LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
LINA RUBINO Presidente
CRISTIANO VALLE Consigliere
PASQUALINA A. P. CONDELLO Consigliere Rel.
RAFFAELE ROSSI Consigliere
SALVATORE SAIJA Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29225/2021 R.G. proposto da:
(omissis) (omissis) in proprio e quale erede di (omissis) (omissis) rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. (omissis) (omissis) unitamente all’avv. (omissis) (omissis) con domicilio digitale come per legge;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI (OMISSIS) in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. (omissis) (omissis) con domicilio digitale come per legge;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce n. 966/2021, pubblicata in data 13 settembre 2021 e notificata in data 15 settembre 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 marzo 2025 daI Consigliere dott.ssa Pasqualina A. P. Condello.
Fatti di causa
1. (omissis) (omissis) conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Lecce, il Comune di (omissis) al fine di ottenere il risarcimento del danno parentale patito in conseguenza del decesso della figlia minore (omissis) avvenuto in data 3 settembre 2013.
Esponeva, a fondamento deIla doma nda, che quel giorno la minore, in compagnia di una amica, dopo essere entrata in mare, era deceduta per annegamento in uno specchio d’acqua antistante il tratto di spiaggia libera del Comune di (omissis) in località (omissis) (omissis) e che l’evento era imputabile a responsabilità dell’Ente convenuto, per l’assenza di servizio di salvataggio e di cartelloni che ne segnalassero la mancanza, oltre che per ii pessimo stato di manutenzione del percorso di accesso aIla spiaggia.
II Tribunale di Lecce rigettava la domanda, rilevando che il tragico evento non era ascrivibile a responsabilità del Comune, bensì a responsabilità esclusiva del padre della minore, che si era intrattenuto a conversare con un amico all’ingresso della spiaggia – in un punto che non consentiva di avere sotto controllo visivo le due minori – omettendo di vigilare sulle stesse, che si erano tuffate in mare da sole, senza la supervisione di un adulto, con la conseguenza che la piccola (omissis) poco abile nel nuotare, era annegata, non essendo valsi a saIvarla i soccorsi apprestati grazie all’intervento di due bagnanti che avevano allertato i bagnini del vicino stabilimento balneare, nella persistente assenza del padre che era sopraggiunto solo perché chiamato dalla amica della figlioletta, mentre erano già in corso i tentativi di rianimare la figlia.
II giudice di primo grado disattendeva altresì la tesi difensiva dell’attore secondo cui il decesso della minore era dipeso dal ritardo nei soccorsi, affermando che i tempi di attivazione di questi, comunque immediati, non potevano considerarsi apprezzabilmente superiori a quelli che avrebbero potuto essere assicurati nel caso in cui fosse stato predisposto un servizio di salvataggio e negando che l’assenza di un cartello di pericolo potesse essere individuata come causa dell’evento, essendo il pericolo immediatamente percepibile dall’adulto.
2. La Corte d’appello di Lecce ha respinto ii gravame proposto dal soccombente, osservato che, «quand’anche ii Comune di (omissis) – avesse assolto alle prescrizioni imposte con l’ordinanza n. 37/2013 emessa dall’Ufficio Circondariale Marittimo di (omissis) l’evento non avrebbe, comunque, potuto essere evitato».
Ha, in particolare, rilevato che, «poiché il padre della minore, con la propria condotta negligente consistita nell’essersi fermato intenzionalmente a parlare con un conoscente, sui gradini di accesso alla spiaggia, in prossimità della pineta, perdendo di vista le due minori a lui affidate, senza porsi il problema di verificare l’esistenza o meno di eventuaIi presidi di salvataggio e pertanto di verificare se le bambine potessero o meno entrare in acqua da sole – tanto più in ragione deI fatto che sua figlia non era un’esperta nuotatrice – ha di fatto destituito di qualunque efficienza anche solo concausale la condotta omissiva del Comune quanta alla mancata segnalazione della situazione di rischio nella baIneazione per mancanza di servizio di saIvataggio perché, quand’anche un tale cartello fosse stato effettivamente apposto a cura del Comune di (omissis) il padre deIla minore (responsabile dell’incolumità delle due minori), fermatosi a parlare con un conoscente prima dell’ingresso della spiaggia, senza preoccuparsi di quello che avrebbero fatto le due bambine lasciate da sole e fuori dal suo campo visivo, neanche avrebbe potuto leggerlo, si da rendere eziologicamente irrilevante la sua presenza ». Ha, infine, aggiunto che anche la tesi, riproposta daII’appellante, di responsabilità del Comune per asserito ritardo nei soccorsi apprestati aIla minore, non poteva essere accolta perché non fondata su specifici argomenti di confutazione idonei a contrastare I ‘accertamento svolto daI giudice di primo grado.
