Bomba artigianale senza esplosivo: sacrosanta, comunque, la condanna (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 30 dicembre 2022, n. 49697).

REPUBBLICA ITALIANA

A NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SIANI Vincenzo – Presidente –

Dott. BINENTI Roberto – Consigliere –

Dott. RUSSO Carmine – Rel. Consigliere –

Dott. TALERICO Palma – Consigliere –

Dott. TOSCANI Eva – Consigliere –

ha pronunciato il seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) GAETANO nato a TORINO il 24/01/19xx;

avverso la sentenza del 02/02/2022 della CORTE APPELLO di TORINO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CARMINE RUSSO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. MARCO DALL’OLIO che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;

udito il difensore, Avv. DANILO (OMISSIS), che conclude chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 6 ottobre 2017 il Tribunale di Torino, in rito ordinario, ha condannato Gaetano (OMISSIS) alla pena di 2 anni e 4 mesi di reclusione e 5.000 euro di multa per il reato degli artt. 10 e 12 I. 14 ottobre 1974, n. 497 per la detenzione e porto in luogo pubblico di una parte di un’arma da guerra (un manufatto artigianale in metallo del tipo pipe bomb).

Con sentenza del 2 febbraio 2022 la Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado.

2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso l’imputato, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi di seguito descritti nei limiti strettamente necessari ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

Con il primo motivo deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di ritenuta sussistenza del reato, in quanto si tratterebbe di manufatto artigianale privo sia di esplosivo che di telecomandi, mancherebbe quindi il requisito dell’autonomia funzionale e quello dell’agevole ricomponibilità dell’intero nonché l’univocità della sua destinazione.

Con il secondo motivo deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, in punto di mancata concessione dell’attenuante speciale dell’art. 5 I. n. 895 del 1967, in quanto la motivazione del giudice di appello che, pur riconoscendo la limitata carica esplosiva con cui poteva essere riempito, nega la lieve entità perché l’arma era da guerra è illogica posto che l’attenuante si applica proprio alle armi da guerra.

3. La difesa dell’imputato ha chiesto la discussione orale.

Con requisitoria anticipata per iscritto e ribadita in udienza, il P.G., dr. Marco Dall’Olio, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Il difensore dell’imputato, avv. Danilo (OMISSIS), ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

Considerato in diritto

1. Il primo motivo è infondato.

In esso si deduce che si tratterebbe di detenzione di oggetto privo di rilievo penale, in quanto il manufatto artigianale era privo del requisito dell’autonomia funzionale e dell’agevole ricomponibilità dell’intero.

In punto di caratteristiche di questo oggetto nella sentenza di primo grado si legge a pagina 6 che “stando all’accertamento tecnico effettuato dal RIS di Parma, il dispositivo andava qualificato come pipe bomb, cioè un ordigno costituito da un tubo metallico che collega due estremità chiuse, a seconda dei casi, attraverso materiale metallico o cemento, e all’interno del quale viene predisposto l’esplosivo e l’innesco collegato all’ordigno mediante dei cavi elettrici.

Nel caso di specie, l’ordigno, di produzione artigianale, non liberamente commerciabile e solitamente utilizzato per compiere atti intimidatori presso esercizi commerciali o attentati, si presentava idoneo nella sua funzionalità, e sprovvisto del solo esplosivo per il cui innesco sarebbero stati necessari due telecomandi (o uno solo, qualora fosse stato associato ad entrambi gli inneschi) non rinvenuti.

Riferiva sul punto in udienza, l’operante (OMISSIS) Andrea, in servizio presso il RIS di Parma, che al tubo metallico erano stati affiancati due decoder, cioè degli apparecchi in grado di ricevere l’impulso trasmesso dei telecomandi.

Per la pipe bomb rinvenuta avrebbe potuto essere utilizzato soltanto esplosivo a basso potenziale, poiché all’interno del tubo metallico erano state collocate delle lampadine di per sé incapaci ad ospitare un esplosivo ad alto potenziale o una sostanza detonante che necessita di uno shock, quindi di una forza maggiore rispetto a quella fornita dalle lampadine. Già in passato l’operante aveva visionato un ordigno le cui parti non sono difficile reperibilità con caratteristiche simili a quell’oggetto della presente vicenda processuale”.

