Ladro incastrato dalla videosorveglianza della stazione: riconosciuta l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 24 novembre 2022, n. 44677).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PEZZULLO Rosa – Presidente

Dott. CATENA Rossella – Rel. Consigliere

Dott. BELMONTE Maria Teresa – Consigliere

Dott. PILLA Egle – Consigliere

Dott. BORRELLI Paola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da

(OMISSIS) Salvatore, nato a Messina il 28/02/1998;

avverso la sentenza della Corte di Appello di Messina emessa in data 22/01/2021;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere dott.ssa Rossella Catena;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott.ssa Kate Tassone, che, ai sensi degli artt. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla legge n. 176 del 2020 e 16 d.l. 228 del 2021, ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Messina confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Messina in composizione monocratica in data 20/05/2020, con cui Salvatore (OMISSIS) era stato condannato a pena di giustizia in relazione al reato di cui agli artt. 110, 56, 624, 625 n. 7 e 7-bis cod. peri., in Messina il 12/03/2020.

2. Salvatore (OMISSIS) ricorre, a mezzo del difensore di fiducia avv.to Antonio (OMISSIS), in data 18/06/2021, deducendo tre motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.:

2.1 violazione di legge, in riferimento agli artt. 56, 624, 625 cod. pen., ai sensi dell’art. 606 lett. b), cod. proc. pen., in quanto la condotta dell’imputato non può essere considerata idonea, ai fini del tentativo, posto che il soggetto agente non avrebbe mai potuto sollevare 50 kg. di rame, portandoli in spalla al di fuori dell’area ferroviaria sottoposta a costante controllo del personale addetto;

2.2 inosservanza di norme previste a pena di nullità, inammissibilità, inutilizzabilità e decadenza e violazione di legge, in riferimento agli artt. 56, 624, 625 cod. pen., 192 cod. proc. pen., ai sensi dell’art. 606, lett b) e c), cod. proc. pen., in quanto l’unico elemento posto a fondamento della sentenza è costituito dalla videoripresa tratta dal sistema di sorveglianza, di per sé insufficiente per l’impossibilità di identificare la persona ripresa con certezza, tenuto altresì conto della distanza tra la videocamera ed il luogo in cui sono ubicate le canaline contenenti i fili di rame;

2.3 violazione di legge, in riferimento all’art. 625 n. 7 cod. pen., ai sensi dell’art. 606 lett. b), cod. proc. pen., in quanto la condotta si sarebbe verificata all’interno di locali della stazione, peraltro sottoposti a costante monitoraggio, con conseguente inconfigurabilità della circostanza aggravante.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso di Salvatore (OMISSIS) è inammissibile.

Il primo motivo di ricorso appare palesemente versato in fatto, atteso che la sentenza impugnata ha evidenziato come, all’atto dell’arrivo della Polizia Ferroviaria all’interno della stazione di Messina, i cavi erano stati già accatastati per essere asportati, rilevando come i due imputati avrebbero ben potuto caricare il rame su qualche mezzo reperito in loco, approfittando dei momenti di assenza dei controlli.

Tale motivazione appare immune da censure logiche, operando la difesa una critica relativa alla ricostruzione della condotta degli autori successiva all’impossessamento dei cavi, pacificamente già intervenuta al momento dell’arrivo della Polizia Ferroviaria.

Medesima connotazione deve essere attribuita al secondo motivo di ricorso, posto che la Corte di merito ha rilevato come il (OMISSIS) fosse stato ripreso dal sistema di videosorveglianza mentre si aggirava nell’area dove i cavi sono stati rinvenuti, tenendo una cesoia in mano, mentre il complice era stato ripreso mentre sfilava il rame dalle canaline, elementi che palesano una evidente chiarezza delle immagini, come si evince anche dalla motivazione della sentenza di primo grado, che si riferisce espressamente ai fotogrammi, la cui leggibilità, peraltro, è messa in dubbio dalla difesa in maniera del tutto ipotetica.

Quanto, infine, al terzo motivo di ricorso, dalla motivazione della sentenza impugnata si evince come i controlli relativi all’area interessata dalla sottrazione dei cavi di rame fossero svolti in maniera saltuaria dal personale di sorveglianza; inoltre, lo scalo ferroviario è costituito da un insieme di strutture ed attrezzature funzionali al traffico ferroviario, inclusi tutti i beni a ciò preposti ed ivi allocati, emergendo chiaramente come l’area interessata dalla condotta delittuosa fosse costituita da una zona aperta, all’interno dello scalo ferroviario, come tale accessibile da chiunque.

Da ciò discende che, come più volte ricordato dalla giurisprudenza di questa Corte, l’aggravante dell’esposizione a pubblica fede è esclusa solo in presenza di condizioni, da valutarsi in concreto, di sorveglianza e controllo continuativi, costanti e specificamente efficaci ad impedire la sottrazione, posto che la sorveglianza saltuaria – come nel caso in esame – costituisce un semplice strumento di ausilio per la successiva individuazione degli autori del reato (Sez. 5, n. 6351 del 08/01/2021, Esposito Raffaele, Rv. 280493; Sez. 5, n. 1509 del 26/10/2020, Saja Anna, Rv. 280157).

Nel caso in esame, quindi, emerge pacificamente la sussistenza, all’interno dello scalo ferroviario, di un sistema di sorveglianza che consentiva un controllo saltuario, non emergendo alcuna modalità di controllo continuativo ed ininterrotto, con conseguente sussistenza della contestata circostanza aggravante.

Dall’inammissibilità del ricorso discende la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 27/09/2022.

Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.