Ricusazione: l’invito del giudice a lamentarsi in sede di appello anticipa l’esito sfavorevole della sentenza? (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 29 dicembre 2022, n. 49452)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GUARDIANO Alfredo – Presidente – 

Dott. CATENA Rossella – Consigliere –

Dott. BELMONTE Maria Teresa – Rel. Consigliere –

Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere –

Dott. TUDINO Alessandrina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) ANTONIO nato a MATERA il 18/04/19xx;

avverso la ordinanza del 09/06/2022 della CORTE di APPELLO di POTENZA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Maria Teresa BELMONTE;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale,  Dott. Fulvio BALDI, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la ordinanza impugnata, emessa in data14 giugno 2022, la Corte di appello di Potenza ha dichiarato inammissibile – per manifesta infondatezza – l’istanza di ricusazione formulata in data 31 maggio 2022, dal difensore di Antonio (OMISSIS), nei confronti del Giudice del Tribunale di Matera, dott.ssa Rosa (OMISSIS) – dinanzi alla quale è in corso il processo n. 907/17 RGNR – 677/19 R.G., che vede l'(OMISSIS) imputato di diversi fatti di falso – sul presupposto del pregiudizio colpevolista dimostrato dai Giudice del dibattimento per avere escluso la lista testimoniale a discarico.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, con il ministero del difensore di fiducia, avvocato Vittoria (OMISSIS), la quale denuncia violazione di norme processuali (art. 409 cod. proc. pen.) per omesso esame dell’istanza di ricusazione.

Sostiene la difesa ricorrente che l’istanza era fondata sulla circostanza che, dopo avere annunciato la revoca dei testi di lista dell’imputato, indicati in numero di circa 90, tutti ritualmente citati, poi effettivamente revocandoli, il Giudice dott.ssa (OMISSIS) a fronte delle obiezioni difensive, ebbe a osservare che “di tanto ci si sarebbe potuti lamentare in sede di appello”, così di fatto anticipando la sentenza di condanna a carico dell’imputato.

Ci si duole, dunque, che la Corte di appello abbia dichiarato l’inammissibilità dell’istanza sul solo rilievo della ritualità della decisione giudiziale di revoca dei testi, in quanto fisiologicamente propria del giudizio dibattimentale, senza, tuttavia, prendere in esame la vera ragione esposta della ricusazione, ovvero l’anticipazione del giudizio di colpevolezza.

Si duole, infine, la difesa ricorrente della violazione del contraddittorio integrata dalla pronuncia de plano, senza fissazione della camera di consiglio, in violazione dell’art. 127 cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.

1. In primo luogo, deve osservarsi che la revoca dei testi – quale che sia la parte che li ha indicati – non può costituire una manifestazione di convincimento sulla colpevolezza o non colpevolezza dell’imputato, sì da concretare un’anticipazione del giudizio, posto che si tratta di un provvedimento ordinatorio processualmente neutro, e comunque fondato su una valutazione legittimamente assunta ai sensi dell’art. 468 cod. proc. pen., risultando la prova testimoniale “ictu oculi sovrabbondante di fronte all’oggetto del processo”.

2. Quanto, poi, all’invito pronunciato nei confronti della Difesa – che si doleva della riduzione della lista testimoniale e, dunque, della revoca del precedente provvedimento ammissivo – a ricorrere in appello, neppure in questo caso si tratta di un atto che svela il convincimento sulla colpevolezza prima della conclusione del dibattimento, giacché – a fronte delle rimostranze della parte – il Giudice, lungi dall’anticipare un giudizio riguardo all’esito processuale, si è limitato a ricondurre la discussione sui corretti binari ordinamentali, invitando la parte a rappresentare le proprie doglianze nelle sedi e con modalità rituali (Sez. 1, Ordinanza n. 4313 del 18/10/2000 (dep. 2001) Rv. 218396).

L’ordinanza in questione – quella con la quale sono stati revocati i testi della Difesa del ricorrente – è, infatti, impugnabile, ma, ovviamente, trattandosi di ordinanza emessa in dibattimento, l’impugnazione è differita e può essere proposta solo unitamente a quella contro la sentenza, a norma dell’art. 586 cod. proc. pen.

Ora, in relazione alle circostanze di fatto emerse, il Tribunale, adottando il provvedimento ordinatorio de quo, ha agito nell’esercizio legittimo dei poteri riconosciutigli dall’art. 468 cod. proc. pen., mentre si presenta logicamente conseguenziale il contestuale invito alla parte a concludere la discussione sul punto e a far ricorso, volendo, al rimedio previsto dalla legge: all’espressione pronunciata dal Giudice non può attribuirsi altro significato se non quello – evidente e ovvio – che eventuali doglianze sul provvedimento ordinatorio appena adottato, contestato dalla difesa, potevano essere proposte in sede di impugnazione, dovendo escludersi ogni ulteriore valenza.

Una simile espressione, dunque, non si palesa come anticipatoria di un giudizio di colpevolezza né il fatto che tale rimedio sia comune e contestuale alla sentenza può essere artatamente utilizzato a sostegno della prospettata, indebita anticipazione di un esito sfavorevole della sentenza stessa, essendo invece inequivoco il riferimento alla sola ordinanza al momento in discussione.

Oggetto dell’osservazione in contestazione era, infatti, come si evince dal provvedimento impugnato, una questione procedurale relativa all’ammissione di testi indicati dalla difesa e non anche il giudizio finale sulla responsabilità dell’imputato, cosicché la possibile, successiva impugnazione resta comunque una mera eventualità, ben potendo il giudice pervenire, all’esito dell’istruzione dibattimentale, ad una decisione assolutoria e ciò indipendentemente dalla reiezione dell’istanza difensiva (Sez. 3, n. 2201 del 14/12/2011 (dep. 2012 ) Rv. 251896).

2.1. Deve, dunque, affermarsi che “non costituisce motivo di ricusazione ai sensi dell’art. 37 lett. b)- cod. proc. pen. l’invito, rivolto dal giudice al difensore, all’esito di una discussione su un provvedimento di revoca dei testimoni già ammessi, a proporre appello, in quanto dalla circostanza che tale rimedio sia comune e contestuale alla sentenza che definisce il giudizio non deriva l’indebita anticipazione di un esito sfavorevole della sentenza stessa.”

3. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge ( art. 616 cod. proc. pen ) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in euro 3000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 03 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.