3. (omissis) (omissis) ricorre per la cassazione della suddetta sentenza, con un unico motivo, cui resiste il Comune di (omissis) mediante controricorso.
4. II ricorso e stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1. proc civ., in prossimità della quale il Comune controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo d’impugnazione iI ricorrente denunzia «Violazione e faIsa applicazione degIi artt. 2043 e ss. c.c., 40 e 41 c.p. e 1227 e 2043 cod. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.: la sentenza impugnata ha falsamente applicate le predette norme di diritto, incorrendo, peraltro, in errore di sussunzione, negando tutela risarcitoria ex art. 2043 e segg. c.c. all’istante, previa la esclusione del concorso causale del comportamento omissivo e violative di leggi e regolamenti, tenuto dal Comune di (omissis) nella verificazione del tragico evento per cui é causa».
Sostiene che il rigetto deIla domanda formulata, basata suI disposto dell’art. 2051 cod. civ. e, in via subordinata, sulla generale norma di cui all’art. 2043 cod. civ., non é condivisibile, posto che aveva offerto prova di tutti gli elementi costitutivi del fatto illecito previsti dalla norma: la condotta, il nesso di causalità, il danno ingiusto e l’imputabilità soggettiva.
Richiamando la ricostruzione dei fatti emersa nel corso del giudizio di merito, addebita alla Corte territoriale di essere incorsa in un vizio di sussunzione, per avere ritenuto ii comportamento deI padre della minore quale “causa prossima di rilievo”, idonea ad interrompere il nesso di causalità tra la condotta ascritta al Comune ed il fatto dannoso, e per avere considerato causa non rilevante la grave violazione di legge posta in essere dall’Amministrazione comunale, senza procedere alla valutazione deIla diversa efficienza delie varie concause suI piano della causalità giuridica.
Rimarca che il Comune di (omissis) aveva violato l’ordinanza n. 37/2013, datata 10 giugno 2013 ed in vigore daI 15 giugno successivo, emanata dall’Ufficio Circondariale Marittimo di (omissis) vigente all’epoca dei fatti, che imponeva regole e prescrizioni ben precise rivolte alla prevenzione dei pericoli connessi alla balneazione, sottolineando che, laddove fosse stato apprestato dal Comune il servizio di salvataggio in loco, detto servizio avrebbe sicuramente potuto impedire che avvenisse I’evento morte, perché sarebbe stato impedito alle due bambine di fare ii bagno in assenza di un accompagnatore aduIto; l’apposizione deIla cartellonistica indicante l’assenza del servizio di salvataggio era prevista dalla norma speciale solo come adempimento succedaneo a quello primario in ipotesi eccezionale di mancato apprestamento del servizio di salvataggio, e non quale adempimento surrogato ed alternativo a quello previsto come primario.
Partendo da questi presupposti – prosegue il ricorrente – la Corte d’appello avrebbe dovuto ritenere che tanto il comportamento del padre quanto quello della minore potevano essere considerati come concause efficienti dell’evento, ma non quaIi “cause prossime di rilievo”, idonee a recidere l’efficienza causale delle altre cause dell’evento.
2. II motivo é infondato.
2.1. Occorre prendere le mosse, a titolo di premessa, dall’affermazione che in materia di illecito aquiliano, l’accertamento del nesso di causalità materiale, in relazione all’operare di più concause ed all’individuazione di quella ed. «prossima di rilievo» nella verificazione dell’evento dannoso, forma oggetto di un apprezzamento di fatto del giudice di merito che é sindacabile in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., sotto il profilo deIla violazione delle regole di diritto sostanziale recate dagli artt. 40 e 41 c.p. e 1127, primo comma, cod. civ. (cosi, in motivazione, Cass., sez. 3, 08/04/2020, n. 7760, non massimata sul punto; nello stesso senso già Cass., sez. 6-3, 24/05/2017, n. 13096; Cass., sez. 3, 28/07/2017, n. 18753).
Più in generale, si é spiegato che «l’errore compiuto daI giudice di merito nell’individuare la regola giuridica in base aIla quale accertare la sussistenza del nesso causale tra fatto illecito ed evento e censurabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, primo comma, 3, cod. proc. civ.», restando, invece, inteso che «l’eventuale errore nell’individuazione delle conseguenze che sono derivate dall’illecito, aIla luce della regola giuridica applicata, costituisce una valutazione di fatto, come tale sottratta aI sindacato di legittimità, se adeguatamente motivata» (Cass., sez. 3, 25/02/2014, n. 4439).
