Vaccini, vitalizio aggiunto nel 2005 e l’indennizzo decorre dall’entrata in vigore della legge (Corte di Cassazione, Sezione IV Civile, Sentenza 21 ottobre 2024, n. 27141).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Signori Magistrati:

Dott. UMBERTO BERRINO                             – Presidente –

Dott.ssa ROSSANA MANCINO                      – Consigliere –

Dott.ssa GABRIELLA MARCHESE                  – Consigliere –

Dott. LUIGI CAVALLARO                                – Consigliere –

Dott. ANGELO CERULO                                 – Consigliere – rel. –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso 611-2020 proposto da:

MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato e domiciliato presso i suoi uffici, in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI, 12;

ricorrente

contro

(omissis) (omissis) rappresentato e difeso, in virtù di procura rilasciata in calce al controricorso, dagli avvocati (omissis) (omissis), (omissis) (omissis) elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC dell’ultimo difensore;

controricorrente

per la cassazione della sentenza n. 273 del 2019 della CORTE D’APPELLO DI GENOVA, depositata il 18 giugno 2019 (R.G.N. 58/2019).

Udita la relazione della causa, svolta in udienza dal Consigliere dott. Angelo Cerulo.

Udito ii Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, dott. STEFANO VISONÁ, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Udita, per il ricorrente, l’avvocato dello Stato (omissis) (omissis) che ha insistito per l’accoglimento delle conclusioni del ricorso.

Udito, per il controricorrente, l’avvocato (omissis) (omissis) che ha ribadito le conclusioni formulate nel controricorso.

FATTI DI CAUSA

1.- Con sentenza n. 273 del 2019, depositata ii 18 giugno 2019, la Corte d’appello di Genova ha respinto il gravame del Ministero della Salute e ha confermato la pronuncia del Tribunale della medesima sede, che aveva accolto le domande proposte dal signor (omissis) (omissis).

Per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte territoriale ha riconosciuto il diritto del signor (omissis) (omissis) di percepire l’indennizzo aggiuntivo, regolato dall’art. 1 della legge 29 ottobre 2005, n. 229, con la stessa decorrenza dalla domanda amministrativa, applica bile all’indennizzo base previsto dalla legge 25 febbraio 1992, n. 210.

Nel caso di specie, tale indennizzo era stato corrisposto al ricorrente per i danni da evento post-vaccinale, ascrivibile alla seconda categoria di cui alla tabella A, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834.

A fondamento della decisione, la sentenza d’appello richiama le enunciazioni di principio della sentenza n. 16842 del 2016, pronunciata da questa Corte e depositata il 9 agosto 2016, che riconosce l’operatività retroattiva dell’indennizzo aggiuntivo e dell’assegno una tantum, introdotti, rispettivamente, dall’art. 1 e  dall’art. 4 della legge 229 del 2005.

A sostegno di tali conclusioni, si richiama, quanto all’assegno, la ratio della disposizione. Per quel che concerne  l’indennizzo aggiuntivo, viene in rilievo, invece, la sua natura incrementale rispetto all’indennizzo già  concesso, con la  conseguente necessità di riconoscere la medesima decorrenza.

In senso contrario, non possono essere evocati i vincoli di natura finanziaria e neppure gli elementi desumibili dai lavori preparatori del Senato, d’interpretazione tutt’altro che univoca.

2.- II Ministero della Salute ricorre per cassazione contra la sentenza d’appello e affida a un motivo le sorti dell’impugnazione.

3.- II signor (omissis) (omissis) resiste con controricorso.

4.- II ricorso, dopo l’infruttuosa trattazione camerale all’adunanza del 12 ottobre 2023, é stato avviato alla trattazione in pubblica udienza.

5.- In prossimità dell’udienza, il controricorrente ha depositato memoria illustrativa (art. 378, secondo comma, cod. proc. civ.).

6.- All’udienza, il Pubblico Ministero ha esposto oralmente le sue conclusioni motivate e i difensori delle parti hanno svolto le loro difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con l’unico motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il Ministero della Salute denuncia  violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 4 e 5 della legge n. 229 del 2005, in combinato disposto con l’art. 1 della legge n. 210 del 1992, in riferimento agli artt. 11 e 12 delle preleggi e all’art. 81 Cost., e violazione  dell’art. 1, comma 4, del decreto del Ministero della Salute 6 ottobre 2006.

