LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCIA ESPOSITO – Presidente –
Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI – Consigliere –
Dott. FABRIZIO AMENDOLA – Consigliere –
Dott. FRANCESCO GIUSEPPE LUIGI CASO – Consigliere Rel. –
Dott. GUALTIERO MICHELINI – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso 19788-2020 proposto da:
(omissis) (omissis) elettivamente domiciliato in ROMA, via (omissis), presso lo studio dell’avvocato (omissis) (omissis), rappresentato e difeso dall’avvocato (omissis) (omissis);
-ricorrente-
contro
(omissis) SCRL in amministrazione straordinaria, in persona del legale rappresentante (omissis) (omissis) pro tempore, elettivamente domiciliata in (omissis) presso lo studio dell’avvocato (omissis) (omissis) rappresentata e difesa dall’avvocato (omissis) (omissis);
– controricorrente–
avverso la sentenza n. 130/2020 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 17/03/2020 R.G.N. 757 /2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/11/2023 dal Consigliere Dott. FRANCESCO GIUSEPPE LUIGI CASO.
FATTI DI CAUSA
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Reggio Calabria rigettava il reclamo proposto da (omissis) (omissis) contro la sentenza del Tribunale di Palmi n. 999/2018, che pure aveva rigettato l’opposizione di detto lavoratore all’ordinanza del medesimo Tribunale nella fase sommaria del procedimento ex lege n. 92/2012, la quale aveva rigettato la sua impugnativa del licenziamento disciplinare per giusta causa intimatogli in data 5.3.2015 dalla (omissis) s.c.r.I.
2. Per quanta qui interessa, la Corte territoriale, dopa aver data canto diffusamente di quanta ritenuto e deciso dal primo giudice e dei motivi di gravame, nell’esaminare questi ultimi premetteva che il licenziamento risultava comminato con lettera del 5.3.2015 per le contestazioni mosse:
I) con la lettera del 3.11.2014 e relative a divergenze tra l’orario d’ingresso e di uscita registrato elettronicamente e gli orari volontariamente modificati dal dipendente in determinati e ben indicati giorni lavorativi e
II) con lettera del 10 novembre 2014 e relativa ad addebiti circa la malattia e per la mancata ottemperanza all’ordine di trasferimento ad altra sede lavorativa.
Indi, la Corte riteneva per tutti gli addebiti complessivamente mossi requisiti della specificità e della tempestività e li considerava anche fondati, il che escludeva in radice la possibilità di configurare l’atto espulsivo come ritorsivo.
3. La Corte, nel confermare il giudizio di proporzionalità espresso dal primo giudice, ripercorreva la complessiva vicenda di cui é causa ed evidenziava che alla visita fiscale del 10 ottobre del 2014 il lavoratore era risultato guarito ed idoneo; considerava che il disvalore della condotta del lavoratore si aggravava in quanto egli assumeva altra iniziativa e comunicava alla (omissis) che non avrebbe preso servizio a (omissis) sede alla quale era stato trasferito fin dal maggio 2014, bensì alla sede originaria di (omissis) sostenendo che quel trasferimento (di maggio) era illegittimo; assumeva servizio in ritardo il primo giorno e nei giorni successivi nelle date 15, 16, 20 e 21 ottobre alterava gli orari di ingresso (tre volte) e in uscita (una volta).
La Corte, inoltre, evidenziava la recidiva contestata e altre condotte tenute in precedenza dal lavoratore, sebbene non sanzionate.
Concludeva, pertanto, nel senso di condividere il giudizio del Tribunale, secondo il quale tutte le suddette condotte, se non isolatamente considerate e valutate nel loro complesso, dalla contestata recidiva – rispetto alla quale il (omissis) (omissis) nelle sue difese era rimasto silente – all’alterazione dell’orario di lavoro giornaliero, all’inottemperanza all’ordine di servizio, giustificavano il venir meno della fiducia che il datore di lavoro deve riporre sulla correttezza ed esattezza dello svolgimento dell’attività lavorativa da parte del dipendente.
