Querela. I margini che l’ordinamento penale lascia al pubblico ministero per modificare il capo d’imputazione, contestando un’aggravante (Corte di Cassazione, Sezione Feriale, Sentenza 24 ottobre 2023, n. 43255).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE FERIALE PENALE

composta da:

Dott. SERGIO BELTRANI -Presidente-

Dott. VINCENZO SIANI -Consigliere-

Dott. GIOVANNI LIBERATI -Consigliere-

Dott. IGNAZIO PARDO -Consigliere-

Dott. ALESSANDRO D’ANDREA -Relatore-

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI NORD

nel procedimento a carico di:

(omissis) (omissis), nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 22/06/2023 del TRIBUNALE di NAPOLI NORD;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO D’ANDREA;

il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa VALENTINA MANUALI, che ha concluso chiedendo

II Procuratore Generale chiede accoglimento del ricorso e conseguente annullamento con rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 22 giugno 2023 il Tribunale di Napoli Nord ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di (omissis) (omissis) in ordine al delitto contestatole ai sensi degli artt. 624, 625, comma 1, n. 2 cod. pen., in quanto non procedibile per difetto di querela.

Più precisamente, nel corso dell’indicata udienza – prima di trattazione effettiva del giudizio – il P.M. aveva avanzato richiesta di modifica dell’imputazione mediante la contestazione della circostanza aggravante prevista dall’art. 625, comma 1, n. 7 cod. pen., rispetto alla quale il Tribunale aveva emesso sentenza immediata, ex art. 529 cod. proc. pen., di non doversi procedere per essere ii reato non procedibile per mancanza di querela.

1.1. In esito ad un’articolata motivazione, il Tribunale ha esplicato le ragioni dell’assunto provvedimento osservando, in primo luogo, come l’art. 2, comma 1, lett. b) d.lgs. 150 del 2022 abbia modificato ii testo dell’art. 624 cod. pen., rendendo ii delitto di furto ora procedibile a querela, fatta salva – tra l’altro – l’ipotesi in cui vi sia anche la contestazione dell’aggravante ex art. 625, comma 1, n. 7 cod. pen., che rende ii reato procedibile di ufficio.

Nel caso di specie, alla data del 31 marzo 2023 era scaduto ii termine previsto dall’art. 85 della c.d. “Riforma Cartabia” senza che vi fosse stata la presentazione della querela da parte della persona offesa, per cui già a decorrere da tale data ii reato era divenuto improcedibile per mancanza della richiesta condizione di procedibilità, con situazione di cui prendere immediatamente atto nell’ambito del giudizio.

La possibilità di modifica dell’imputazione, infatti, é stata ritenuta dal Tribunale di Napoli Nord espressione di un potere immanente spettante al P.M., purché, tuttavia, vi sia la sussistenza effettiva di un processo, cosa che, nel caso di specie, non vi sarebbe più stata alla data di celebrazione dell’udienza, per essere intervenuta la carenza della condizione di procedibilità.

La modifica della disciplina ad essa relativa sarebbe governata, infatti, dal principio di legalità, e cioè dal regime di cui all’art. 2 cod. pen., sul presupposto che la querela avrebbe natura mista, sia sostanziale che processuale, in quanto condizione sia di procedibilità che di punibilità.

Pertanto, in ragione della sua natura sostanziale, si sarebbero determinati gli effetti una volta decorsi i tre mesi previsti dall’art. 85 del d.lgs. 150 del 2022, essendo il reato e il processo due entità distinte, per cui un reato risulterebbe privo della condizione di procedibilità a prescindere da qualsiasi accertamento effettuabile nel corso del giudizio –  come, allo stesso  modo, si verifica per l’estinzione per prescrizione, che opera autonomamente e di cui nel processo ci si limita a prendere atto -.

Nella specie, quindi, il P.M. avrebbe chiesto di modificare un’imputazione concernente un reato non più punibile (“reato morto”), non potendosi più procedere rispetto ad esso per mancanza di querela.

Ciò troverebbe conferma in pronunce – riportate in sentenza – relative ad aggravanti contestate suppletivamente dopa la decorrenza del termine di prescrizione previsto per ii delitto non aggravate. Soprattutto di rilievo, rispetto al caso di specie, sarebbe la sentenza Sez. 5, n. 48205 del 10/09/2019, B., Rv. 278039-01, per la quale, ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, l’aumento di pena per una circostanza aggravante non può essere valutato qualora essa sia stata oggetto di contestazione suppletiva dopo la decorrenza del termine di prescrizione computato con riferimento all’originaria imputazione, in quanto, una volta maturato il termine di prescrizione, la prosecuzione del processo é incompatibile con l’obbligo di immediata declaratoria della causa estintiva del reato.