Ciò consente di superare l’eccezione di inammissibilità del motivo, sollevata da parte controricorrente, dovendosi ritenere che la doglianza, come prospettata, consente a questa Corte di scrutinare la corretta applicazione deIla regola causale, vista che «nel paradigma del n. 3) dell’art. 360 cod. proc. civ. ii vizio denunciabile davanti a questo giudice di legittimità é, com’e noto, individuato sia nella violazione che nella falsa applicazione della norma di diritto».
Quest’ultima fattispecie, poi, sottende il c.d. vizio di sussunzione”, ipotizzabile “quando il giudice di merito”, dopa avere individuato e ricostruito – e cioé “sulla base delle allegazioni e delle prove offerte dalie parti e comunque all’esito dello svolgimento dell’istruzione cui ha proceduto” – “la «quaestio facti», cioè i termini ed il modo di essere della c.d. fattispecie concreta dedotta in giudizio, procede a ricondurre quest’ultima ad una fattispecie giuridica astratta piuttosto che ad un’altra cui sarebbe in realtà riconducibile oppure si rifiuta di ricondurla ad una certa fattispecie giuridica astratta cui sarebbe stata riconducibile o ad una qualunque fattispecie giuridica astratta, mentre ve ne sarebbe stata una cui avrebbe potuto essere ricondotta, in tal modo incorrendo in errore (cosi, da ultimo, Cass., sez. 3, 29/08/2019, n. 21772).
Pertanto, la valutazione cosi effettuata daI giudice di merito e la relativa motivazione, non inerendo più all’attività di ricostruzione deIla «quaestio facti» e, dunque, all’apprezzamento dei fatti storici in funzione di essa, bensì all’attività di qualificazione «in iure» deIla «quaestio» per come ricostruita, risulta espressione di un vero e proprio giudizio normativo e il relativo ragionamento operato daI giudice di merito é controllabile e deve essere controllato daIla Corte di cassazione nell’ambito del paradigma del n. 3 dell’art. 360 cod. proc. civ. (cosi, nuovamente, Cass., n. 21772 del 2019, cit.).
2.2. Posto ciò, é stato chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte che la ricostruzione della “problematica causale”, con riferimento aIla «causalità materiale o di fatto, presenta rilevanti analogie con quella penale, artt. 40 e 41 cod. pen.», giacche «ii danno rileva solo come evento lesivo» (cosi, in motivazione, Cass., sez. U, 11/01/2008, n. 576; per l’applicazione degli artt. 40 e 41 cod. pen. al nesso di causalità materiale dell’illecito civile si vedano anche Cass., sez. 3, 11/05/2009, n. 10741; Cass., sez. 3, 08/07/2010, n. 16123; Cass., sez. 3, 12/04/2011, n. 8430).
Nel sistema della responsabilità civile, il giudice di merito, per stabilire se sussista il nesso di causalità materiale richiesto dall’art. 2043 cod. civ. in tema di responsabilità extracontrattuale tra un’azione o un’omissione ed un evento, deve applicare il principio della «conditio sine qua non» (del quale é stata sottolineata la “coerenza” con il principio eurounitario deIla effettività deIla tutela giurisdizionale, come ritenuto daIla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza del 21 giugno 2017 in causa C-621/15; cfr., Cass., sez. 3, 27/07/2021, n. 21530), ternperato da quello della regolarità causale (tra le altre, Cass., sez. 1, 23/12/2010, n. 26402; Cass., sez. 3, 30/04/2010, n. 10607) o dello “scopo della norma violata” (da ultimo, in motivazione, Cass., sez. 3, 06/07/2021, n. 19033), sicche, «quando l’evento dannoso o pericoloso é stato cagionato da una pluralità di azioni o di omissioni, coeve o succedutesi nel ternpo, tutte hanno uguale valore causale, senza distinzione tra cause mediate ed immediate, dirette ed indirette, precedenti e successive, dovendo a ciascuna di esse riconoscersi un’efficienza causale del danno se nella concatenazione degIi avvenimenti abbiano determinato una situazione tale che l’evento, sebbene prodotto direttamente dalla causa avvenuta per ultima, non si sarebbe verificato», fermo restando che, nell’ipotesi, invece, in cui «la causa sopravvenuta sia da sola sufficiente a provocare l’evento perché autonoma, eccezionale ed atipica rispetto alla serie causale già in atto, le cause preesistenti degradano al rango di mere occasioni perché quella successiva ha interrotto il legame causale tra esse e l’evento» (Cass., sez. 3, 22/10/2003, n. 15789; in senso conforme, anche Cass., sez. 3, 06/04/2006, n. 8096; si veda pure, Cass., sez. 3, 22/10/2013, n. 23915, secondo cui la causa sopravvenuta deve essere in grado di “neutralizza re” quella precedente, ponendosi come “di per se idonea a determinare l’evento stesso”; Cass., n.187 53/2017, cit.; Cass., sez. 3, 22/02/2021, n. 4662).
2.3. Tra le cause sopravvenute di per se idonee ad interrompere il nesso di causa può rientrare anche la condotta della vittima deI fatto che si assume illecito e ciò si verifica quando tale condotta, pur inserendosi nella serie causale già avviata da altri, ponga in essere un’altra serie causale eccezionale ed atipica rispetto aIla prima, idonea da sola a produrre l’evento dannoso, che sul piano giuridico assorbe ogni diversa serie causale e la riduce al ruolo di semplice occasione (cosi, testualmente, Cass., sez. 3, 06/04/2006, n. 8096; Cass., sez. 3, 23/05/2014, n. 11532).
In questa ipotesi, la condotta della vittima costituisce la c.d. «causa prossima di rilievo», che esclude l’ipotizzabilità del concorso di altre cause, ai sensi dell’art. 41, comma 2, pen. (Cass., sez. 3, 07/12/2005, n. 26997; Cass., sez. 3, 12/09/2005, n. 18094; Cass., sez. 3, 08/11/2002, n. 15704; Cass., sez. 3, 08/07/1998, n. 6640).
Si é, al riguardo, precisato che «la condotta della vittima, a sua volta, può ritenersi “causa prossima di rilievo”, idonea ad escludere la responsabilità altrui: (a) o quando sia stata assoluta mente eccezionale, imprevista ed imprevedibile; (b) oppure quando sia consistita in una negligenza od imprudenza cosi gravi ed inescusabili da rendere irrilevanti le precedenti condotte colpose di terzi: cio sul presupposto che queste ultime sarebbero rimaste inoffensive, se la vittima avesse osservato un minimo di diligenza» (cosi, Cass., sez. 3, 17/11/1997, n. 11386; Cass., n. 11532/2014, che ha affermato la responsabilità esclusiva del danneggiato che aveva deciso di bagnarsi in mare, pur non sapendo nuotare ed in un tratto di mare tempestoso, escludendo una concorrente responsabilità deI Comune che non aveva apposto segnaletica indicante ii pericolo nella balneazione).
3. Richiamati i criteri suIla base dei quaIi devono essere valutati gli elementi di fatto acquisiti nel corso del giudizio di merito, deve ritenersi che la Corte d’appello, aIla stregua della ricostruzione dell’evento dannoso, abbia fatto buon governo delle norme evocate dal ricorrente.
Invero, é pacifico, e non censurato in questa sede, che l’odierno ricorrente, arrivato sul posto in compagnia delle due minori, al limitare della pineta ed in prossimità del punto da cui si accedeva alla spiaggia, si é trattenuto a chiacchierare con un conoscente per circa mezz’ora, mentre le due bambine, proseguendo il loro cammino, sono arrivate sulla spiaggia e si sono tuffate in mare da sole. Risultando acclarato che il padre deIla vittima avesse perso di vista le minori, neppure avvedendosi che queste avevano deciso di bagnarsi a mare, la Corte d’appello, aIla luce deIla condotta tenuta daI padre deIla vittima, ha ritenuto eziologicamente irrilevante la mancata presenza di cartelli indicanti l’assenza di un servizio di salvataggio su quel tratto di spiaggia, e cio perché il comportamento del (omissis) era connotato da colpa grave ed inescusabile, tale da costituire la “causa prossima rilevante” del tragico evento, ma soprattutto perché, essendosi egli fermato prima della spiaggia, in un punto dal quale non era per lui possibile avvistare la eventuale presenza di carteIIoni indicanti la assenza di un servizio di salvataggio e la rischiosità della balneazione, anche ove il Comune si fosse attenuto alie prescrizioni imposte daIla ordinanza n. 37/2013 adottata dall’Ufficio Circondariale marittimo ed avesse apposto il cartello, il ricorrente non avrebbe potuto comunque leggerli.
