REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta da:
Dott. MARIA FRANCESCO CIAMPI – Presidente –
Dott. DANIELA CALAFIORE – Consigliere –
Dott. EUGENIA SERRAO – Relatore –
Dott. LOREDANA MICCICHÉ – Consigliere –
Dott. ANNA LUISA ANGELA RICCI – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS) nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;
avverso la sentenza del 15/01/2025 del GIP TRIBUNALE di Milano;
letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
letta la memoria dei difensori, che hanno concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. (omissis) (omissis) propone ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Milano con la quale, ex art. 444 cod. proc. pen., è stata applicata la pena condizionalmente sospesa in ordine al reato di cui all’art. 186, comrni 2, lett. c), 2-bis e 2-sexies, d.Igs. 30 aprile 1992, n. 285, con revoca della patente di guida.
2. Con il primo motivo deduce violazione dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen, per immotivato e illegittimo rigetto della revoca del consenso. Dal verbale di udienza allegato al ricorso risulta che il difensore aveva chiesto la revoca della richiesta di patteggiamento; interpellato sul punto, il pubblico ministero si opponeva «trattandosi di atto abnorme».
Secondo la difesa, il Giudice avrebbe dovuto rilevare il tacito consenso del pubblico ministero al negozio estintivo e conseguentemente, considerata legittimamente revocata la precedente espressione della volontà dell’imputato, avrebbe dovuto rigettare l’istanza di patteggiamento.
Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) e c), cod. proc. pen. in relazione all’art. 186, commi 2-bis e 2-quater cod. strada; in subordine eccezione di illegittimità costituzionale.
Secondo la difesa, il giudice non avrebbe potuto disporre la sanzione della revoca della patente di guida, avendo applicato la sospensione condizionale della pena, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 68 dei 2021 (con la quale non si è confrontata la sentenza impugnata), che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 30, comma 4, legge 11 marzo 1953, n. 87, in quanto interpretato nel senso che la disposizione non si applica in relazione alla sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, disposta con sentenza irrevocabile ai sensi dell’art. 222, comma 2, cod. strada.
Una corretta interpretazione, infatti, della natura di sanzione penale della revoca della patente di guida, alla luce della detta sentenza n. 68 del 2021, consentirebbe di estendere il dettato interpretativo della Corte regolatrice anche all’ipotesi qui in esame, e cioè alla inapplicabilità della revoca della patente di guida nel caso di sospensione condizionale della pena patteggiata per il reato di cui all’art. 186, comma 2 bis, cod. strada o, in alternativa, di sollevare questione di legittimità costituzionale di quest’ultima disposizione (con effetto anche sul comma 2-quater) in relazione agli art. 3 Cost. (trattandosi di sanzione avente natura penale, quella della revoca della patente, e quindi la sua applicazione in caso di sospensione condizionale della pena, implica una ingiustificata disparità di trattamento rispetto alle altre ipotesi di sospensione della pena che escludono la “pena” accessoria; profilo che involge anche il criterio di proporzionalità e ragionevolezza dal momento che la revoca della patente di guida, non distinguendosi tra diverse fattispecie a seconda dell’offensività, rappresenta un inammissibile automatismo); art. 27 Cost. (la grave afflittività della sanzione del ritiro della patente non consente una modulazione rispetto al principio della funzione rieducativa della pena); 117, comma 1, Cost. (a fronte del mancato rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e degli obblighi internazionali).
La difesa ritiene che la Consulta abbia ritenuto esclusi dal sistema sanzionatorio penale, per essere ricondotti nei sistema sanzionatorio amministrativo, a tratti più severo, istituti quali la confisca del veicolo, non avendo espressamente menzionato la fattispecie di cui all’art. 186, comma 2-bis, cod. strada; per converso, ha affermato la natura punitiva della revoca della patente a prescindere dalla fattispecie che l’ha determinata.
