Nel Ghana era stato visto ad avere un rapporto omosessuale, per questo chiede protezione internazionale. Negata (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 24 marzo 2022, n. 9689).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

O R D I N A N Z A

sul ricorso proposto da

(OMISSIS) KARIM (OMISSIS) Rahim, cittadino ghanese nato il 15 giugno 1998, elettivamente domiciliato in Roma, via del (OMISSIS) (OMISSIS) n. 31, presso lo studio legale (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. Francesco (OMISSIS) (p.e.c. franscesco(OMISSIS)@pec.ordineavvocatitreviso.it) per procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

nei confronti di Ministero dell’Interno in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ex lege

– resistente –

avverso il decreto n. 2180/2021 del Tribunale di Venezia, emesso in data 25 febbraio 2021 e depositato in data 3 marzo 2021, R.G. n. 3249/2019;

sentita la relazione in camera di consiglio del relatore cons. Dott. Umberto L.C.G. Scotti;

RILEVATO CHE

1. Con ricorso ex art. 35-bis del d.lgs. 25/2008, (OMISSIS) Karim (OMISSIS) Rahim, nato il 15 maggio 1998 in Ghana, ha adito il Tribunale di Venezia impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, e di protezione umanitaria.

2. Nel richiedere la protezione internazionale il ricorrente esponeva di aver lasciato il paese dopo essere stato ripreso da alcuni ragazzi mentre aveva un rapporto omosessuale con un cliente del proprio negozio.

3. Il Tribunale, all’esito dell’audizione, ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione.

4. Per quel che in questa sede ancora rileva, il Tribunale ha ritenuto che non sussistessero in capo al ricorrente condizioni tali da consentire il riconoscimento della protezione speciale introdotta dal d.l. 130 del 2020.

Difatti, a parere del Tribunale veneziano, non vi sarebbero stati elementi per ritenere che il ricorrente avesse raggiunto un adeguato livello di integrazione sociale, tenuto conto che la documentazione prodotta avrebbe comprovato lo svolgimento di un’attività lavorativa non sufficientemente stabile né adeguatamente retribuita, né gli attestati dei corsi di italiano potevano considerarsi sufficienti.

Diversamente, secondo il Tribunale, in Ghana il ricorrente aveva un’attività lavorativa e riferimenti familiari stabili.

Infine, ha concluso il Tribunale, non vi sarebbero stati i presupposti neppure per il rilascio dei permessi per casi speciali di cui al d.lgs. 286 del 1998 né per la protezione umanitaria, non essendo emersa alcuna forma di vulnerabilità in capo al ricorrente.

5. Avverso il predetto decreto (OMISSIS) Karim (OMISSIS) Rahim ha proposto ricorso per cassazione, notificato in data 16 marzo 2021, svolgendo tre motivi.

6. I motivi sono così rubricati:

«1) Violazione di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all’errata applicazione dell’art. 19 commi 1.1 e 1.2 del DLgs. 286/98 come novellato dal d.l. n. 130/2020 nonché, se ed in quanto applicabile, dell’art. 5 comma 6 del d.lgs. 286/98, e poi ulteriormente degli artt. 8 comma 3 e 32 comma 3 del d.lgs. 25/2008 e dell’art. 8 Cedu in relazione alla rilevanza del suo livello di integrazione sociale in Italia nonché all’assenza di una effettiva comparazione tra la situazione attuale e la prospettiva di un rientro in Ghana;

2) Mera apparenza della motivazione e conseguente nullità ex art. 360 n. 4 c.p.c.;

3) Omesso esame del percorso di formazione professionale che ha fatto seguito ai corsi di lingua e della continuità lavorativa dal settembre 2019 al febbraio 2021 – violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c.».

7. I tre motivi di ricorso, illustrati congiuntamente, si dolgono della decisione del Tribunale veneziano nella parte in cui non ha riconosciuto la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione speciale.

