L’impugnazione del provvedimento con cui il Ministero delle Infrastrutture approva solo parzialmente il piano di manutenzione della concessionaria autostradale è materia di giudice ordinario e non invece amministrativo (Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, Sentenza 29 agosto 2023, n. 25427).

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta da

Pasquale D’ASCOLA             – Primo Presidente f.f. –

Carlo DE CHIARA                  – Presidente di Sezione –

Giacomo Maria STALLA       – Consigliere –

Margherita Maria LEONE    – Consigliere –

Alberto GIUSTI                      – Consigliere –

Lina RUBINO                         – Consigliere –

Guido MERCOLINO              – Consigliere Rel. –

Francesco TERRUSI              – Consigliere –

Antonio SCARPA                   – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26381/2023 R.G. proposto da:

(omissis), in persona del presidente p.t. (omissis) (omissis) rappresentata e difesa dagli Avv. (omissis) (omissis) (omissis) (omissis), con domicilio eletto presso lo studio del primo in (omissis);

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

resistente

per regolamento preventivo di giurisdizione nel giudizio pendente dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, Seconda Sezione, iscritto al n. 931/2018 R.G.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 maggio 2023 dal Consigliere dott. Guido Mercolino;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dott. Stanislao DE MATTEIS, che ha chiesto la dichiarazione della giurisdizione del Giudice ordinario.

FATTI DI CAUSA

1. La (omissis) (omissis) (omissis), concessionaria della gestione della tratta autostradale che attraversa le province di (omissis) in virtù di convenzione sottoscritta il 7 novembre 2007, ha proposto ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, per sentir pronunciare l’annullamento del provvedimento (omissis) del 13 luglio 2018, con cui il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti aveva approvato il progetto esecutivo relativo agli «interventi di adeguamento delle protezioni laterali del sottopasso sulla tangenziale sud dello (omissis)», decurtando il prezzo delle barriere di sicurezza H4 bordo ponte, gli oneri di guardiania e le somme a disposizione, e disponendo lo stralcio del prezzo dei giunti sottopavimentazione, dell’importo relativo al collaudo del sistema di ancoraggio ausiliario per le barriere di sicurezza e di quello relativo alla segnaletica stradale, e prescrivendo l’esecuzione di prove di crash-test.

Premesso che il progetto era stato sottoposto alla valutazione del Provveditorato alle Opere Pubbliche del  Piemonte, il quale aveva rilevato che le opere da eseguire risultavano individuate con corretto criterio tecnico ed economico ed adeguatamente giustificate, la ricorrente ha dedotto l’illegittimità delle decurtazioni e delle rimodulazioni operate dal Ministero, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione dei principi di ragionevolezza e buon andamento della Pubblica Amministrazione e la violazione degli artt. 3 e 143 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e della delibera CIPE n. 39/2007, nonché l’eccesso di potere per errore sui presupposti legittimanti l’adozione dei provvedimenti impugnati, carenza d’istruttoria, illogicità, contraddittorietà, irragionevolezza, carenza di motivazione e contrasto con precedenti determinazioni.

Ha aggiunto che l’Amministrazione è venuta meno al principio di leale collaborazione, avendo approvato il progetto con gravissimo ritardo, e soltanto a seguito della sentenza n. 778 del 28 giugno 2017, con cui il Tar Piemonte aveva dichiarato l’illegittimità del silenzio serbato dal Ministero, con la conseguenza che ad essa concessionaria è stato impedito di tenere conto delle disposizioni dell’Ente concedente, nella realizzazione delle opere nel frattempo affidate all’impresa esecutrice dei lavori.

2. Si è costituito il Ministero, e ha resistito alla domanda, chiedendone il rigetto.

3. Con atto notificato il 28 ottobre 2022, (omissis) ha proposto ricorso per regolamento di giurisdizione, illustrato anche con memoria.

Il Ministero ha resistito mediante il deposito di un atto di costituzione.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilità della costituzione in giudizio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, avvenuta dopo la scadenza del termine di cui all’art. 380-ter proc. civ., mediante il deposito in Cancelleria di un atto finalizzato esclusivamente alla partecipazione alla discussione orale, anziché mediante controricorso notificato alla controparte: nel procedimento in camera di consiglio dinanzi alla Corte di cassazione, il concorso delle parti alla fase decisoria deve infatti realizzarsi in forma scritta, attraverso il deposito di memorie, il quale postula innanzitutto che l’intimato si costituisca mediante controricorso tempestivamente notificato e depositato (cfr. Cass., Sez. Un., 4/04/2019, n. 10019; Cass., Sez. I, 25/10/ 2018, n. 27124; Cass., Sez. V, 5/10/2018, n. 24422).

