Invasione dei tifosi in Autogrill dopo la partita: confermato il DASPO (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 24 ottobre 2023, n. 43245).

REPUBBUCA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE PENALE

Composta da:

Dott. LUCA RAMACCI -Presidente-

Dott. ALESSIO SCARCELLA -Consigliere-

Dott. ALBERTO GALANTI -Consigliere-

Dott. DONATELLA GALTERIO -Relatore-

Dott. ENRICO MENGONI -Consigliere-

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da

(omissis) (omissis), nato a Roma il xx/xx/19xx;

avverso la ordinanza in data 17.5.2023 del Tribunale di Siena;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere, Dott.ssa Donatella Galterio;

lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Pietro Molino, che ha concluso per l’annullamento con rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 17.5.2023 il Tribunale di Siena ha convalidato, accogliendo la richiesta del PM, il decreto emesso dal Questore della stessa città in data 22.4.2023, ritualmente notificato all’interessato il 15.5.2023, con cui è stato imposto ad (omissis) (omissis) il divieto per la durata di un quinquennio di accedere a tutti gli impianti sportivi ubicati sul territorio nazionale in cui si svolgono manifestazioni sportive calcistiche anche amichevoli ed il contemporaneo obbligo di presentarsi presso gli uffici del Commissariato del luogo di residenza durante le partite disputate dalla squadra AS Roma, secondo le tempistiche specificamente indicate.

A fondamento della convalida è stato ritenuto che la condotta del sottoposto, entrato all’interno di un autogrill lungo l’autostrada percorsa al termine della partita disputata dalla squadra della Roma con l’Empoli nella cittadina di Empoli, invadendo l’esercizio commerciale con altri tifosi, avesse portato via senza pagarli alcuni giochi per bambini e tre prodotti di genere alimentare nella confusione creata dai suoi compagni, tale aver ostacolato l’intervento delle forze dell’ordine e vanificato la reazione dei dipendenti del locale, abbia costituito pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica.

Avverso tale decisione, il sottoposto ha presentato ricorso per Cassazione, tramite il difensore, articolando due motivi con i quali lamenta:

1) la non riconducibilità della condotta ritenuta socialmente pericolosa, consistita nell’asporto di alcuni generi alimentari e giochi per bambini da un autogrill dove aveva fatto una sosta lungo la strada del ritorno a casa dalla partita Empoli-Roma tenutasi nella cittadina toscana, ad alcuna delle ipotesi tassativamente previste dall’art. 6 L. 401/1989 collegate a manifestazioni sportive né alle situazioni di pericolo contemplate per l’emissione del cd. Daspo urbano, contestando che un mero furto di oggetti di modesto valore non seguito né preceduto da atti di violenza, da intimidazioni o cori oltraggiosi legittimasse la misura ristrettiva della libertà personale;

2) la mancata indicazione delle ragioni di necessità e di urgenza richieste ai fini dell’emissione del provvedimento;

3) la mancata disapplicazione della recidiva amministrativa afferente ad una condotta risalente nel tempo, valendo anche per l’istituto in contestazione il divieto di presunzione assoluta di una maggiore pericolosità del reo sancito dalla Corte costituzionale per la recidiva penale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo non può essere ritenuto meritevole di accoglimento.

La difesa focalizza la sua attenzione sul furto di oggetti di modesto valore posto in essere all’interno dell’esercizio commerciale, prescindendo integralmente dal contesto in cui la condotta si è svolta, consistita, come emerge dal provvedimento impugnato, nell’invasione collettiva di un folto numero di tifosi, di cui il sottoposto faceva parte, che, al ritorno dalla partita disputata dalla squadra di affezione in un’altra città, hanno fatto irruzione in un autogrill posto lungo l’autostrada percorsa in direzione della città di provenienza, ingenerando panico negli altri avventori presenti e vanificando ogni possibilità di controllo, stante la baraonda conseguente alla loro presenza massiva, da parte dei dipendenti di quanto avveniva all’interno del locale.

Sono conseguentemente le modalità intimidatorie dell’azione compiuta congiuntamente dai componenti del gruppo dei tifosi romanisti e la confusione venutasi a creare per effetto dell’irruzione nell’esercizio commerciale tra gli astanti, azione di cui il furto perpetrato dal ricorrente costituisce solo l’epilogo finale, ad aver determinato il pericolo per l’incolumità e la sicurezza pubblica posto a fondamento della misura restrittiva della libertà personale prevista dall’art. 6 L. 401/1998.

Ad essa non è di ostacolo, malgrado i numerosi chilometri di distanza tra l’autogrill e lo stadio di Empoli, la diversità del luogo in cui si è svolta la condotta incriminata rispetto alla manifestazione agonistica, né lo iato temporale rispetto al termine della partita di calcio Empoli-Roma dove i tifosi romanisti si erano recati in trasferta, essendo stata per contro proprio la competizione sportiva l’occasione colta da costoro e, con essi, dal (omissis), per creare una situazione di disordine passibile, a dispetto del reato bagattellare in concreto compiuto dal ricorrente, dei più disparati sviluppi, nella quale si compendia il pericolo per la sicurezza o l’ordine pubblico, a presidio dei quali è sottesa la misura in esame.