Difatti, a parere del ricorrente, il Tribunale avrebbe mancato di operare un’indagine comparativa tra la stabilità anche economica raggiunta in Italia e la prospettiva di rientro in un paese dal quale egli mancherebbe da oltre cinque anni e in cui sussiste una condizione di povertà e insicurezza.

Inoltre, il Tribunale avrebbe omesso di esaminare in modo completo la documentazione in atti, non essendosi in alcun modo pronunciato circa la rilevanza di un corso professionalizzante da lui tenuto nel 2018/19 (“manutenzione e assistenza tecnica”), né avrebbe tenuto in debito conto la continuità della sua attività lavorativa a far data dal 2019, caratterizzata da un progressivo aumento della sua capacità reddituale.

Il Tribunale, sostiene il ricorrente, avrebbe dunque dovuto esaminare l’integrazione sociale da lui raggiunta in una prospettiva prognostica, dando rilievo all’apprezzabile sforzo di inserimento nella realtà locale di riferimento.

8. L’intimata Amministrazione ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

9. Il ricorso è stato assegnato all’adunanza in camera di consiglio non partecipata del giorno 25 febbraio 2022 ai sensi dell’art. 380-bis cod.proc.civ.

RITENUTO CHE

10. Il Tribunale (pag.25-26 del decreto impugnato), nel valutare l’integrazione sociale allegata dal richiedente asilo, ha osservato che era stato documentato lo svolgimento di attività lavorativa solo per alcuni mesi dell’anno, con la percezione di una retribuzione non stabile e non adeguata, e che sotto il profilo linguistico non era sufficiente l’attestato dei corsi di italiano frequentati nel 2017, che non erano serviti ad affrancare il richiedente asilo dal bisogno di un interprete in sede di audizione.

Ha anche aggiunto che in patria il richiedente aveva un lavoro (manutentore di ventilatori) e riferimenti familiari.

11. I tre motivi, radicati in riferimento a tre diversi mezzi (violazione di legge, error in procedendo per motivazione apparente, omesso esame di fatto decisivo) chiedono a questa Corte una diversa valutazione delle risultanze documentali in ordine alla integrazione socio-lavorativa, oggetto di valutazione da parte del giudice di merito e si rivelano pertanto inammissibili.

Infatti il giudice del merito ha valutato la situazione di integrazione socio-lavorativa e culturale del richiedente asilo e ha emesso un giudizio sul suo grado di radicamento sul territorio nazionale, in implicito riferimento alla nozione di «vita privata e familiare» rilevante ex art. 8 CEDU, traendone poi conseguenze negative ai fini del riconoscimento della protezione speciale.

La predetta valutazione, poiché parte da premesse corrette giuridicamente circa la disciplina positiva applicabile in ordine ai presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria o speciale e alla nozione di «vita privata e familiare» ex art. 8 CEDU e non omette l’esame di alcun fatto decisivo discusso fra le parti rilevante ai fini dell’integrazione in Italia, configura un accertamento di fatto e implica, di conseguenza, una valutazione riservata al giudice del merito e insindacabile in sede di legittimità.

12. Pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese in difetto di rituale costituzione dell’Amministrazione, tardivamente effettuata con un atto denominato «atto di costituzione», non qualificabile come controricorso, in difetto di esposizione dei motivi di diritto su cui si fonda, costituendone requisito essenziale (cfr. Sez. 5, n. 17030 del 16.6.2021, Rv. 661609 – 01; Sez. 3, n. 10813 del 18.4.2019, Rv. 653584 – 01; Sez. U, n. 10019 del 10.4.2019, Rv. 653596 – 01; Sez. 6 – 3, n. 24835 del 20.10.2017, Rv. 645928 – 01; Sez. 6 – 3, n. 16921 del 7.7.2017, Rv. 644947 – 01).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile, Sottosezione Prima, il 25 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il giorno 24 marzo 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.