Ciò emergerebbe con chiarezza dalla circostanza che alcuni parametri invocati dal remittente e accolti dalla Corte Costituzionale per qualificare la revoca della patente quale misura “penale”, sono da individuare anche nella violazione dei principi di cui agli artt. 35 e 41 Cost. sotto il profi o della compressione del diritto al lavoro e della libertà dì iniziativa economica.
Altrettanto può dirsi per i riferimenti – operati nel formulare le censure di violazione degli artt. 3 e 136 Cost. – all’attitudine della sanzione amministrativa a colpire diritti fondamentali della persona di rango più elevato rispetto ai beni incisi da talune sanzioni penali (quale il patrimonio).
La misura amministrativa della revoca della patente, si assume, colpisce beni quali quelli protetti dall’art. 35 e 41 Cost. oltre à beni di rango ancora superiore, indipendentemente dalla fattispecie di reato che ne ha determinato l’applicazione. Ove tali beni vengano incisi da una misura amministrativa quale la revoca della patente, è evidente il suo contenuto punitivo e pertanto la sua qualifica “penale” con la conseguenza che la sospensione della pena, anche patteggiata, non ne comporti l’applicazione.
Anche alla luce dei principi convenzionali, la giurisprudenza della Corte di Strasburgo ha preso più volte posizione, infatti, sulla natura penale, agli effetti della Convenzione, di misure quali il ritiro e la sospensione della patente, o il divieto di condurre veicoli a motore, disposte a seguito dell’accertamento di infrazioni connesse alla circolazione stradale.
Da tali pronunce emergerebbe un orientamento sostanzialmente univoco, alla luce del quale – ancorché le misure in discorso siano configurate nel diritto interno come misure amministrative finalizzate a preservare la sicurezza stradale – esse si connotano come di natura convenzionalmente penale quando l’inibizione alla guida si protragga per un lasso di tempo significativo, tanto più, poi, ove la loro applicazione consegua a una condanna penale (Corte EDU, 4/01/2017, Rivard c. Svizzera; 17/02/2015, Boman c. Finlandia; 13/12/2005, Nilsson c. Svezia); venendo, in tal caso, le misure stesse ad assumere, per il loro grado di severità, un carattere punitivo e dissuasivo (Corte EDU, 21/09/2006, Maszni c. Romania).
La Corte di Strasburgo ha ripetutamente qualificato come di natura penale, agli effetti della Convenzione, persino la misura della decurtazione dei punti della patente, in quanto idonea a determinare, alla fine, la perdita del titolo abilitativo alla guida.
Al riguardo, i giudici europei hanno posto in evidenza come sia «incontestabile che il diritto di condurre un veicolo a motore si rivela di grande utilità per la vita corrente e l’esercizio di una attività professionale»; di modo che, «anche se la misura è considerata dal diritto interno comune come una misura amministrativa preventiva non appartenente alla materia penale, è giocoforza constatare il suo carattere punitivo e dissuasivo» (Corte EDU, 5/10/2017, Varadinov c. Bulgaria; 23/09/1998, Malige c. Francia; 6/10/2011, Wagner c. Lussemburgo).
In subordine, la difesa ha eccepito la illegittimità costituzionale dell’art. 186, commi 2-bis e 2-quater, cod. strada nella parte in cui si prevede la revoca della patente di guida anche nel caso di condanna a pena patteggiata condizionalmente sospesa per contrasto con gli artt.3, 27, 35, 41 e 117 Cost..
3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
4. I difensori del ricorrente hanno depositato motivi nuovi, deducendo che, avendo il (omissis) conseguito il titolo abilitante alla guida in Svizzera, il giudice italiano non avrebbe potuto revocarlo, secondo quanto dispongono gli artt. 136 ter e 135, comma 6, cod. strada.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va premesso che le ragioni di illegittimità della sanzione amministrativa accessoria allegate con i motivi nuovi non superano il vaglio di ammissibilità in quanto la facoltà del ricorrente di presentare motivi nuovi incontra il limite del necessario riferimento ai motivi principali, di cui i primi devono rappresentare mero sviluppo o migliore esposizione, ma sempre ricollegabili ai capi e ai punti già dedotti, sicché sono ammissibili soltanto motivi aggiunti con i quali si alleghino ragioni di carattere giuridico diverse o ulteriori, ma non anche motivi con i quali si intenda allargare l’ambito del predetto petitum, introducendo censure non tempestivamente formalizzate entro i termini per l’impugnazione.