Va infatti considerato che secondo la corrente interpretazione giurisprudenziale gli atti violenti o i comportamenti comunque finalizzati alla violenza, pur non dovendo essere stati necessariamente realizzati durante l’effettivo svolgimento della manifestazione sportiva, possono anche essere stati posti in essere in un momento diverso e non contestuale, a condizione che tali atti siano in rapporto di immediato ed univoco nesso eziologico con essa (cfr. per tutte, Sez. 3, n. 1767 del 07/04/2016, Flore, Rv. 269085-01, Sez. 3, n. 30408 del 08/04/2016, Marena, Rv. 267362-01, Sez. 3, n. 31387 del 22/04/2015, Baraldi, Rv. 264244 e, da ultimo, Sez. 3, n. 13077 del 08/02/2019, Paci, Rv. 275859 che ha ritenuto applicabile la misura anche nel caso di partecipazione ad una manifestazione di protesta, con violenza quanto meno su cose, posta in essere presso il comando di polizia dove dovevano recarsi i tifosi di una squadra di calcio già colpiti da Daspo, in concomitanza con una partita per la quale era prescritto l’obbligo di presentazione).

Ne deriva che quanto al significato da attribuire alle locuzioni contenute nell’art. 6 primo comma lett. a) L. 401/1989, il termine “in occasione” va inteso nell’accezione, correntemente impiegata, considerata anche la finalità di prevenzione di situazioni di pericolo per l’ordinario svolgimento delle manifestazioni sportive, cui è sottesa la norma, di “pretesto”, “opportunità”, “momento o circostanza particolare” posti a base della condotta violenta o di incitamento alla violenza, mentre la nozione di «causa» non implica alcuna specifica connessione spaziale, e nemmeno temporale, tra le manifestazioni sportive e la condotta pericolosa dovendo invece essere intesa nel significato, anch’esso proprio del linguaggio corrente di “motivo” o “ragione” (Sez. 3, Sentenza n. 13077 del 08/02/2019, cit.).

Deve perciò ritenersi che avendo la partita in questione costituito il pretesto per l’azione intimidatoria perpetrata dal ricorrente in gruppo con gli altri tifosi, nonché preordinata a finalità tutt’altro che lecite, correttamente sia stata disposta dal Tribunale senese la convalida del provvedimento del Questore.

2. In ordine ai requisiti di necessità e di urgenza, la cui sussistenza è oggetto della contestazione articolata con il secondo motivo occorre rilevare che nell’ambito delle misure volte alla prevenzione di fenomeni di violenza collegati a manifestazioni sportive, la motivazione dell’ordinanza di convalida del provvedimento del questore, impositivo del divieto di accesso e dell’obbligo di presentazione ad un ufficio o comando di polizia, deve riguardare non gli episodi che hanno determinato l’adozione della misura, ma l’attualità o la prossimità temporale di competizioni sportive (Sez. 3, n. 23305 del 28/01/2016 – dep. 06/06/2016, Califano, Rv. 267294).

Deve tuttavia essere chiaro che l’omessa motivazione in ordine all’urgenza del provvedere determina l’invalidità del provvedimento amministrativo ed impedisce, quindi, la sua convalida solo quando esso abbia avuto esecuzione prima dell’intervento del magistrato, vale a dire nel caso in cui, tra la notifica all’interessato e l’adozione dell’ordinanza di convalida si collochi una manifestazione sportiva in coincidenza della quale l’interessato abbia dovuto ottemperare all’obbligo di presentazione, secondo quanto stabilito dal terzo comma, prima parte, del citato art. 6 della legge n. 401/1989 (Sez. 7, n. 39049 del 26/10/2006, Licciardello, Rv. 234961; Sez. 3, n. 33861 del 09/05/2007, Straguzzi, Rv. 237121).

Incombe perciò sul destinatario, che intenda contestare la sussistenza delle ragioni di necessità ed urgenza, l’onere di provare che il provvedimento impugnato abbia avuto in concreto esecuzione prima dell’intervento del magistrato, laddove su tale punto il ricorso resta del tutto silente.

3. Il terzo motivo, con cui il ricorrente si duole della ritenuta condizione di recidivo, è inammissibile in ragione della sua genericità non confrontandosi il ricorso con l’ampia e pluriarticolata motivazione che dà conto non solo del fatto che egli era già stato destinatario, sia pure in epoca risalente, della medesima misura, ma altresì dei precedenti penali in materia di stupefacenti che, valutati unitamente alle modalità allarmanti della condotta in esame, delineano in termini di logica stringente la pericolosità del sottoposto.

La compiuta estrinsecazione del controllo di legalità compiuto dal giudice sui presupposti legittimanti l’adozione della misura in relazione al provvedimento del Questore, ivi compresa la sua durata, sulla quale ha inequivoche ricadute l’accertamento di una preesistente misura concernente il divieto di accesso, rendono all’evidenza inconferenti nonché ultronee le doglianze sollevate in ordine alla preclusione dell’applicazione obbligatoria della cd. recidiva amministrativa.

Il ricorso deve, in conclusione, essere rigettato, seguendo a tale esito l’onere delle spese processuali a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. .

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 5.10.2023.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.