Ticket di pagamento scaduto: ogni quanto può essere ripetuta la sanzione per la protrazione del divieto di sosta? (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 15 febbraio 2024, n. 4187).

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SECONDA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO ROSA MARIA       – Presidente –

Dott. REMO CAPONI                         – Consigliere –

Dott. ANTONIO SCARPA                   – Consigliere –

Dott. CESARE TRAPUZZANO            – Consigliere –

Dott. CRISTINA AMATO                     – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso 20575-2022 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), rappresentato e difeso da se stesso, ex art. 86 c.p.c., elettivamente domiciliato presso il suo studio in MONTECATINI TERME, VIA (OMISSIS), n. 3;

-ricorrente-

contro

COMUNE MONTECATINI TERME, elettivamente domiciliato in MONTECATINI TERME, VIALE (OMISSIS), n. 46, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;

-controricorrente-

avverso la sentenza n. 1080/2021 del TRIBUNALE di PISTOIA, depositata il 01/02/2022;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/09/2023 dal Consigliere Dott.ssa CRISTINA AMATO;

RILEVATO CHE:

1. Tra il 19.06.2019 e il 25.01.2020, il Comune di Montecatini Terme – Polizia Municipale contestava a (omissis) (omissis), con quattro verbali, la violazione degli artt. 7, commi 1 e 15 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della Strada, ‘CdS’), adducendo che egli sostava con il suo autoveicolo in zona di sosta regolamentata oltre il termine stabilito dal periodo determinato dai tickets.

L’opponente chiedeva l’annullamento dei provvedimenti con quattro diversi ricorsi, riuniti dal Giudice di Pace di Pistoia, il quale rigettava l’opposizione.

2. Il Tribunale di Pistoia, adito da (omissis) (omissis) in sede di gravame, rigettava l’appello e confermava la pronuncia di prime cure.

In risposta ai motivi di gravame, osservava il giudice che:

a) l’istituzione di area a parcheggio custodito è legittima in quanto sorretta da ordinanza sindacale intervenuta ancor prima dell’emanazione del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 e, dunque, anteriormente all’entrata in vigore dell’obbligo di cui all’art. 7, comma 1, lett. f) CdS, che prevede per i comuni la possibilità di creare aree destinate al parcheggio mediante ordinanza del Sindaco, preceduta da delibera della Giunta Comunale: norma non applicabile, pertanto, al caso di specie ratione temporisLe successive delibere della Giunta Comunale, n. 209/2006 e n. 220/2009, hanno rispettivamente esteso la zona di sosta regolamentata ad aree esulanti questo giudizio, e integrato la precedente delibera, conferendo la gestione della sosta a pagamento a società privata;

b) la lettura fornita dall’appellante della sentenza Corte cost. n. 111/2018 sull’interpretazione dell’art. 7, comma 15, CdS (sulle modalità di pagamento della sosta) è fuorviante e contraria a logica, anche giuridica. In sostanza, l’appellante ritiene che a séguito della citata pronuncia la disposizione in esame debba essere letta nel senso per cui il verbale di contestazione per superamento dell’orario nella sosta regolamentata possa essere elevato solo al termine del periodo regolamentato, ossia nel caso de quo solo oltre le h 20:00, laddove il verbale notificato al ricorrente risultava emesso alle h 18:57. In realtà, il giudice delle leggi fornisce un’interpretazione di segno diverso: nell’ambito di un medesimo periodo di sosta regolamentata può essere elevata una sola sanzione per superamento dell’orario pagato, non già una sanzione per ogni frazione temporale di sosta oltre l’orario consentito. Pertanto, all’odierno appellante è stata correttamente erogata una sola sanzione per violazione della sosta regolamentata nell’arco di un medesimo periodo (h 8:00-20:00);

c) quanto all’ultimo motivo di censura, violazione dell’art. 7, comma 8, CdS per mancata prova –gravante sull’amministrazione convenuta -della riserva di adeguati spazi destinati al parcheggio libero nell’area in cui è stato sanzionato il veicolo, è sufficiente rilevare che l’opponente non ha contestato nel giudizio a quo la sussistenza della ragione derogatoria di cui all’art. 7, comma 8, CdS, ossia l’essere il parcheggio di cui trattasi situato in ZTL.

