L’essere membro del Cda non determina di per sé l’incapacità a testimoniare (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 22 dicembre 2023, n. 35814).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

L A  C O R T E  S U P R E M A  D I  C A S S A Z I O N E

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Rosa Maria DI VIRGILIO  – Presidente

Mario BERTUZZI               – Consigliere

Linalisa CAVALLINO         – Consigliere

Cesare TRAPUZZANO     – Rel. Consigliere

Remo CAPONI                  – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 29344/2018) proposto da:

(omissis) s.r.l. (C.F.: (omissis) (omissis) (omissis);

ricorrente

contro 

(omissis) & (omissis) (omissis);

controricorrente

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 2044/2018, pubblicata il 27 aprile 2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5 dicembre 2023 dal Consigliere relatore dott. Cesare Trapuzzano;

lette le conclusioni rassegnate dal P.M., in persona del Sostituto Procuratore generale, dott. Fulvio Troncone, che ha chiesto l’accoglimento del primo motivo, con assorbimento dei rimanenti motivi, conclusioni ribadite nel corso dell’udienza pubblica;

viste le memorie illustrative depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’art. 378 c.p.c.;

sentiti, in sede di discussione orale all’udienza pubblica, l’Avv. (omissis) (omissis) per la ricorrente e l’Avv. (omissis) (omissis) per la controricorrente.

FATTI DI CAUSA

1.- Con atto di citazione notificato l’11aprile 2014, la (omissis) S.r.l. conveniva, davanti al Tribunale di Milano, la (omissis) (omissis) & (omissis) al fine di sentire dichiarare la risoluzione del contratto stipulato tra le parti il 3 agosto 2012, in ragione del persistente inadempimento seguito alla diffida ad adempiere inviata, o – in via subordinata – per sentire pronunciare la risoluzione giudiziale del contratto, con la condanna della convenuta al pagamento della penale contrattualmente prevista o – in alternativa – con la condanna alla restituzione di quanto pagato dall’attrice in esecuzione del contratto, oltre al risarcimento dei danni, ivi compreso il danno all’immagine.

In particolare, l’attrice esponeva:

che era una società leader nella produzione di motori elettrici e di ventilatori, anche per applicazioni industriali;

che, in tale qualità, aveva concluso con la (omissis) un contratto di appalto in ordine alla realizzazione di un progetto completo (sia di massima, sia esecutivo) di un prototipo di motore “brushless”, finalizzato all’ottenimento di un risparmio energetico nel funzionamento di ventilatori tangenziali e centrifughi destinati all’utilizzo in diversi settori industriali, con l’impegno di (omissis) a fornire l’assistenza per la realizzazione del prototipo funzionante sino al collaudo;

che era stato pattuito un corrispettivo di euro 21.000,00, oltre oneri e accessori, da corrispondersi in rate mensili di euro 3.500,00, con la previsione del termine del 21 dicembre 2012 per la realizzazione di quanto commissionato;

che, pur avendo l’attrice ottemperato ai propri obblighi di pagamento, (omissis) era stata inadempiente, non essendo riuscita a trovare una soluzione progettuale rispetto a quanto commissionato, a distanza di oltre un anno dalla scadenza del termine pattuito, tanto da costringerla a formulare diffida ad adempiere il 23 dicembre 2013, con la conseguente risoluzione automatica del contratto.

Si costituiva in giudizio la (omissis) (omissis) la quale resisteva alle domande avversarie, chiedendone, in via principale, il rigetto, perché infondate in fatto e in diritto, con la condanna della (omissis) al pagamento di una somma equitativamente determinata ai sensi dell’art. 96 c.p.c. In via riconvenzionale, domandava il pagamento di quanto ancora dovuto in esecuzione degli accordi contrattuali raggiunti tra le parti, nella misura di euro 42.000,00, oltre accessori.

In proposito, la convenuta assumeva:

che la (omissis) aveva conferito ad (omissis) ulteriori tre incarichi non scritti successivi a quello del 3 agosto 2012 e conclusi nel 2013;

che la conclusione di tali ulteriori accordi era comprovata da tre note trasmesse a (omissis).

Nel corso del giudizio erano disattese le richieste di prova costituenda avanzate dalle parti.

Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 10183/2016, depositata il 16 settembre 2016, rigettava le domande proposte da parte attrice e accoglieva la domanda riconvenzionale proposta da parte convenuta e, per l’effetto, condannava la (omissis) al pagamento, in favore della (omissis) della somma di euro 42.000,00, oltre IVA e interessi dalla domanda al saldo, a titolo di compenso per l’esecuzione degli accordi ulteriori conclusi tra le parti.

In specie, la pronuncia di prime cure sosteneva: che il compenso integrativo preteso dalla convenuta era dovuto per le ulteriori prestazioni affidate da (omissis) (omissis) nel 2013, successivamente alla scadenza del contratto originario convenuta per il 21 dicembre 2012; che tali ulteriori contratti avevano ad oggetto, il primo la progettazione e la realizzazione di una tachimetria per motori asincroni a due poli di produzione standard, il secondo un motore (omissis) il terzo un motore derivato dal prototipo di (omissis) potenziato rispetto a quello oggetto del primo contratto.

2.- Proponeva appello la (omissis) S.r.l., la quale lamentava:

1) l’erronea valutazione della prova, in spregio al principio di distribuzione dell’onere probatorio, quanto al ritenuto adempimento di (omissis) e in ordine alla prospettata conclusione di contratti ulteriori tra le parti;

2) la carenza, in ordine a tali ipotetici accordi aggiuntivi, della previsione tra le parti del corrispettivo, sicché esso doveva essere determinato dal giudice in relazione al risultato ottenuto e al lavoro normalmente necessario per ottenerlo.

Erano, per l’effetto, reiterate le istanze istruttorie non ammesse nel primo grado di giudizio.

Si costituiva nel giudizio d’impugnazione la (omissis) (omissis) & (omissis) la quale resisteva all’appello e ne chiedeva il rigetto, chiedendo comunque che, ove fossero state ammesse le istanze istruttorie articolate dalla controparte, fossero altresì ammesse le proprie prove, a suo tempo richieste e non ammesse.

Nel corso del giudizio d’appello erano ammesse ed espletate le prove costituende avanzate dalle parti.

Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Milano, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello e, per l’effetto, confermava integralmente la sentenza impugnata.

A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte territoriale rilevava, per quanto interessa in questa sede:

a) che, in ordine alla eccepita incapacità a testimoniare del teste (omissis) (omissis) il quale, dalle visure camerali prodotte, risultava essere membro del consiglio di amministrazione di (omissis) sprovvisto di deleghe e di poteri di rappresentanza -, pur essendo l’incapacità a deporre riferita all’amministratore della società che avesse agito come rappresentante della stessa, e non già all’amministratore che fosse stato chiamato a deporre in un processo in cui non rappresentava la società, nella fattispecie il teste era portatore di un interesse proprio, con riferimento alle qualità ricoperte, sicché la sua deposizione non poteva essere utilizzata per la decisione;

b) che dalle testimonianze assunte e dai documenti prodotti emergeva che l’incarico assunto da (omissis) con il contratto del 3 agosto 2012 era stato assolto, almeno per quanto concerne la creazione dei prototipi che ne costituivano l’oggetto, tanto che gli stessi erano stati presentati alla fiera di (omissis) e visionati dai clienti interessati all’acquisto;

c) che sempre dalla prova assunta risultava che il prototipo esposto a (omissis) era stato in un primo tempo restituito, perché non funzionante, e poi riconsegnato, e che esso funzionava a intermittenza;

d) che la (omissis)aveva realizzato tre prototipi e il collaudo era avvenuto poco prima della fiera di (omissis) alla presenza di (omissis) (omissis) il quale ne aveva dato l’approvazione, ritirando il primo prototipo, che era perfettamente funzionante, mentre il secondo prototipo era funzionante ma non verniciato e il terzo era stato consegnato a  titolo  meramente  espositivo;

e) che, dopo la fiera di (omissis) (omissis) aveva chiesto di realizzare un secondo albero motore sporgente, in modo da creare un prototipo più potente rispetto a quello previsto nel contratto originario;

