REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
LORENZO ORILIA Presidente
MARIO BERTUZZI Consigliere
ROSSANA GIANNACCARI Consigliere – Rel.
GIUSEPPE FORTUNATO Consigliere
MAURO CRISCUOLO Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18450/2020 R.G. proposto da:
(omissis) (omissis), (omissis) (omissis), (omissis) (omissis), elettivamente domiciliati in ROMA VIA (omissis), 474, presso lo studio dell’avvocato (omissis) (omissis) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (omissis) (omissis)
-ricorrente-
contro
COMUNE CASTELFRANCO EMILIA, domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis) (omissis), (omissis) (omissis)
-controricorrente-
nonchè contro
ASD POLISPORTIVA DI (omissis) (omissis), domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis) (omissis), (omissis) (omissis)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 363/2020 depositata il 28/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/03/2024 dal Consigliere dott.ssa ROSSANA GIANNACCARI.
FATTI DI CAUSA
(omissis) (omissis), (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) domandarono al Tribunale di Modena la condanna del Comune di Castelfranco Emilia e della Polisportiva (omissis) in (omissis) alla cessazione delle immissioni acustiche provenienti da un impianto sportivo, oltre al risarcimento dei danni.
All’esito dei giudizi di merito, per quel che ancora rileva in questa sede, la Corte d’appello di Bologna, in riforma della sentenza di primo grado, ritenne che le immissioni non superassero la normale tollerabilità, sulla base delle conclusioni del CTU, che aveva fatto riferimento ai parametri previsti dal DPCM 14.11.1997.
Gli attori ricorrono per cassazione sulla base di tre motivi;
Il Comune di Castelfranco Emilia e la Polisportiva (omissis) in (omissis) resistono con distinti controricorsi.
In prossimità della camera di consiglio, le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, si deduce, ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c., per violazione del giudicato esterno costituito dalla sentenza penale pronunciata dalla Corte d’Appello di Bologna il 23.1.19, passata in giudicato il 23.3.19, che, pur avendo dichiarato estinto il reato di cui all’art. 659 c.p. nei confronti di (omissis) (omissis), già Sindaco del Comune di Castelfranco Emilia per morte del reo, e di (omissis) (omissis), già Presidente della Polisportiva (omissis) per prescrizione, aveva confermato le statuizioni civili.
La sentenza penale farebbe stato nel giudizio civile in ordine all’accertamento del superamento della soglia di tollerabilità delle immissioni e, nonostante o ricorrenti avessero eccepito il giudicato esterno all’udienza di precisazione delle conclusioni, la Corte d’appello avrebbe omesso ogni statuizione sul punto.
Il motivo è infondato.
Come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza del 26 gennaio 2011, n. 1768, risolvendo un contrasto giurisprudenziale esistente, la disposizione di cui all’art. 652 cod. proc. pen., cosi come quelle degli artt.651, 653 e 654 c.p.c., costituisce un’eccezione al principio dell’autonomia e della separazione dei giudizi penale e civile e non è, pertanto, applicabile in via analogica oltre i casi espressamente previsti.
Ne consegue che soltanto la sentenza penale irrevocabile di assoluzione (per essere rimasto accertato che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima), pronunciata in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni ed il risarcimento del danno, mentre le sentenze di non doversi procedere perchè il reato è estinto per prescrizione o per amnistia non hanno alcuna efficacia extrapenale.
Secondo le Sezioni Unite, a nulla rileva che il giudice penale, per pronunciare la sentenza di proscioglimento, abbia dovuto accertare i fatti e valutarli giuridicamente sicché il giudice civile, pur tenendo conto degli elementi di prova acquisiti in sede penale, deve interamente ed autonomamente rivalutare il fatto in contestazione (v. anche più di recente Sez. 2, Ordinanza n. 3613 del 2024).
Nemmeno la condanna generica al risarcimento del danno contenuta nella sentenza del giudice penale dichiarativa dell’estinzione del reato per prescrizione implica un accertamento in ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile ma postula soltanto l’accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e della probabile esistenza di un nesso di causalità tra questa e il pregiudizio lamentato, restando salva nel giudizio civile di liquidazione del “quantum” la possibilità di escludere l’esistenza di un danno eziologicamente conseguente al fatto illecito ( Cass. Civ., Sez. III, 4.11.2014, n.23429).
Le uniche ipotesi di efficacia della sentenza penale nel giudizio civile sono, pertanto, tassativamente previste dagli artt. 651 e 652 c.p.p., le quali, avendo contenuto derogatorio del principio di autonomia e separazione tra giudizio penale e civile, non sono suscettibili di applicazione analogica.
Certamente, il giudice civile, nel rivalutare il fatto in contestazione, può tenere conto di tutti gli elementi di prova acquisiti in sede penale ed anche ripercorrere lo stesso “iter” argomentativo del giudice penale ( Cass. Civ., Sez. II, 3.7.2018, n. 17316).