Avrebbe errato la Corte di merito nell’attribuire l’indennizzo aggiuntivo a decorrere dalla data di riconoscimento dell’indennizzo base, e non dalla data di entrata in vigore della legge n. 229 del 2005, come espressamente dispone l’art. 1, comma 4, del decreto ministeriale 6 ottobre 2006.

Nella prospettiva del ricorrente, solo l’assegno disciplinato dall’art. 4 della legge n. 229 del 2005 e contraddistinto dal «carattere espressamente retroattivo» (pagina 9 del ricorso per cassazione).

Per l’indennizzo aggiuntivo, per contra, nessun indice testuale avvalora la portata retroattiva delle disposizioni sopravvenute, che, a tacer d’altro, sarebbe smentita dall’art. 1, comma 4, del d.m. 6 ottobre 2006 e si porrebbe in contrasto con il principio della copertura finanziaria consacrato dall’art. 81 Cost.: i maggiori oneri, quantificati dall’art. 5 della legge n. 229 del 2005, sarebbero stati commisurati all’applicabilità della nuova normativa soltanto per l’avvenire, in coerenza con il canone generale d’irretroattività (art. 11 delle preleggi).

2.- Occorre, in primo luogo, esaminare l’eccezione d’inammissibilità, sollevata dalla parte controricorrente suI presupposto dell’inesistenza della sentenza impugnata.

2.1.- II ricorrente avrebbe indicato una sentenza n. 273 del 2019, pronunciata dalla Corte d’appello di Firenze, e, nel contesto del ricorso, alluderebbe, senza ulteriori riferimenti, a una “sentenza impugnata”.

2.2.- L’eccezione dev’essere disattesa.

Benché, per mero lapsus calami, ii ricorso menzioni una sentenza della Corte d’appello di Firenze, nessun dubbio può sorgere sul fatto che sia stata impugnata la sentenza della Corte d’appello di Genova, sentenza che il Ministero ha debitamente prodotto e riportato nell’atto d’impugnazione nei suoi passaggi salienti.

II refuso, circoscritto all’indicazione della Corte territoriale, non ingenera alcuna incertezza sull’oggetto del contendere, puntualmente identificato nel ricorso, e non pregiudica le prerogative difensive della parte, che si sono esplicate in maniera piena ed effettiva, come traspare dall’ampiezza delie argomentazioni esposte nel controricorso, nella memoria illustrativa e nella discussione durante la pubblica udienza.

L’imprecisione non inficia, pertanto, l’ammissibilità del ricorso.

3.- II ricorso é fondato.

4.- Nel presente giudizio si controverte sull’indennizzo aggiuntivo previsto dall’art. 1, comma 1, della legge n. 229 del 2005, che cosi dispone: «Ai soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210, é riconosciuto, in relazione alla categoria già loro assegnata dalla competente commissione medico-ospedaliera, di cui all’articolo 165 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, un ulteriore indennizzo.

Tale ulteriore indennizzo consiste in un assegno mensile vitalizio, di importo pari a sei volte la somma percepita dal danneggiato ai sensi dell’articolo 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, per le categorie dalla prima alla quarta della tabella A annessa al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, e successive modificazioni, a cinque volte per le categorie quinta e sesta, e a quattro volte per le categorie settima e ottava. Essa é corrisposto per la metà al soggetto danneggiato e per l’altra metà ai congiunti che prestano o abbiano prestato al danneggiato assistenza in maniera prevalente e continuativa. Se ii danneggiato e minore di età o incapace di intendere e di volere l’indennizzo e corrisposto per intero ai congiunti conviventi di cui al precedente periodo. Rimane fermo ii diritto al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale derivante da fatto illecito».

L’art. 2, comma 1, della legge n. 229 del 2005 demanda a un decreto del Ministero della salute il compito di istituire, «senza nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato, una commissione per la definizione degli importi da erogare di cui agli articoli 1 e 4».

