All’interno di un parco per bambini, la maggiore pericolosità di giochi montati non a norma può fondare la corresponsabilità del custode, in questo caso il Comune (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 5 maggio 2023, n. 11942).

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

SEZIONE TERZA CIVILE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Rel. Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere

Dott. SPAZIANI Paolo –  Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso 36436/2019 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) in proprio e quale esercente la potestà sul figlio minore (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente  domiciliata in (OMISSIS) difesa dall’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS);

-ricorrente-

contro

Comune di (OMISSIS) in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS), difeso dall’avv.to (OMISSIS) (OMISSIS);

-controricorrente-

avverso la sentenza n. 2325/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 25/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/03/2023 dal cons. dott. DANILO SESTINI.

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) (OMISSIS) agì, in proprio e in qualità di esercente la potestà genitoriale sul minore (OMISSIS) (OMISSIS) nei confronti del Comune di (OMISSIS) per sentirlo condannare al risarcimento dei danni conseguiti all’infortunio occorso al minore in data (OMISSIS) a seguito della caduta da una struttura ginnica collocata in un parco giochi comunale.

Il Tribunale di Pesaro rigettò la domanda e la Corte di appello di Ancona ha rigettato il gravame della (OMISSIS) (OMISSIS).

2. La Corte ha affermato che la struttura era risultata conforme agli standard di sicurezza “al momento della produzione e dell’uscita dalla fabbrica” e che l’infortunio non era dipeso da cedimenti e/o difetti di fabbricazione, bensì dal fatto che il minore aveva lasciato la presa delle corde sulle quali poggiavano mani e piedi; ha aggiunto che, anche ove sussistenti, eventuali violazioni relative al mancato rispetto dell’altezza della struttura e all’assenza di una superficie di assorbimento dell’impatto a terra «non possono essere state concause nell’evento occorso, perché l’utilizzo delle strutture esistenti in un parco giochi non si connota, di per sé, per una particolare pericolosità se non quella che normalmente deriva da simili attrezzature, le quali presuppongono, comunque una qualche vigilanza da parte degli adulti»; ha rilevato altresì che sulla struttura era posizionato un cartello che consigliava l’uso ai bambini dai (OMISSIS) (mentre il minore aveva, all’epoca, tre anni di età) e ha aggiunto che anche nelle ipotesi in cui trova applicazione l’obbligo di custodia di cui all’articolo 2051 cod. civ., all’obbligo suddetto fa riscontro un «dovere di cautela da parte di chi entri in contatto con la cosa sicché, quando la situazione di possibile pericolo comunque ingeneratasi sarebbe stata superabile mediante l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, potrà allora escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell’evento».

3. Ha proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS) (OMISSIS) in proprio e nell’anzidetta qualità, affidandosi a un unico articolato motivo; ha resistito il Comune di (OMISSIS) con controricorso.

4. Il P.M. ha concluso per il rigetto del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Nell’anno 2018 questa Sezione ritenne indispensabile operare un intervento nomofilattico in tema di responsabilità per cose in custodia (art. 2051 c.c.), consapevole del disordine interpretativo riscontrato nella giurisprudenza di merito e delle incertezze ermeneutiche emerse nella sua stessa giurisprudenza. Il tutto in una materia particolarmente rilevante per gli aspetti giuridici, sociali ed economici, coinvolgenti soggetti sia privati che pubblici.

Nell’anno 2022 intervennero, poi, le Sezioni Unite di questa Corte, chiamate ad esprimersi intorno a criticità e distonie emerse nella giurisprudenza di legittimità.

Sussiste, dunque, la necessità di apportare un definitivo contributo chiarificatore sulla materia in trattazione, attraverso i punti che si vanno ad esporre.

I. Non è ulteriormente discutibile che la responsabilità di cui all’art. 2051 civ. abbia natura oggettiva, come affermato da questa sezione con le decisioni nn. 2477-2483 rese pubbliche in data 1/02/2018, alla luce delle origini storiche della disposizione codicistica, dell’affermazione di fattispecie di responsabilità emancipate dal principio nessuna responsabilità senza colpa, dei criteri di accertamento del nesso causale e della esigibilità (da parte dei consociati) di un’attività di adeguamento della condotta in rapporto alle diverse contingenze nelle quali vengano a contatto con la cosa custodita da altri.

