400 euro escludono l’ipotesi del danno lieve: condannato per peculato il titolare di un’agenzia di pratiche auto (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 12 luglio 2023, n. 30148).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE AMICIS Gaetano – Presidente –

Dott. APRILE Ercole – Consigliere –

Dott. AMOROSO Riccardo – Rel. Consigliere –

Dott. DI GERONIMO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da

(OMISSIS) (OMISSIS), nato a Milano il 02/10/19xx;

avverso la sentenza del 13/12/2022 della Corte di appello di Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Riccardo Amoroso;

letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale, Dott.ssa Mariella De Masellis, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

lette le conclusioni scritte dell’avv. (OMISSIS) (OMISSIS), difensore della parte civile Città Metropolitana di Milano che ha richiesto il rigetto del ricorso e la condanna alle spese di giudizio come da nota depositata oltre accessori di legge

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento in epigrafe indicato, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Milano in data 10 febbraio 2021 che aveva condannato il ricorrente per il reato di peculato ascrittogli alla pena di anni due e mesi otto di reclusione, riconosciute le circostanze attenuanti generiche.

Al ricorrente si contesta l’appropriazione della somma di 400 euro versatagli da (omissis) (omissis) per la registrazione del trasferimento della proprietà di un’autovettura, trattenuta indebitamente nella qualità di gestore di un’agenzia di pratiche automobilistiche abilitata alle formalità di trascrizione e annotazione dei veicoli nel Pubblico Registro della Motorizzazione civile di Milano mediante collegamento telematico (fatto commesso in data 10 ottobre 2016).

2. Tramite il proprio difensore di fiducia, (omissis) (omissis) ha proposto ricorso, articolando i motivi di seguito indicati.

2.1. Con il primo motivo deduce il vizio di violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione della circostanza attenuante prevista dall’art. 62, n. 4, cod. pen. che è stata argomentata sulla base della stessa motivazione con cui è stata esclusa l’attenuante di cui all’art. 323-bis cod. pen., senza quindi considerare la diversità dei relativi presupposti.

Solo l’art. 323-bis cod. pen. fa riferimento alla globalità degli elementi del reato, mentre l’art. 62, n. 4, cod. pen. prende in considerazione il solo aspetto del danno patrimoniale di speciale tenuità. In sostanza si censura la valutazione della Corte milanese che, “a prescindere dall’importo di 400 euro di cui l’imputato si è appropriato”, ha valorizzato il danno cagionato all’ente pubblico in un’ottica complessiva rapportata alle modalità con cui il fatto è stato posto in essere per l’offesa arrecata anche al buon andamento dell’amministrazione pubblica tutelata.

2.2. Con il secondo motivo deduce il vizio di violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione della circostanza attenuante prevista dall’art. 323-bis cod. pen. in considerazione dell’asserito meccanismo elusivo sofisticato e dell’articolata programmazione nel contesto di un modus operandi che potrebbe rilevare solo ai fini del dolo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere rigettato per infondatezza del primo motivo e per inammissibilità del secondo.

Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte in tema di reati contro la pubblica amministrazione, ai fini del riconoscimento dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen., la valutazione della speciale tenuità deve riguardare il solo aspetto del pregiudizio economico cagionato dal singolo fatto reato e non la gravità della vicenda nel suo complesso che, invece, rileva ai fini della applicazione della circostanza di cui all’art. 323-bis cod. pen. (Sez. 6, n. 1313 del 05/07/2018, dep. 2019, Biagioni, Rv. 274939).

È solo in base al valore patrimoniale di ciascun fatto appropriativo che deve essere apprezzata la ricorrenza o meno dell’attenuante comune prevista dall’art. 62 n. 4 cod. pen. allorché si tratti di delitti contro il patrimonio o che comunque offendono il patrimonio come il delitto di peculato, che è tipico reato plurioffensivo.

Non vi è ragione di discostarsi dal richiamato consolidato indirizzo della Corte di cassazione, che il Collegio condivide, in tema di delitti contro la pubblica amministrazione, secondo cui è solo per la circostanza attenuante speciale prevista dall’art. 323-bis cod. proc. pen., che è necessario valutare la vicenda nel suo complesso e non solo l’entità patrimoniale della violazione considerata. Deve, perciò, ritenersi erroneo il diniego dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen. motivato sulla base della valutazione del danno cagionato ai beni dell’imparzialità, trasparenza e buon andamento dell’attività amministrativa, assumendo tali connotazioni rilevanza solo ai fini dell’attenuante speciale prevista dall’art. 323-bis cod. proc. pen.

Tuttavia, va rilevato che, pur considerando il solo profilo patrimoniale dell’entità del danno cagionato come l’unico rilevante per il riconoscimento della circostanza attenuante comune prevista dall’art. 62, n. 4, cod. pen., in ogni caso, l’importo di 400 euro oggetto del singolo peculato per cui si procede esclude di per sé l’attenuante in parola perché non si presta ad integrare “un danno patrimoniale di speciale tenuità”.

2. L’assimilazione dei criteri di valutazione richiesti per l’applicazione dell’attenuante speciale prevista dall’art. 323-bis cod. pen. a quelli richiesti per l’attenuante comune prevista dall’art. 62, n. 4 cod. pen. non è sostenibile perché renderebbe priva di significato la previsione dell’attenuante speciale, portandola a coincidere con la prima.