Nella specie, pertanto, ricorrerebbero tutti i presupposti per pronunciare, anche per ragioni di economia processuale, un’immediata sentenza di proscioglimento, in ciò conformandosi all’impronta deflazionistica caratterizzante l’impianto della c.d. “Riforma Cartabia”.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord, deducendo, con un unico motivo, inosservanza ed erronea applicazione della legge penale.

Il ricorrente contesta, in particolare, il modo erroneo con cui il giudice di merito avrebbe letto i principi espressi dalla citata giurisprudenza di legittimità, la quale, invece, confermerebbe la sussistenza, nel caso di specie, del potere del P.M. di modificare l’imputazione.

Ed infatti, anche prescindendo dal fatto che riguarderebbe ii diverse istituto della prescrizione – e non, quindi, della carenza della condizione di procedibilità – l’indicato indirizzo ermeneutico, del tutto maggioritario in giurisprudenza, esprimerebbe, comunque, proprio l’applicazione del principio per cui e nella possibilità del P.M. procedere in dibattimento alla modifica dell’imputazione pur a fronte del già intervenuto decorso del termine prescrizionale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso é fondato, di conseguenza imponendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e la trasmissione degli atti al Tribunale di Napoli Nord per l’ulteriore corso.

2. In primo luogo, deve essere osservato come rispetto alla questione dedotta da parte del ricorrente sia da condividersi ii principio, affermato dalla giurisprudenza di legittimità, per cui, in tema di reati divenuti perseguibili a querela a seguito della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, 150, la previsione della procedibilità a querela comporta che, stante la natura mista, sostanziale e processuale, di essa, nonché la sua concreta incidenza sulla punibilità dell’autore del fatto, ii giudice, in forza dell’art. 2, comma 4, cod. pen., ne debba accertare l’esistenza anche rispetto ai reati commessi anteriormente all’intervenuta modifica (Sez. 5, n. 22641 del 21/04/2023, P., Rv. 284749-01).

Ne consegue, pertanto, senza dubbio di sorta, che, in caso di ricorso per cassazione proposto al fine di dedurre ii difetto della condizione di procedibilità in relazione a reato divenuto procedibile a querela a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (nella specie, furto aggravato dalla esposizione dei beni alla fede pubblica), qualora ii giudice di legittimità non riscontri la presenza di tale atto, deve annullare senza rinvio la sentenza impugnata (Sez. 5, n. 22658 del 10/05/2023, Giurca, Rv. 284698-01).

3. Orbene, rispetto alla generica condivisibilità dell’indicato assunto, tale da far ritenere presuntivamente corretta l’intervenuta adozione da parte del Tribunale di Siracusa della pronuncia di non doversi procedere perché l’azione penale non deve essere proseguita per mancanza di querela, ritiene, tuttavia, il Collegio come, con riguardo alla specifica peculiarità del caso di specie, debba assumere prevalente valenza il generale potere-dovere di modifica del capo di imputazione riconosciuto al pubblico ministero dal nostro ordinamento, per cui é da ritenersi correttamente effettuata l’intervenuta contestazione suppletiva, prima della declaratoria di improcedibilità per difetto di querela, della circostanza aggravante del fatto commesso su cose destinate a pubblico servizio, di cui all’art. 625, comma 1, n. 7 cod. pen., conseguentemente rendendo ii contestato reato procedibile di ufficio.

Ammettere, infatti, come invece ritenuto nella sentenza impugnata, che il P.M. non possa più operare una modifica del capo di imputazione allorquando, in ragione di una modifica dettata dallo ius superveniens, un reato in origine procedibile di ufficio sia divenuto procedibile a querela, per l’effetto determinando, nel caso di carente presentazione di essa da parte della persona offesa pure nel termine indicato dal diritto intertemporale, la pronuncia dell’immediata improcedibilità del reato per non poter essere proseguita l’azione penale per mancanza della condizione di procedibilità, significherebbe rendere il suddetto potere del P.M. limitato e vulnerabile, e quindi non più cogente e immanente nel nostro sistema processuale, come, invece, ritenuto da sempre nell’esegesi espressa dal giudice delle leggi e da questa Corte di legittimità.