II. Tale qualificazione ha ricevuto una definitiva conferma dalle Sezioni Unite di questa Corte che, con la decisione 20943 del 30/06/2022, dopo aver diacronicamente ripercorso le tappe segnate (talvolta in modo dissonante) dalla giurisprudenza di questa sezione, hanno ribadito che «La responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode».

III. All’affermazione di tale principio di carattere generale (punto 9 della decisione), le Sezioni Unite hanno poi fatto seguire ulteriori, altrettanto generali precisazioni, così sintetizzabili (punti 4. e ss. della sentenza 20943/2022):

a) “l’art. 2051 c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima”;

b) “la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’art. 2043 c., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso”;

c) “il caso fortuito, rappresentato da fatto naturale o del terzo, è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale (o della causalità adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode; peraltro le modifiche improvvise della struttura della cosa incidono in rapporto alle condizioni di tempo e divengono, col trascorrere del tempo dall’accadimento che le ha causate, nuove intrinseche condizioni della cosa stessa, di cui il custode deve rispondere”;

d) “il caso fortuito, rappresentato dalla condotta del danneggiato, è connotato dall’esclusiva efficienza causale nella produzione dell’evento; a tal fine, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione anche ufficiosa dell’art. 1227 c., comma 1; e deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.;

e) quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando lo stesso comportamento, benché astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale”.

IV. I principi appena evocati sanciscono in via definitiva l’attuale statuto della responsabilità del custode, il cui fondamento riposa, pertanto, su elementi di fatto individuati tanto in positivo – la dimostrazione che il danno è in nesso di derivazione causale con la cosa custodita (la sequenza è quella che muove dall’accertamento di un danno giuridicamente rilevante per risalire alla sussistenza di una relazione causale tra l’evento dannoso e la cosa custodita e si chiude con l’imputazione in capo al custode dell’obbligazione risarcitoria, dalla quale il custode si libera giusta il disposto dell’art. 2051 c.c., provando il caso fortuito) – quanto in negativo (l’inaccettabilità di una mera presunzione di colpa in capo al custode e l’irrilevanza della prova di una sua condotta diligente).

V. Nel confermare tali principi, in ossequio all’insegnamento delle Sezioni Unite, mette ancora conto di precisare, sul piano della struttura della fattispecie (non su quello degli effetti, che risultano orma definitivamente scolpiti dal massimo organo della nomofilachia) che il caso fortuito appartiene alla categoria dei fatti giuridici e si pone in relazione causale diretta, immediata ed esclusiva con la res, senza intermediazione di alcun elemento soggettivo; mentre la condotta del terzo  e  la  condotta  del  danneggiato rilevano  come atto giuridico caratterizzato dalla colpa (art. 1227 I comma), con rilevanza causale esclusiva o concorrente (sul concorso tra causa umana e causa naturale, Cass. n. 21619/2007), intesa, nella specie, come caratterizzazione di una condotta oggettivamente imprevedibile ed oggettivamente imprevedibile da parte del custode.

VI. Va ancora osservato, in proposito, che sia il fatto (fortuito) che l’atto (del terzo o del danneggiato) si pongono in relazione causale con l’evento di danno non nel senso della (impropriamente definita) “interruzione del nesso tra cosa e danno“, bensì alla luce del principio disciplinato dall’art. 41 p., che relega al rango di mera occasione la relazione con la res, deprivata della sua efficienza di causalità materiale, senza peraltro cancellarne l’efficienza causale sul piano strettamente naturalistico.

Ciò tanto nell’ipotesi di efficacia causale assorbente, quanto di causalità concorrente di tali condotte, poiché, senza la preesistenza e la specifica caratterizzazione della res, il danno non si verificherebbe (esemplificando: una strada perfettamente asfaltata e senza buche non sarà in relazione causale, se non naturalistica, con il danno subito dal pedone che inciampa nei suoi piedi).