II legislatore ha dunque enucleato i tratti basilari della nuova provvidenza e ha prefigurato una successiva definizione delle concrete modalità operative.

II 6 ottobre 2006, é intervenuto il decreto del Ministero della salute, recante «Ricognizione delle modalità procedurali relative all’indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie previsto dalla legge 29 ottobre 2005, n. 229», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 10 novembre 2006, n. 262.

L’art. 1, comma 4, del decreto ministeriale riconosce l’indennizzo aggiuntivo a decorrere «dalla data di entrata in vigore della legge 29 ottobre 2005, n. 229 per i soggetti che risultano, alla data di entrata in vigore della medesima legge, già titolari dell’indennizzo base».

Quanto ai soggetti «che acquisiscono la titolarità dell’indennizzo base in data successiva», il decreto ministeriale puntualizza che «il riconoscimento dell’indennizzo aggiuntivo spetta dalla data di decorrenza dell’indennizzo base».

5.- Tale previsione attua e integra le disposizioni racchiuse nella fonte primaria e assolve al compito di «definire le modalità procedurali di applicazione della legge 29 ottobre 2005, n. 229» (preambolo del decreto ministeriale), in armonia con le linee tracciate dall’art. 2 della stessa legge n. 229 del 2005, che, a tal proposito, affida compiti rilevanti a un’apposita commissione, poi istituita con decreto del Ministero della salute del 19 gennaio 2006.

6.- Inequivocabile é il dettato testuale del decreto, nell’ancorare la decorrenza dell’indennizzo aggiuntivo alla data di entrata in vigore della legge n. 229 del 2005, per chi, a quella data, risulti già titolare dell’indennizzo base.

Solo per chi acquisisca il diritto all’indennizzo base in epoca posteriore, la decorrenza dell’indennizzo aggiuntivo collima con la decorrenza dell’indennizzo base.

Su tale dato, che il controricorrente non scalfisce nella sua valenza significativa, ha posto l’accento anche il Pubblico Ministero, nell’illustrare le sue conclusioni motivate.

Nell’interpretazione del testo normativo, il tenore letterale non può essere trascurato, non solo per l’univocità delle espressioni adoperate, che non generano ambiguità semantiche di sorta.

Nell’orientare l’interprete, riveste rilievo decisive anche l’iter che ha condotto all’emanazione del decreto, punto d’approdo del lavoro avviato dalla commissione ad hoc istituita in virtù del citato art. 2, comma 1, della legge n. 229 del 2005.

Nel definire le modalità procedurali di attuazione della legge, il decreto ha ponderato le risultanze dei lavori della commissione, come si può evincere dallo stesso preambolo dell’atto normativo.

La specificazione del dies a quo della provvidenza promana, dunque, da una scelta consapevole e da un percorso condiviso.

Le previsioni del decreto, nel definire il precetto normativo, non si pongono in contrasto con la lettera dell’art. 1 della legge n. 229 del 2005, che non contempla ex professo l’efficacia retroattiva della nuova disciplina e, anche al fine di approntare l’indispensabile copertura finanziaria (art. 81 Cost.), non apporta alcuna deroga univoca alla generale operatività delle leggi soltanto per l’avvenire (art. 11 delle preleggi).

7.- A fronte degli specifici argomenti delineati nell’odierno giudizio dal ricorrente e dal Pubblico Ministero anche sulla scorta delle previsioni del decreto del 2006, non si rivelano dirimenti, in senso contrario, le peculiarità valorizzate dalla sentenza n. 16842 del 2016 (punti 12 e 13 dei Motivi delta decisione).

7.1.- Non si possono trarre elementi chiarificatori dalla diversa disciplina dell’assegno una tantum, dettata dall’art. 4 della medesima legge n. 229 del 2005.

Corrisposto «per la metà al soggetto danneggiato e per l’altra metà ai congiunti che prestano o abbiano prestato al danneggiato assistenza in maniera prevalente e continuativa», tale assegno e parametrato nell’ammontare «sino alla misura massima di dieci annualità dell’indennizzo di cui al medesimo comma 1 dell’articolo 1, per il periodo compreso tra ii manifestarsi dell’evento dannoso e l’ottenimento dell’indennizzo medesimo».

