Obbligava le vittime ad accostare a lato strada e con la scusa di vendere ortaggi, le rapinava (Corte di Cassazione, Sezione Feriale Penale, Sentenza 11 agosto 2020, n. 23757).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE FERIALE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BONI Monica – Presidente –

Dott. ALMA Marco Maria – Consigliere –

Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TANGA Antonio Leonardo – Rel. Consigliere –

Dott. BORSELLINO Maria Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

DE LUCA GIUSEPPE nato a ACERRA il 21/05/1991;

avverso la sentenza del 10/07/2019 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ANTONIO LEONARDO TANGA;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. MARIA FRANCESCA LOY che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 1531/2017 del giorno 30/05/2017 il G.I.P. del Tribunale di Bologna, all’esito del giudizio abbreviato, dichiarava De Luca Giuseppe responsabile dei reati di cui agli artt. 628, comma 2, (capo A), 624-bis c.p. -aggravato ex art. 625, comma 1, n. 2, c.p.- (capo B) e, concesse le circostanze attenuanti generiche, esclusa l’aggravante di cui all’art. 61, n. 5, c.p., contestata sub capo B, ritenuto il vincolo della continuazione, applicata la riduzione per il rito, lo condannava alla pena di anni 1, mesi 8 di reclusione ed € 500,00 di multa, al netto della riduzione per il rito.

1.1. Con sentenza n. 4573/19 del giorno 10/07/2019, la Corte di Appello di Bologna, adita dall’imputato che si doleva della ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 625, comma 1, n. 2, c.p. e dell’eccessività dell’aumento di pena applicato ex art. 81, comma 2, c.p., confermava la sentenza di primo grado.

2. Avverso tale sentenza d’appello propone ricorso per cassazione De Luca Giuseppe, a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.):

– nullità della sentenza per contraddittorietà intrinseca e manifesta illogicità della motivazione in punto di riconosciuta sussistenza della circostanza aggravante dell’utilizzo del mezzo fraudolento (ex. art. 625, comma 1, n. 2, c.p.) in relazione al reato sub B) commesso in danno di Balducci Giancarlo.

Deduce che dalla denuncia sporta da Balducci Giancarlo si evince chiaramente come l’approccio operato dal prevenuto nei confronti dello stesso – alla guida di un furgone aveva ripetutamente suonato il clacson- aveva provocato lo spontaneo arresto della autovettura condotta dal Balducci, accostatasi sul lato destro della carreggiata; lo stesso Balducci, altrettanto spontaneamente aveva aperto lo sportello dal lato passeggero, per consentire al ricorrente di caricare sul sedile lato passeggero due cassette di frutta ed una di pomodori.

Solo in occasione del pagamento della merce acquistata il De Luca aveva strappato con gesto repentino alcune banconote che il Balducci teneva in mano, realizzando dunque un profitto esorbitante rispetto al valore della merce venduta.

Sostiene che appaiono contrastanti con gli elementi probatori in atti, le affermazioni della Corte territoriale secondo cui il prevenuto aveva finto di voler vendere alcune cassette contenenti frutta e verdura e che sia circostanza indimostrata il fatto che egli fosse effettivamente un venditore di frutta e verdura.

Anche i riferimenti ad un presunto collaudato modus operandi utilizzato dal ricorrente, desunto dalla Corte territoriale dalle denunce – querele sporte da BOLDRINI RENATO e da CRESCIMBENI NATALE, in atti, appaiono riferimenti del tutto illogici in quanto, è pur vero che suddette notizie di reato sono contenute all’interno del fascicolo processuale, ma è altrettanto evidente come trattasi di elementi d’accusa totalmente insussistenti che il pubblico ministero stesso ha rinunciato a contestare all’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è manifestamente infondato.

3.1. Va premesso che, nel caso in cui le pronunce di merito siano conformi per esito decisorio e criteri inferenziali, le relative motivazioni fondendosi, si integrano a vicenda e confluiscono in un risultato organico ed inscindibile, al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della compiutezza e della congruità logica della motivazione.

3.2. Occorre, inoltre, evidenziare che il ricorrente ignora le analitiche ragioni esplicitate dal giudice di appello per rigettare analoghi motivi di gravame, reiterati col ricorso all’odierno esame.

3.3. La Corte territoriale ha, in vero, fornito puntuale spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto.

3.4. Sul punto va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. Sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016).