VII. Il dato normativo va, pertanto, applicato governando la costruzione funzionale dell’illecito e raccordandola con la modulazione dei rimedi ad esso conseguenti, vale a dire tenendo conto che il sistema risarcitorio si fonda non solo sulla capacità preventiva della colpa (giustizia correttiva), ma anche sul soddisfacimento di esigenze meramente compensative (giustizia redistributiva, cioè il trasferimento del peso economico di un evento pregiudizievole dal danneggiato su chi abbia la signoria della cosa) e, non da ultimo, muovendosi con la consapevolezza che quello causale, essendo un “giudizio” utilizzato per allocare i costi del danno, deve essere calibrato in relazione alla specifica fattispecie di responsabilità; costituisce, difatti, il proprium della responsabilità civile il presentarsi “a geometria variabile, perché moltiplica le sue possibilità a seconda degli istituti con cui si fonde, facendo scattare principi anche solo lievemente diversi ma con implicazioni notevoli sulla allocazione finale dei costi, sulla prevenzione, sulla sostenibilità nel tempo della sua promessa (il risarcimento del danno)“.

VIII. L’irrilevanza della colpa, quale criterio per risalire al responsabile, è condizione necessaria ma non sufficiente per attribuire alla responsabilità di cui all’art. 2051 civ. natura oggettiva.

Essa fa giustizia di quei modelli di ragionamento che evocano la presunzione di colpa, la quale individua il fondamento della responsabilità pur sempre nel fatto dell’uomo – il custode – venuto meno al suo dovere di controllo e vigilanza affinché la cosa non abbia a produrre danno a terzi (Cass. 20/05/1998, n. 5031), ma non anche della teoria del riconoscimento di una presunzione di responsabilità in capo al custode, giustificata ritenendo che, se la cosa fosse stata ben governata e controllata, non avrebbe arrecato alcun danno, mentre se il danno si verifica (fatto noto) si presume che ciò sia avvenuto perché la cosa non è stata adeguatamente custodita (fatto ignoto); da tale presunzione di responsabilità il custode si libererebbe dimostrando, in ragione dei poteri che la particolare relazione con la cosa gli attribuisce, che il danno si è verificato in modo non prevedibile né superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso.

IX. Ritenere che sul custode gravi una presunzione di responsabilità – esclusa espressamente, come si è detto, dalla già ricordata pronuncia delle Sezioni Unite – è indice di una resistenza ad emanciparsi dalla colpa che, infatti, viene evocata in via surrettizia non per fondare, in via di regola, la responsabilità del custode, ma  (comunque) per escluderla in via di eccezione.

La capacità di vigilare la cosa, di mantenerne il controllo, di neutralizzarne le potenzialità dannose, difatti, non è elemento costitutivo della fattispecie di responsabilità, bensì elemento estrinseco del quale va tenuto conto alla stregua di canone interpretativo della ratio legis, cioè come strumento di spiegazione di “un effetto giuridico che sta a prescindere da essi“.

L’intento di responsabilizzare il custode della res o di controbilanciare la signoria di fatto concessagli dall’ordinamento affinché ne tragga o possa trarne beneficio sulla cosa con l’obbligazione risarcitoria (Cass. 01/02/2018, n. 2480, § § 11 e 12) possono essere criteri di spiegazione del criterio scelto per allocare il danno, ma non sono elementi costitutivi della regola di fattispecie né elementi di cui tener conto per escludere l’obbligazione risarcitoria in capo al custode.

X. Non è stata fornita una definizione normativa della custodia da parte del legislatore del 1942 perché l’art. 2051 civ. si è limitato a tradurre l’espressione francese sous sa garde che appariva nell’art. 1384, 1° comma, Code Napoleon.

Questa Corte (Cass., Sez. Un., 11/11/1991, n. 12019) ha, tuttavia, avuto già occasione di rilevare le diverse accezioni della portata della custodia come criterio di determinazione della responsabilità rinvenienti dalle fonti romane e ha ritenuto di poterle raggruppare nelle seguenti categorie:

a) quella che si riallaccia alla configurazione giustinianea per cui la custodia non è che un particolare tipo di diligentia;

b) quella custodiendae rei, la quale rimane un criterio soggettivo di responsabilità;

c) quella più recente che individua il concetto di custodia nella responsabilità oggettiva. A quest’ultima, che “si concretizza in un criterio oggettivo di responsabilità, intendendo per tale quello che addossa a colui che ha la custodia della cosa la responsabilità per determinati eventi, indipendentemente dalla ricerca di un nesso causale fra il comportamento del custode e l’evento“, ha ricondotto quella rilevante ai sensi dell’art. 2051 cod. civ.

