REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE CIVILE
Composta da
Lorenzo Orilia – Presidente –
Vincenzo Picaro – Consigliere –
Mauro Criscuolo – Consigliere –
Antonio Mondini – Consigliere –
Valeria Pirari – Consigliere – rel. –
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5158/2021 R.G. proposto da:
(omissis) (omissis) e (omissis) (omissis), rappresentati difesi dall’avvocato (omissis) (omissis), nel cui studio in Roma, via (omissis) n. 11 sono elettivamente domiciliati.
–ricorrenti–
contro
(omissis) (omissis).
-intimata-
Avverso la sentenza n. 1151/2024 resa dalla Corte d’Appello di Roma, il 18/01/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22 ottobre 2024 dalla dott.ssa Valeria Pirari;
Rilevato che:
1. (omissis) (omissis) citò in giudizio (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) onde ottenere la loro condanna al pagamento di un indennizzo di euro 250.000,00, per un prefabbricato da lei sistemato, a sue spese, su un fondo di proprietà dei convenuti e da esse acquistato per accessione, che, alla presenza di testimoni avevano dichiarato di volerle donare, e di cui si erano, invece, assicurati il rilascio nel 2012, dopo avere ottenuto la concessione in sanatoria.
Costituitisi in giudizio, (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) eccepirono la prescrizione e, nel merito, l’infondatezza della domanda, spiegando a loro volta domanda riconvenzionale volta al riconoscimento del risarcimento dei danni derivanti dall’illecita occupazione del fondo.
Con sentenza n. 974/2019, il Tribunale di Tivoli dichiarò la prescrizione del diritto azionato e rigettò la domanda riconvenzionale.
Il giudizio di gravame, incardinato dalla medesima (omissis) (omissis), si concluse, nella resistenza di (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis), con la sentenza n. 1151/2024, pubblicata il 19/2/2024, con la quale la Corte d’Appello di Roma accolse parzialmente l’appello condannando gli appellati al pagamento della somma di € 35.600,00, oltre alle spese processuali.
2. Contro la predetta sentenza, (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) propongono ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, illustrato anche con memoria.
(omissis) (omissis) è rimasta invece intimata.
Considerato che:
1. Con l’unico motivo di ricorso, si lamenta la violazione degli artt.115 e 116 cod. proc. civ., perché i giudici di merito non avevano deciso sulla base delle prove proposte dalle parti. Infatti il diritto della controparte al pagamento dell’indennizzo per l’incremento di valore del terreno dei ricorrenti era prescritto al momento della proposizione della relativa domanda, avvenuta il 9/8/2013, posto che la costruzione era stata realizzata il 29/8/2000 o, comunque, il suo completamento il 31/3/2003.
Era poi inammissibile la domanda avente ad oggetto l’acquisto del fabbricato per accessione da parte di (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) a far data dal 11/1/2008, atteso che la questione era già stata decisa con la sentenza n. 113C/2011 del 30/9/2011, ormai passata in giudicato, e con la sentenza n. 55/13 emessa dal Tribunale di Tivoli, che aveva rigettato l’opposizione all’esecuzione intrapresa da (omissis) (omissis).
Infine, il bene oggetto della controversia aveva costituito oggetto di illecito penale, tant’è che (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) avevano presentato, in data 27/2/2004, istanza di concessione edilizia in sanatoria, ottenuta l’1/1/2008, ed erano stati soggetti a procedimenti penali per tali abusi, sicché nessun indennizzo avrebbe potuto essere posto a loro carico, essendo il manufatto carente di valore per il fondo in quanto abusivo.
2. Il motivo è fondato.
L’art. 936 cod. civ. stabilisce, che “quando le piantagioni, costruzioni od opere sono state fatte da un terzo con suoi materiali, il proprietario del fondo ha diritto di ritenerle o di obbligare colui che le ha fatte a levarle” (primo comma) e che “se il proprietario preferisce ritenerle deve pagare a sua scelta il valore dei materiali e il prezzo della manodopera oppure l’aumento di valore recato al fondo”, salvo che dette costruzioni e opere siano state fatte a sua scienza e senza opposizione o siano state fatte dal terzo in buona fede, restando in tal caso preclusa la facoltà del proprietario di chiederne la rimozione (quarto comma).