f) che successivamente al dicembre 2012 – ossia dopo l’ultimazione contrattualmente prevista per la realizzazione di quanto stabilito dal contratto del 3 agosto 2012 – i rapporti tra le parti erano continuati, in forza di ulteriori incarichi ricevuti da (omissis) come era confermato dal carteggio intercorso tra le parti da gennaio a dicembre 2013 nonché dalle testimonianze assunte e, in particolare, dalle dichiarazioni rese da (omissis) (omissis) dalle quali era possibile evincere che la (omissis) aveva chiesto a (omissis) non solo la modifica del precedente motore già realizzato, ma anche lo studio e la realizzazione di un motore asincrono e di una tachimetria;

g) che la diffida ad adempiere del 23 dicembre 2013 si riferiva, in realtà, ai lavori ulteriori, peraltro terminati da (omissis) e regolarmente fatturati;

h) che, quanto al corrispettivo spettante per l’esecuzione di tali ulteriori incarichi, la domanda di accertamento, mediante consulenza tecnica d’ufficio, della sua misura era stata formulata per la prima volta in sede di gravame, sicche era inammissibile;

i) che il giudice di primo grado si era convinto della legittimità della richieste di (omissis) anche in relazione all’ammontare del corrispettivo, sul quale peraltro mancava censura specifica da parte dell’appellante.

3.- Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette gradati motivi, la (omissis) S.r.l.

Ha resistito con controricorso la (omissis) (omissis) & (omissis) (omissis).

4.- Il Pubblico Ministero ha formulato le sue conclusioni mediante memoria tempestivamente depositata, come trascritte in epigrafe.

Le parti hanno presentato memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo – reputato dalla stessa parte assorbente – la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 246 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto la nullità della deposizione testimoniale resa da (omissis) (omissis) pur trattandosi di prova decisiva.

Sul punto, l’istante obietta che l’amministratore che non rivesta la qualità di parte formale – ossia la qualità di rappresentante processuale della società – sarebbe terzo e, quindi, potrebbe, in astratto, testimoniare, come nel caso di specie, atteso che (omissis) era un consigliere con deleghe della società attrice, senza essere il suo rappresentante.

D’altronde, il giudice del gravame avrebbe dovuto misurarsi con la titolarità, in capo al medesimo, di un rapporto giuridico sostanziale dipendente da quello dedotto in giudizio inter alios, che gli avrebbe consentito di intervenire in causa ex art. 105 c.p.c., aspetto non affrontato dalla pronuncia.

Aggiunge la ricorrente che (omissis) (omissis) era il soggetto che, secondo la ricostruzione di (omissis) avrebbe accettato il collaudo dei prototipi per conto di  (omissis) mentre, in realtà, la sua testimonianza (di cui sono stati riportati i passaggi essenziali), assunta all’udienza del l0 ottobre 20l7, avrebbe escluso tale circostanza.

2.- Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., l’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. sul secondo e terzo motivo di appello, laddove l’appellante aveva censurato la sentenza gravata nella parte in cui aveva accertato l’adempimento di (omissis) al contratto scritto e la stipula di nuovi incarichi verbali, avendo totalmente omesso il meccanismo presuntivo sul fatto decisivo ignoto che i rapporti tra le parti fossero proseguiti dopo la fiera di (omissis) nel 2013 solo per tentare l’adempimento tardivo di (omissis) nella realizzazione del prototipo funzionante commissionato nell’agosto 2012.

Sostiene l’istante:

– che il prototipo esposto a (omissis) non sarebbe stato funzionante;

– che (omissis) non avrebbe mai chiesto, prima del giudizio, alcun pagamento verso (omissis) per le prestazioni eseguite dopo la fiera, producendo in causa solo tre note pro forma, per di più prive di data e di numero;

– che, a giugno  2013, avrebbe  contestato a (omissis) che  non  era ancora riuscita a mostrare ai propri clienti il motore finito, sollecitandola a completare il progetto;

– che nessun accordo scritto sarebbe intervenuto, nonostante fosse stata convenuta la forma scritta di eventuali successivi accordi ai sensi dell’art. 5 del contratto del 3 agosto 2012, ne tantomeno sarebbe stato fissato il relativo corrispettivo.