XI. Non può mettersi in dubbio che, per individuare il responsabile, non debba farsi riferimento alla custodia di fonte contrattuale (Cass. 18/02/2000, 1859; Cass. 20/10/2005, n. 20317), siccome l’articolo 2051 cod. civ. attiene ai rapporti con i terzi danneggiati dalla cosa oggetto di custodia, né possono nutrirsi riserve circa il fatto che, trattandosi di una relazione meramente fattuale, non sia giustificato un mero rinvio ad altri istituti come la proprietà, i diritti reali minori, il possesso, la semplice detenzione; la relazione giuridica con la cosa non è elemento costitutivo della responsabilità, a differenza di quanto previsto dagli artt. 2052, 2053, 2054 cod. civ., sicché responsabile ex art. 2051 cod. civ. può ben essere un soggetto diverso da quello che abbia un titolo giuridico sulla res (Cass. 6/07/2006, n. 153684), atteso che rileva esclusivamente la relazione di fatto di natura custodiale, a prescindere finanche dal se essa sia titolata.

L’applicazione dell’art. 2051 cod. civ. si arresta soltanto dinanzi alle cose insuscettibili di custodia in termini oggettivi (acqua, aria): Cass. 20/02/2006, n. 3651.

XII. L’indeterminatezza della nozione di caso fortuito, talvolta declinato in termini di polivalenza, consente (è bensì vero) di considerare il fortuito tanto come limite della responsabilità per colpa quanto come limite della causa di imputazione della responsabilità.

Nondimeno, quando il caso fortuito è evocato espressamente da una norma, come in questo caso, la sua nozione deve essere riempita di contenuto in correlazione con il contesto e con la ratio legis. Per quanto non decisivo, in orienta tal senso anche il tenore letterale dell’art. 2051 cod. civ (“Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito“) se confrontato con quello dell’art. 2050 cod. civ. (“Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno“), dell’art. 2053 cod. civ. (“Il proprietario di un edificio o di altra costruzione è responsabile dei danni cagionati dalla loro rovina, salvo che provi che questa non è dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione“), dell’art. 2054 cod. civ. (“Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato  a  risarcire  il  danno  prodotto  a  persone  o  a  cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno“).

XIII. Il contenuto della prova liberatoria non solo è stato tipizzato dal legislatore, ma è stato differenziato secondo la regola di fattispecie di volta in volta presa in considerazione; quando la prova liberatoria è costituita dalla ricorrenza del caso fortuito (cfr. anche l’art. 2052 civ. “Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito“) è segno che il legislatore non ha voluto che il custode (o il responsabile di cui all’art. 2052 cod. civ.) possa liberarsi provando di avere tenuto un comportamento diligente volto ad evitare il danno né la dimostrazione che il danno si sarebbe verificato nonostante la diligenza da lui esigibile, data l’imprevedibilità e l’inevitabilità dell’evento dannoso, tantomeno che l’intervento del caso fortuito abbia reso oggettivamente impossibile la custodia (utili indicazioni a supporto, ma con carattere di minore prossimità, possono trarsi anche dalle ipotesi in cui il legislatore non ha previsto la prova liberatoria, come nelle ipotesi di cui all’art. 2049 cod. civ. e all’ art. 114 cod. consumo).

Premessi questi principi di massima, può passarsi ad esaminare la fattispecie oggetto della presente controversia.