E il perimetro costituito dai motivi di ricorso è, nel caso in esame, limitato alla espressione del consenso al patteggiamento e alla incompatibilità della revoca della patente di guida con la sospensione condizionale della pena, rispetto ai quali l’allegazione del conseguimento del titolo abilitativo in Svizzera comporterebbe un ampliamento del giudizio a questione di fatto estranea al giudizio di legittimità (Sez. 6, n. 36206 del 30/09/2020, Tobi, Rv. 280294 – 01).
2. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Secondo ía difesa non vi è dubbio che la dichiarazione espressa in udienza da parte del pubblico ministero non sia indicativa del dissenso alla revoca dell’istanza di applicazione della pena.
Il Collegio ritiene, però, che il giudice abbia correttamente interpretato, sulla base del significato letterale di quanto verbalizzato, il dissenso espresso dal pubblico ministero, che si è opposto alla revoca.
Trova, dunque, applicazione il principio costantemente enunciato dalla giurisprudenza di legittimità secondo il quale «in tema di patteggiamento, l’accordo tra l’imputato e il pubblico ministero costituisce un negozio giuridico processuale recettizio che, una volta pervenuto a conoscenza dell’altra parte e quando questa abbia dato il proprio consenso, diviene irrevocabile e non è suscettibile di modifica per iniziativa unilaterale dell’altra, ma soltanto concordemente sostituito, nei termini di legge, da un nuovo accordo» (Sez. 4, n. 37968 del 06/10/2021, Ceesay, Rv. 282054 — 01; Sez. 4, n. 25102 del 03/06/2021, Melileo, Rv. 281492 — 01; Sez. 5, n. 12195 del 19/02/2019, Locca, Rv. 276038 — 01; Sez.1, n. 48900 del 15/10/2015, Martinas, Rv. 265429 — 01).
3. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
Va, in primo luogo, ricordato che anche dopo l’intervento della Corte Costituzionale, alla condanna o all’applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. per il reato di guida in stato di ebbrezza aggravato ai sensi dell’art. 186, comma 2-bis, cod. strada con tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro, consegue ex lege la revoca della patente di guida; sanzione che il giudice di merito ha correttamente applicato, onde con evidenza non sussiste alcuna violazione di legge.
Con riguardo alla proposta interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata dell’art. 186, comma 2-bis, cod. strada, il giudice di merito ha, condivisibilmente, ritenuto che ia ratio della disposizione, che prevede come obbligatoria la revoca della patente di guida per l’ipotesi in cui il conducente, che versi in stato di ebbrezza, con tasso alcolemico accertato superiore a 1,5 g/I, abbia provocato un incidente stradale, vada ricercata nella volontà del legislatore di punire più gravemente situazioni nelle quali la turbativa della circolazione sia correlata all’accertamento dello stato di ebbrezza dei conducente, in quanto ritenute maggiormente idonee a porre in pericolo l’incolumità personale dei soggetti e dei beni coinvolti nella circolazione.
Ciò in linea con quanto enunciato nella sentenza di Corte Cost. n. 88 del 2019, ove la Consulta ha affermato che «porsi alla guida in stato di ebbrezza alcolica (oltre la soglia di tasso alcolemico prevista dal secondo e dal terzo comma sia dell’art. 589 bis, sia dell’art. 590 bis cod. pen.) o sotto l’effetto di stupefacenti costituisce un comportamento altamente pericoloso per la vita e l’incolumità delle persone, posto in essere in spregio del dovuto rispetto di tali beni fondamentali; e, pertanto, si giustifica una radicale misura preventiva per la sicurezza stradale consistente nella sanzione amministrativa della revoca della patente».