2. Premesso che il rapporto di concessione, scaduto fin dal 31 agosto 2016, è proseguito alle medesime condizioni previste dalla convenzione, in attesa del subentro del nuovo concessionario, la ricorrente riferisce che il ricorso al Tar Piemonte è stato preceduto da un altro giudizio, promosso dinanzi al Tribunale di Torino ed iscritto al 22293/2017 R.G., nel quale è stata chiesta la condanna del Ministero al risarcimento dei danni per l’inadempimento dell’obbligo di approvare tempestivamente i progetti degl’interventi previsti dalla concessione e gl’investimenti necessari per garantire la sicurezza dell’autostrada, nonché dell’obbligo di corrispondere l’indennizzo previsto dall’art. 5 della convenzione e delle ulteriori pattuizioni intervenute nel corso del rapporto, ivi compreso il rimborso dei costi sostenuti per gl’investi- menti per la sicurezza realizzati fino al 31 dicembre 2017.

La domanda è stata parzialmente accolta dal Tribunale con sentenza n. 4732/2021, con cui è stata rigettata, tra l’altro, l’eccezione di difetto di giurisdizione del Giudice ordinario sollevata dal Ministero; tale statuizione è passata in giudicato, non avendo l’Amministrazione proposto appello avverso la sentenza, che è stata impugnata soltanto da essa ricorrente.

2.1. Aggiunge quest’ultima che, avendo continuato a realizzare anche nel periodo di gestione interinale gli interventi necessari per garantire le migliori condizioni di sicurezza dell’autostrada, ha promosso un ulteriore giudizio dinanzi al Tribunale di Torino, iscritto al 14783/2021 R.G. ed ancora pendente in fase istruttoria, nel quale ha chiesto la condanna del Ministero al rimborso dei costi sostenuti per gl’interventi realizzati tra il 31 dicembre 2017 e il 31 dicembre 2021, nonché al risarcimento del danno derivante dall’impossibilità di fruire del rendimento del capitale investito nel periodo interinale, pur in assenza dell’approvazione dei progetti.

2.2. Ciò posto, e precisato di avere diritto al recupero dei costi sostenuti e della remunerazione per gli investimenti compiuti per le attività svolte, la ricorrente sostiene che tale diritto non trova ostacolo nella sottoposizione dei progetti all’approvazione del Ministero, la quale non comporta l’esercizio di poteri autoritativi, configurandosi come adempimento di un obbligo contrattuale, il cui ritardo costituisce di per sé violazione dell’obbligo di collaborare in buona fede all’esecuzione del contratto.

Aggiunge che l’obbligo di assicurare il mantenimento degli standard di qualità e sicurezza dell’infrastruttura non viene meno neppure per effetto della scadenza della concessione, ma perdura anche nel periodo interinale, nel quale il concessionario è tenuto a garantire la continuità della gestione, sopportandone tutti i rischi e le responsabilità, e restando esposto alle misure sanzionatorie previste per la mancata o ritardata esecuzione degl’interventi disposti dal concedente o previsti dalla normativa vigente.

Premesso inoltre che gli interventi realizzati sono stati completati e si sono concluse le operazioni di collaudo statico e tecnico-amministrativo, ribadisce che la controversia riguardante il ritardo nell’approvazione dei progetti attiene all’adempimento dell’obbligo del Ministero di collaborare all’esecuzione del contratto: sostiene che, nonostante la differente formulazione, collegata alla diversa disciplina processuale dei rimedi utilizzati, la domanda proposta dinanzi al Tar è sostanzialmente identica a quella pro- posta dinanzi al Tribunale ordinario, e chiede pertanto di stabilire se la stessa sia devoluta alla giurisdizione ordinaria o a quella amministrativa.

3. In proposito, si osserva innanzitutto che la proposizione del regola- mento di giurisdizione non può ritenersi preclusa dalla circostanza che il giudizio al quale si riferisce sia stato promosso dalla stessa ricorrente, la cui iniziativa trova plausibile giustificazione nei dubbi insorti in ordine alla correttezza della scelta da essa compiuta mediante la proposizione della domanda dinanzi al Giudice amministrativo, anche alla luce del giudicato esterno formatosi a seguito del parziale accoglimento dell’altra domanda precedentemente proposta dinanzi al Giudice ordinario, il quale ha espressamente affermato la propria giurisdizione, con statuizione rimasta incensurata in sede d’impugnazione.

