L’assegno mensile di divorzio deve tenere presente la situazione attuale e non quella ipotetica (Corte di Cassazione, Sezione I Civile, Sentenza 8 marzo 2024, n. 6245).

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sig.ri Magistrati

ANTONIO VALITUTTI                    – Presidente –

CLOTILDE PARISE                         – Consigliere  – Rel. –

ANTONIO PIETRO LAMORGESE – Consigliere –

ROSARIO CAIAZZO                       – Consigliere –

DANIELA VALENTINO                  – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 29602/2022 R.G. proposto da:

(omissis) (omissis) rappresentata e difesa dall’avvocato (omissis) (omissis) con sede presso lo studio dell’avv. (omissis) (omissis) sito in (omissis), via (omissis), per procura speciale in calce al ricorso;

-ricorrente-

contro

(omissis) (omissis);

-intimato-

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di  PERUGIA n. 187/2022 depositata il 02/05/2022;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/12/2023 dal Consigliere Dott.ssa CLOTILDE PARISE.

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Terni, (omissis) (omissis) chiedeva la separazione dalla moglie (omissis) (omissis).

Alla prima udienza, per effetto del raggiunto accordo tra le parti, il rito si trasformava da giudiziale a consensuale e il Tribunale omologava la separazione, prevedendo, tra l’altro, l’obbligo del (omissis) (omissis) di corrispondere alla moglie, a titolo di mantenimento, la somma mensile di € 800,00.

A seguito di decreto di omologa della richiesta di separazione consensuale emesso dal Tribunale di Terni, il (omissis) (omissis) con ricorso al Tribunale di Terni del 23/06/2018, chiedeva la cessazione degli effetti civili del matrimonio e la revoca dell’obbligo di mantenimento, posto a suo carico in sede di separazione.

Con memoria difensiva del 19/10/2018, la (omissis) (omissis) si costituiva nel giudizio, chiedendo di dichiarare la cessazione degli effetti civili del matrimonio e di determinare in € 800,00 mensili, rivalutabili annualmente ISTAT, l’assegno divorzile.

2. Con sentenza n. 358/2021, il Tribunale di Terni dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio e determinava l’assegno divorzile mensile in euro 800,00, rivalutabile secondo indici Istat, in favore della (omissis) (omissis).

3. Con ricorso depositato in data 26/11/2021, il (omissis) (omissis) impugnava la suddetta sentenza davanti alla Corte di Appello di Perugia, chiedendo la revoca dell’assegno divorzile riconosciuto in favore dell’ex coniuge ovvero la sua riduzione. Si costituiva la (omissis) (omissis) chiedendo il rigetto dell’appello nella sua interezza e la consequenziale conferma della sentenza di primo grado.

4. Con sentenza 187 del 2 maggio 2022, la Corte d’Appello di Perugia, ritenendo, sulla base dell’esame della documentazione acquisita al processo, e segnatamente dalle dichiarazioni rese da entrambe le parti anche nel corso del giudizio di separazione, verosimile che la (omissis) si fosse dedicata quotidianamente all’attività domestica, considerata l’evidente disparità patrimoniale tra gli ex coniugi, confermava l’obbligo di corresponsione dell’assegno divorzile, ma in parziale accoglimento dell’appello del (omissis) disponeva la riduzione dell’assegno a € 450 mensili, rivalutabili annualmente secondo gli indici ISTAT.

La Corte di merito affermava che la (omissis) (omissis) avrebbe potuto attivarsi, in considerazione del tempo trascorso dalla separazione, per cercare un’occupazione lavorativa stabile e sufficientemente remunerata.

5. Avverso questa sentenza, la (omissis) (omissis) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. (omissis) (omissis) é rimasto intimato.

6. Il ricorso é stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi degli 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente denuncia:

a) con ii primo motivo di ricorso la “violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto e in particolare dell’art. 345 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ.”, per avere la Corte di Appello ritenuto di accogliere la “domanda subordinata dell’appellante” di riduzione dell’assegno divorzile, nonostante tale domanda fosse stata introdotta per la prima volta in grado di appello;