3.- Con il terzo motivo la ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., l’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., per avere la Corte territoriale fondato il rigetto della domanda principale e l’accoglimento di quella riconvenzionale – domande connesse per incompatibilità – su prove per testimoni e per presunzioni semplici, in violazione del divieto di cui all’art. 2725 c.c. e in violazione dell’art. 2929 (recte dell’art. 2729) c.c., a fronte del patto sulla forma convenzionale scritta di successivi accordi tra le parti ex art. 5 dell’originario contratto concluso tra le parti, nonché per violazione dell’art. 2723 c.c., laddove impone un vaglio in concreto, da parte del giudice, in ordine alla verosimiglianza dei patti aggiunti.

E ciò con riferimento all’accertamento del nuovo incarico asseritamente affidato da (omissis) (omissis) successivamente alla fiera di (omissis) avente ad oggetto il progetto di un motore diverso e più potente del primo.

4.- Con il quarto motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la falsa applicazione del meccanismo presuntivo ex art. 2929 (recte art. 2729) c.c., sotto il profilo dell’erronea attribuzione di gravita e decisività a fatti inidonei ad essere sussunti nella fattispecie, con riferimento alla raggiunta prova presuntiva dell’adempimento di (omissis) al contratto di causa e alla stipula di un ulteriore incarico di progettazione di un motore diverso e più potente del primo, per l’importo di euro 42.000,00, nonché al suo regolare adempimento, ai fini del rigetto della domanda principale di (omissis) e dell’accoglimento della domanda riconvenzionale di (omissis)

Al riguardo, l’istante nega che alle circostanze secondarie note potesse essere attribuita valenza di gravita, precisione e concordanza, in quanto attinenti a fatti totalmente discordanti, che avrebbero al più dimostrato, non già che vi fosse stato un altro incarico puramente verbale, ma che il rapporto originario fosse proseguito, nel senso di consentire a (omissis) di trovare soluzioni progettuali funzionanti, come sarebbe stato comprovato dalla dichiarazione del luglio 2013, con cui (omissis) avrebbe lamentato verso (omissis) il notevole ritardo accumulato in quell’anno nella consegna di un prototipo da mettere in produzione.

5.- Con il quinto motivo la ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., dell’omesso esame di fatti decisivi, per avere la Corte distrettuale mancato di rilevare il pur  accertato  non  funzionamento del prototipo esposto a (omissis) – comunque -, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., della violazione dell’art. 132 c.p.c., in ordine alla motivazione apparente ed apodittica adottata quanto alla ritenuta stipulazione ed esecuzione di un nuovo incarico.

Precisa l’istante che il giudice d’appello avrebbe reputato esistente un nuovo accordo, nonostante fosse stato accertato che alla fiera di (omissis) il prototipo funzionasse a intermittenza, che dovessero essere “rifatte” le schede da posizionare sul fondo del motore, che non fosse intervenuto nessun successivo accordo scritto, pur a fronte del patto contrattuale sulla forma scritta, né alcuna richiesta di pagamento del corrispettivo per l’esecuzione di tale secondo accordo.

6.- Con il sesto motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione dell’art. ll6 c.p.c., per avere la Corte territoriale limitato la propria indagine ad un esplicito esame indiretto dei documenti di causa, onde accertare la stipula del nuovo incarico in favore di (omissis) rinviando ai documenti compiutamente analizzati dal primo giudice, senza alcun riesame in via diretta.

7.- Con il settimo motivo la ricorrente rileva, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la falsa applicazione degli artt. 99 e 345 c.p.c., quanto alla regolamentazione circa i termini di espletamento della consulenza tecnica d’ufficio, nonché la violazione degli artt. 115 e 342 c.p.c., per avere la Corte del gravame confutato le obiezioni dell’appellante, in ordine alla determinazione del corrispettivo dovuto per gli asseriti accordi aggiuntivi, in assenza di una esplicita pattuizione, facendo erroneamente riferimento:

a) alla proposizione di una domanda nuova di accertamento mediante consulenza tecnica d’ufficio del corrispettivo,  reputata come tale inammissibile, consistendo, invece, la relativa eccezione nella mera contestazione della  possibilità che l’appaltatore potesse autoliquidarsi tale compenso;

b) alla preclusione della possibilità di richiedere la corretta determinazione del quantum esposto unilateralmente da (omissis).

