L’imputato affetto da cardiopatia, fibrillazione ventricolare, portatore di pacemaker, con sindrome depressiva e con protesi alla mano destra è pienamente compatibile con il regime carcerario (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 17 novembre 2023, n. 46468).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE PENALE

Composta da:

GIACOMO ROCCHI                   -Presidente-

FILIPPO CASA

MICAELA SERENA CURAMI

FRANCESCO ALIFFI

MARCO MARIA MONACO       -Relatore-

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(omissis) (omissis), nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso l’ordinanza del 01/03/2023 del TRIBUNALE di SORVEGLIANZA di MESSINA

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MARCO MARIA MONACO;

lette le conclusioni del Sost. Proc. Gen. Dott.ssa ASSUNTA COCOMELLO, per l’inammissibilità del ricorso;

lette le conclusioni scritte dell’avv. (omissis) (omissis) che insiste per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Sorveglianza di Messina, con ordinanza del 1° marzo 2023, ha rigettato l’istanza proposta da (omissis) (omissis) volta alla concessione del differimento della pena, anche nelle forme della detenzione domiciliare, avendo ritenuto da una parte che le sue patologie fossero gestibili in ambiente carcerario e che il medesimo fosse portatore di significativa pericolosità

2. A fondamento della decisione, ii Tribunale di sorveglianza ha osservato che i medici dell’ASP presso l’Istituto penitenziario hanno ritenuto che le condizioni di salute di (omissis) (omissis) fossero compatibili con il regime carcerario benché avessero riconosciuto che lo stesso fosse affetto da cardiopatia, fibrillazione atrio ventricolare, sindrome ansioso depressiva, che il medesimo fosse portatore di pacemaker e di protesi mobile alla mano destra.

In punto di pericolosità sociale, il giudice a quo ha osservato che a carico dell’interessato risultano una serie di procedimenti pendenti per reati commessi dal 2005 al 2022 e, soprattutto, che il differimento della pena in precedenza accordato era stato poi revocato il 4/01/2022 in quanto il soggetto aveva violato la prescrizione che gli consentiva di uscire dall’abitazione per recarsi al Sert percorrendo le vie più brevi e senza soste e aveva approfittato di tale autorizzazione per impossessarsi di un seggiolino posto all’interno di un auto parcheggiata.

3. Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione il condannato che, a mezzo del difensore, in un unico articolato motivo, denuncia la violazione degli artt. 146, 147 c.p., 684 cod. pen. e degli artt. 27 e 23 Cost. e 3 CEDU, nonché il vizio della motivazione.

A giudizio della difesa, il Tribunale ha valutato le prove in maniera parziale e superficiale e ha fatto malgoverno della disciplina sul differimento della pena.

In particolare, l’ordinanza, piuttosto che occuparsi del concetto di grave infermità fisica, rilevante anche ai fini del rispetto del divieto di trattamenti inumani e degradanti, si fonda quasi esclusivamente sui carichi pendenti e sulla pericolosità sociale del ricorrente. La stessa, pertanto, non vaglia l’adeguatezza delle cure che possono essere fornite in stato di detenzione, atteso che, sul punto, si limita a far propria la valutazione dei sanitari del carcere.

4. In data 7 settembre 2023 e pervenuta in cancelleria la requisitoria scritta nella quale ii Proc. Gen. dr. Assunta Cocomello, chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

5. In data 27 settembre 2023 sono pervenute le conclusioni scritte della difesa di (omissis) nelle le quali insiste per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

II ricorso e inammissibile.

1. In un unico motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli degli artt. 146, 147 c.p., 684 cod. proc. pen. e degli artt. 27 e 23 Cost. e 3 CEDU.

La doglianza é manifestamente infondata.

1.1. Ai sensi dell’art. 146, comma 1, n. 3, pen., l’esecuzione della pena detentiva deve essere obbligatoriamente differita in due casi: “se deve aver luogo nei confronti di persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell’articolo 286-bis, comma 2, del codice di procedura penale”; se deve aver luogo nei confronti di persona affetta “da malattia particolarmente grave per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione”.