L’art. 517 cod. proc. pen., regolante – per ciò che attiene al caso di specie – la possibilità di effettuare nel giudizio dibattimentale la contestazione all’imputato di una circostanza aggravante, non sottopone ad alcun tipo di limite ii potere-dovere del pubblico ministero di operare tale modifica dell’imputazione, se non quella che vi sia un’istruzione dibattimentale in atto, e quindi che già non si verta in fase di discussione finale, e che la cognizione non pertenga alla competenza di un giudice superiore – come, all’evidenza, non e dato ravvisare nel caso in esame -.

È state affermato, con indirizzo interpretative del tutto prevalente, che, poiché il P.M. é l’esclusivo titolare dell’azione penale, é abnorme ii provvedimento con ii quale il giudice inibisca all’organo dell’accusa – nel corso del dibattimento – l’esercizio dell’azione penale nell’ambito dei poteri relativi alla modifica della imputazione ed alla contestazione di reati concorrenti o di circostanze aggravanti (così Sez. 5, n. 2673 del 02/06/1999, Ravelli, Rv. 213970-01; nonché, in termini conformi, Sez. 6, n. 37577 del 15/10/2010, Marcolin, Rv. 248539-01).

II potere del pubblico ministero di richiedere la modifica del capo di imputazione, alla stregua delle garanzie previste dall’art. 519 cod. proc. pen. e dell’interpretazione espressa sul punto dalla Corte costituzionale (cfr. sentenze n. 333/2009 e n. 273/2014), deve essere considerato, pertanto, come un potere­ dovere immanente e non limitabile, esercitabile in tutte le fasi del procedimento.

Significativamente, é stato perfino affermato, con principio oramai consolidatosi dopa pronunce difformi del tutto risalenti (cfr., da ultimo, Sez. 6, n. 10125  del  22/02/2005,  Arico,  Rv.  231225-01), e a cui il Collegio intende conformarsi, che, in tema di nuove contestazioni, la modifica dell’imputazione e la contestazione di un reato concorrente o di una circostanza aggravante possono essere effettuate dopa l’avvenuta apertura del dibattimento e prima dell’espletamento dell’istruttoria dibattimentale e, quindi, anche sulla sola base degli atti già acquisiti dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari (cos], tra le altre, Sez. 2, n. 45298 del 14/10/2015, Zani, Rv. 264903-01; Sez. U, n. 4 del 28/10/1998, dep. 1999, Barbagallo, Rv. 212757-01).

La contestazione suppletiva di una circostanza aggravante, non prevista nel decreto che dispone ii giudizio, e consentita, pertanto, anche laddove essa si fondi su elementi già noti nel corso delle indagini preliminari, non necessitandosi che la stessa tragga origine da aspetti per la prima volta emersi nel corso dell’istruttoria dibattimentale.

Nel caso di specie, pertanto, la contestazione della circostanza aggravante di cui all’art. 625, comma 1, n. 7 cod. pen., richiesta dal P.M., ben poteva essere effettuata sulla scorta di soli elementi tratti dalle indagini preliminari.

3.1. Il complesso delle valutazioni espresse induce conclusivamente ad affermare ii principio di diritto, posto a soluzione della questione rimessa al vaglio di questo Collegio, per cui, «in caso di giudizio per ii reato di furto aggravato ex art. 625, comma 1, n. 2, cod. pen., pur essendo decorso ii termine previsto dall’art. 85, comma 1, d.lgs. n. 150 del 2022 senza che la persona offesa abbia presentato querela, nonché, in ipotesi, in difetto di sopravvenienze dibattimentali all’uopo rilevanti, il P.M. di udienza, prima della declaratoria di improcedibilità per difetto di querela, può modificare l’imputazione, procedendo alla contestazione suppletiva di una circostanza aggravante ulteriore che renda in astratto ii reato procedibile di ufficio – nella specie, quella di cui all’art. 625, comma 1, n. 7 cod. pen., per essere stato il fatto commesso su cose destinate a pubblico servizio – sul presupposto che il P.M. non ha la mera facoltà, bensì il potere-dovere di esercitare e proseguire l’azione penale per ii fatto-reato correttamente circostanziato, e non ostando, in ipotesi, alla contestazione suppletiva di una circostanza aggravante, l’assenza di sopravvenienze dibattimentali all’uopo rilevanti».

4. In applicazione di tale principio, deve, conseguentemente, essere disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con trasmissione degli atti al Tribunale di Napoli Nord, in diversa composizione, per l’ulteriore corso.

P. Q. M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Napoli Nord in diversa composizione per l’ulteriore corso.

Cosi deciso in Roma ii 22 agosto 2023.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2023.

SENTENZA