8.- Il primo motivo é fondato nei termini che seguono.

8.1.- Occorre, in primo luogo, muovere dalle argomentazioni addotte dalla Corte d’appello per escludere la capacita a deporre del teste (omissis) (omissis) (escusso all’udienza del 10 ottobre 2017, nonostante la debita eccezione sollevata da (omissis) prima della sua deposizione, reiterata all’esito del raccoglimento della prova, essendosi il giudice del gravame riservato di delibare su detta eccezione in sede decisoria: sul punto si rinvia a Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 14178 del 23/05/2023; Sez. U, Sentenza n. 9456 del 06/04/2023).

Ebbene, la Corte territoriale, pur negando che l’incapacità a testimoniare potesse essere desunta dall’immedesimazione organica della società con il suo rappresentante legale (posto che il teste non aveva agito come rappresentante della (omissis) ha comunque negato la capacita a deporre del teste, in quanto portatore di un interesse proprio.

E tanto in quanto membro del consiglio di amministrazione di (omissis) con ampie deleghe e poteri di rappresentanza (non meglio precisati), come da visure camerali in atti.

8.2.- Tali argomentazioni non soddisfano il requisito prescritto dall’art. 246 c.p.c., in ordine al divieto di assunzione della testimonianza, ossia l’integrazione di un interesse in causa che potrebbe legittimare la partecipazione al giudizio del teste.

Ed invero, nei giudizi in cui una società con personalità giuridica sia parte (o comunque possa avervi interesse a partecipare nella qualità di parte), non possono essere chiamate a testimoniare, a norma dell’art. 246 c.p.c., le sole persone fisiche che, in virtù del rapporto di rappresentanza organica, siano legittimate processualmente a costituirsi in nome e per conto di detta società, rappresentandole (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 19498 del 23/07/2018; Sez. 2, Sentenza n. 14987 del 07/09/2012; Sez. L, Sentenza n. 7028 del 17/07/1998; Sez. 2, Sentenza n. 9826 del 11/11/1996; Sez. L, Sentenza n. 2580 del 19/04/1980; Sez. 3, Sentenza n. 241 del 17/01/1966).

Pacificamente, invece, il teste indicato, pur essendo componente del consiglio di amministrazione della (omissis) S.r.l., non ne aveva la presidenza – o, comunque, non era l’amministratore delegato – e non era, dunque, il rappresentante legale della società.

Ne e stato addotto che il teste avesse la rappresentanza della società per statuto con riferimento al settore di pertinenza del contenzioso.

D’altronde, il riferimento a generiche deleghe e poteri di rappresentanza non escludeva in se tale capacita, salvo che non fosse stato fatto riferimento a specifiche deleghe e poteri rappresentativi, tali da legittimare l’interesse giuridico e concreto del teste a partecipare al giudizio in qualità di parte (sull’esclusione della incapacità a deporre per i procuratori speciali della società, cui siano conferiti delimitati compiti di rendere l’interrogatorio libero e di conciliare la lite, in quanto privi della sua rappresentanza legale, anche se, a loro volta, abilitati a rilasciare procura sul compito delegato: Cass. Sez. L, Sentenza n. 2058 del 13/03/1996; Sez. L, Sentenza n. 3503 del 19/05/1988; Sez. L, Sentenza n. 5087 del 19/08/1986).

Pertanto, il solo fatto di essere membro del consiglio di amministrazione della società di capitali esclude in se la dedotta incapacità, salvo che non sia motivata la ricorrenza di un interesse giuridico e concreto correlato al ruolo rivestito, come la gestione diretta dell’area contrattuale a cui si riferisce il contenzioso (come si può indirettamente ricavare da Cass. Sez. L, Sentenza n. 3647 del 24/02/2016; Sez. L, Sentenza n. 7390 del 25/03/2013; Sez. 3, Sentenza n. 4203 del 22/02/2010), motivazione che – ove sia resa in termini congrui (e non già apparenti o apodittici o palesemente illogici) – e peraltro insindacabile in sede di legittimità (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1188 del 19/01/2007; Sez. 3, Sentenza n. 1101 del 20/01/2006; Sez. 3, Sentenza n. 15526 del 07/12/2000; Sez. 2, Sentenza n. 13567 del 04/12/1999).