Secondo il consolidato orientamento di queste Sezioni Unite, il regola- mento preventivo di giurisdizione può essere infatti proposto anche dall’attore, in presenza di ragionevoli dubbi sui limiti esterni della giurisdizione del giudice adìto, sussistendo, anche in mancanza di un’eccezione proposta dalla controparte, un interesse concreto ed immediato a sollecitare la risoluzione della questione da parte di questa Corte regolatrice, in via definitiva, in modo da evitare che nel corso del giudizio possano intervenire successive modifiche della giurisdizione, tali da ritardare la definizione della causa, anche al fine di ottenere un giusto processo di durata ragionevole (cfr. Cass., Sez. Un., 12/ 05/2022, n. 15122; 18/12/2018, n. 32727; 12/07/2011, n. 15237).

4. Nessuna preclusione è poi ricollegabile alla circostanza che nelle more del presente procedimento il Tar Piemonte, con sentenza 1096 del 9 di- cembre 2022, abbia parzialmente accolto il ricorso proposto dalla ricorrente, annullando il provvedimento impugnato, previa affermazione della spettanza della controversia alla propria giurisdizione esclusiva, ai sensi dell’art. 133, comma primo, lett. c), cod. proc. amm.

Come più volte ribadito da queste Sezioni Unite, l’emissione della sen- tenza da parte del giudice di merito non comporta infatti il venir meno dell’interesse a coltivare il regolamento di giurisdizione precedentemente pro- mosso, dovendosi considerare la predetta decisione come resa a cognizione sommaria, e, se passata in giudicato, pur sempre condizionata al riconoscimento della giurisdizione del giudice che l’ha pronunciata, all’esito della definizione del regolamento (cfr. Cass., Sez. Un., 22/10/2018, n. 26595; 11/05/ 2018, n. 11576; 10/02/2017, n. 3557).

5. Irrilevante, ai fini dell’ammissibilità del regolamento, è, infine, il passaggio in giudicato della statuizione dichiarativa della giurisdizione del Giudice ordinario contenuta nella sentenza 4732/2021 del Tribunale di Torino, con cui è stata parzialmente accolta la domanda di risarcimento dei danni, paga- mento dell’indennizzo pattuito tra le parti e rimborso dei costi sostenuti per gl’investimenti, proposta dalla ricorrente in epoca anteriore all’impugnazione del provvedimento di approvazione del progetto esecutivo dinanzi al Giudice amministrativo.

In quanto avente ad oggetto il riconoscimento degli oneri sopportati per interventi realizzati fino al 31 dicembre 2017, sia pure nell’ambito del mede- simo rapporto, la predetta domanda è infatti caratterizzata da una causa pe- tendi ed un petitum diversi da quella cui si riferisce il presente regolamento, la quale ha invece ad oggetto il riconoscimento di maggiori importi per inter- venti relativi al periodo successivo, attraverso l’impugnazione del provvedi- mento che, nel procedere all’approvazione del progetto, ha previsto la decurtazione delle somme indicate dalla ricorrente.

Benché, ai fini del riparto di giurisdizione tra il Giudice ordinario e il Giudice amministrativo, debba ritenersi irrilevante l’avvenuta proposizione della domanda nella forma dell’impugnazione di un atto dell’Amministrazione, venendo in considerazione non già la prospettazione compiuta dall’attore, ma il c.d. petitum sostanziale, da identificarsi in funzione non solo e non tanto della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione, (cfr. Cass., Sez. Un. 7/09/2018, n. 21928; 31/07/2018, n. 20350; 15/09/2017, 21522), risulta evidente, nella specie, l’attinenza del giudicato ad una pretesa relativa ad un arco temporale e ad opere diverse da quelle che costituiscono oggetto del giudizio in esame, la cui riconducibilità al medesimo rapporto giuridico può assumere rilievo, al più, ai fini dell’inquadramento della controversia, ferma restando l’autonomia del titolo e dell’oggetto della pretesa avanzata, costituiti rispettivamente dagl’interventi approvati e dal riconoscimento degl’importi asseritamente dovuti.

