Rapina impropria: giusta l’aggravante per il fatto commesso contro persona con più di 65 anni (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 2 luglio 2020, n. 19894).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GALLO Domenico – Presidente –

Dott. PELLEGRINO Andrea – Consigliere –

Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PAZIENZA Vittorio – Rel. Consigliere –

Dott. MESSINI D’AGOSTINI Piero – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

HIDARA Ismail, nato in Marocco il 16/12/1992;

avverso la sentenza emessa in data 13/11/2019 dal G.i.p. del Tribunale di Torino;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Vittorio Pazienza;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Luigi Cuomo, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 13/11/2019, il G.i.p. del Tribunale di Torino ha applicato a HIDARA Ismail la pena concordata con il Pubblico Ministero in relazione al delitto di rapina impropria aggravata ai sensi dell’art. 628, comma terzo, n. 1 e n. 3-bis cod. pen.

2. Ricorre per cassazione l’HIDARA, deducendo violazione di legge con riferimento all’applicazione dell’aggravante di cui al n. 3-quinquies.

Si deduce che, nei confronti dell’ultrassantacinquenne GRECO Salvatore, era stata posta in essere la sola condotta di furto con strappo, senza alcuna violenza o minaccia nei confronti del predetto: tale condotta aveva assunto le connotazioni della rapina impropria solo a seguito della minaccia con uso delle forbici in danno di SAMMARTINO Michele, nato nel 1970.

L’assenza di condotte violente o minacciose in danno del GRECO doveva quindi far escludere l’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 628 n. 3-quinquies.

3. Con requisitoria del 05/03/2020, il Procuratore Generale sollecita una declaratoria di inammissibilità del ricorso, non ricorrendo nella specie l’ipotesi della assoluta eccentricità della qualificazione giuridica (alla luce dell’imputazione, della motivazione della sentenza e dei motivi di ricorso), unica a consentire – secondo la costante giurisprudenza di legittimità – il ricorso per cassazione avverso le sentenza di patteggiamento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso – pur ammissibile (cfr. Sez. 6, n. 44393 del 24/09/2019, Lannberti, Rv. 277214) è infondato.

2. Deve qui richiamarsi il costante insegnamento di questa Suprema Corte, secondo cui «nella rapina impropria, la violenza o la minaccia possono realizzarsi anche in luogo diverso da quello della sottrazione della cosa e in pregiudizio di persona diversa dal derubato, sicché, per la configurazione del reato, non è richiesta la contestualità temporale tra sottrazione e uso della violenza o minaccia, essendo sufficiente che tra le due diverse attività intercorra un arco temporale tale da non interrompere l’unitarietà dell’azione volta ad impedire al derubato di tornare in possesso delle cose sottratte o di assicurare al colpevole l’impunità» (Sez. 7, ord. n. 34056 del 29/05/2018, Belegrouh, Rv. 273617).

È proprio tale struttura unitaria del reato di rapina impropria, configurabile anche nell’ipotesi (quale quella in esame) in cui la violenza è esercitata su persona diversa dal derubato purché “immediatamente dopo la sottrazione” (nel senso qui appena chiarito), ad evidenziare l’infondatezza del rilievo difensivo e a rendere irrilevante – ai fini della sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 628, comma 3- quiquies – la peculiarità del caso di specie, in cui la persona ultrasessantacinquenne si identifica nel derubato, e non il soggetto intervenuto in soccorso di quest’ultimo e minacciato dall’HIDARA con un paio di forbici.

In altri termini, deve senz’altro ritenersi che la fattispecie in esame rientri nell’ambito applicativo dell’art. 628, comma terzo, n. 3-quinquies, cod. pen., il quale prevede un consistente aumento di pena “se il fatto è commesso nei confronti di persona ultrasessantacinquenne”: con il richiamo onnicomprensivo al “fatto”, unitariamente ricostruito nel secondo comma del predetto articolo, il legislatore ha invero inteso assicurare una tutela rafforzata alla persona offesa in età avanzata, punendo più gravemente qualsiasi condotta di sottrazione immediatamente seguita da violenza o minaccia, quale che sia il concreto esplicarsi della condotta medesima.

In tale prospettiva, del resto, si è orientata questa Suprema Corte con riferimento all’aggravante di cui al n. 3-bis dello stesso art. 628, ritenuta applicabile nell’ipotesi in cui la condotta di impossessamento di beni altrui sia compiuta in un luogo di privata dimora, e la violenza e la minaccia siano commesse, successivamente, all’esterno posto che le ragioni dell’aggravante risiedono nella tutela del domicilio (Sez. 2, n. 26262 del 24/05/2016, Rodio, Rv. 267155. V. anche, Sez. 7, ord. n. 438 del 22/11/2017, dep. 2018, Clarente, in cui – in una fattispecie di rapina propria – l’aggravante ex art. 628, terzo comma, n. 3-bis cod. pen. è stata ritenuta configurabile anche nell’ipotesi “inversa” in cui il rapinatore aveva minacciato la persona offesa nel retrobottega, impossessandosi poi della refurtiva custodita nell’esercizio pubblico).

3. Quanto fin qui esposto impone il rigetto del ricorso, e la condanna dell’HIDARA al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 17 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.