REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
TRAVAGLINO GIACOMO -Presidente
SESTINI DANILO -Consigliere – Rel.
CHIARA GRAZIOSI -Consigliere
MARCO DELL’UTRI -Consigliere
STEFANIA TASSONE -Consigliere
ORDINANZA
sul ricorso 27412/2020 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS);
-ricorrente-
contro
(OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS);
-intimata–
avverso la sentenza n. 5126/2020 del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 26/08/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/05/2023 dal cons. dott. DANILO SESTINI
Rilevato che:
dopo aver promosso un procedimento per ATP, (omissis) (omissis) convenne davanti al Giudice di Pace di Milano (omissis) (omissis) (omissis), per sentir accertare la provenienza di rumori intollerabili dall’appartamento della medesima, sovrastante a quello dell’attore, e per sentir condannare la convenuta all’esecuzione degli interventi necessari per eliminare le causa di tali rumori e al risarcimento dei danni subiti dal (omissis);
il Giudice di Pace accolse la domanda inibitoria formulata dall’attore condannando la (omissis) a “fare ciò che è in suo potere per far cessare le immissioni di rumore provenienti dall’appartamento di sua proprietà […] non rispettosi del limite di cui all’art 844 c.c.”), respinse le ulteriori domande e compensò le spese di lite;
pronunciando sull’appello principale del (omissis) e su quello incidentale della (omissis), il Tribunale di Milano ha riformato la sentenza di primo grado condannando la predetta (omissis) ad eseguire le opere specificamente indicate dal CTU sull’impianto idrico del locale bagno;
ha respinto tutte le altre domande del (omissis), ivi comprese quella volta al risarcimento del danno biologico e quella diretta al risarcimento del danno patrimoniale per deprezzamento dell’immobile;
ha compensato integralmente le spese dei gradi di merito, ponendo quelle di c tu a carico di entrambe le parti in egual misura;
ha proposto ricorso per cassazione (omissis) (omissis), affidandosi a sette motivi;
l’intimata non ha svolto attività difensiva;
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c.;
Considerato che:
con il primo motivo, il (omissis) denuncia « violazione e falsa applicazione ex art. 360 comma 1 n 3 dell’art. 844 c.c. e 116 cpc per aver ritenuto che la CTU si sia basata su elementi indiziari e non scientifici per la pretesa opposizione di parte attrice alla prova di calpestio e al potere fonoisolante della soletta nonché per la pretesa opposizione di parte attrice alla misurazione dei muri perimetrali e quindi per non aver fornito parte attrice al CTU gli elementi materiali per l’accertamento del proprio diritto»;
col secondo motivo, il ricorrente denuncia « violazione e falsa applicazione ex art. 360 n. 3 ed omesso esame ex art. 360 n. 5 dei verbali di causa e delle istanze avanti al GDP di parte attrice rispetto all’art. 116 c.p.c. per aver ritenuto che parte attrice si sia opposta alle prove di calpestio per raggiungere la prova dell’intollerabilità delle immissioni acustiche»;
col terzo motivo, si deduce «violazione e falsa applicazione ex art. 360 n. 3 e 116 cpc per aver ritenuto che l’opposizione di parte attrice alle prove di calpestio abbia inficiato la CTU in quanto la precedente ATP aveva già raggiunto la prova della intollerabilità delle immissioni di origine sia idrica che di calpestio che aeree»;
i tre motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, censurano la sentenza nella parte in cui ha affermato che, a seguito dell’opposizione dell’attore, che aveva l’onere di provare i fatti posti a fondamento delle proprie domande, non era stata raggiunta la prova dell’intollerabilità dei rumori impattivi e aerei provenienti dall’appartamento della (omissis), ad eccezione del rumore causato dagli impianti idrici del locale bagno;
sostiene il ricorrente che gli accertamenti cui si era opposto (e che il giudice aveva escluso dall’indagine del CTU) erano inconferenti e che il superamento dei limiti di tollerabilità delle immissioni era risultato pienamente accertato in sede di atp;
i motivi sono inammissibili in quanto il ricorrente insiste nell’escludere che possa essergli imputatala mancata effettuazione di accertamenti che lo stesso Giudice di Pace aveva ritenuto inconferenti e sostiene la piena idoneità e sufficienza di quanto già accertato a mezzo degli strumenti di rilevazione fonometrica, senza tuttavia individuare, con ciò, specifici errori di diritto o l’omesso esame di fatti decisivi da parte del Tribunale, ma compiendo piuttosto una contestazione complessiva dell’apprezzamento del materiale probatorio e della valutazione, da parte del Tribunale, della sua insufficienza a individuare compiutamente le cause dei rumori (diversi da quelli provenienti dall’impianto idrico) e gli interventi eventualmente necessari per la loro rimozione;
pertanto le censure si risolvono, nella sostanza, in una non consentita sollecitazione a una rivalutazione delle prove in funzione di un opposto apprezzamento di merito;