6. Tanto premesso, non può condividersi la tesi sostenuta nella sentenza del Tar Piemonte, secondo cui la controversia, attenendo alla gestione della rete autostradale, deve ritenersi devoluta alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma primo, c), cod. proc. amm., avendo ad oggetto una concessione di pubblico servizio e non riguardando indennità, canoni ed altri corrispettivi, ma investendo la verifica dell’azione autoritativa della Pubblica Amministrazione sulla intera economia del rapporto concessorio, in considerazione della natura del provvedimento impugnato, espressione della funzione di pianificazione degl’interventi sulla rete, il cui esercizio è condiviso tra il gestore e l’Amministrazione concedente, e della complessità del contenuto della convenzione, riconducibile all’art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in quanto caratterizzato dall’intreccio di profili di carattere privatistico e pubblicistico.

In proposito, va infatti richiamato il principio enunciato da queste Sezioni Unite, secondo cui la controversia relativa alla fase di esecuzione di una convenzione avente ad oggetto la costruzione e la gestione di un’opera pubblica spetta al Giudice ordinario, la cui giurisdizione in materia d’indennità, canoni ed altri corrispettivi si estende alle questioni inerenti all’adempimento e all’inadempimento della concessione, nonché alle relative conseguenze risarcito- rie, vertendosi nell’ambito di un rapporto paritetico, fatta eccezione per l’ipotesi in cui la Pubblica Amministrazione eserciti poteri autoritativi (cfr. Cass., Sez. Un., 8/07/2019, n. 18267; 18/12/2018, n. 32728; 13/09/2017, n. 21200).

A sostegno di tale conclusione, si è dato atto del superamento dell’indirizzo formatosi in tema di concessione di pubblici servizi, sulla base della disciplina dettata dall’art. 5 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, secondo cui la giurisdizione amministrativa esclusiva riguardava tendenzialmente tutta la fase esecutiva del rapporto, pure in assenza di impugnativa di un atto o provvedimento dell’autorità pubblica, comprendendo le controversie che coinvolgessero il contenuto del rapporto concessorio nel suo aspetto genetico e funzionale, anche riguardanti la violazione degli obblighi nascenti dal medesimo rapporto (ad esempio, in tema di adempimento e di risoluzione), e restando escluse soltanto le controversie di contenuto meramente patrimoniale, che non avessero alcuna implicazione sul contenuto della concessione (cfr. Cass., Sez. Un., 4/08/2018, n. 20682; 26/09/2017, n. 22357; 19/06/2014, n. 13940).

Si è infatti richiamato il principio, affermatosi in tema di appalti pubblici, secondo cui la stipulazione del contratto rappresenta lo spartiacque tra la giurisdizione esclusiva spettante al Giudice amministrativo in ordine alle controversie in materia di affidamento di lavori, servizi e forniture (art. 133, comma primo, lett. e), n. 1, cod. proc. amm.), cui devono aggiungersi quelle relative all’affidamento di un pubblico servizio (art. 133, comma primo, lett. c), cod. proc. amm.), e la giurisdizione del Giudice ordinario in ordine a quelle riguardanti la fase esecutiva del rapporto, rilevandosene l’idoneità a proiettare i suoi effetti anche in materia di concessione di pubblici servizi, nell’ambito della quale, alla stregua dell’insegnamento della Corte costituzionale, la giurisdizione esclusiva può trovare giustificazione soltanto se la Pubblica Amministrazione agisce nell’esercizio di un potere autoritativo, e non anche quando la stessa opera in posizione di tendenziale parità con la controparte, esercitando la propria autonomia negoziale.

Si è posta inoltre in risalto la progressiva contrattualizzazione della figura della concessione, per effetto del diritto eurounitario, che ha comportato una riduzione della distanza dalla figura dell’appalto, essendo ormai qualificabili entrambi come contratti a titolo oneroso, nonché la connessione esistente tra la realizzazione dell’opera e la sua gestione, cui si collegano la prestazione di servizi in favore dell’Amministrazione e della collettività, qualificabili come pubblici servizi, e l’individuazione del corrispettivo nel diritto di gestire i servizi o l’opera, talvolta accompagnato da un prezzo (art. 3, commi undicesimo e dodicesimo, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), con assunzione del rischio operativo da parte del concessionario (art. 3, lett. uu) e vv), del d.lgs. 2016, n. 50).

Si è infine evidenziata l’introduzione di cause di modifica e di risoluzione del contratto di con- cessione analoghe a quelle previste per il contratto di appalto (artt. 106 e 108 del d.lgs. n. 50 del 2016), escludendosi anche la possibilità di ricondurre la convenzione alla figura dell’accordo amministrativo previsto dall’art. 11 della legge n. 241 del 1990, in quanto incompatibile con la distinzione che l’art. 133 cod. proc. amm. pone tra l’ambito della giurisdizione esclusiva in materia di accordi e quello della giurisdizione in materia di concessioni di beni e servizi pubblici.

