L’assoluzione penale dal reato di maltrattamenti in famiglia (la donna aveva ritrattato) non crea un automatico proscioglimento dalla decadenza dalla responsabilità genitoriale (Corte di Cassazione, Sezione I Civile, Sentenza 14 agosto 2023, n. 24626).

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

MARIA ACIERNO                     -Presidente

MAURO DI MARZIO                -Consigliere

LOREDANA NAZZICONE        -Consigliere – Rel.

ELEONORA REGGIANI            -Consigliere

ROBERTO AMATORE              -Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22989/2022 R.G. proposto da:

(omissis) (omissis) elettivamente domiciliato in (omissis) ), presso lo studio dell’avvocato (omissis) (omissis) che lo rappresenta e difende per procura speciale in calce al ricorso;

-ricorrente-

contro

PROCURATORE GENERALE CORTE APPELLO ANCONA;

-intimati-

avverso DECRETO di CORTE D’APPELLO ANCONA n. 548/2022 depositata il 02/08/2022.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/06/2023 dal Consigliere, dott.ssa LOREDANA NAZZICONE.

FATTI DI CAUSA

La Corte di appello di Ancona, con decreto del 2.8.2022, n. 265, ha rigettato il reclamo proposto avverso il provvedimento del Tribunale per il Minorenni delle Marche, che ha dichiarato l’odierno ricorrente decaduto dalla responsabilità genitoriale sulla figlia minore.

Secondo il giudice del gravame, nessun elemento nuovo era intervenuto, idoneo a modificare il quadro che aveva portato all’adozione del provvedimento che risultava l’unico idoneo a garantire una situazione di stabilità, affettiva e non solo, ai minori.

Infatti, è risultata una situazione di gravi violenze domestiche, anche innanzi alla minore, nonché l’esistenza di reati di vario genere a carico del soggetto, pur assolto dal reato di maltrattamenti a seguiti della ritrattazione della donna in dibattimento, ma socialmente comunque pericoloso, e che nessuna collaborazione effettiva ha mai manifestato sul percorso individuato dai servizi in tale situazione.

L’audizione della minore, di anni nove, non è stata disposta, perché valutata come in contrasto con i suoi interessi, per il grave carico emotivo legato al contesto, alla tensione ed alla percezione delle passate negative esperienze, e sussistendo il rischio concreto che riviva gli eventi traumatici subiti. In ogni caso, la pronuncia non impedirà affatto il proseguire dei rapporti affettivi col genitore.

Il provvedimento è stato impugnato per cassazione dal padre, per tre motivi, depositando anche la memoria.

Non svolgono difese gli intimati.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo, si deduce la violazione o falsa applicazione degli 336 e 336-bis c.c., u.c., per l’omesso ascolto della minore, che sarebbe invece sempre imposto ed obbligatorio per il giudice, dovendosi valutare la sua capacità di discernimento, e dalla corte escluso con motivazione apodittica.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 8 Cedu, 25 e 27 Cost., 330 c.c. ed omesso esame del fatto decisivo consistente nel grave pregiudizio per il figlio che, nella specie, non sussisteva, mentre la corte d’appello, valorizzando i precedenti penali, ha altresì violato le regole del giudice naturale e della presunzione di innocenza.

Con il terzo motivo, si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 32 Cost., 330 c.c., 115 e 116 c.p.c., ed omesso esame del fatto decisivo, consistente nella circostanza che egli non aveva potuto seguire i percorsi prescritti, a causa della ingiusta custodia cautelare cui era stato sottoposto, mentre il giudice non può comunque imporre ai genitori un percorso psicologico. Ripropone, quindi, la vicenda in fatto.

2. – La questione, posta con il primo motivo, afferisce all’ascolto del minore infradodicenne, proponendo esso la tesi che questo sarebbe sempre obbligatorio nei procedimenti che lo concernono.

L’assunto non ha pregio.

La disposizione ratione temporis applicabile – ossia l’art. 336- bis c.c. ex art. 35 d.lgs. n. 149 del 2022 – stabilisce che “se l’ascolto è in contrasto con l’interesse del minore il giudice non procede all’adempimento dandone atto con provvedimento motivato». La formula è riprodotta nell’art. 473-bis.4, secondo comma, c.p.c., ove è situata attualmente la disciplina dell’ascolto del minore.

La corte territoriale ha asserito di volere evitare la nuova audizione, per scongiurare il rischio che la minore fosse ulteriormente traumatizzata, anche in ragione del concreto pericolo di strumentalizzazioni e pressioni degli adulti circa le sue risposte, per il gravoso “carico emotivo” e l’alta “tensione” della piccola, considerata ancora la sua situazione psicologica per le passate esperienze negative.