b) con il secondo motivo di ricorso I’“omessa valutazione di un fatto storico decisivo risultante dagli atti di causa ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ.“, per avere la Corte di Appello omesso di valutare più fatti che dimostrerebbero che l’odierna ricorrente, anche dopo la separazione, si sarebbe adoperata per trovare attività lavorative che le consentissero di vivere dignitosamente; in particolare rimarca la circostanza che ella, dopo la separazione del 2012, aveva frequentato ben tre corsi organizzati dalla Regione della durata ciascuno di 150 ore dal novembre 2014 al novembre 2016 aventi ad oggetto “misure per migliorare l’occupabilità / iniziative di formazione” e che, grazie a tali corsi, nel settembre 2017 era stata assunta, seppure con contratti a tempo determinato, con mansioni di esercente mensa e che la sua attività aveva subito un arresto nel dicembre 2019, per effetto della diffusione della  pandemia Covid, costringendola a svolgere attività di collaboratrice domestica presso una signora anziana a (omissis), attività poi cessata per motivi di salute; inoltre, la Corte d’Appello aveva errato anche laddove ha affermato che l’odierna ricorrente “risulta percepire soltanto un modestissimo reddito mensile di circa € 500,00”, poiché non aveva considerato che quel reddito derivava dai contratti a tempo determinato di addetta alle mense, la cui durata si era protratta solo fino al dicembre 2019.

2. Il primo motivo é infondato.

Secondo l’orientamento di questa Corte che il Collegio condivide, non costituisce domanda nuova quella proposta in appello e fondata sulla medesima causa petendi, ma con un petitum più limitato (tra le tante Cass. 2037/2019; Cass. 11470/2014), sicché non ricorre il vizio di violazione di legge denunciato.

3. II secondo motivo é fondato.

Occorre ribadire che, in materia di assegno divorzile, il giudizio sull’adeguatezza dei redditi degli ex coniugi – cui consegue nell’ipotesi di accertato squilibrio determinato dallo scioglimento del vincolo, l’operatività del meccanismo compensativo-retributivo per l’attribuzione e determinazione in concreto – deve essere improntato al criterio dell’effettività, con valutazione da svolgersi all’attualità e non in forza di un giudizio ipotetico, le cui premesse, quanto alla loro verificabilità, restino incerte, o si fondino su un ragionamento ipotetico i cui esiti vengano ricalcati su pregressi contesti individuali ed economici, non più rispondenti a quello di riferimento (Cass. 35710/2021).

Nel caso di specie, la Corte d’appello ha accertato l’esistenza di una notevole sperequazione tra i redditi delle parti, poiché l’ex marito ha la proprietà di un immobile, fondi di investimento e 2.000,00 euro di pensione, mentre l’odierna ricorrente svolgeva lavori precari e saltuari, percependo un modestissimo reddito di 500,00 euro mensili, e doveva sostenere le spese per il canone di locazione dell’abitazione ove viveva e le spese di cura per la depressione da cui era affetta.

Nondimeno la Corte di  merito ha reputato «ragionevole» ridurre l’assegno da euro 800,00 ad euro 450,00, considerando il tempo trascorso dalla cessazione della convivenza ed il fatto che, al momento della separazione, l’odierna ricorrente aveva 48 anni, senza accertare se, allo stato attuale, considerata la sua età (60 anni), la medesima avesse avuto una possibilità effettiva di inserimento nel mondo del lavoro, se avesse rifiutato offerte concrete, e ciò malgrado i suoi redditi fossero – secondo quanto accertato dalla stessa Corte d’appello – sensibilmente inferiori a quelli del marito.

Inoltre, la Corte territoriale ha omesso l’esame della documentazione che la ricorrente deduce, con sufficiente specificità (cfr. pag. 17 e 18 del ricorso), di aver prodotto nel giudizio di merito, inerente all’attività di formazione e di lavoro svolta dalla stessa nel periodo successivo alla separazione coniugale.

Alla stregua di quanto precede, la censura coglie nel segno, atteso che il giudice di appello ha formulato un giudizio meramente ipotetico, sganciato da circostanze concrete e accertate all’attualità, e ha obliterato – sul piano probatorio e del convincimento – non solo fatti dallo stesso giudicante indicati, ma anche quelli risultanti dalla documentazione in dettaglio indicata dall’odierna ricorrente, la cui decisività, in astratto, può ravvisarsi nel senso invocato in ricorso.

4. In conclusione, va rigettato il primo motivo di ricorso, va accolto il secondo, va cassata la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione, per nuovo esame alla luce dei suesposti principi e anche per la decisione sulle spese di lite del presente

Va d disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione, a cui demanda anche la decisione sulle spese di lite del giudizio di legittimità.

Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delie parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, il 12/12/2023.

Il Presidente

ANTONIO VALITUTTI

Depositato in Cancelleria il giorno 8 marzo 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.