Il Tribunale di Milano, utilmentec, considerato che sussiste assoluta autonomia e diversità ontologica tra le previsioni di cui all’art. 222 cod. strada, che ha portata generale riferibile alla commissione di un reato colposo di danno con violazione delle norme sulla circolazione stradale, e l’art. 186, comma 2-bis, cod. strada, che sanziona un’ipotesi contravvenzionale di pericolo con la revoca della patente nel caso di condotta coiposa connotata dal superamento di una determinata soglia di ebbrezza alcolica.
Va, quindi, aggiunto che la pronuncia della Corte Cost. n. 68 del 2021 ha ad oggetto una disposizione che è strutturalmente diversa dall’art. 186, comma 2-bis, cod. strada, cosicchè l’illegittimità costituzionale enunciata con riferimento all’art. 222 cod. strada non può automaticamente produrre i suoi effetti anche con riguardo alla disposizione violata nel caso qui in esame.
Come puntualmente osservato nella sentenza impugnata, infatti, secondo la giurisprudenza di legittimità il richiamo operato dall’art. 222 cod. strada all’art. 186, comma 2 bis, cod. strada concretizza solo una parziale coincidenza tra le due fattispecie, ritenendo manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 186, comma 2-bis, cod. strada, in relazione all’art. 3 Cost., nella parte in cui dispone la revoca obbligatoria della patente di guida nell’ipotesi di sinistro stradale provocato da conducente per il quale sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro, sussistendo piena autonomia tra tale previsione e quella di cui all’art. 222 cod. strada, non avendo inciso la declaratoria di parziale illegittimità costituzionale di tale ultima disposizione, a opera di Corte Cost. n. 88 del 2019, sulla coerenza sistematica delle disposizioni in materia di revoca e sospensione della patente attualmente vigenti in quanto anche in caso di omicidio e lesioni stradali, ove ricorrano le aggravanti della guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto, di stupefacenti, rimane ferma la sanzione accessoria della revoca della patente (Sez.4, n.5895 del 25/01/2023, Banarescu, in motivazione; Sez. 4, n. 7950 del 11/2/2021, Zappalorto, Rv. 280951).
4. Con riguardo all’eccezione di illegittimità costituzionale dell’estraneità della revoca della patente al perimetro applicativo della sospensione condizionale della pena il Collegio condivide le ragioni già esposte in una recente sentenza di questa Corte, secondo la quale «è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in relazione agli artt. 3 e 117, comma 1, Cost., dell’art. 186, comma 2-bis, digs. 30 aprile 1992, n. 285, nella parte in cui, in caso di concessione della sospensione condizionale della pena da parte del giudice della cognizione, non fa rientrare nel perimetro applicativo del beneficio – nonostante la sua natura convenzionalmente penale – la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, obbligatoriamente disposta nei confronti di chi abbia cagionato un sinistro stradale ponendosi alla guida con un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro» (Sez. 1, n. 39711 del 30/05/2024, Floris, Rv. 287129 — 01).
E’ necessario, a tale proposito, nuovamente richiamare l’attenzione sulla natura della contravvenzione sanzionata dall’art. 186 cod. strada, strutturata quale reato di pericolo, rispetto al quale la sanzione amministrativa che accede alla sanzione penale assume un’evidente funzione preventiva.
La Consulta ha, infatti, sottolineato come il sistema sanzionatorio amministrativo sia, per taluni aspetti, maggiormente severo di quello penale, in quanto diretto alla tutela, oltre che di istanze punitive, di concorrenti istanze preventive, ciò che accade, tra l’altro, con riferimento alla inapplicabilità di «istituti che ne evitano la concreta esecuzione, quale, in specie, la sospensione condizionale».