Peraltro, occorre considerare che l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità va tenuta distinta anche dall’attenuante del lucro di speciale tenuità prevista dalla medesima disposizione dell’art. 62, n. 4, cod. pen., atteso che la prima riguarda solo i delitti che offendono esclusivamente o in via cumulativa il patrimonio, mentre la seconda riguarda tutti i delitti, indipendentemente dal bene giuridico oggetto di tutela, che siano stati commessi per motivi di lucro, come ribadito dalle Sez. U, n. 24990 del 30/1/2020, Dabo Kabiru, Rv. 279499, in tema di compatibilità di tale attenuante con la fattispecie autonoma di reato prevista dall’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990.

Ed è solo per questa diversa attenuante comune che la norma richiede una valutazione più ampia delle conseguenze del reato, che tenga conto del c.d. danno criminale, e quindi un vaglio che investe non solo il profilo economico del lucro conseguito o perseguito che deve essere di speciale tenuità, ma anche dell’evento dannoso o pericoloso che deve essere anch’esso di speciale tenuità.

La ricorrenza o meno dell’attenuante comune prevista dall’art. 62, n. 4 cod. pen. allorché si tratti di “delitti contro il patrimonio o che comunque offendono il patrimonio”, nella cui categoria rientra certamente anche il delitto di peculato, quale tipico reato plurioffensivo che offende anche il patrimonio, è condizionata unicamente dal rilievo del pregiudizio economico cagionato alla persona offesa e non richiede altre condizioni.

Diversamente dalla circostanza attenuante del motivo di lucro di speciale tenuità, prevista sempre dall’art. 62, n. 4, cod. pen., la cui applicazione è invece subordinata alla duplice condizione che sia il lucro perseguito od effettivamente conseguito dal reo, sia l’evento dannoso o pericoloso, siano caratterizzati da speciale tenuità.

Si ritiene, pertanto, di dover dare seguito alla giurisprudenza che delimita l’ambito di applicazione dell’attenuante comune in parola ai soli casi in cui il pregiudizio economico arrecato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrisorio (cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 24003 del 14/01/2014, Rv. 260201; Sez. 5, 31/05/2011, n. 32097; Sez. 2 n. 5049 del 22/12/2020, dep. 2021, Di Giorgio, Rv. 280615), senza che assumano rilievo altri parametri non considerati dalla norma, che hanno invece rilevanza ai fini del riconoscimento della speciale attenuante prevista dall’art. 323-bis cod. pen per i soli delitti ivi indicati.

Non ignora il Collegio l’esistenza di un orientamento formatosi in tema di furto che si pone in contrasto con la linea interpretativa qui seguita, laddove si afferma che il danno di speciale tenuità richiede sempre una valutazione più ampia di tutti gli elementi della fattispecie concreta necessari per accertare non il solo danno patrimoniale, ma il danno criminale nella sua globalità, cosicché, ai fini della sua configurabilità nel reato di furto, non possono essere ritenuti determinanti i soli parametri dell’entità lievissima del pregiudizio causato alla persona offesa e il valore irrisorio del bene sottratto (Sez. 5, n.344 del 26/11/2021, dep. 2022, Ghirasam, Rv. 282402).

Trattasi di un orientamento isolato che si pone in contrasto con quello consolidato, adducendo a sua giustificazione un argomento fondato sul riferimento alla necessità di evitare in tal modo una possibile assimilazione dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità alla causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen., che non si può condividere poiché detta assimilazione è da escludersi invece proprio in ragione dell’oggettiva diversità dei presupposti normativi richiesti dalla citata causa di esclusione della punibilità (e cioè, oltre, appunto, all’entità del danno, le modalità della condotta, il grado di colpevolezza da esse desumibile, l’entità del pericolo, l’abitualità della condotta).

3. Per le considerazioni che precedono, in conclusione, appare sicuramente corretta la decisione della Corte di appello di non ravvisare l’attenuante di cui all’art. 323-bis cod. pen. in ragione della valutazione complessiva della vicenda, e quindi del carattere sistematico delle appropriazioni e della c:onseguente gravità del pregiudizio arrecato al buon andamento dell’azione amministrativa.

Con riguardo, invece, alle ragioni del diniego dell’attenuante comune del danno patrimoniale di speciale tenuità di cui all’art. 62 n. 4, cod. pen., la necessaria limitazione dell’applicabilità della predetta attenuante ai soli casi di irrisorio valore economico del pregiudizio arrecato alla vittima giustifica la sua esclusione nel caso di specie per la sola obiettiva considerazione dell’entità patrimoniale del danno patrimoniale cagionato dal singolo fatto reato, indipendentemente dalla gravità della vicenda nel suo complesso, e quindi per ragioni diverse da quelle evidenziate nella motivazione della sentenza impugnata.

4. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Non si ritiene di dover accogliere la richiesta di condanna alle spese sostenute nel presente giudizio dalla parte civile atteso che il tema devoluto con il ricorso per cassazione lasciava impregiudicate le statuizioni civili, incidendo esclusivamente sulla determinazione della pena.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il giorno 3 maggio 2023.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.