Deroga al principio del tempus regit actum in tema di acquisizione dei tabulati telefonici da parte del PM (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 3 gennaio 2023, n. 40).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Presidente –

Dott. VILLONI Orlando – Consigliere –

Dott. DI GERONIMO Paolo – Consigliere –

Dott. SILVESTRI Pietro – Consigliere –

Dott. D’ARCANGELO Fabrizio – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da

(OMISSIS) Vito, nato a Bari il 23.01.19xx;

avverso la sentenza del 08.10.2021 emessa dalla Corte di appello di Lecce;

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Fabrizio D’Arcangelo;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Mariella De Masellis che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

udite le conclusioni del difensore del ricorrente, avvocato Ladislao (OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Pubblico Ministero del Tribunale di Lecce ha tratto a giudizio Vito (OMISSIS) per rispondere del delitto di favoreggiamento posto in essere in Lecce in data 4 luglio 2014, in quanto l’imputato avrebbe aiutato Luigi (OMISSIS), che aveva ucciso Fabio (OMISSIS), a eludere le investigazioni e a sottrarsi alle ricerche dei Carabinieri; l’imputato, in particolare, avrebbe reso false dichiarazioni alla polizia giudiziaria che lo aveva escusso a sommarie informazioni, negando di aver avuto contatti con il (OMISSIS) subito dopo l’omicidio, e gli avrebbe fornito un alloggio sicuro presso l’abitazione della madre a Bari.

2. Il Tribunale di Lecce, con sentenza emessa all’esito del giudizio dibattimentale in data 7 novembre 2017, ha ritenuto responsabile il (OMISSIS) del reato al medesimo ascritto e lo ha condannato alla pena di tre anni e quattro mesi di reclusione.

3. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Lecce, in riforma della sentenza di primo grado, ha ridotto la pena nei confronti del (OMISSIS) alla pena di tre anni di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata.

4. L’avvocato Ladislao (OMISSIS), nell’interesse del (OMISSIS), ricorre avverso questa sentenza e ne chiede l’annullamento, deducendo tre motivi di ricorso.

4.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 3, del d.lgs. 196 del 2003, come sostituito dall’art. 1 del d.l. 30 settembre 2021, n. 132, e dell’art. 1, comma 1-bis, del d.l. 132 del 2021, come inserito dalla legge di conversione del 23 novembre 2021, n. 178, e il vizio di motivazione sul punto.

Deduce il difensore che i tabulati telefonici – sui quali si fonderebbe in via esclusiva l’affermazione della responsabilità penale dell’imputato- sarebbero inutilizzabili, ai sensi dell’art. 191 cod. proc. pen., per contrasto del diritto interno con le direttive dell’Unione europea in materia di data retention, così come interpretate dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.

Premette il ricorrente che la Corte di appello di Lecce, cui era stata devoluta la censura di inutilizzabilità dei dati del traffico telefonico utilizzati, per effetto della pronuncia della sentenza dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nel caso H.K. del 2 marzo 2021, aveva escluso che tale sentenza non avesse efficacia diretta; la Corte di appello aveva, inoltre, rilevato che l’art. 132, comma 3, cod. privacy, così come novellato dal D.L. n. 132 del 2021, non prevede la sanzione invocata e anzi, sarebbe del tutto silente in merito alle conseguenze di una eventuale «patologica acquisizione» dei dati.

Secondo la Corte di appello questa interpretazione sarebbe confermata, peraltro, dalla legge di conversione del decreto-legge 30 settembre 2021, n. 132, sopravvenuta rispetto alla pronuncia del dispositivo della sentenza impugnata, che, ha sancito che i dati acquisiti precedentemente all’introduzione del decreto, attraverso la procedura di acquisizione diretta da parte del Pubblico Ministero, «possono essere utilizzati a carico dell’imputato solo unitamente ad altri elementi di prova».

Deduce, tuttavia, il ricorrente che l’interpretazione adottata dalla Corte di appello di Lecce, obliterando i principi affermati dalla Corte di Giustizia, nega in radice il primato del diritto dell’Unione (e, dunque, l’efficacia diretta e immediata della predetta sentenza della Corte di Giustizia) quanto al contrasto delle modalità acquisitive dei tabulati con le direttive dell’Unione.

Ad avviso del difensore, l’applicazione del principio del tempus regit actum non potrebbe non tener conto del primato del diritto dell’Unione europea e, dunque, la sentenza della Corte di giustizia dovrebbe essere applicata anche ai rapporti giuridici sorti e costituiti prima della pronuncia della predetta sentenza.

Deduce, inoltre, il difensore che in modo irragionevole, nella motivazione della sentenza impugnata, la Corte di appello avrebbe fatto riferimento a disposizioni entrate in vigore successivamente alla pronuncia della sentenza di appello, in quanto l’impianto argomentativo della sentenza si regge esclusivamente sul rilievo che il (OMISSIS) aveva sottaciuto ai carabinieri di aver sentito il (OMISSIS) per ben tre volte nelle ore successive al ferimento mortale del (OMISSIS).

Le risultanze dei tabulati telefonici (quanto al numero di contatti telefonici intervenuti tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS) in data 4 luglio 2014, al loro orario e alla localizzazione degli interlocutori), inoltre, costituirebbero, ad onta di quanto affermato dalla Corte di appello di Lecce, l’unico elemento di prova posto a fondamento della sua affermazione di responsabilità; una volta eliminato tale elemento, dunque, non ne residuerebbero altri.

4.2. Con il secondo motivo il ricorrente censura la violazione dell’art. 378 cod. pen. e il vizio di motivazione in ordine alla concreta idoneità della condotta a rappresentate un pericolo per lo svolgimento delle indagini e al fatto che la condotta omissiva dell’imputato fosse stata sorretta dalla volontà di aiutare il (OMISSIS) a eludere le indagini.

La Corte di appello avrebbe, infatti, affermato la sussistenza dell’aiuto punibile penalmente rilevante sulla base di un ragionamento viziato e, segnatamente, ipotizzando che, attraverso le conversazioni telefoniche, l’imputato fosse stato messo a conoscenza del delitto appena perpetrato o, quanto meno, della necessitò del (OMISSIS) di allontanarsi dal leccese.

Questo assunto sarebbe, tuttavia, contraddetto da quanto rilevato dalla stessa Corte di appello in ordine alla non necessità di un accordo tra il ricorrente e l’anziana madre, Antonia (OMISSIS), in ragione del tenore dei rapporti che il (OMISSIS) intratteneva con la stessa.

4.3. Con il terzo motivo il ricorrente censura la violazione degli artt. 62 bis, 99, quarto comma, 132 e 133 cod. pen. e la manifesta illogicità e la mancanza della motivazione sul punto, in quanto la Corte di appello nel negare le attenuanti generiche e nell’applicare la recidiva avrebbe trascurato gli elementi relativi al decorso del tempo dalla condotta accertata e alla condotta tenuta dall’imputato successivamente alla commissione del reato.

Del tutto sprovvista di motivazione sarebbe, inoltre, la determinazione della pena base in due anni di reclusione e, dunque, in misura mediana rispetto alla forbice edittale prevista per la fattispecie.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere accolto nei limiti che di seguito si precisano.

2. Con il primo motivo il ricorrente deduce la sopravvenuta inutilizzabilità dei tabulati acquisiti dal Pubblico Ministero e posti a fondamento della condanna del (OMISSIS) per contrasto dell’art. 132, comma 3, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 del 2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali) con i principi affermati dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, nella sentenza del 2 marzo 2021, H.K. c. Prokunrantuur (causa C-746/18), che li avrebbe resi medio tempore «prove vietati dalle legge».

3. Il motivo deve essere accolto, anche se sulla base dello ius superveniens e, segnatamente, della nuova disciplina dettata dal legislatore in tema di tabulati.

3.1. Per delibare adeguatamente la censura devoluta all’esame della Corte, è necessario muovere da una preliminare ricognizione delle recenti vicende normative della disciplina dell’acquisizione dei dati esterni del traffico telefonico (c.d. tabulati).

3.2. La Corte di appello di Lecce ha confermato la condanna del (OMISSIS) sulla base delle inferenze probatorie desunte dalle risultanze dei dati esterni delle comunicazioni del cellulare dell’imputato, acquisiti nel presente giudizio in virtù della previsione dell’art. 132, comma 3, del d.lgs. 196 del 2003.

Tale disposizione, nella formulazione vigente all’epoca dell’acquisizione dei dati, prevedeva il potere del pubblico ministero, per finalità di accertamento e repressione dei reati, di acquisire con decreto motivato presso il fornitore, entro il termine di ventiquattro mesi dalla data della comunicazione, i dati esterni delle comunicazioni, anche su istanza del difensore dell’imputato, della persona sottoposta ad indagini, della persona offesa o delle altre parti private.

3.3. La Grande Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione europea, con la sentenza del 2 marzo 2021, H.K. c. Prokunrantuur (causa C-746/18), pronunciandosi sul rinvio pregiudiziale formulato dalla Corte Suprema estone in ordine all’interpretazione dell’art. 15, par. 1, dir. 2002/58/CE, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche, come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, ha delineato una serie di condizioni cui gli Stati membri devono subordinare l’accesso ai dati conservati dai fornitori da parte dell’autorità pubblica per finalità di prevenzione, accertamento o repressione dei reati, in modo da poter bilanciare tale esigenza con la contrapposta necessità di tutelare il diritto alla riservatezza.

La Corte di Giustizia, in particolare, approfondendo i principi già affermati in precedenza in materia di data retention (Corte Giustizia, Grande Sezione, 21 dicembre 2016, cause riunite C-203/15 e C-698/15, Tele2 Sverige AB; Corte Giustizia, Grande Sezione, 8 aprile 2014, cause riunite C-293/12 e C-594/12, Digitale Rights Ireland), ha affermato che:

– la direttiva, letta alla luce degli artt. 7, 8 e 11 nonché dell’art. 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, osta a una normativa nazionale che permetta alle autorità pubbliche l’accesso a dati relativi al traffico o a dati relativi all’ubicazione, idonei a fornire informazioni sulle comunicazioni effettuate da un utente di un mezzo di comunicazione elettronica o sull’ubicazione delle apparecchiature terminali da costui utilizzate, per finalità di prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento di reati, senza che tale accesso sia circoscritto a procedimenti aventi per scopo la lotta contro forme gravi di criminalità o la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica;

– la direttiva, letta alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, osta a una normativa nazionale che investa il pubblico ministero della competenza ad autorizzare l’accesso ai dati relativi al traffico e ai dati relativi all’ubicazione al fine di condurre un’istruttoria penale, dovendo il controllo preventivo essere rimesso a un giudice o a una autorità amministrativa indipendente, comunque diversa dall’autorità richiedente.

Secondo la Corte di giustizia, dunque, l’accesso ai dati può essere consentito solo:

(i) in presenza di «forme gravi di criminalità» o per far fronte a «gravi minacce alla sicurezza pubblica» e

(ii) se vi sia la preventiva autorizzazione di un’autorità giudiziaria o amministrativa indipendente e terza rispetto alle parti, pubbliche e private.

3.4. In seguito a tale pronuncia è sorto nella giurisprudenza italiana un vivace dibattito sulla utilizzabilità dei dati esterni del traffico telefonico acquisiti in base alla disciplina delineata dall’art. 132, comma 3, del d.lgs. 196 del 2003.

Anche se la Corte di Giustizia si è pronunciata con riferimento alla normativa estone in materia di acquisizione dei tabulati, sono, infatti, evidenti i riverberi dei principi affermati sull’ordinamento italiano.

La figura del pubblico ministero nell’ordinamento estone presenta significativi profili di differenziazione da quella italiana (atteso che l’organo inquirente in Estonia è nominato dall’esecutivo ed è soggetto a forme di influenza da parte del Ministro della giustizia), ma la disciplina italiana prevede pur sempre che l’organo inquirente sia titolare del potere di acquisizione diretta di tali informazioni e dati personali.

Secondo la Corte di Giustizia, tuttavia, il bilanciamento tra esigenze di lotta alla criminalità e tutela dei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali può essere operato solo da un soggetto che non sia coinvolto nelle indagini penali e abbia una posizione di neutralità rispetto alle parti del procedimento penale.

La disciplina italiana, inoltre, in contrasto con il principio unionale di proporzionalità, non prevedeva una soglia di gravità dei reati in relazione ai quali è ammessa l’acquisizione dei tabulati, consentendone l’acquisizione per accertare qualsiasi fattispecie di reato.

La giurisprudenza di merito si è, dunque, divisa sull’efficacia da attribuire alla pronuncia della Corte di Giustizia e segnatamente, se la stessa potesse avere o meno efficacia diretta sulla disciplina italiana di acquisizione dei tabulati, con riferimento non solo all’individuazione delle ipotesi di limitazione alla lotta contro «forme gravi di criminalità», ma anche dell’autorità giudiziaria competente a disporre l’acquisizione dei tabulati, che deve essere non solo indipendente, ma anche diversa dalla autorità richiedente.

Alcune pronunce hanno optato per l’applicazione diretta dei principi affermati dalla Corte di Giustizia, attraverso l’estensione analogica della disciplina in materia di intercettazioni all’acquisizione dei dati esterni delle comunicazioni (G.i.p. del Tribunale di Roma, decreto 25 aprile 2021), altre, invece, hanno ritenuto che i tabulati acquisiti dal pubblico ministero siano pienamente utilizzabili, stante il carattere scarsamente preciso, se non indeterminato, dei principi enunciati dalla Corte di Giustizia nella sentenza H.K. (G.i.p. del Tribunale di Roma, 5 maggio 2021; Trib. Milano, 22 aprile 2021; G.i.p. Tribunale di Tivoli, 9 giugno 2021; C. Assise di Napoli, 16 giugno 2021).

Il Tribunale di Rieti, con ordinanza del 4 maggio 2021, ha, inoltre, presentato domanda di pronuncia pregiudiziale della Corte di Giustizia dell’Unione europea, al fine di chiarire «i princìpi elaborati dalla CGUE nella sentenza del 2 marzo 2021» e, segnatamente, di valutare «la possibilità di ritenere che il P.M. per come disegnato dall’ordinamento italiano offra sufficienti garanzie di giurisdizionalità, per continuare ad essere titolare in proprio di tale potere di acquisizione, considerando anche il vaglio comunque rimesso ex post al giudice che deve emettere la decisione; ovvero di modulare gli effetti della sentenza in chiave irretroattiva, al fine di non pregiudicare fondamentali esigenze di certezza del diritto e “certezza investigativa”, limitatamente ai giudizi tuttora pendenti, in chiave di prevenzione e repressione di gravi reati, nell’ottica anche di consentire un possibile e auspicabile intervento del legislatore nazionale in materia senza che si realizzino ingiustificate disparità di trattamento con altri istituti della legislazione nazionale, ad esempio in tema di intercettazioni telefoniche».

3.5. A distanza di pochi mesi dalla pronuncia della Corte di giustizia, è stato adottato il decreto-legge 30 settembre 2021, n. 132 (Misure urgenti in materia di giustizia e di difesa, nonché proroghe in tema di referendum, assegno temporaneo e IRAP), entrato in vigore il 30 settembre 2021, al fine dichiarato di adeguare la disciplina nazionale ai principi enunciati dalla Corte di giustizia nella sentenza del 2 marzo 2021.

Il preambolo del decreto-legge richiama, infatti, proprio «la straordinaria necessità ed urgenza di garantire la possibilità di acquisire dati relativi al traffico telefonico e telematico per fini di indagine penale nel rispetto dei principi enunciati dalla Grande sezione della Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza del 2 marzo 2021, causa C-746/18, e in particolare di circoscrivere le attività di acquisizione ai procedimenti penali aventi ad oggetto forme gravi di criminalità e di garantire che dette attività siano soggette al controllo di un’autorità giurisdizionale».

L’art. 1 del decreto-legge, intitolato «Disposizioni in materia di acquisizione dei dati di traffico telefonico e telematico per fini di indagine penale» ha, dunque, riscritto l’art. 132, terzo comma, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, prevedendo che «entro il termine di conservazione imposto dalla legge, se sussistono sufficienti indizi di reati per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni determinata a norma dell’art. 4 cod. proc. pen., e di reati di minaccia e di molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono, quando la minaccia, la molestia e il disturbo sono gravi, ove rilevanti ai fini della prosecuzione delle indagini, i dati sono acquisiti presso il fornitore con decreto motivato del giudice su richiesta del pubblico ministero o su istanza del difensore dell’imputato, della persona sottoposta a indagini, della persona offesa e delle altre parti private».

Per effetto del decreto-legge, dunque, l’acquisizione dei tabulati telefonici e informatici è stata subordinata a un previo controllo giurisdizionale sulla richiesta del pubblico ministero (o a una convalida successiva, in caso di acquisizione operate in via di urgenza dal pubblico ministero) e il potere di acquisire i tabulari è stato conferito all’autorità giudiziaria solo per reati tassativamente indicati e ritenuti gravi dal legislatore.

Il testo originario del decreto-legge, tuttavia, non ha contemplato una disciplina transitoria relativa ai dati di traffico telefonico e telematico già acquisiti nel corso di procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge, lasciando permanere le incertezze interpretative sopra indicate.

In questo contesto normativo, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, in tema di acquisizione dei dati esterni del traffico telefonico e telematico, la disciplina introdotta dall’art. 1 del d.l. 30 settembre 2021, n. 132, conv. in I. 23 novembre 2021, n. 178 – che ne limita la possibilità di acquisizione, ai fini di indagine penale, ai reati più gravi, o comunque commessi col mezzo del telefono, attraverso il filtro del provvedimento motivato del giudice – non è applicabile ai dati già acquisiti nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto, trattandosi di disciplina di natura processuale (Sez. 5, n. 1054 del 06/10/2021 Ud. (dep. 13/01/2022), Valea, Rv. 282532 – 01).

3.6. La legge 23 novembre 2021, n. 178, in sede di conversione del decreto-legge, oltre ad apportare alcuni correttivi alla disciplina dell’acquisizione, ha dettato una norma transitoria, volta specificamente a superare i contrasti interpretativi insorti in ordine all’utilizzabilità dei tabulati telefonici acquisiti dal pubblico ministero in forza della disciplina previgente.

La legge di conversione n. 178 del 2021, con l’inserimento del comma 1-bis all’interno dell’art. 1 del D.L. n. 132 del 2021, ha, dunque, stabilito che i dati relativi al traffico telefonico acquisiti nei procedimenti penali prima della entrata in vigore del D.L. n. 132 del 2021 «possono essere utilizzati a carico dell’imputato solo unitamente ad altri elementi di prova ed esclusivamente per l’accertamento dei reati per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, determinata a norma dell’art. 4 c.p.p. e dei reati di minaccia e di molestia o disturbo alle persone con il mezzo del telefono, quando la minaccia, la molestia o il disturbo sono gravi».

Il legislatore, pertanto, in deroga al principio del tempus regit actum, ha “convalidato” la pregressa modalità acquisitiva dei tabulati del traffico telefonico, effettuata attraverso il decreto motivato del pubblico ministero, prevedendo che gli stessi possano essere utilizzati come prova a carico dell’imputato solo se rientrano nella categoria già delineata “per il futuro” dal D.L. n. 132 del 2021 ed «unitamente ad altri elementi di prova».

Con questa disposizione il legislatore ha, dunque, sancito una regola di inutilizzabilità del mero dato esterno della comunicazione acquisito con decreto motivato dal pubblico ministero sulla base della disciplina previgente, introducendo una deroga al libero convincimento del giudice e, in particolare, delineando una regola legale di valutazione della prova mutuata dall’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., in tema di chiamata di correo.

3.7. La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che la disciplina transitoria introdotta dall’art. 1, comma 1-bis, del d.l. 30 settembre 2021, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2021, n. 178, è compatibile con l’art. 15, par. 1, della Direttiva 2002/58/CE, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni, modificata dalla Direttiva 2009/136/CE, in quanto, in un’ottica di ragionevole ed equilibrato contemperamento di interessi diversi, persegue la finalità di non disperdere dati già acquisiti, subordinandone l’utilizzazione alla significativa illiceità penale di predeterminate ipotesi per cui è consentita l’acquisizione a regime e alla sussistenza di «altri elementi di prova», quale requisito di compensazione della mancanza di un provvedimento giudiziale di autorizzazione all’acquisizione stessa, necessario nella disciplina a regime (Sez. 3, n. 11991 del 31/01/2022, Novellino, Rv. 283029 – 01).

Inoltre, gli «altri elementi di prova» che, ai sensi della norma transitoria di cui all’art. 1, comma 1 -bis, d.l. 30 settembre 2021, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2021, n. 178, devono confortare i cd. dati “esteriori” delle conversazioni ai fini del giudizio di colpevolezza possono essere di qualsiasi tipo e natura, in quanto non predeterminati nella specie e nella qualità, sicché possono ricomprendere non solo le prove storiche dirette, ma anche quelle indirette, legittimamente acquisite e idonee, anche sul piano della mera consequenzialità logica, a corroborare il mezzo di prova ritenuto ex lege bisognoso di conferma (Sez. 5, n. 8968 del 24/02/2022, Fusco, Rv. 282989 – 01, che riprende sul punto Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, Aquilina, Rv. 255145).