In  entrambi i casi, l’ulteriore condizione prescritta dalla norma e che la “persona si trovi in una fase della malattia cosi avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative”.

Invece, ii differimento facoltativo, ai sensi dell’art. 147, comma 1, n. 2, cod. pen., può essere concesso al condannato che risulti affetto da “una grave infermità fisica” che renda le condizioni di salute del soggetto incompatibili con il carcere.

Ricorrendo tale presupposto, ai sensi dell’art. 47-ter, comma 1-ter, ord. penit., può essere disposta la detenzione domiciliare in luogo del rinvio dell’esecuzione della pena, ove il giudice ritenga che l’esigenza di contenere la residua pericolosità del detenuto con un presidia detentivo sia prevalente rispetto a quella di tutela della salute (Sez. 1, n. 21355 del 01/04/2021, Cecchi Gori, Rv. 281225).

La valutazione sulla “grave infermità” consiste in un giudizio bifasico, dovendo essere effettuato prima in astratto, tenendo canto dell’inquadramento nosografico della patologia del detenuto e della astratta possibilità di cura, e poi in concreto, tenendo canto delle modalità di somministrazione delle terapie di cui il soggetto necessita, valutate in relazione all’istituto penitenziario in cui é ristretto e alle eventuali ulteriori strutture dove poterlo trasferire, nonché alla concreta incidenza della specifica situazione ambientale con il peculiare quadro clinico del detenuto (Sez. 1, n. 36875 del 15/07/2021, non mass.; Sez. 1, n. 50998 del 17/10/2018, non mass.).

II grave stato di salute va inteso come patologia implicante un serio pericolo per la vita o la probabilità di altre rilevanti conseguenze dannose, eliminabili o procrastinabili con cure o trattamenti tali da non pater essere praticati in regime di detenzione inframuraria neppure mediante ricovero in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura ai sensi dell’art. 11 ord. pen. (Sez. 1, n. 37216 del 5/03/2014, Carfora, Rv. 260780;  Sez. 1, n. 8936 del 22/11/2000, Piromalli, Rv. 218229).

Si e precisato che in questo complesso giudizio deve essere effettuato anche un bilanciamento tra le istanze sociali correlate alla pericolosità del detenuto e le sue condizioni complessive di salute (Sez. 1, n. 37062 del 09/04/2018, Acampa, Rv. 273699).

Peraltro, ii giudice che, in presenza di dati o documentazione clinica attestanti l’incompatibilità delle condizioni di salute del condannato con ii regime carcerario, ritenga di non accogliere l’istanza di differimento dell’esecuzione della pena o di detenzione domiciliare per motivi di salute deve disporre gli accertamenti medici necessari, nominando un perito (Sez. 1, n. 54448 del 29/11/2016, Morelli, Rv. 269200).

1.2. Ciò premesso la censura e manifestamente infondata in quanto postula l’assenza di una motivazione in ordine ai citati profili che, di contra, con il puntuale riferimento al giudizio tecnico dei medici dell’ASP, i quali hanno esaminato le condizioni di salute di  (omissis) con il regime carcerario e le hanno ritenute compatibili con la detenzione in carcere, risulta essere adeguata e coerente.

Il ricorso, d’altro canto, omettendo di individuare profili di illegittimità del giudizio formulato dal giudice di merito ovvero eventuali travisamenti rispetto ad altre emergenze documentali, e generico.

Ragione questa per cui le censure articolate nell’atto di impugnazione, che si sostanziano in una critica al merito della decisione e sono pertanto tese a sollecitare una diversa lettura degli elementi emersi, non sono consentite.

2. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, e il ricorrente deve essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso (Corte Cost. n. 186 del 2000).

3. Si dispone l’oscuramento dei dati sensibili, in caso di diffusione del provvedimento, in considerazione delle condizioni di salute del condannato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d.Lgs.196 del 2003 in quanto impasto dalla legge.

Così deciso, il 29 settembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2023.

SENTENZA