In definitiva, il giudice di primo grado ha accertato che la pipe bomb era idonea nella sua funzionalità, ovvero idonea all’uso, e provvista dei decoder che avrebbero dovuto ricevere l’innesco inviato dai telecomandi; ciò che mancava, in definitiva, era soltanto l’esplosivo (che mancassero i telecomandi, infatti, è irrilevante, perché essi sono in ogni caso destinati ad essere azionati a distanza e non fanno parte della struttura dell’arma).

Ed il Procuratore generale ha osservato efficacemente che un’arma, o parte di arma, ha autonomia funzionale anche se non c’è l’esplosivo.

Neanche si può dire che la pipe bomb rinvenuta presso l’imputato non sarebbe facilmente ricomponibile senza speciali procedimenti (Sez. 1, Sentenza n. 51880 del 29/10/2019, Martilotta, Rv. 278067: ai fini dell’attribuibilità della qualifica di “parte” di un’arma da guerra, da cui consegue la configurabilità del delitto di cui all’art. 2 legge 2 ottobre 1967, n. 895, è sufficiente l’autonomia funzionale di essa, che ne rende possibile-l’individuazione come elemento strutturale tipico dell’arma stessa„ e la facile ricomposizione dell’intero senza la necessità di speciali procedimenti), perché, in realtà, l’oggetto in sequestro, secondo l’accertamento contenuto in sentenza, non aveva bisogno di essere ricomposto, essendo “idoneo nella sua funzionalità”.

Non è illogico, da ultimo, non sia stato attribuito rilievo decisivo nella sentenza impugnata all’univocità o meno della destinazione del manufatto, perché, in presenza di un’arma idonea ad essere utilizzata quale tale, la stessa può essere detenuta anche per motivi meramente ornamentali senza che ciò incida sul giudizio penale sulla illiceità della detenzione.

2. Non è fondato neanche il secondo motivo dedicato alla mancata concessione dell’attenuante speciale dell’art. 5 I. n. 895 del 1967.

In esso si deduce che la motivazione del giudice di appello, pur riconoscendo la limitata carica esplosiva con cui il manufatto poteva essere riempito, nega la attenuante della lieve entità perché l’arma era da guerra, motivazione che il ricorso giudica illogica, posto che, per scelta normativa, l’attenuante si applica alle armi da guerra.

Il motivo non è fondato.

In punto di negazione dell’attenuante vi è doppia conforme, per cui nel caso in cui una statuizione della pronuncia di primo grado sia confermata in appello, ai fini del controllo di legittimità, la motivazione della sentenza di primo grado e quella della sentenza di appello si integrano vicendevolmente (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595: “ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione”).

Nel caso in esame, se è vero che la motivazione di appello contiene il ragionamento censurato nel motivo di ricorso, è anche vero, però, che la motivazione del giudice di primo grado era diversa ed aveva escluso l’attenuante per effetto di un giudizio complessivo sul fatto accertato, in cui aveva evidenziato che, oltre alla pipe bomb, erano state rinvenute nella disponibilità dell’imputato anche nove munizioni da guerra.

Una motivazione di questo tipo è rispettosa della sistematica della giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 44903 del 11/11/2011, Schirò, Rv. 251460: ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante della lieve entità del fatto di cui all’art. 5 legge 2 ottobre 1967 n. 895 il giudice di merito deve innanzitutto verificare i profili soggettivi ed oggettivi che caratterizzano il porto e la detenzione delle armi e, in via successiva, all’esito positivo della prima analisi, la quantità e la potenzialità delle stesse), che attribuisce rilievo per il riconoscimento della attenuante non solo al quantum di potenzialità distruttiva dell’arma, ma, più in generale, alle caratteristiche soggettive ed oggettive del fatto che viene giudicato. Il motivo deve, pertanto, essere rigettato.

3. Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 16 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.