2. Con il secondo motivo di ricorso, si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del DPCM n. 1675900 del 14.11.1997, del D.P.C.M. n. 218600 del 1.3.1991, della legge quadro in tema di inquinamento acustico (l. 447/1995), e dell’art. 844 c.c; i ricorrenti lamentano che la Corte d’Appello di Bologna ha totalmente disatteso l’accertato superamento del limite di rumorosità, fissato dall’art. 2 del DPCM 14.11.1997, in 50 dB.
Dalla CTU risulterebbe, infatti, che in orario diurno, le immissioni sonore provenienti dal campo da calcetto fossero pari a 50,01 dB e, pertanto, superiori al limite previsto dalla normativa vigente; inoltre, in tutte le misurazioni effettuate, il CTU avrebbe rilevato che la differenza fra il rumore di fondo e quello complessivamente misurato (c.d. criterio differenziale) era sempre stato superiore a 10 dB, con superamento del differenziale di 3 dB, assunto come parametro di riferimento dalle Sezioni Unite con sentenza n. 4848 del 27.2.2013.
3 Con il terzo motivo di ricorso, si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., la contraddittorietà della motivazione della sentenza per non aver valutato che il campo di calcetto da cui provenivano le immissioni sonore era stato realizzato senza la preventiva valutazione di impatto acustico, e dunque in violazione dell’art. 8 della l. 447/95.
Il secondo motivo è fondato.
I criteri dettati dall’art. 4 del DPCM del 14.11.1997, nell’ambito della Legge quadro N.447/1995 in tema di inquinamento acustico, attengono al superamento dei valori limite differenziali di immissione di rumore nell’esercizio o nell’impiego di sorgente di emissioni sonore e sono volti a proteggere la salute pubblica prevedendo, in caso di violazione, un illecito amministrativo (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 28386 del 22/12/2011; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26738 del 13/12/2006).
Nei rapporti tra privati vige, invece, la disciplina dell’art. 844 c.c., che, nel fissare i criteri a cui il giudice di merito deve attenersi, rimette al suo prudente apprezzamento il giudizio sulla tollerabilità delle stesse (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6223 del 29/04/2002; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 2319 del 01/02/2011; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10735 del 03/08/2001; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5697 del 18/04/2001; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 939 del 17/01/2011).
Nei rapporti tra privati, infatti, il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, sicché la valutazione ex art. 844 c.c. diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma, deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell’uomo medio e, dall’altro, alla situazione locale. Spetta, pertanto, al giudice di merito accertare in concreto il superamento della normale tollerabilità e individuare gli accorgimenti idonei a ricondurre le immissioni nell’ambito della stessa ( Cass. Civ., Sez. II, 20.1.2017, n. 1606).
In tema di immissioni acustiche, la differenziazione tra tutela civilistica e tutela amministrativa mantiene la sua attualità anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 6-ter del d.l. n. 208 del 2008, conv., con modif., dalla l. n. 13 del 2009, al quale non può aprioristicamente attribuirsi una portata derogatoria e limitativa dell’art. 844 c.c., con l’effetto di escludere l’accertamento in concreto del superamento del limite della normale tollerabilità, dovendo comunque ritenersi prevalente, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata, il soddisfacimento dell’interesse del singolo ad una normale qualità della vita rispetto alle esigenze della produzione (Sez.3 -, Sentenza n. 20198 del 07/10/2016 Rv. 642613 -01).
Ne consegue che l’accertata esposizione ad immissioni sonore, indipendentemente dal superamento dei limiti previsti dal DPCM n. 1675900 del 14.11.1997, nell’ambito della Legge quadro N.447/1995, può determinare una lesione del diritto al riposo notturno e alla vivibilità della propria abitazione, la cui prova può essere fornita dal danneggiato anche mediante presunzioni sulla base delle nozioni di comune esperienza (Sez.3, Sentenza n. 26899 del 19/12/2014).
La Corte di merito ha accertato l’intollerabilità delle immissioni avendo come parametro di riferimento le norme amministrative, che perseguono finalità di interesse pubblico ed operano tra i privati e la Pubblica amministrazione sulla base di parametri meno rigorosi di quelli applicabili nei singoli casi ai sensi dell’art. 844 c.c., che regolano i rapporti tra i privati proprietari di fondi vicini.
La pronuncia è in tal modo incorsa nel vizio di denunciato di violazione di legge poiché il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante della zona, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio comparativo), ragione per la quale la valutazione diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma, deve essere riferita alla situazione locale, appropriatamente e globalmente considerata (Cass. 17051/2011; Cass. 3438/2010).
Il ricorso deve, pertanto, essere accolto; la sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Bologna in diversa composizione che applicherà il seguente principio di diritto:
“I parametri dettati dall’art.4 del DPCM del 14.11.1997 sono volti a proteggere la salute pubblica mentre, nei rapporti tra privati, vige la disciplina dell’art.844 c.c., che, nel fissare i criteri a cui il giudice di merito deve attenersi, rimette al suo prudente apprezzamento il giudizio sulla tollerabilità delle immissioni; tale giudizio non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti.”
E’ logicamente assorbito il terzo motivo.
Il giudice del rinvio regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in ordine al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità innanzi alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte di Cassazione, il giorno 19 marzo 2024.
Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2024.