d’appello di Bari, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta, presentata ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., di riconoscimento del vincolo della continuazione di cui all’art. 81, comma secondo, cod. pen. in relazione ai reati per i quali è stato condannato con cinque diverse sentenze (estorsione tentata e consumata in continuazione con una rapina ai danni della madre, commesse sino al 29 novembre 1988, una fattispecie in materia di stupefacenti, commessa il 2 agosto 1989, un furto commesso il 22 febbraio 1990, e due rapine, commesse in data 10 dicembre 1998 e 11 aprile 1992).

La Corte d’assise d’appello di Bari ha motivato il rigetto considerando (l’arco temporale all’interno del quale sono stati commessi i reati, indicandolo in due anni, e ritenendo non dimostrata l’asserita condizione di tossicodipendente del condannato all’epoca dei fatti.

2. Carlo (OMISSIS) ricorre per cassazione, con il ministero del difensore di fiducia, sulla base di un motivo.

2.1. Con l’unico motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’arti 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., l’erronea applicazione degli artt. 81, comma secondo, cod. pen e 671 cod. proc. pen., nonché per vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., poiché non sarebbe stato considerato che tutte le sentenze sono riferibili a reati commessi in Bari all’interno di un periodo ricompreso in un anno e quattro mesi.

Detti reati sarebbero stati commessi con modalità similari al fine di procacciarsi il denaro necessario all’acquisto di sostanze stupefacenti, stante la sua condizione di tossicodipendenza (documentata da una convocazione a presentarsi del 29 agosto 1988, un accesso al servizio del 11 novembre 1988 e una comunicazione del 6 ottobre 2020 del Dipartimento Dipendenze Patologiche dell’ASL di Bari, tutte richiamate nel provvedimento impugnato) la quale è comunque desumibile dalla lettura della sentenza di condanna per i fatti commessi in danno della madre sino al 29 novembre 1988.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso proposto è fondato.

2. La motivazione resa dal giudice dell’esecuzione non è idonea a superare il vaglio di legittimità.

Il provvedimento impugnato appare viziato sia nel considerare un lasso cronologico superiore a quello reale, due anni piuttosto che un anno e quattro mesi circa, nonché nella mancata analisi complessiva delle vicende di fatto alla base delle condanne, tra le quali, la prima dà atto della condizione di tossicodipendenza, sia pure successivamente parzialmente documentata.

Nel suddetto discorso giustificativo si rileva, in primo luogo, l’assenza di analisi effettiva di alcuni degli indici sintomatici espressamente posti dall’istante all’attenzione del giudice dell’esecuzione, quali l’omogeneità delle condotte afferenti ai reati principali oggetto di esame, l’identità del bene giuridico offeso, la riferibilità della loro consumazione a un unico ambito territoriale, l’arco temporale intercorso fra le violazioni della legge penale, prospettato come più circoscritto di quanto affermato.

Da ciò deriva che il mancato relazionarsi in modo congruo con la richiesta di applicazione dell’istituto della continuazione evidenzia la carenza di motivazione fondata su argomentazioni generiche e imprecise.

Risulta, inoltre, non sufficientemente considerata l’asserita condizione di tossicodipendenza emergente, oltre che dalla frammentaria documentazione richiamata, dalla lettura della prima sentenza di condanna allegata al ricorso che, invece, non è stata oggetto di esame.

3. Lo stato di tossicodipendenza dell’istante, veicolato con la richiesta rigettata, deve essere oggetto di considerazione effettiva, come imposto dal richiamo dell’art. 671, comma 1, ultimo periodo, cod. proc. pen. (come introdotto dall’art. 4 d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, conv. con modif. nella I. 21 febbraio 2006, n. 49), per cui, quando si tratti di verificare la continuazione in fase esecutiva, deve essere valutato come elemento idoneo a giustificare l’unicità del disegno criminoso con riguardo a reati che siano ad esso collegati e dipendenti, sempre che sussistano le altre condizioni individuate dalla giurisprudenza per la configurabilità dell’istituto previsto dall’art. 81, secondo comma, cod. pen. (Sez. 1, n. 20816 del 09/01/2017, Todaro, n. m.; Sez. 1, n. 50716 del 07/10/2014, Iannella, Rv. 261490).

Lo stato di tossicodipendenza, quindi, ove sussistente all’atto della consumazione dei reati riconducibili all’alveo della continuazione, deve essere considerata per verificare se in concreto concorra a giustificare l’unicità del disegno criminoso.

3.1. Il riconoscimento della continuazione necessita, in sede di esecuzione non diversamente dal processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18,(05/2017, Gargiulo, Rv. 270074).

Poste dette coordinate ermeneutiche, va aggiunto che la condizione di tossicodipendente è da tenere in debita considerazione per giustificare l’unicità del disegno criminoso, con riferimento ai reati che siano ad essa collegati e da essa dipendenti, nel concorso delle altre condizioni rilevanti per l’evenienza della continuazione, costituendo la medesima condizione un fattore ulteriore concorrente, ma non esclusivo, per l’accertamento.

La sua rilevanza necessita che, quando emerga dagli atti oppure sia allegato in modo specifico, anche con documentazione sanitaria che ad esso faccia riferimento, il giudice dell’esecuzione esamini il relativo elemento e le corrispondenti allegazioni, dandone conto in motivazione.

3.2. Da ciò deriva che, qualora si invochi l’applicazione dell’istituto del reato continuato in sede esecutiva, se non viola l’obbligo di motivazione su circostanza rilevante ai fini della decisione il giudice che non prenda in considerazione lo stato di tossicodipendenza del condannato, che risulti solo genericamente dedotto e non sia accompagnato da alcun elemento che lo renda plausibile e suscettibile di essere considerato, né emerga altrimenti dalle sentenze acquisite anche d’ufficio ex art. 186 disp. att. cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 881 del 29/09/2015, dep. 2016, Filippone, Rv. 265716), diversamente non osserva tale obbligo il giudice che, a fronte di allegazione specifica in sé e per come supportata da deduzioni e documenti, escluda totalmente dal discorso giustificativo l’analisi della suddetta condizione (Sez. 1, n. 7381 del 12/11/2018, dep. 2019, Zuppone, Rv. 276387, in motivazione), oppure svaluti totalmente quel fattore senza addurre una spiegazione adeguata e logica (Sez. 1, n. 4094 del 03/12/2019, dep. 2020, Stante, Rv. 278187).

4. In definitiva, deve ritenersi che, per i profili evidenziati, la motivazione sviluppata dal giudice dell’esecuzione sia carente e illogica su circostanze rilevanti.

5. Per queste ragioni, l’ordinanza va annullata con rinvio alla Corte di Assise di appello di Bari, in diversa composizione (cfr. Corte cost., sent. n. 183 del 2013), per nuovo esame che tenga conto dei principi esposti.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’assise d’appello di Bari.

Così deciso in data 22 febbraio 2022.

Depositata in Cancelleria il 9 agosto 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.