2. Con l’unico motivo, la ricorrente denuncia «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2051 c. e dell’art 115 c.p.c., art. 116 c.p.c., in relazione all’art 360 c.p.c. n. 3 e 5, per avere la Corte di Appello, anche con insufficiente e contraddittoria motivazione su circostanze decisive della controversia, escluso il nesso causale tra il sinistro e la struttura ludica e/o in ogni caso esclusa l’applicazione dell’articolo 2051 c.c. ed escluso la responsabilità del custode di detta struttura (il Comune di (OMISSIS) nonostante il danneggiato (proprio in ottemperanza ag  oner anche probatori sottesi all’art. 2051 c.c.) avesse dimostrato che l’evento dannoso si era prodotto come conseguenza “normale” della particolare condizione lesiva (superiore alla ordinaria e standard) assunta dalla cosa, ed in cui versava la struttura al momento del fatto (potenziale lesivo superiore a quello ordinario della struttura, a causa del cattivo stato di manutenzione della struttura, e/o comunque delle comprovate violazioni di essa struttura alle normative UNI EN 1176 ed UNI EN 1177, laddove la struttura si presentava, in quanto non montata né installata conformemente alle prescrizioni del produttore, più alta del consentito, e laddove la struttura si presentava priva di una sua componente strutturale essenziale, il tappetino di centimetri tre di materiale plastico spugnoso idonea ad attenuare gli effetti di una caduta dalla struttura quale conseguenza normale dell’utilizzo del “gioco” polifunzionale con elementi di arrampicata)».

La ricorrente contesta alla sentenza di avere applicato una massima (Cass. n. 18167/2014) “disallineata” rispetto al contesto fattuale e giuridico del caso in esame, in cui la struttura era stata montata con una altezza superiore a quella prevista e ed era stata lasciata sguarnita di un componente essenziale, ossia del tappetino di assorbimento della caduta; evidenzia che tale anomalia della cosa aveva, se con causato integralmente, sicuramente aggravato le conseguenze della caduta e conclude affermando di avere assolto l’onere di dimostrare l’accresciuta potenzialità lesiva della cosa e il nesso di causalità tra le condizioni della res al momento del sinistro e l’entità delle conseguenze derivate dall’infortunio.

3. Il motivo è fondato nei termini che seguono.

La Corte, senza escludere che la struttura ginnica presentasse le due anomalie individuate dalla (omissis) ossia che fosse stata montata ad altezza superiore a quella prevista dal produttore e che fosse mancante del tappeto di assorbimento di eventuali cadute), ha apoditticamente affermato che le stesse sarebbero ininfluenti («non possono essere concause nell’evento occorso») sul mero rilievo di ordine generale che l’utilizzo di strutture presenti in un parco giochi presuppone una vigilanza da parte degli adulti e non si connota per una particolare pericolosità, a meno che emerga che le stesse siano difettose e, come tali, in grado di determinare pericoli anche in presenza di un utilizzo assolutamente corretto.

Così motivando, tuttavia, la Corte ha focalizzato la sua attenzione sul difetto di vigilanza della madre e ha finito per escludere a priori qualunque valenza causale delle due anomalie denunciate dalla (OMISSIS) (di cui – come detto – non è stata esclusa l’esistenza) senza verificare se le stesse possano avere inciso, non sulla caduta del bambino, ma sulle conseguenze che ne sono derivate, in termini di aggravamento delle stesse, tenuto conto dell’aumento della violenza d’urto correlato alla maggiore altezza dal suolo e del mancato assorbimento da parte dell’apposito tappetino.

In tal modo, la Corte ha dunque ricusato di valutare effettivamente se la specifica condizione della “cosa” abbia influito o meno sulle conseguenze della caduta (anche in termini di aggravamento), secondo i consueti criteri di accertamento del nesso causale; soltanto all’esito di una tale verifica, la Corte avrebbe potuto escludere qualunque nesso di causa fra la cosa e le lesioni riportate dal minore (e così rigettare in radice la domanda) oppure, in caso di accertata sussistenza di nesso causale o concausale, avrebbe dovuto procedere alla verifica circa la ricorrenza del caso fortuito o, in difetto, di un concorso causale (da scrutinare ai sensi dell’art. 1227 c.c.) fra quanto determinato dalla cosa e quanto imputabile a difetto di vigilanza della madre del minore.

4. La sentenza va dunque cassata, con rinvio alla Corte territoriale, per nuovo esame alla luce dei principi e delle considerazioni di cui sopra.

La Corte di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui alla motivazione, cassa e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Ancona, in diversa composizione.

Roma, 30.3.2023.

Depositata in Cancelleria il 5 maggio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.