Orbene, questa Corte ha già da tempo condivisibilmente affermato (Cass. 2 luglio 2014, n. 15143) che il giudice ha l’obbligo di sentire i minori in tutti i procedimenti che li concernono, al fine di raccoglierne le opinioni, le esigenze e la volontà, ma sempre che egli, motivando adeguatamente al riguardo, non argomenti circa la non corrispondenza dell’ascolto alle esigenze del minore stesso le quali, invece, quell’ascolto sconsiglino.

Pertanto, l’audizione è adempimento bensì necessario nelle procedure giudiziarie che riguardino i minori, salvo, però, che l’ascolto possa essere in contrasto con gli interessi superiori del minore medesimo. E, dunque, in materia non si ammette nessun automatismo.

Invero, l’ascolto non andrà operato, tutte le volte in cui esso venga ritenuto inopportuno, in ragione dell’età o del grado di maturità del minore o per altre circostanze, specificamente enunciate dal giudice, le quali palesino come l’ascolto sarebbe, piuttosto, pregiudizievole per l’interesse ad un equilibrato sviluppo psico-fisico del minore, secondo appunto la specifica motivazione che il giudice del merito dovrà enunciare (cfr. Cass. 2 luglio 2014, 15143, cit.; Cass. 15 maggio 2013, n. 11687; Cass. 11 agosto 2011, n. 17201; Cass., sez. un., 21 ottobre 2009, n. 22238).

L’omessa reiterazione dell’audizione da parte del giudice di secondo grado non viola le norme dal ricorrente invocate, ed il motivo è infondato, non avendo la minore compiuto i dodici anni, mentre la corte d’appello ha adeguatamente esposto il proprio convincimento circa la non opportunità dell’audizione, foriera di ulteriore disagio e pregiudizio per la minore medesima.

Inoltre, occorre evidenziare che, se l’ascolto sia ritenuto dal giudice del merito in contrasto con l’interesse del minore – come, nella specie, è ampiamente spiegato nel provvedimento impugnato, in considerazione del pregiudizio che potrebbe derivare alla minore nel porsi come arbitro del grave conflitto genitoriale, e per ulteriori profili ben indicati – non è necessaria la preventiva valutazione del discernimento; la quale, invece, è necessaria ai fini del successivo ascolto del minore infradodicenne, essendo la funzione del discernimento espressamente esplicitato dall’incipit dell’art. 336-bis c.c.

Ve, dunque, enunciato il seguente principio di diritto:

«In tema di ascolto del minore infradodicenne, nelle procedure giudiziarie che lo riguardino, l’audizione è adempimento necessario, a meno che l’ascolto sia ritenuto in contrasto con gli interessi superiori del minore medesimo (in ragione dell’età o del grado di maturità del minore o per altre circostanze), come va specificamente enunciato dal giudice, in tal caso restando non necessaria la motivazione espressa sulla preventiva valutazione del discernimento del minore».

3. – Il secondo ed il terzo motivo possono trattarsi congiuntamente, in quanto affetti dal medesimo vizio.

Essi, invero, pur sotto l’egida del vizio di violazione di legge od omesso esame, mirano invece ad un nuovo giudizio sul fatto, come è palese dalla insussistenza di tali difetti.

Costituisce principio costante che è inammissibile il motivo, ove la parte ricorrente, sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, pretende invero dalla Corte di legittimità una rivisitazione della vicenda concreta, già scrutinata dai giudici del merito, tramite la lettura degli atti istruttori: ma il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge ed implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, laddove l’allegazione di un’erronea ricognizione della concreta vicenda a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (ex multis, Cass. 15 aprile 2021, n. 10029; Cass. 17 febbraio 2021, n. 4172; Cass. 22 gennaio 2021, n. 1341; Cass. 4 maggio 2020, n. 8444; Cass. 10 marzo 2020, n. 6692; Cass. 6 marzo 2019, n. 6519; Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass. 14 gennaio 2019, n. 640); rimane, pertanto, estranea a tale vizio qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si è formato, in esito all’esame del materiale probatorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, posto che la valutazione degli elementi istruttori costituisce, infatti, un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione (Cass. n. 11176/2017; Cass. n. 20802/2011; Cass. n. 42/2009).

4. – Nulla sulle spese, non svolgendo difese gli intimati.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

In caso di diffusione del presente provvedimento, si omettano le generalità e gli altri identificativi delle parti, ai sensi dell’art. 52 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 1° giugno 2023.

Il Presidente

Dott.ssa Maria Acierno

Depositato in Cancelleria il 14 agosto 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.