In un regime, che si proietta anche nel periodo antecedente all’entrata in vigore della nuova disciplina, e significativo che l’art. 4, comma 2, della legge n. 229 del 2005 si premuri di regolare la definizione delle annualità pregresse dell’assegno, in base a tabelle di conversione.

La circostanza che tale provvidenza copra expressis verbis iI periodo «compreso tra il manifestarsi dell’evento dannoso e l’ottenimento dell’indennizzo» non corrobora la genera le decorrenza della distinta prestazione dell’indennizzo aggiuntivo dal riconoscimento dell’indennizzo originario.

II raffronto con la disciplina dell’assegno una tantum può suffragare, per converso, l’argumentum a contrario  che il ricorrente pone in risalto: la dove il legislatore ha inteso retrodatare la decorrenza di una prestazione o  ha scelto di apprestare tutela per un periodo pregresso, l’ha stabilito a chiare lettere.

In questa prospettiva, non é senza significato che, per l’indennizzo aggiuntivo, l’art. 1, comma 4, della legge n. 229 del 2005 sancisca una rivalutazione annuale dell’importo determinato dalla legge, senza occuparsi del periodo pregresso, in termini compatibili con una provvidenza che decorre dall’entrata in vigore della nuova normativa.

7.2.- Quanto al fatto che l’indennizzo sia corrisposto ai soggetti danneggiati di cui all’art. 1, comma 1, della legge n. 210 del 1992, e si affianchi all’indennizzo base, non implica in maniera indefettibile che la decorrenza debba essere la medesima di tale indennizzo, quando ii data positivo contenga indicazioni divergenti.

Tale identità di decorrenza, difatti, non rappresenta un tratto immanente al sistema, come traspare dalle citate previsioni del decreto, che, nel dare compimento al disegno del legislatore e nel chiarirne gli aspetti di dettaglio, limitano tale identità di decorrenza alla sola ipotesi di chi acquisisca la titolarità dell’indennizzo base dopa l’entrata in vigore della nuova disciplina.

Né tale decorrenza coincidente si può desumere dal fatto che la disciplina  dell’indennizzo aggiuntivo richiami quella dell’indennizzo base, in quanto tale richiamo, secondo i puntuali rilievi del Ministero (pagina 10 del ricorso per cassazione), é circoscritto al quantum e non investe il diverso profilo della decorrenza.

8.- A diverse conclusioni non inducono gli argomenti prospettati nel controricorso e nella memoria illustrativa e ribaditi anche nel corso della pubblica udienza.

8.1.-  L’interpretazione costituzionalmente orientata, che il controricorrente propugna, presuppone che la lettera della legge sia compatibile con una pluralità di opzioni ermeneutiche. Evenienza che, nel caso di specie, non si ravvisa.

Allorché il dato testuale sia insuperabile, l’onere di esplorare l’interpretazione adeguatrice non può che cedere il passo all’incidente di costituzionalità (di recente, fra le molte, Corte costituzionale, sentenza n. 5 del 2024, punto 3 del Considerato in diritto).

A tale riguardo, non si enunciano argomenti decisivi che possano suffragare la non manifesta infondatezza di un eventuale dubbio di legittimità costituzionale della disciplina vigente.

Non si adducono elementi probanti dell’irragionevolezza palese di una normativa che, all’esito di un bilanciamento non arbitrario, riconosce tanto l’indennizzo aggiuntivo, con la decorrenza legata all’entrata in vigore della legge, quanto l’assegno una tantum, allo scopo precipuo di offrire adeguato ristoro per il periodo che intercorre tra il verificarsi del pregiudizio e il conseguimento dell’indennizzo.

Di un assetto cosi congegnato, che dev’essere ricostruito nella sua interezza e in tutte le forme di tutela, tanto indennitaria quanto risarcitoria, che accorda, non si dimostra l’inadeguatezza complessiva, con il conseguente vulnus ai diritti presidia ti dall’art. 32 Cost.

