REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ANTONIO MANNA – Presidente –
Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI – Consigliere –
Dott. MARGHERITA MARIA LEONE – Consigliere –
Dott. ANTONELLA PAGETTA – Rel. Consigliere –
Dott. CARLA PONTERIO – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 17648-2023 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS) elettivamente domiciliato in ROMA, (OMISSIS) presso lo studio degli avvocati (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS) che lo rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante, pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3026/2023 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata ii 25/07/2023 R.G.N. 1101/2023;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/12/2024 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA;
udito ii P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. OLGA PIRONE, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) per delega verbale avvocato (OMISSIS) (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS) (OMISSIS) impugnava con ricorso, ex 1, commi 47 e sgg. della legge n. 92/2012, il licenziamento per giusta causa intimatogli in data 28 ottobre 2021 da (OMISSIS) s.p.a. sulla base di contestazione che addebitava al dipendente l’indebita fruizione di un permesso retribuito ex art. 33, comma 3 I. n. 104/1992, utilizzato in realtà per la partecipazione in qualità di “footgolfer” aI campionato italiano FootGolf, tenutosi presso il Golf Club (OMISSIS) in provincia di (OMISSIS)
2. Con l’ordinanza emessa all’esito della fase a cognizione sommaria il ricorso era respinto e la decisione era confermata dal Tribunale davanti aI quale il (OMISSIS) aveva proposto opposizione.
3. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma ha respinto il reclamo del lavoratore confermando la sentenza di primo. In particolare Corte di merito, disattendendo i motivi di gravame del lavoratore, ha ritenuto che:
a) (OMISSIS) S.P.A. nell’irrogare il licenziamento aveva correttamente fondato la sanzione espulsiva sul fatto contestato, ossia l’avere il (OMISSIS) partecipato al campionato di Foot Golf nel giorno di utilizzazione del permesso finalizzato all’assistenza di parente disabile;
b) il riferimento, nell’ambito deIla motivazione deI licenziamento, aIla circostanza che iI dipendente, pur consapevole che la programmazione aziendale prevedeva la sua presenza per il turno deIla mattina successiva aI giorno deIla richiesta e nonostante che la partecipazione al campionato di Foot Golf fosse stata programmata nei giorni precedenti il campionato, aveva effettuato la richiesta di permesso solo il giorno prima della relativa fruizione, costituiva argomento utilizzato daIla datrice solo per completezza di esposizione in quanto sollecitato dalle giustificazioni rese daI (OMISSIS) alla contestazione dell’addebito;
c) il giudice dell’opposizione aveva fatto riferimento aIla conoscenza anticipata – rispetto aI momento della richiesta – in ordine all’effettuazione del torneo, solo quale argomento confermativo della indebita utilizzazione, quanto meno parzialmente, del predetto permesso;
d) nella economia deIla decisione di primo grado la circostanza che la disabile, zia del (OMISSIS) fosse stata presente presso il centro ove si svolgeva la gara non incideva sulla configurabilità dello sviamento dalla funzione propria del beneficio essendo emerso che tale permesso non era stato chiesto dal lavoratore per garantire assistenza alla familiare disabile ma nel proprio interesse, onde consentirgli di partecipare al campionato di FootGolf;
e) pur volendo ammettere che l’assistenza aI disabile possa estrinsecarsi in attività riconducibiIi aIla mera presenza ovvero ai normaIi rapporti familiari, comunque il lavoratore non aveva svolto integralmente I‘attività di assistenza nelle ore del permesso, essendo in parte stato impegnato nella gara; vi era stato quindi sviamento daIla funzione essenziale del beneficio;
f) la condotta tenuta integrava gli estremi della giusta causa di licenziamento, sussistendo proporzione tra i fatti addebitati e sanzione inflitta venendo a tal fine in rilievo anche la delicatezza delie funzioni svolte daI lavoratore, addetto aIla Sala Situazioni della Direzione Operation Coordinamento territoriale, presso la quale viene realizzato il coordinamento delle singole sale operative che, su base regionale, gestiscono, in turni h 24, gli interventi nelle viabiIi di competenza del personale su strada (OMISSIS).
4. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso (OMISSIS) (OMISSIS) sulla base di sei motivi; la parte intimata ha resistito con controricorso illustrato con memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
5. Il P.G. ha depositato memoria con la quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e faIsa applicazione degIi artt. 7 e 18 deIla legge 300 del 1970, dell’art. 3, comma 2 del d. lgs. n. 23 del 2015, dell’art. 2119 c.c. censurando la sentenza impugnata per violazione del principio di immutabilità della contestazione disciplinare e per non avere dichiarato illegittimo il licenziamento per insussistenza del fatto materiale, con reintegra del lavoratore.
2. Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge 300 del 1970, per avere i giudici del merito ampliato l’ambito delle condotte contestate aI dipendente con la lettera di addebito del 10.9.2021 e, di conseguenza, il thema decidendum della controversia.
3. Con il terzo motivo deduce omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, rappresentato daIla circostanza del difetto di preventiva contestazione dell’addebito disciplinare consistente neIla violazione del dovere di collaborazione tra colleghi.
4. Con il quarto motivo deduce violazione e falsa applicazione degli 115 e 116 c.p.c., degli artt. 1218 e 2697 c.c., dell’art. 33 della legge n. 104 del 1992 in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. in ordine alla valutazione delle prove ed al diritto di difesa. Si censura la sentenza impugnata sotto il profilo del difetto di coerenza tra l’accertamento raggiunto e le emergenze probatorie dalle quaIi -si sostiene- emergeva che la gita era stata programmata per consentire all’assistita una breve vacanza fuori porta.
5. Con il quinto motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 33 della legge n. 104 del 1992, degIi artt. 115 e 116 c.p.c., degli artt. 1218 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., per avere la Corte di appello ritenuto che il lavoratore, nell’arco della intera giornata dedicata all’assistenza del disabile, non avrebbe dovuto riservare a se stesso le due ore utilizzate per la partecipazione aI torneo.
6. Con il sesto motivo deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2106 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. in ordine alie regole di governo deIla necessaria proporzionalità fra fatto addebitato e recesso.
7. II primo motivo deve essere respinto.
7.1. La Corte di merito, pur dando atto che la condotta consistente nell’avere avanzato la richiesta del permesso di cui all’art. 33, comma 3 I. n. 104/1992 solo il giorno prima della data di prevista fruizione del beneficio era <<espressamente riportata>> nella lettera di contestazione (sentenza, pag. 7, secondo capoverso), nel respingere il motivo di reclamo inteso a far valere la violazione del principio di immodificabilità della contestazione, ha osservato che (OMISSIS) s.p.a. aveva fondato la sanzione espulsiva sulla partecipazione del (OMISSIS) al campionato italiano di Foot Golf, in coincidenza con il giorno di fruizione del permesso ex art. 33 comma 3, I. n. 104/1992 per l’assistenza alla parente disabile; ha precisato che la datrice di lavoro, solo <<per completezza di esposizione>>, a confutazione delle giustificazioni fornite daI lavoratore, neIla lettera di licenziamento aveva evidenziato che la richiesta era stata formulata appena alle ore 13,00 del giorno precedente la fruizione del permesso medesimo (sentenza, pag. 10); ha ritenuto quindi infondata la doglianza che ascriveva alla sentenza di prime cure di avere motivato la legittimità del licenziamento anche in riferimento ai nuovi addebiti (violazione del dovere di collaborazione con i colleghi) rispetto ai quali esso (OMISSIS) non aveva potuto esplicitare le proprie difese.
7.2. Il motivo in esame non si confronta con l’accertamento della Corte di merito in ordine alla coincidenza fra quanto oggetto di addebito e le ragioni del licenziamento esplicitate nella relativa lettera da (OMISSIS) S.P.A. e si limita ad una lettura meramente contrappositiva rispetto alle conclusioni attinte daI giudice del reclamo, lettura fondata su argomentazioni già svolte e disattese nel precedente grado di merito; le censure sviluppate sono inidonee quindi ad incrinare la decisione posto che la critica alla ricostruzione del contenuto della lettera di contestazione e del contenuto della lettera di licenziamento quaIi operate dal giudice del reclamo richiedeva la vaIida deduzione della violazione delie regole legaIi di interpretazione di cui agli art. 1362 c.c., applicabili anche agIi atti unilateraIi nei Iimiti di relativa compatibilità, deduzione neppure formalmente prospettata dall’odierno ricorrente.
8. II secondo motivo di ricorso é inammissibile in quanto non si confronta con le effettive ragioni della decisone. II giudice del reclamo ha infatti escluso che la violazione del dovere di collaborazione nei confronti dei colleghi fosse stata posta dalla società datrice alla base del licenziamento ed evidenziato che il riferimento a tale aspetto nella lettera di recesso datoriale costituiva una sorta di “risposta” alle doglianze in merito avanzate dal lavoratore. Alla stregua di quanto ora osservato si rivelano non pertinenti le censure di violazione dell’art. 7 I. n. 300/1970, esclusa in radice dall’accertamento della sentenza impugnata.