3. Ricorreva per la cassazione della suddetta pronuncia (omissis) (omissis) affidando il ricorso a tre motivi, cui rispondeva il Comune di Montecatini Terme depositando controricorso.

CONSIDERATO CHE:

1. Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 7, comma 1, lett. f) CdS, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., per violazione del principio di legalità e violazione dell’art. 15 delle preleggi, in relazione al CdS approvato con D.P.R. 15.06.1959, n. 393, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., per non aver il giudice di appello ritenuto abrogata l’ordinanza sindacale 6-bis/87 emanata dal Comune di Montecatini ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. a) del CdS 1959.

A giudizio del ricorrente, nel caso in esame mancherebbe l’ordinanza dirigenziale imposta dall’art. 7, comma 1, lett. f) CdS ai fini della legittima identificazione delle zone a parcheggio regolamentato: infatti, la precedente ordinanza sindacale risalente al 1987, vigente il precedente codice della strada, deve ritenersi abrogata, posto che il nuovo codice regola l’intera materia (v. art. 231 d.lgs. n. 285 del 1992).

Né si condivide quanto argomentato dal giudice dell’opposizione, secondo cui le deliberazioni di Giunta emanate successivamente all’ordinanza sindacale del 1987 non dovrebbero essere seguite da altrettante ordinanze, essendo provvedimenti comunali con natura meramente applicativa/integrativa.

Tale assunto è in contrasto comunque con il dettato dell’art. 7, comma 1, lett. f) CdS, con la ratio posta a fondamento della disciplina.

La deliberazione della Giunta è, infatti, un atto di indirizzo politico-amministrativo interno al comune, mentre l’ordinanza del sindaco, o equipollente ordinanza dirigenziale ex art. 107 TUEL, é provvedimento amministrativo tipico per mezzo del quale viene imposto ai cittadini un comportamento (nello specifico: l’obbligo di attivare il dispositivo di controllo di durata della sosta).

1.1 Il motivo è infondato.

L’ordinanza del 1987, istitutiva dell’area di sosta regolamentata, non è abrogata per ius superveniens, e la successiva delibera di Giunta 209/2006, seguita da ordinanza 524/06, ha specificato che la sosta in Piazza (omissis) era a pagamento, con n. 17 posti.

2. Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 7, comma 15, CdS ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.

Nella ricostruzione del ricorrente, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 111/2018 e dell’orientamento della Corte di legittimità, l’art. 7, comma 15, CdS andrebbe applicato solo allorquando la sosta si protrae oltre la fascia di vigenza giornaliera: infatti, a giudizio della Corte di Cassazione (Cass. Sez. 2, n. 7839 del 10.03.2022; Cass. n. 16258/2016; Cass. n. 22036/2008), la sosta del veicolo con ticket di pagamento esposto, scaduto per decorso del tempo, ha natura di illecito amministrativo; secondo il ricorrente, per poter rispettare quanto previsto dalla lettera della legge in virtù del principio di legalità, all’interno della fascia oraria della sosta a pagamento (nel caso di specie: h 08:00-20:00) si instaurerebbe, tra utenti e amministrazione, un rapporto contrattuale e, pertanto, la protrazione della sosta oltre l’orario consentito si configurerebbe come inadempimento contrattuale, non già come illecito amministrativo: pertanto, l’utente sarà tenuto al versamento della differenza tariffaria non corrisposta, non essendoci alcuna violazione dell’art. 7, comma 15, CdS.

2.1. Il motivo è infondato.

Il comma 15 dell’art. 7 del d.lgs. n. 285 del 1992, oggetto di censura, prevede che «nei casi di sosta vietata, in cui la violazione si prolunghi oltre le ventiquattro ore, la sanzione amministrativa pecuniaria è applicata per ogni periodo di ventiquattro ore, per il quale si protrae la violazione.

Se si tratta di sosta limitata o regolamentata, la sanzione amministrativa è del pagamento di una somma da euro 25 ad euro 100 e la sanzione stessa è applicata per ogni periodo per il quale si protrae la violazione».