Nel caso di specie, non é dato scorgere nemmeno quell’ingiustificata disparità di trattamento che, proprio in tema di decorrenza dell’indennizzo di cui all’art. 1 della legge n. 229 del 2005, successivamente riconosciuto alle persone affette da sindrome da talidomide, ha indotto il giudice delle leggi ad accogliere le censure proposte in riferimento all’art. 3 Cost.

La disciplina scrutinata in quel frangente, al cospetto di due situazioni contraddistinte dai medesimi presupposti di tutela e in tutto e per tutto comparabili, riservava ai nati nel 1958 e nel 1966 un trattamento deteriore rispetto ai nati dal 1959 al 1965, in difetto di ogni ragione apprezzabile (sentenza n. 55 del 2019).

Nel caso di specie, la decorrenza e sancita in termini uniformi e s’inquadra in un sistema più articolato ed organico di provvidenze, destinate a offrire ristoro anche per il periodo che prelude all’entrata in vigore della legge.

II fluire del tempo, inoltre, ben può assurgere a elemento distintivo tra le diverse situazioni paste a raffronto e, in un contesto contrassegnato da appropriati correttivi volti a conferire il necessario rilievo anche alle situazioni pregresse, non si può predicare alcun vincolo costituzionale circa la necessita di estendere anche al passato, in termini indiscriminati, una più favorevole disciplina sopravvenuta.

Nella vicenda oggi sottoposta al vaglio di questa Corte, i limiti posti dall’art. 3 Cost. non sono stati, dunque, travalicati e le valutazioni discrezionali del legislatore riguardo alla modulazione temporale di una disciplina innovativa non prestano il fianco a censure d’incompatibilità con i precetti costituzionali, tali da attingere il grado della non manifesta infondatezza (art. 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87).

8.2.- Non si può neppure invocare, a supporto di una diversa interpretazione, l’esigenza di preservare la continuità della giurisprudenza (cfr., in particolare, pagine 2, 3, 4 e 5 della memoria illustrativa del controricorrente).

Tale esigenza, indissolubilmente connessa alla salvaguardia del principio di eguaglianza e della certezza del diritto, non può condurre a pretermettere gli argomenti che le parti, nell’esercizio del diritto di difesa (art. 24 Cost.), la Procura Generale, nell’essenziale opera di collaborazione alla funzione nomofilattica, e, più in generale, la comunità degl’interpreti offrono alla valutazione critica di questa Corte, consentendole cosi di svolgere in modo efficace il compito di assicurare «l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unita del diritto oggettivo nazionale» (art. 65 del regio-decreto 30 gennaio 1941, n. 12).

9.- Dai rilievi svolti conseguono l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata.

10.- La causa dev’essere rinviata alla Corte d’appello di Genova, che, in diversa composizione, si uniformerà al seguente principio di diritto: «L’indennizzo aggiuntivo disciplinato dall’art. 1 della legge 29 ottobre 2005, n. 229, dev’essere riconosciuto a decorrere dall’entrata in vigore della medesima legge ai soggetti che, a tale data, risultino già titolari dell’indennizzo base, secondo le previsioni dell’art. 1, comma 4, prime periodo, del decreto del Ministro della salute 6 ottobre 2006, intervenuto ad attuare le previsioni della fonte primaria».

Al giudice di rinvio e rimesso, infine, anche ii compita di pronunciare sulle spese del presente giudizio.

11.- A tutela dei diritti del controricorrente, che ha promosso una controversia attinente a dati che coinvolgono le condizioni di salute, si deve disporre, in caso di riproduzione in qualsiasi forma della presente sentenza, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi della parte, ai sensi dell’art. 52, comma 2, del decreto legislative 30 giugno 2003, n. 196.

P.Q.M.

La Corte accoglie ii ricorso; cassa la sentenza impugnata; rinvia la causa, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione.

Dispone, in caso di riproduzione in qualsiasi forma della presente sentenza, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi della parte controricorrente, ai sensi dell’art. 52, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione civile del 9 aprile 2024.

Il Consigliere estensore

Angelo Cerulo

Il Presidente

Umberto Berrino

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale –