REPUBBLICA ITALIANA
in nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente –
Dott. SERRAO Eugenia – Relatore –
Dott. GIORDANO Bruno – Consigliere –
Dott. CAPPELLO Gabriella – Consigliere –
Dott. D’ANDREA Alessandro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI ROMA;
nel procedimento a carico di:
(omissis) (omissis) nato a ROMA il xx/xx/19xx;
avverso la sentenza del 03/07/2023 della CORTE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa EUGENIA SERRAO;
udita la requisitoria del Procuratore generale, in persona del Dott. Luigi ORSI, che ha concluso per l’annullamento con rinvio;
udito il difensore Avv. (omissis) (omissis), che ha concluso per l’inammissibilità o, in subordine, per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Roma, con la sentenza indicata in epigrafe, ha riformato la pronuncia di condanna emessa il 20/07/2022 dal Tribunale di Roma nei confronti di (omissis) (omissis) in relazione al reato di cui all’art. 189, commi 6 e 7, d.Igs. 30 aprile 1992, n. 285 per aver omesso di fermarsi e di prestare soccorso alla vittima dopo essere rimasto coinvolto in un sinistro stradale comunque riconducibile alla sua condotta di guida nel corso del quale, mentre era alla guida della Fiat 500 targata xx xxx xx sul Grande Raccordo Anulare di Roma, era entrato in collisione con l’auto Mito targata xx xxx xx condotta da (omissis) (omissis), il quale aveva perso il controllo del veicolo andando a impattare dapprima contro il new jersey e quindi cappottandosi, procurandosi lesioni giudicate guaribili in dieci giorni. In Roma il 9 marzo 2019.
2. Propone ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Roma censurando la sentenza, con unico motivo, per manifesta illogicità della motivazione.
Il Procuratore deduce che la Corte territoriale ha omesso completamente di valutare un elemento indiziario di assoluto rilievo, ossia l’individuazione fotografica dell’imputato operata dal teste (omissis) pochi giorni dopo il fatto.
Nella deposizione resa in dibattimento il 10 settembre 2021, l'(omissis) aveva ricordato di aver effettuato il 19 marzo 2019 l’individuazione fotografica e di aver riconosciuto la persona incontrata all’autogrill che guidava la Fiat 500 rossa e che aveva fermato.
L’individuazione fotografica non può assurgere a prova unica ma può essere valutata quale elemento indiziario a carico di un imputato avendo carattere di accertamento di fatto utilizzabile nel giudizio in base al principio della non tassatività dei mezzi di prova e a quello del libero convincimento del giudice.
Il giudice non avrebbe potuto non tenere conto di questa individuazione, che collimava perfettamente con la circostanza che il (omissis) fosse in quel tratto stradale la tarda sera di quel giorno, fatto da lui stesso ammesso nell’esame dibattimentale.
La criticità della deposizione del (omissis), che ha affermato che l’urto era avvenuto con una Smart arancione, era spiegabile per il fatto che (omissis) non aveva potuto vedere adeguatamente e con la stessa lucidità di (omissis) l’auto che aveva colliso con la sua.
Il Procuratore ricorrente ritiene manifestamente illogico aver valorizzato la testimonianza della persona che ha avuto l’incidente rispetto alla testimonianza di una persona indifferente.
Anche la criticità della mancata effettuazione di un accertamento peritale sulle auto risulta ininfluente, potendosi esprimere al più in termini di mera compatibilità.
La sentenza impugnata è generica nella parte in cui ha segnalato elementi di incertezza derivanti dalla disamina delle mappe prodotte dalla difesa, posto che nessuna analisi è stata fatta del percorso più conveniente.
La stessa sentenza si esprime in termini di probabilità che (omissis) fosse l’autore dell’urto dell’auto del (omissis), ossia sulla base di un criterio logico idoneo a superare il ragionevole dubbio necessario per affermare la penale responsabilità dell’imputato.
3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. Una prima considerazione deve farsi con riguardo al vizio dedotto dalla parte ricorrente.
Il vizio di manifesta illogicità della motivazione deve risultare di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 22607401; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 21479401).
2.1. La parte che deduce tale vizio di motivazione non può validamente sollecitare la Corte di cassazione a riesaminare nel merito il compendio probatorio, essendo esclusa la possibilità per il giudice di legittimità di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217 – 01Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 25309901).
2.2. Il ricorso non coglie nel segno laddove censura come manifestamente illogico il ragionamento della Corte a proposito della incertezza della prova che l’auto coinvolta nel sinistro fosse la Fiat 500 condotta dall’imputato.
Da un lato, perché l’individuazione fotografica eseguita dal teste (omissis) ha corroborato un dato non contestato e ammesso dallo stesso imputato, ossia che la persona che conduceva l’autovettura Fiat 500 presente nell’area dell’autogrill fosse (omissis) (omissis).
Dall’altro, perché trattandosi di processo indiziario la Corte ha esaminato ogni indizio a disposizione, limitandosi a escludere, con logica ineccepibile, che la testimonianza di (omissis) (omissis) potesse corroborare quella dell'(omissis), avendo il primo semplicemente ipotizzato trattarsi di veicolo di marca e colore diversi (una Smart arancione); inoltre, l’affermazione secondo la quale la Smart arancione è «vettura per marca, dimensioni e colore completamente diversa dalla Fiat 500 rossa» è frutto di una valutazione insindacabile in questa sede in quanto non arbitraria e, in ogni caso, sempre funzionale alla giustificazione del percorso logico seguito dal giudice di merito nella valutazione della prova indiziaria.
Ma la censura non coglie nel segno anche per la dirimente ragione che la pronuncia assolutoria non si basa sull’inattendibilità della testimonianza di (omissis) (omissis) ma, piuttosto, sull’incertezza dell’identità tra l’auto investitrice e l’autovettura incontrata dal teste nell’area dell’autogrill qualche minuto dopo.
3. Il giudice di primo grado aveva valorizzato i seguenti elementi indiziari:
– le dichiarazioni rese dalla vittima (omissis) (omissis), secondo il quale il sinistro era stato cagionato dalla condotta spericolata del conducente di una vettura di piccole dimensioni, forse una smart di colore arancione, che gli aveva tagliato la strada;
– le dichiarazioni rese dal teste oculare (omissis) (omissis), il quale aveva riferito di aver assistito all’incidente mentre si trovava a bordo del proprio scooter e di aver notato che la vettura investitrice era una Fiat 500 di colore rosso, che lo aveva superato per poi collidere con la Alfa Romeo Mito della vittima attingendo con la parte anteriore sinistra quella posteriore destra di quest’ultima;
– il teste aveva aggiunto di avere avuto modo, poco più tardi, di imbattersi nuovamente nella suddetta Fiat 500 nei pressi dell’uscita di un autogrill (Casilina est) ove, evidentemente, il conducente della Fiat 500 aveva sostato, di averlo affiancato e rimproverato per il fatto di non essersi fermato a prestare i soccorsi soggiungendo di avere nell’occasione annotato il numero di targa del veicolo consegnandolo alle Forze dell’ordine, che l’avevano successivamente sottoposto a individuazione fotografica;
– i rilievi tecnici eseguiti dalla Polstrada di Settebagni;
– la inattendibilità delle dichiarazioni rese dalla utilizzatrice della vettura investitrice, (omissis) (omissis), compagna dell’imputato, la quale aveva affermato che le abrasioni presenti sulla vettura (strisciature di colore bianco come quelle della Mito) erano state da lei stessa cagionate mentre in precedenza, nella fase delle indagini, aveva dichiarato che le abrasioni erano state cagionate dalla madre.
4. La Corte territoriale ha, al contrario, ritenuto fondato l’appello proposto dall’imputato svalutando gli elementi indiziari per le seguenti ragioni:
– la vittima non aveva avuto modo, per comprensibili ragioni, di individuare l’autovettura investitrice limitandosi a formulare l’ipotesi, peraltro non ribadita in dibattimento, che potesse essere una Smart di colore arancione, ossia una vettura per marca, dimensioni e colore completamente diversa dalla Fiat 500 rossa condotta dall’imputato;
– il teste oculare (omissis) (omissis) aveva assistito all’impatto tra le vetture senza poter vedere il conducente della Fiat 500 rossa e senza poter annotare il numero di targa e solo alcuni minuti più tardi aveva avuto modo di notare nei pressi del vicino autogrill una Fiat 500 rossa recante un’ammaccatura sulla parte posteriore sinistra, tale da indurlo a ritenere che si trattasse della stessa vettura coinvolta nell’incidente;
– nessuno dei due autoveicoli era stato sottoposto a consulenza tecnica al fine di verificare l’eventuale compatibilità delle introflessioni presenti con la dinamica del sinistro;
– anzi, dalla comunicazione della notizia di reato predisposta dagli agenti della Polizia stradale di Settebagni il 29 marzo 2019, consultata dagli agenti nel corso dell’audizione dibattimentale, si desumeva che sull’autovettura Alfa Romeo Mito non fosse possibile individuare tracce riconducibili alla collisione con un’autovettura di colore rosso;
– la teste (omissis) (omissis) aveva dichiarato che il compagno si era recato a comprare delle sigarette presso il vicino autogrill facendo ritorno a casa in condizioni di assoluta tranquillità.
4.1. I giudici di appello hanno, pertanto, non illogicamente desunto che l’ipotesi secondo la quale la vettura Fiat 500 di colore rosso notata dall'(omissis) alcuni minuti dopo il sinistro fosse la stessa che era rimasta coinvolta nell’incidente poco prima non fosse sostenibile al di là di ogni ragionevole dubbio.
L’unico elemento realmente individualizzante, si legge nella sentenza, ossia la presenza di un’ammaccatura sul parafango posteriore sinistro della Fiat 500, non era stato sottoposto ad alcuna verifica tecnica di compatibilità ed era stato giustificato dalla detentrice del veicolo quale abrasione preesistente da lei stessa causata.
4.2. La presenza del (omissis) in zona e orario compatibili con quelli del sinistro è stata ritenuta valutazione possibilistica insufficiente a fondare una pronuncia di condanna.
5. Ribadito che la censura mossa dal ricorrente al giudizio di appello per aver trascurato l’individuazione fotografica operata dal teste (omissis) non coglie l’elemento dirimente nel ragionamento della Corte territoriale, ossia il ragionevole dubbio circa l’identità tra il veicolo coinvolto nel sinistro e l’autovettura successivamente avvistata dal teste (omissis) all’uscita del vicino autogrill, deve essere chiarito per quale ragione il Collegio ritiene infondate le ulteriori argomentazioni.
5.1. In primo luogo, costituisce principio acquisito nell’elaborazione giurisprudenziale della Corte di legittimità in tema di validazione della prova indiziaria, che l’operazione di lettura complessiva dell’intero compendio probatorio di natura indiretta non si esaurisce nella mera sommatoria degli indizi ma esige la loro valorizzazione in una prospettiva globale e unitaria tendente a porne in luce i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo; ogni indizio deve essere valutato singolarmente e saggiato nella sua, intrinseca, valenza qualitativa e nel grado di precisione e gravità richiesto dalla legge (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231678; Sez. 1 n. 30448 del 9/06/2010, Rossi, Rv. 248384; Sez. 2 n. 42482 del 19/09/2013, Kuzmanovic, Rv. 256967).
Nell’ambito di tale metodo di formazione della prova, di tipo inferenziale e di natura logico-deduttiva, l’indizio è munito di una valenza dimostrativa di regola solo possibilistica, dalla cui lettura, coordinata sinergicamente con quella degli altri elementi indiziari ricavati da fatti altrettanto certi nella loro esistenza storica, deve essere possibile pervenire, attraverso un ragionamento di tipo induttivo basato su regole di esperienza consolidate e affidabili che consenta di superare l’ambiguità residua dei singoli indizi attraverso il loro apprezzamento unitario, alla dimostrazione del fatto ignoto oggetto di prova, secondo lo schema del c.d. sillogismo giudiziario (Sez. U. n. 6682 del 4/02/1992, Musunneci, Rv. 191230).
5.2. Con riguardo al ragionamento logico posto a base della pronuncia non è, quindi, condivisibile l’assunto del Procuratore ricorrente secondo il quale il giudizio di probabilità è criterio logico idoneo a superare il ragionevole dubbio. La regola di giudizio alla quale il giudice penale deve attenersi nell’attribuzione della paternità di un fatto all’imputato non può che essere quella della certezza intesa come «corroborazione dell’ipotesi accusatoria, all’esito dell’accertamento processuale».
La giurisprudenza delle Sezioni Unite penali ha da anni abbandonato il giudizio statistico-probabilistico e persino l’originaria espressione di «probabilità logica» sposata nella sentenza Franzese (Sez. U n. 30328 del 10/07/2002), onde evitare ogni equivoco terminologico, descrivendo in termini di «corroborazione dell’ipotesi accusatoria» (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, par.9.6; Sez. 4, n. 15282 del 7/03/2008 , Vavassori, Rv. 239604 — 01) il modo in cui il criterio dell’oltre ogni ragionevole dubbio rafforza il credo epistemico della certezza attraverso il profilo processuale.
Dalla valutazione della prova, tanto indiziaria quanto rappresentativa, alla sentenza si giunge attraverso un passaggio logico costituito dal criterio inferenziale dettato dall’art.546, comma 1 lett.e) cod. proc. pen.; tale disposizione impone al giudice, oltre che di indicare le prove poste a base della decisione, di dare conto anche delle ragioni dell’inattendibilità delle falsificazioni.
Ed è quanto hanno fatto i giudici di appello, indicando per quale ragione l’ipotesi dell’identità tra veicolo investitore e veicolo presente nell’area dell’autogrill qualche minuto più tardi non fosse giunta, all’esito dell’istruttoria, oltre il livello della mera possibilità, peraltro falsificata da prove giudicate non inattendibili.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 9 gennaio 2024.
Depositato in Cancelleria, oggi 22 gennaio 2024.