8.3.- D’altronde, l’interesse di mero fatto all’esito del giudizio non costituisce valida ragione ostativa della capacità a deporre, ma incide esclusivamente sulla valutazione di attendibilità del teste (Cass. Sez. L, Ordinanza n. 26044 del 07/09/2023; Sez. 2, Sentenza n. 167 del 05/01/2018; Sez. L, Sentenza n. 21418 del 21/10/2015; Sez. 2, Sentenza n. 9353 del 08/06/2012; Sez. 3, Sentenza n. 1022 del 25/01/2012).

L’incapacità a testimoniare esige, infatti, un interesse personale, attuale e concreto, che coinvolga il teste nel rapporto controverso, alla stregua dell’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c., tale da legittimarlo a partecipare al giudizio in cui e richiesta la sua testimonianza, con riferimento alla materia in discussione.

All’esito, la qualità rivestita – ove appunto non implichi la rappresentanza legale della società – non può essere ponderata in via aprioristica e per categorie di soggetti, al fine di escluderne ex ante la capacita a testimoniare, ma deve essere debitamente valutata allo scopo di formulare il giudizio sull’attendibilità del testimone, avente ad oggetto il contenuto della dichiarazione resa (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 8832 del 29/03/2023; Sez. 6-3, Ordinanza n. 33536 del 15/11/2022; Sez. 3, Sentenza n. 19215 del 29/09/2015).

In proposito, la capacita a testimoniare differisce dalla valutazione sull’attendibilità del teste, operando le stesse su piani diversi, atteso che l’una, ai sensi dell’art. 246 c.p.c., dipende dalla presenza di un interesse giuridico (non di mero fatto) che potrebbe legittimare la partecipazione del teste al giudizio, mentre la seconda afferisce alla veridicità della deposizione che il giudice deve discrezionalmente valutare alla stregua di elementi di natura oggettiva (la precisione e completezza della dichiarazione, le possibili contraddizioni, ecc.) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all’eventuale interesse ad un determinato esito della lite), con la precisazione che anche uno solo degli elementi di carattere soggettivo, se ritenuto di particolare rilevanza, può essere sufficiente a motivare una valutazione di inattendibilità (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21239 del 09/08/2019; Sez. 3, Sentenza n. 7763 del 30/03/2010; Sez. L, Sentenza n. 16529 del 21/08/2004).

9.- L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento in senso improprio dei restanti motivi, in quanto da esso dipendenti, attenendo comunque dette censure all’operatività dei meccanismi probatori, anche in ordine al ragionamento inferenziale, conformemente all’espressa subordinazione – a cura della ricorrente – del loro esame al rigetto della primaria censura articolata (“In subordine, in ogni caso, la sentenza gravata merita una serie di censure di legittimità in ordine al meccanismo presuntivo posto in essere”, subordinazione rettificata in sede di discussione orale).

In altri termini, alla luce delle coordinate esposte, dovrà essere rivalutata la capacità a deporre del teste e, all’esito, la valutazione complessiva delle prove dovrà essere compiuta ex novo. In questa prospettiva, per un verso, la valutazione delle prove già svolta e caducata e, per altro verso, nessun criterio preventivo sulla valutazione probatoria da effettuarsi può essere stabilito in questa sede.

10.- In definitiva, deve trovare accoglimento, nei sensi di cui in motivazione, il primo motivo del ricorso, con assorbimento dei restanti motivi.

La sentenza impugnata va, dunque, cassata, limitatamente al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi al seguente principio di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione:

In tema di incapacità a testimoniare, il solo fatto di essere membro del consiglio di amministrazione di una società di capitali esclude in se la dedotta incapacità, salvo che non sia motivata la ricorrenza di un interesse giuridico e concreto correlato al ruolo rivestito, come la gestione diretta dell’area contrattuale a cui si riferisce il contenzioso“.

P. Q. M.

La Corte Suprema di Cassazione accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo motivo del ricorso, dichiara assorbiti i rimanenti motivi, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 5 dicembre 2023.

Il Consigliere estensore

Cesare Trapuzzano

Il Presidente

Rosa Maria Di Virgilio

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.