9. II terzo motivo di ricorso é infondato, non essendo configurabile alcun omesso esame, rilevante ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., laddove non venga in considerazione un “fatto” inteso in senso storico fenomenico, bensì una mera argomentazione difensiva, dovendo ulteriormente rilevarsi che il preteso fatto omesso é stato comunque preso in considerazione daIla Corte di merito che ha espressamente scrutinato l’assunto difensivo dell’odierno ricorrente in punto di non coincidenza fra fatti contestati e fatti posti a base del licenziamento.
10. II quarto motivo di ricorso é inammissibile.
10.1. II motivo, che già nell’enunciazione di cui in rubrica sembra implicare una inammissibile mescolanza fra violazioni di diritto e vizio di motivazione, risulta inammissibile per plurimi profili; la deduzione di vizio di motivazione non é infatti conforme aII’attuale configurazione dell’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. che richiede la individuazione di uno specifico fatto, inteso in senso storico- fenomenico, avente rilievo decisivo il cui esame é stato omesso dal giudice di merito (v. per tutte Cass. 55.UU. n. 8053/2014); essa, inoltre, risulta preclusa ai sensi dell’art. 348 ter ultimo comma cod. proc. civ. dalla esistenza di <<doppia conforme di merito>> non avendo il ricorrente indicato, come suo onere, le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle posto a base della sentenza di rigettto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 2019 n. 26774, Cass. n. 19001/2016, Cass. n. 5528/2014), ed in (Cass. n. 26774/ 2019, Cass. n. 19001/2016, Cass. n. 5528/2014); parimenti, una censura relativa alla violazione e faIsa applicazione degIi artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, vaIutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. Sez. U, 20867/2020, 16598/2016, Cass. Sez. U. nn. 8053 e 8054 del 2014, n. 34474 del 2019, n. 20867 del 2020), come in concreto non avvenuto.
Le doglianze complessivamente articolate non sono quindi idonee alla valida censura della decisione in quanto intese a sollecitare direttamente un diverso apprezzamento di fatto del materiale probatorio, apprezzamento precluso aI giudice di legittimità (Cass. 4/11/2013 n. 24679, Cass. 16/12/2011 n. 2197, Cass. 21/9/2006 n. 20455, Cass. 4/4/2006 n. 7846, Cass. 7/2/2004 n. 2357) al quale, secondo il costante orientamento di questa Corte, non é conferito il potere di riesaminare autonomamente il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio bensì soltanto quello di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, le argomentazioni svolte dal giudice di merito al quale spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, controllarne l’attendibilità e concludenza nonché scegliere tra le complessive risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti daIla legge ( Cass. 4/11/2013 n. 24679, Cass. 16/12/2011 n. 2197, Cass. 21/9/2006 n. 20455, Cass. 4/4/2006 n. 7846, Cass. 7/2/2004 n. 2357).
11. E’ infondato il quinto motivo di ricorso. In relazione alla dedotta violazione degli 115 e 116 c.p.c. vale quanto osservato nell’esame del quarto motivo.
11.1. La violazione dell’art. 2697 c.c. è censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere deIla prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scornposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013; Cass. n. 13395 del 2018), mentre nella sentenza impugnata non é in alcun modo ravvisabile un sovvertimento dell’onere probatorio, interamente gravante sulla parte datoriale.
11.2. In relazione all’ulteriore profilo, che investe la definizione dei Iimiti, anche orari, della prestazione di assistenza nel giorno di fruizione del permesso, si premette che il beneficio, ex art. 33 I. n. 104/1992, é riconosciuto dal legislatore in ragione dell’assistenza a disabile, la quale é causa del riconoscimento del permesso. Tale essendo la ratio del beneficio e in mancanza di specificazioni ulteriori da parte del legislatore, l’assenza dal lavoro per la fruizione del permesso deve porsi in relazione diretta con l’esigenza per il cui soddisfacimento il diritto stesso e riconosciuto, ossia l’assistenza aI disabile.
In particolare é stato evidenziato che nessun elemento, testuale o logico, consente di attribuire aI beneficio in oggetto una funzione meramente compensa tiva o di ristoro delle energie impiegate dal dipendente per l’assistenza prestata al disabile. Tanto meno la norma consente di utilizzare ii permesso per esigenze diverse da quelle proprie deIla funzione cui la norma e preordinata: il beneficio comporta un sacrificio organizzativo per il datore di lavoro, giustificabile solo in presenza di esigenze riconosciute dal legislatore (e dalla coscienza sociale) come meritevoli di superiore tutela.
In conseguenza, ove iI nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile manchi del tutto, non può riconoscersi un uso del diritto coerente con la sua funzione e dunque si é in presenza di un uso improprio ovvero di un abuso del diritto.
II comportamento del prestatore di lavoro subordinato che, in relazione al permesso ex art. 33 n. 104/1992, si avvalga dello stesso non per l’assistenza al familiare, bensì per attendere ad altra attività, integra l’ipotesi dell’abuso di diritto, giacche tale condotta si palesa, nei confronti del datore di lavoro come lesiva della buona fede, privandolo ingiustamente della prestazione lavorativa in violazione dell’affidamento riposto nel dipendente ed integra, nei confronti dell’Ente di previdenza erogatore del trattamento economico, un’indebita percezione dell’indennità ed uno sviamento dell’intervento assistenziale ( Cass. n. 17968/2016, Cass. n. 4984/2014, conf. Cass. n. 9217/2016, 9749/2016 en. 8784/2015).
11.3. Tanto premesso, la Corte distrettuale, con accertamento di merito ad essa istituzionalmente riservato e non più incrinabile stante la preclusione da <<doppia conforme>>, ha ritenuto che vi era stato sviamento daIla funzione essenziale deI beneficio, sia nella genesi, esclusivamente motivata dalla necessità di partecipare alle gasre del torneo, sia nella sua concreta attuazione, che aveva comportato una carenza quantomeno parziale nell’attività di assistenza, essendosi dedicato il lavoratore per alcune ore ad attività di natura personale e ludica. Anzi, l’accertamento della natura esclusivamente personale dell’esigenza all’origine deIla richiesta si rivela idoneo ad interrompere ogni nesso con la funzione assistenziale propria del permesso, ed in questa prospettiva non vi é spazio per l’approfondimento del tema del numero di ore da dedicare all’assistito nei giorni della fruizione del permesso. All’accertamento del difetto di nesso causale tra assenza daI lavoro e prestazione di assistenza consegue che devono ritenersi violati i principi di correttezza e buona ed in questa prospettiva appare giustificata la sanzione espulsiva.
12. II sesto motivo di ricorso é infondato.
Le censure articolate risultano inidonee ad inficiare l’accertamento relativo aIla sussistenza deIla giusta causa di licenziamento, ancorata dal giudice di merito a corretti parametri di riferimento.
12.1. Come noto, per consolidata giurisprudenza di questa Corte la “giusta causa” di licenziamento ex art. 2119 cod. integra una clausola generale, che richiede di essere concretizzata dall’interprete tramite valorizzazione dei fattori esterni relativi aIla coscienza generale e dei principi tacitamente richiamati dalla norma, quindi mediante specificazioni che hanno natura giuridica e la cui disapplicazione é deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l’accertamento della ricorrenza concreta degli elementi del parametro normativo si pone sul diverso piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e incensurabile in cassazione se privo di errori logici e giuridici; la sussunzione deIla fattispecie concreta nella clausola elastica deIla giusta causa secondo “standards” conformi ai valori dell’ordinamento, che trovino conferma nella realtà sociale, e dunque sindacabile in sede di legittimità con riguardo alla pertinenza e non coerenza del giudizio operato, quaIi specificazioni deI parametro normativo avente natura giuridica e del conseguente controllo nomofilattico affidato aIla Corte di cassazione ( v. tra le altre, Cass. n. 7029/2023, Cass. n. 12789/2022, Cass. n. 7426/2018, Cass. n. 31155/2018, Cass. n. 25144/2010).
12.3. Ciò posto la valutazione di gravità della condotta e quindi di sussistenza deIla giusta causa di Iicenziamento risulta coerente con i principi dell’ordinamento e con gli standards presenti nella coscienza sociale. A riguardo si rileva che la richiesta di fruizione del permesso ex art. 33 comma 2 I n. 104/1992 per finalità ad esso estranee, si connota per un particolare disvalore ove si consideri che la fruizione di permessi per l’assistenza ai disabili comporta sacrifici organizzativi per la parte datoriale, destinati inevitabilmente a riverberarsi anche suIla comunità dei lavoratori, oltre ad avere un costo economico che viene posto a carico deIla collettività .
13. Al rigetto del ricorso consegue il regolamento secondo soccombenza delle spese di lite e la condanna di parte ricorrente al raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma quater d.p.r. n. 115/2002, nella sussistenza dei relativi presupposti processuaIi.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 4.500,00 per compensi professionaIi, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della società ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 4 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
Dott.ssa Antonella Pagetta
Il Presidente
Dott. Antonio Manna
Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2025.