3.8. Alla stregua dei rilievi che precedono la censura di inutilizzabilità sopravvenuta dei tabulati telefonici formulata dal ricorrente, per l’antinomia della disciplina interna con i principi sanciti dalla Corte di Giustizia, deve essere decisa non già sulla base della disciplina previgente, ma dello ius superveniens.

L’utilizzabilità dei tabulati acquisiti dal pubblico ministero non è più disciplinata dalla formulazione previgente dell’art. 132, comma 3, del d.lgs. 196 del 2003, che il ricorrente ritiene debba essere disapplicata in ragione del contrasto con i principi sanciti dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 2 marzo 2021, ma è regolata dall’art. 1, comma 1-bis, d.l. 30 settembre 2021, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2021, n. 178.

Parimenti la valutazione dei tabulati legittimamente acquisiti dal pubblico ministero sulla base della disciplina previgente non è più rimessa al libero convincimento del giudice, ma è sottoposta alla nuova regola dettata dal legislatore, che espressamente vi deroga.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, la disciplina sopravvenuta non può incidere, in mancanza di specifiche diverse indicazioni legislative, sull’utilizzazione delle prove; la successione delle norme processuali, infatti, è governata dal principio tempus regit actum, che comporta la persistente validità ed efficacia degli atti compiuti nell’osservanza delle leggi all’epoca vigenti (Sez. U, n. 919 del 26/11/2003 (dep. 19/01/2004), Gatto, Rv. 226484 – 01).

Il comma 1-bis dell’art. 1 del D.L. n. 132 del 2021 ha, tuttavia, efficacia retroattiva e, dunque, deroga espressamente al principio del tempus regit actum.

Tale disposizione deve, dunque, trovare applicazione, quale nuovo paradigma di legalità dell’utilizzazione dei tabulati e di valutazione della prova, anche nel giudizio di legittimità, in quanto il procedimento probatorio deve considerarsi ancora in fieri allorquando la Corte di cassazione sia stata investita del sindacato sulla motivazione relativa alla valutazione delle prove compiuta dal giudice di merito, con la conseguenza che, nell’esercizio dei suoi compiti istituzionali, la stessa Corte ha il potere-dovere di rilevare che la decisione impugnata si fonda su prove colpite da un sopravvenuto difetto di utilizzazione.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno, del resto, affermato che qualora nel corso del processo si verifichino innovazioni legislative in materia di utilizzabilità o inutilizzabilità della prova, il principio tempus regit actum deve essere riferito al momento della decisione e non a quello dell’acquisizione della prova, atteso che il divieto di uso, colpendo proprio l’idoneità di questa a produrre risultati conoscitivi valutabili dal giudice per la formazione del suo convincimento, interviene allorché il procedimento probatorio non ha trovato ancora esaurimento, di modo che il divieto inibisce che i dati probatori, pur se acquisiti con l’osservanza delle forme previste dalle norme previgenti, possano avere un qualsiasi peso nel giudizio (Sez. U, n. 4265 del 25/02/1998, Gerina, Rv. 210199 – 01).

3.9. Muovendo da tali premesse, deve rilevarsi che nel caso di specie i tabulati telefonici sono stati acquisiti con decreto motivato del pubblico ministero ai fini dell’accertamento di un reato di favoreggiamento personale che rientra nel catalogo di reati gravi delineato dal legislatore, in quanto è punito con la pena, nel massimo, di quattro anni di reclusione.

La sentenza impugnata, tuttavia, non soddisfa la nuova regola di valutazione dell’efficacia probatoria dei tabulati telefonici, in quanto l’affermazione di colpevolezza dell’imputato è stata argomentata dalla Corte di appello di Lecce ricorrendo ai soli dati esteriori del traffico telefonico (contatti e collocazione dell’interlocutore).

Alla stregua dei rilievi che precedono la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di legge per adeguare la decisione alla nuova regola di valutazione dei tabulati telefonici dettata per il passato dall’art. 1, comma 1-bis, del D.L. n. 132 del 2021 introdotto dalla legge n. 178 del 2021.

L’accoglimento del primo motivo di ricorso determina, per la propria valenza preliminare, l’assorbimento delle ulteriori censure proposte dal ricorrente.

4. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Lecce per nuovo giudizio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Lecce.

Così deciso il 22/09/2022.

Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.