La sentenza della Corte Cost. n, 68 del 2021, ha affermato come non sia possibile negare «che la revoca della patente, disposta dal giudice penale con la sentenza di condanna o di patteggiamento della pena per i reati di cui agli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen., abbia connotazioni sostanzialmente punitive»; tanto al fine di ampliare alla fase esecutiva la possibilità di modulare la sanzione amministrativa accessoria secondo quanto già disposto, con riguardo alla fase di cognizione, dalla sentenza Corte Cost. n. 88 del 2019.
Tuttavia, il riconoscimento della natura «convenzionalmente penale» delle sanzioni accessorie prevista dall’art. 222, comma 2, cod. strada non implica che non si debba tener conto del fatto che il legislatore ie ha qualificate espressamente come sanzioni amministrative, come recentemente chiarito in una pronuncia di questa Sezione a proposito del fatto che la clausola con cui le parti concordano la durata delle sanzioni amministrative accessorie deve ritenersi come non apposta, non essendo l’applicazione di dette sanzioni nella loro disponibilità (Sez. 4, n. 48556 del 14/11/2023, Coppolaro, Rv. 285426 – 01, in motivazione).
La giurisprudenza di legittimità che, in passato e in diverso contesto normativo, aveva ritenuto che «La revoca e la sospensione della patente previste dall’art. 91, comma settimo, del codice della strada, la sospensione della patente di cui all’art. 80 ter dello stesso codice e il ritiro della patente previsto dall’art. 85 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 hanno natura di pene accessorie a cui può estendersi, ove concesso, il beneficio della sospensione condizionale della pena» (Sez. U, n. 2246 del 19/12/1990, dep. 1991, Capelli, Rv. 186721 – 01), è, invece, pervenuta a soluzione opposta in relazione alla vigente disciplina sul rilievo che la revoca, al pari della sospensione abbiano, all’attualità, natura di sanzione amministrativa accessoria (Sez. 4, n. 45825 del 07/11/2024, Bonfa, non mass.; Sez. 4, n. 34330 del 19/05/2021, Mercanti, non mass.; Sez. 4, n. 12267 dei 13/02/2018, Palmieri, Rv. 272533 – 01; per analoghe conclusioni, con riguardo alla revoca della patente di guida, Sez. 4, n. 30793 del 15/02/2022, Bertello, non mass.; Sez. 4, n. 7950 del 11/02/2021, Zappalorto, Rv. 280951 – 01; Sez. 1, n. 17506 del 20/02/2020, Ritucci, non mass.; Sez. 3, n. 27297 del 10/05/2019, Vitali, Rv. 276025 – 01; Sez. 4, n. 50060 del 04/10/2017, Mucci, Rv. 271326-01; Sez. 4, n. 32239 del 20/06/2018, Tarini, Rv. 273457 – 01; Sez. 4 n. 23171 del 18/04/2017, Mazzucchelli, Rv. 270347 – 01); natura coerente con la loro funzione eminentemente preventiva che non è smentita dall’applicazione, a fini di elusione del divieto di bis in idem, degli Engers criteria elaborati dalla Corte EDU (Sez. 4, n. 57202 del 21/09/2017, Albesano, Rv. 271688 – 01).
Sotto altro aspetto, deve ulteriormente osservarsi come la Corte costituzionale non abbia mancato di precisare che il processo di assimilazione delle sanzioni amministrative «punitive» alle sanzioni penali ha comportato l’estensione alle prime di larga parte dello «statuto costituzionale» delle seconde, ma non anche una totale parificazione delle rispettive discipline, che risentono necessariamente della non coincidenza delle funzioni perseguite.
Risulta, dunque, pienamente compatibile con le disposizioni costituzionali e convenzionali evocate dal ricorrente, prevedere al contempo la sospensione condizionale della pena e l’esecutività della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, attesa la finalità eminentemente preventiva di quest’ultima.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 30/04/2025
Depositato in Cancelleria l’8 maggio 2025.