Pertanto, pur ammettendosi che nella fase esecutiva residuano poteri pubblici dell’autorità concedente, riferibili a specifici aspetti organizzativi, in relazione ai quali è prevista la giurisdizione esclusiva, è stata riconosciuta la spettanza alla giurisdizione ordinaria delle controversie nelle quali il petitum sostanziale è costituito dall’accertamento dell’adempimento o dell’inadempimento delle obbligazioni assunte nell’ambito del rapporto concessorio, dal momento che le stesse non coinvolgono sotto alcun profilo un controllo sull’esercizio del potere pubblico, in relazione ai parametri di legittimità dell’azione amministrativa provvedimentale.

Nella medesima prospettiva, è stato successivamente affermato che, nel quadro normativo risultante dal d.lgs. n. 163 del 2006, non è più consentita la precedente distinzione tra concessione di sola costruzione e concessione di gestione dell’opera (o di costruzione e gestione congiunte), sussistendo l’unica categoria della «concessione di lavori pubblici», poiché la gestione funzionale ed economica dell’opera non costituisce più un accessorio eventuale della concessione di costruzione, ma la controprestazione principale e tipica prevista a favore del concessionario: e si è pertanto confermata l’inclusione della categoria di costruzione e gestione dell’opera all’interno di quella di affidamento di lavori pubblici, con la conseguente spettanza alla giurisdizione ordinaria delle controversie relative alla fase di esecuzione della convenzione, con la sottrazione delle stesse all’ambito dell’art. 133, lett. e), cod. proc. amm. (cfr. Cass., Sez. Un., 30/07/2021, n. 21971; 28/02/2020, n. 5594).

7. Conformemente a tale principio, che il Collegio condivide ed intende ribadire anche in questa sede, deve escludersi che nel caso in esame l’avvenuta impugnazione del provvedimento con cui il Ministero concedente ha approvato parzialmente il progetto degl’interventi predisposto dalla concessionaria comporti la devoluzione della controversia alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo, attenendo tale controversia non già alla fase di affidamento della realizzazione e della gestione dell’opera, ma alla fase esecutiva del rapporto, e non essendo il provvedimento impugnato configurabile come esercizio di un potere autoritativo che consenta all’Amministrazione d’incidere unilateralmente sul contenuto dei diritti e degli obblighi previsti dalla

Le opere di cui la ricorrente ha chiesto l’approvazione costituiscono infatti «interventi di adeguamento richiesti da esigenze relative alla sicurezza del traffico e al mantenimento del livello di servizio», la cui progettazione ed esecuzione è posta dall’art. 2 della convenzione a carico del concessionario, il quale, ai sensi dell’art. 3, è tenuto a predisporre periodicamente il programma dei lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, da sottoporre al conce- dente: la valutazione spettante a quest’ultimo non implica dunque l’esercizio di un potere di pianificazione esteso alla conformazione della rete autostradale e alle modalità di svolgimento del servizio, ma un sindacato di ordine tecnico-giuridico avente ad oggetto la necessità e le modalità di realizzazione delle opere, nonché la congruità dei costi preventivati, da compiersi alla stregua delle norme che disciplinano la costruzione e l’esercizio delle opere auto- stradali e dei prezzi correnti per le forniture e le lavorazioni occorrenti per gl’interventi programmati, nell’ambito delle pattuizioni contenute della convenzione e del capitolato annesso, che definiscono i diritti e gli obblighi delle parti.

Significativo, in tal senso, deve ritenersi la natura oggettiva del riscontro compiuto dal Tar Piemonte in ordine alla fondatezza delle censure mosse al provvedimento di approvazione del progetto, interamente incentrato sul confronto tra le caratteristiche degl’interventi programmati e le corrispondenti previsioni della convenzione e del capitolato, nonché sull’adeguatezza dell’istruttoria svolta a sostegno delle decurtazioni effettuate dall’Amministrazione, anche in relazione alle esigenze di sicurezza della circolazione, con esclusione di qualsiasi riferimento alla ponderazione degl’interessi sottesi alla realizzazione delle opere.

8. In conclusione, va dichiarata la spettanza della controversia alla giurisdizione del Giudice ordinario, dinanzi al quale il processo dovrà essere riassunto nei termini di legge.

P.Q.M.

dichiara la giurisdizione del Giudice ordinario.

Così deciso in Roma il 23/05/2023

Il Primo Presidente f.f.

dott. Pasquale D’Ascola

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.