4. Avverso tale decisione, (omissis) (omissis) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
5. L’intimata ha resistito con controricorso.
6. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ex art. 360, comma primo, 5), c.p.c. l’omesso esame circa un fatto decisive per il giudizio che é stato oggetto di discussione tra le parti.
Secondo lo stesso, tale ipotesi é sicuramente rinvenibile nel caso di specie, perché la circostanza di fatto non valutata dal giudice di appello e, in particolare, la tardività del licenziamento, che, se considerata, stante anche le argomentazioni addotte dalla stessa Corte a supporto della specificità e tempestività delle contestazioni, avrebbe portato ad un risultato sicuramente diverse e favorevole all’odierno ricorrente.
2. Con un secondo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto”, deduce che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte nella impugnata sentenza, la società datrice di lavoro “si é mossa in aperta violazione alle disposizioni di legge, legittimando la pretesa censura della sentenza n. 130/2020 anche per il vizio di cui all’art. 360 comma 1, n. 3, ossia violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto, nella specie gli artt. 2106 e 2119 c.c. e art. 7 Legge 300/1970”.
Dopo il richiamo di taluni precedenti di legittimità, il ricorrente assume che non sembra che la Corte si sia uniformata ai criteri espressi in tali precedenti, risultando la decisione impugnata frutto di un pregiudizio, determinato dalie pregresse condotte tenute dal (omissis) (omissis) dal 2008 al 2013 e riportate dal giudice di merito nella parte motiva della sentenza.
Secondo il ricorrente, in alcun punto dell’impugnata sentenza la Corte si sofferma sugli aspetti concreti afferenti alla natura e all’utilità del singolo rapporto, nonché a tutti quegli aspetti legati alla posizione del dipendente nel contesto lavorativo e alle mansioni a lui affidate; inoltre, dato fondamentale ignorato dal giudice di merito é sicuramente l’anzianità del (omissis) titolare di oltre 15 anni di servizio presso la medesima (omissis).
Né sembra che le condotte assunte dal sig. (omissis) (omissis) che non avuto da esse alcun vantaggio – abbiano in alcun modo creato nocumento alla società, che anzi mai, in alcun atto difensivo, aveva lamentato danni provocati ad essa dalla condotta del dipendente.
Per il ricorrente, ancora, il giudice di merito non ha tenuto in considerazione altra importante linea guida, ossia, la circostanza in cui gli eventi si sono verificati.
Si riferisce al dato che il ricorrente si era, a suo tempo, fortemente opposto con lettera racc.ta dell’11.5.2018 al trasferimento, comunicato in costanza di malattia a senza le garanzie di cui all’art. 61 del pertinente CCNL.
Per quanto attiene, invece, la valutazione dell’elemento soggettivo, erroneamente la Corte d’appello considera intenzionale e quindi doloso l’errore sul giustificativo apposto dal ricorrente per i giorni 15, 16, 20 e 21 ottobre, omettendo di considerare che, secondo quanto più volte ribadito dal ricorrente e confermato dal teste (omissis) (omissis) giustificativi non vengono tempestivamente inseriti.
Inoltre, 15 minuti di complessivo ritardo dei giorni incriminati 15, 20 e 21 ottobre (che erano stati cagionati dall’illecito trasferimento in sede disagiata disposto dal datore di lavoro e non certamente richiesto dal ricorrente) erano stati scrupolosamente recuperati dal medesimo ricorrente con lavoro compensativo nei giorni medesimi.
3. II primo motivo é inammissibile.
3.1. Occorre, infatti, ricordare che, per questa Corte, ricorre l’ipotesi di c.d. “doppia conforme”, ai sensi dell’art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado é interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (in tal senso, ex multis, Cass. civ., sez. VI, 9.3.2022, n. 7724).