3.5. Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l’illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché -come nel caso in esame- siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (v. Sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).

3.6. Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all’apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile:

a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato;

b) l’assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (v. Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542).

3.7. Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto.

Non c’è, in altri termini, come richiesto nel ricorso in scrutinio, la possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali.

Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.

3.8. In realtà il ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell’asseritamente connessa violazione nella valutazione del materiale probatorio, tenta di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito.

In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr. Sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).

4. Ciò posto, in ordine alla dedotta censura, basterà ribadire che l’aggravante del “mezzo fraudolento” è configurabile in presenza di qualunque azione insidiosa, improntata ad astuzia o scaltrezza, atta a soverchiare o sorprendere la contraria volontà del detentore della cosa, eludendo gli accorgimenti predisposti dal soggetto passivo a difesa della stessa (cfr. Sez. 4, n. 8128 del 31/01/2019 Ud. -dep. 25/02/2019- Rv. 275215; Sez. 5, n. 32847 del 03/04/2019 Ud. -dep. 22/07/2019- Rv. 276924).

In altri termini, l’approfittamento di una condizione favorevole appositamente creata dall’agente per allentare la sorveglianza da parte del possessore e neutralizzarne gli effetti integra la circostanza aggravante dell’uso del mezzo fraudolento in caso di particolare scaltrezza nell’attività preparatoria (v. Sez. Un., n. 40354 del 18/7/2013, Sciuscio, Rv. 255974; Sez. 4, n. 2340 del 29/11/2017, Rv. 271757).

4.1. Facendo buon uso dei principi sopra affermati, i giudici del merito hanno – concordemente quanto incensurabilmente – ritenuto la sussistenza dell’aggravante in esame evidenziando che «la proposta di acquisto di frutta e verdura altro non fu se non l’espediente utilizzato dall’imputato per indurre la PO – dopo aver finto di volergli vendere alcune cassette con mandarini, arance e pomodori, che aveva all’uopo appoggiato sul sedile dell’auto, per l’importo di euro 10 euro – ad estrarre il portafoglio, approfittando del momento in cui questi lo aveva aperto per prelevare i 10 euro, per asportare, con gesto repentino, tutte le banconote ivi contenute (circa 300 euro), a nulla rilevando il fatto che l’imputato sia effettivamente un venditore di frutta e verdura (circostanza peraltro indimostrata)».

Invero, la condotta del ricorrente, per come accertata nel corso delle indagini preliminari, appare callida e improntata ad astuzia oltre che finalizzata alla creazione di una condizione favorevole di cui ha, evidentemente, approfittato.

Per contro, dalla stessa ricostruzione fattuale operata dai giudici di merito emerge l’irrilevanza del comportamento spontaneamente tenuto dalla persona offesa, che aveva arrestato il veicolo ed aperto lo sportello, perché indotta a tanto dalla proposta di acquisto rivoltale dal De Luca al fine di potersi avvicinare ed impadronire del denaro custodito nel portafogli.

4.2. Quanto, poi, all’utilizzo -ai fini della individuazione del costante modus operandi del ricorrente in analoghe situazioni- di altre denunce e querele contenute nel fascicolo (da cui la Corte territoriale ha tratto il convincimento per cui «che l’intenzione del prevenuto fosse appunto quella di derubare la vittima, spacciandosi per venditore di frutta, usando dunque un mezzo fraudolento, emerge chiaramente da altre denunce sporte nei confronti dello stesso DE LUCA per condotte del tutto analoghe, costituenti dunque un collaudato modus operandi per avvicinare persone, per lo più anziane, al fine di strappare loro di mano il portafoglio allorquando si accingevano a pagare la merce»), mette conto riaffermare che, ai fini della decisione del giudizio abbreviato, il giudice può legittimamente servirsi di tutti gli atti che siano stati legittimamente acquisiti al fascicolo del pubblico ministero (cfr. anche Sez. 2, n. 3827 del 22/10/2019 Ud. – dep. 29/01/2020- Rv. 277965; Sez. 3, n. 44004 del 24/09/2015 Ud. -dep. 02/11/2015- Rv. 265236).

5. Discende da quanto sopra la declaratoria di inammissibilità del ricorso, cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ragioni per escludere la colpa dello stesso nel proporre l’impugnazione, al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 06/08/2020.

Depositato in Cancelleria l’11 agosto 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.