col quarto motivo, il ricorrente deduce « violazione e falsa applicazione ex art. 360 n. 3 in relazione agli art. 844, 2043, 2059 e 1226 c.c. 116 cpc laddove il Tribunale ha statuito che le emissioni acustiche intollerabili dell’impianto idrico non possono considerarsi da sole sufficienti a causare il danno alla salute lamentato dal (omissis), sia in quanto l’inquinamento acustico è limitato all’uso dell’impianto idrico del locale bagno che, invece, anche da solo, è sufficiente ad arrecare tali danni»;
col quinto motivo, il ricorrente denuncia «violazione e falsa applicazione ex art. 360 comma 1 n. 3 e 5 degli artt. 2043, 2059 c.c. e 116 cpc in quanto la CTU medica […] ha accertato la sussistenza di concause diverse ed estranee alla (omissis) (mentre dall a lettura integrale della CTU si evince il contrario) nonché per omesso esame delle risultanze istruttorie che provano l’esistenza del danno alla salute e l’intollerabilità dei rumori anche idrici, per aver ritenuto tali ultime risultanze non rilevanti in cause da inquinamento acustico»;
il sesto motivo denuncia «violazione e falsa applicazione ex art. 360 comma 1 n. 3 e 5 e 116 cpc in relazione all’art. 2043 c.c. in punto di responsabilità personale della Sig.ra (omissis) per i danni causati all’attore e violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2059 1226 per erronea valutazione CTU medico legale e delle risultanze istruttorie: mancata condanna della Sig.ra (omissis) al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniale subiti dall’attore»;
i tre motivi che procedono – che possono essere esaminati congiuntamente – censurano la sentenza per non avere riconosciuto il risarcimento del danno biologico, e ciò benché forse risultata accertata l’intollerabilità dei rumori provenienti dall’impianto idrico-sanitario (con condanna alla demolizione e alla ricostruzione del locale bagno sulla base di specifiche indicazioni tecniche) e nonostante che il CTU medico-legale avesse accertato una menomazione dell’integrità psico-fisica del (omissis) (quantificando l’invalidità permanente nella misura del 6%) che aveva ritenuto concausata dall’inquinamento acustico;
al riguardo, il Tribunale ha affermato: «l’unica condotta colposa imputabile alla (omissis) riguarda la rumorosità dell’impianto idrico del locale bagno che non può considerarsi da sola sufficiente a causare il danno alla salute lamentato dal (omissis), sia in quanto l’inquinamento acustico è limitato all’uso dell’impianto idrico del locale bagno, sia in quanto la c.t.u. medica […] ha accertato la sussistenza di concause diverse ed estranee alla (omissis): “sul piano clinico risulta diagnosticabile un disturbo dell’adattamento con ansia ed umore depresso, cronico, moderato-lieve, dove sussiste una quasi equivalenza eziopatogenetica tra due diverse concause: l’azione psicolesiva dell’inquinamento acustico e la struttura personale personologica del soggetto indicativa di tratti ossessivi di personalità”»;
la doglianza attinente alla mancata liquidazione del danno alla salute è fondata, atteso che il Tribunale ha finito col negare del tutto l’efficienza causale dell’inquinamento acustico sulle lesioni psico-fisiche riscontrate nell’attore per il solo fatto che le stesse non fossero riconducibili esclusivamente alle immissioni rumorose, ma anche a tratti della personalità del (omissis);
in tal modo negando una derivazione causale che esso stessa afferma essere emersa, sia pure in termini di concausalità, dalla c.t.u. (concausalità ribadita, peraltro, dal rilievo che la rumorosità dell’impianto idrico non fosse “da sola” sufficiente a causare il danno alla salute, che implica che detta rumorosità abbia comunque concorso a determinare il danno);
la sentenza va dunque cassata sul punto, con rinvio al giudice di appello per la liquidazione del danno non patrimoniale (in relazione al quale, onde verificarne la persistenza e l’entità, dovrà accertarsi se gli interventi ordinati alla (omissis) dal Tribunale siano stati eseguiti e, in caso affermativo, sei rumori molesti siano cessati o si siano ridotti di entità);
col settimo motivo, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. in punto di rigetto della domanda di condanna della (omissis) al risarcimento del danno patrimoniale per il deprezzamento dell’appartamento del (omissis);
il motivo è inammissibile in quanto non evidenzia specifici errori di diritto, ma contesta genericamente l’apprezzamento del Tribunale circa il fatto che la (omissis) non avesse modificato «i requisiti costruttivi dell’immobile» e che, «di conseguenza», il valore dell’appartamento del (omissis) fosse rimasto invariato;
il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte, dichiarati inammissibili gli altri motivi, accoglie il quarto, il quinto e il sesto, cassa in relazione e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Milano, in persona di diverso magistrato.
Roma, 22/05/2023.
Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2023.