I giudici di merito, al fine di individuare le condizioni che avevano avuto efficacia causale del tragico evento e valutare la sussistenza del nesso di causalità, hanno, del tutto correttamente, fatto applicazione del principio della cd. “causa prossima di rilievo”, costituita nella fattispecie da un atto di volizione libero, consapevole ed autonomo di un soggetto (il padre della vittima) dotato di capacità di agire, quale, appunto, quello di “abdicare” all’adozione delie cautele del caso, a tutela delle minori, idonee a scongiurare situazioni di pericolo per queste ultime; ed hanno conseguentemente considerato causa assorbente ed esclusiva il comportamento negligente dell’odierno ricorrente, perché idoneo ad escludere la rilevanza della condotta omissiva tenuta dal Comune, caratterizzata daIla mancata osservanza delle prescrizioni previste dalla ordinanza di sicurezza balneare n. 37/2013, che prevedeva, a carico dei Comuni, l’obbligo di garantire, per i tratti di litorale destinati alla libera fruizione, un servizio di saIvataggio, analogamente a quanto previsto per i gestori di strutture balneari e spiagge attrezzate, e, in caso di mancato apprestamento di tale servizio, l’obbligo di “rendere nota all’utenza la mancanza dei servizi minimi mediante specifica cartellonistica da apporre in modo visibile sia lato strada che nei pressi della battigia”, avente specifiche dimensioni e riportante la dicitura “Attenzione balneazione non sicura per mancanza di servizio di salvataggio”.
Nel contrastare la valutazione operata dai giudici d’appello, anche in questa sede ii ricorrente insiste nella tesi difensiva secondo la quale obbligo primario posto a carico deIla P.A. proprietà ria deIla spiaggia libera fosse proprio quello di assicurare un servizio di salvataggio in loco, che, ove esistente, avrebbe potuto impedire che l’evento mortale si verificasse, e che l’apposizione della cartellonistica indicante l’assenza del servizio di salvataggio fosse prevista, invece, come adempimento succedaneo a quello primario.
Ma l’argomentazione difensiva prospettata, pure presa in esame dalla Corte leccese, non giova aI ricorrente, non essendo idonea a superare le conclusioni cui é pervenuta la decisione impugnata.
Difatti, attraverso un giudizio controfattuale, finalizzato a verificare se l’osservanza, da parte dell’Ente proprietario della spiaggia, delle prescrizioni previste daIla ordinanza invocata, avrebbe potuto impedire l’evento occorso alla minore e se il comportamento del padre deIla vittima avesse soltanto concorso aIla causazione dell’evento, il giudice d’appello ha puntualmente rilevato che, atteggiandosi le prescrizioni come alternative, quand’anche il Comune si fosse ad esse attenuto, provvedendo ad appore i previsti cartelli di segnalazione della mancanza del servizio di salvataggio, comunque l’evento non avrebbe potuto essere evitato, proprio perché il padre della vittima, con la propria condotta, essendosi fermato prima dell’ingresso della spiaggia, neanche avrebbe potuto vederli, si da rendere eziologicamente irrilevante la loro eventuale presenza.
A tanto la Corte di merito ha aggiunto che un servizio di salvataggio, anche se esistente, non avrebbe in ogni caso potuto esonerare il ricorrente dall’adempimento dei suoi doveri di vigilanza e custodia delle minori a lui affidate.
Non può, invero, non considerarsi che qualsiasi ipotesi di responsabilità resta esclusa e superata se il danneggiato, pur avvedendosi o potendosi avvedere con l’uso deIla ordinaria diligenza della situazione di pericolo, vi si esponga volontariamente.
Nel caso de quo, per quanto emerso daIla istruttoria espletata, la condotta imputabile all’odierno ricorrente e gravemente negligente ed inescusabile, per avere iI (omissis) lasciato incustodite due minori suIla spiaggia, non curandosi di vigilare sulle stesse al fine di evitare che potessero tuffarsi in mare, ed é, pertanto, evidente che tale condotta costituisce causa determinante ed esclusiva dell’evento che ne é derivate, tale da togliere qualsiasi rilevanza al contegno omissivo del Comune rispetto aIla serie causale successivamente innescata.
4. II ricorso, per le ragioni esposte, deve, quindi, essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, in ragione deIla peculiarità delle circostanze da cui é scaturito l’evento dannoso, vanno integraImente compensate tra le parti.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della 1. n. 228 del 2012, da atto della sussistenza dei presupposti processuaIi per ii versamento, da parte del ricorrente, aI competente ufficio di merito dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per ii ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile, il 10 marzo 2025
IL PRESIDENTE
Lina Rubino
Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2025.