La suddetta disposizione non deroga al principio dell’accessione, in base al quale il proprietario del suolo acquista la proprietà delle costruzioni fatte su di esso da un terzo con materiali propri, e non riconosce, quindi, né attribuisce al terzo alcuna possibilità di acquistare la proprietà del suolo sul quale ha indebitamente costruito, ma gli riconosce soltanto, nelle ipotesi previste dal quarto (opere o costruzioni fatti dal terzo a scienza e senza opposizione del proprietario del suolo o in buona fede) e dal quinto comma (decorso di sei mesi dalla notizia dell’incorporazione), la possibilità, rispettivamente, di ottenere l’attribuzione del valore dei materiali e del prezzo della mano d’opera o dell’aumento di valore arrecato al fondo (diritto all’indennizzo) e di sottrarsi all’onere di provvedere alla rimozione a sue spese dell’opera eseguita su suolo altrui (obbligo di ottemperare allo ius tollendi) (Cass., Sez. 2, 15/3/1973, n. 751), mentre al proprietario è data la facoltà di scegliere tra la ritenzione delle opere e l’esercizio dello ius tollendi entro sei mesi dalla notizia dell’incorporazione, al fine di non rendere la di lui condizione del tutto dipendente dal fatto più o meno arbitrario del terzo (Cass., Sez. 2, 20/7/1962, n. 1949), salvo che le opere siano state eseguite a sua scienza e senza opposizione o in buona fede.
Quest’ultima condizione preclude, infatti, al proprietario il diritto di esercitare lo ius tollendi , imponendogli dunque il pagamento dell’indennizzo, cui si correla il corrispondente diritto di credito del terzo, sussistente anche quando questi abbia avuto la disponibilità del fondo e la concessione ad eseguire le opere predette dal proprietario dello stesso fondo in base a titolo radicalmente nullo (Cass., Sez. 5, 16/1/2019, n. 904; Cass., Sez. 2, 20/07/1962, n. 1949).
L’obbligo di pagamento dell’indennizzo posto a carico del proprietario del fondo -da quantificarsi con riferimento al momento in cui i materiali vengono impiegati e la mano d’opera viene prestata, atteso che è in questo momento che si verifica da parte del costruttore la perdita e da parte del proprietario del suolo l’acquisto dei materiali e contestualmente la prestazione e la ricezione dell’attività lavorativa (Cass., Sez. 2, 26/11/1988, n. 6380) -, sorge, dunque, quale effetto dell’avvenuta incorporazione, nel momento in cui il predetto si trovi nelle condizioni di non poter esercitare lo ius tollendi e, dunque, allo scadere dei sei mesi dalla conoscenza delle opere ovvero immediatamente in caso di sua consapevolezza e non opposizione, senza che assuma rilevanza la facoltà, data al terzo, di esercitare il diritto di scelta sulle modalità di pagamento dello stesso (valore dei materiali e prezzo della mano d’opera, oppure aumento di valore arrecato al fondo) e senza che incida la mancata dimostrazione, da parte sua, del quantum in relazione ad entrambi i parametri entro i quali la scelta medesima può operare (sulle modalità di pagamento vedi Cass. Sez. 2, 08/01/1996, n. 50; Cass., Sez. 2, 18/07/2002, n. 10441).
Posto, dunque, che il proprietario del fondo acquista la proprietà delle costruzioni o piantagioni fin dal momento in cui esse vengono dal terzo eseguite con materiali propri e si inseriscono e si incorporano nel suolo e che il diritto di credito all’indennizzo sorge, in capo ad esso, una volta che non possa più essere esercitato lo ius tollendi, per essere decorsi i sei mesi all’uopo concessi dalla norma o per essere detto diritto inibito dall’essere state eseguite, le opere considerate, a scienza del proprietario e senza opposizione da parte sua o in buona fede (Cass., Sez. 5, 16/1/2019, n. 904; Cass., Sez. 2, 20/07/1962, n. 1949), è da questo momento che decorre il termine prescrizionale per far valere questo diritto e non dal rilascio del bene, trovando esso titolo nel vantaggio economico che da detta costruzione od opera deriva al proprietario del fondo (sul titolo del diritto all’indennizzo vedi Cass., Sez. 2, 18/7/2002, n. 10441).
Nel caso in esame, giudici di merito hanno ritenuto di far decorrere il termine dalla data di rilascio del bene, avvenuto nel 2012, peraltro genericamente valorizzando la prestazione di un consenso, da parte dei proprietari del terreno, che, in quanto attributivo di un diritto di superficie, tale dovendosi qualificare il diritto di colui che abbia ottenuto dal proprietario del suolo una concessione ad aedificandum (Cass., Sez. 2, 13/10/1976, n. 3409), avrebbe dovuto rivestire la forma scritta ai sensi dell’art. 1350 cod. civ., costituendo esso uno ius in re aliena.
Deriva da quanto esposto l’accoglimento della censura, con assorbimento dei restanti rilievi e rinvio per nuovo esame.
3. In conclusione, dichiarata la fondatezza della censura, il ricorso deve trovare accoglimento, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23/10/2024.
Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2024.