La durata del periodo della sosta limitata (nel tempo) o regolamentata (soggetta a regime tariffario) è stabilita dai regolamenti comunali.

La questione di legittimità costituzionale affrontata dalla pronuncia in questione muove da un’interpretazione della norma secondo la quale la nozione di «periodo», in base al quale può essere reiterata la sanzione, coinciderebbe con il limite di durata della sosta predeterminato dall’utente tramite il pagamento della tariffa o con l’esposizione del disco orario: con il risultato di moltiplicare l’importo della sanzione prevista per il numero di ore eccedenti la durata della tariffa pagata tramite ticket; nel caso da cui era originato l’intervento della Corte costituzionale, infatti, la sosta era limitata ad un’ora, si era protratta per tre ore e all’utente era stata irrogata la sanzione prevista, di euro 25, per tre volte.

La Consulta ha scartato tale interpretazione, ritenendo invece che il periodo di protrazione della violazione, che consente la reiterazione della sanzione, non si riferisce alla sosta autorizzata per il periodo determinato dal pagamento effettuato dall’utente o indicato nel disco orario esposto, bensì alla protrazione della sosta oltre la fascia di vigenza giornaliera – o infragiornaliera – della sosta, non del disco orario né della regolamentazione tariffaria selezionata dall’utente.

Con il risultato che la sanzione per la protrazione del divieto di sosta permanente può essere reiterata ogni ventiquattro ore; quella relativa alla sosta limitata o regolamentata – come nel caso di cui discuteva la Consulta – è irrogabile alla fine di ogni fascia oraria, come in effetti è accaduto nel caso che ci occupa.

Del resto, la diversa interpretazione mossa dal ricorrente si risolverebbe in una trasformazione della natura amministrativa della sanzione in inadempimento contrattuale, di certo in contrasto con il CdS (art. 7, comma 1, lett. f), in combinato disposto con l’art. 194, comma 1: «In tutte le ipotesi in cui il presente codice prevede che da una determinata violazione consegua una sanzione amministrativa pecuniaria, si applicano le disposizioni generali contenute nelle Sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689, salve le modifiche e le deroghe previste dalle norme del presente capo»), nonché con quanto affermato da questa Corte nelle pronunce riportate dallo stesso ricorrente.

3. Con il terzo motivo si deduce violazione della regola dell’onere della prova di cui all’art. 2697, cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.

Il ricorrente aveva allegato, sia in primo grado che con motivo di appello, tanto la mancanza di spazi liberi per il parcheggio nelle vicinanze del luogo in cui era avvenuta l’asserita violazione, quanto l’assenza della delibera comunale che qualificasse l’area in questione come rientrante nella zona a traffico limitato (ZTL).

Pertanto, anche alla luce dell’orientamento della Suprema Corte (Cass. n. 18575/2014), spettava all’amministrazione comunale dare prova dell’esistenza della delibera che escluda la sussistenza dell’obbligo di predisporre parcheggi liberi nelle vicinanze della zona regolamentata, ai sensi dell’art. 7, comma 8, CdS.

Il giudice d’appello, invece, ha rimarcato l’assenza di contestazioni specifiche avverso le difese dell’Amministrazione relative alla deroga di cui al comma 8 dell’art. 7 CdS, così rovesciando l’onere probatorio a carico dell’appellante.

3.1. Il motivo è inammissibile, in quanto non attinge alla ratio decidendi della pronuncia impugnata.

Il Tribunale ha rilevato la mancata contestazione in prime cure, da parte del (omissis), ex art. 115 cod. proc. civ., in ordine all’operatività della deroga di cui al comma 8 dell’art. 7 CdS, per trovarsi il parcheggio in zona ZTL, nonostante detta ubicazione del parcheggio fosse stata tempestivamente eccepita dall’Amministrazione convenuta nella comparsa di risposta dinanzi al Giudice di Pace.

4. In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso, liquida le spese secondo soccombenza come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in € 510,00 per compensi, oltre ad € 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.

Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1-bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.

Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile in data 20/9/2023.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.