É stato, inoltre, specificato che, nell’ipotesi di “doppia conforme” prevista dal quinto comma dell’articolo 348-ter del c.p.c., il ricorrente per cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’articolo 360 del c.p.c., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (cosi, tra le altre, Cass. civ., sez. II, 14.12.2021, n. 39910; id., sez. III; 3.11.2021, n. 31312; id., sez. III, 9.11.2020, n. 24974).
3.2. Nel caso in esame, la sentenza di secondo grado é quella che ha definito il primo grado sono del tutto conformi.
3.3. Ebbene, il ricorrente neanche ha allegato se ed in che parti le motivazioni delle due sentenze in questione fossero significativamente difformi.
4. Del resto, in rapporto al mezzo di cui all’art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c., il motivo in esame comunque sarebbe ex se inammissibile.
4.1. Secondo consolidato orientamento di questa Corte, inoltre, l’omesso esame di un fatto decisivo deve riguardare un fatto, inteso nella sua accezione storico-fenomenica, principale (ossia costitutivo, impeditivo, estintivo o modificativo del diritto azionato) o secondario (cioè dedotto in funzione probatoria), la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e che abbia carattere decisivo.
Costituisce un “fatto” agli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non una “questione” o un “punto”, ma un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante; non costituiscono, viceversa, “fatti”, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, le argomentazioni o deduzioni difensive; gli elementi istruttori, una moltitudine di fatti e circostanze, o “il vario insieme dei materiali di causa” (così Cass., sez. lav., 22.5.2020, n. 9483).
4.2. Ebbene, ciò che il ricorrente assume non considerato dalla Corte d’appello non é un fatto storico, principale o secondario, bensì una sua deduzione difensiva in merito alla tardività del licenziamento.
4.3. É lo stesso ricorrente, infatti, ad accennare nello sviluppo del primo motivo al fatto che egli, quale “reclamante nell’impugnare Ia sentenza di primo grado, tra le tante opposizioni sollevate, censurava la parte poc’anzi riportata, insistendo sulla tardività del licenziamento”.
5. Osserva, tuttavia, il Collegio che, anche riqualificando la censura come volta in realtà a far valere ex 360, comma primo, n. 4), c.p.c. un’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. per non essersi la Corte territoriale pronunciata su un motivo di reclamo in merito all’intempestività del licenziamento (tema sul quale il primo giudice, secondo lo stesso ricorrente, si era espresso: cfr. pagg. 25-26 del ricorso), il motivo difetterebbe, tra l’altro, del requisite di specificità/autosufficienza del ricorso per cassazione.
5.1. In disparte la considerazione che il ricorrente non ha dedotto la nullità in parte qua della decisione di secondo grado, lo stesso non ha indicato, prima che richiamato, quale punto dell’atto di reclamo avrebbe esposto una censura specifica su tale aspetto.
D’altronde, la Corte territoriale, mentre ha dato conto che il Tribunale aveva rigettato “il motivo di opposizione volto a denunciare l’intempestività dell’intimazione del licenziamento significando che questa era avvenuta a distanza di un mese dall’audizione del lavoratore secondo una sequenza temporale che in alcun modo poteva aver ingenerato nel predetto l’affidamento circa la volontà abdicativa della (omissis) di sanzionare i comportamenti contestati” (cosi a pag. 6 della sua sentenza), non riferisce alcun motivo di gravame riguardante lo stesso tema (cfr. pagg. 8-9 della stessa sentenza).
6. Parimenti inammissibile é il secondo motivo di ricorso.
6.1. Come ben risulta, infatti, già dal riassunto del suo sviluppo sopra esposto, con tale censura, sotto l’apparente deduzione della violazione di norme di diritto, in realtà il ricorrente propone una completa rivisitazione delle risultanze processuali, non consentita in questa sede di legittimità.
7. II ricorrente, quindi, dev’essere condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed é tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente principale al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 4.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delie spese generali nella misura del 15%, I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per ii versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unifica to pari a quello previsto per ii ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 28.11.2023.
Il Presidente
Lucia Esposito
Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2024.