Anche senza alcun danno, é reato lanciare sassi in direzione dei cani che stanno su un terrazzo (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 22 marzo 2023, n. 12001).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ANDREAZZA Gastone – Presidente

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni Filippo – Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Rel. Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro Maria – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 14/01/2022 della Corte di appello di Brescia;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Ubalda Macrì;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Ettore Pedicini, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. n. 137 del 2020, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;

udita, per l’imputato, l’avv. Sara (OMISSIS).

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza in data 14 gennaio 2022 la Corte di appello di Brescia, in riforma della sentenza in data 16 settembre 2019 del Tribunale di Brescia, ha ridotto la pena inflitta all’imputato per il reato di cui agli art. 56 e 544-ter c.p., ai danni dei cani che stavano sul terrazzo dell’abitazione della parte civile.

2. Ricorre per cassazione la difesa dell’imputato sulla base di tre motivi.

2.1. Con il primo lamenta la violazione di legge e la violazione di norme processuali perché erano state utilizzate nel processo le immagini degli impianti di videosorveglianza privata installati illegittimamente. Aggiunge che i gesti filmati erano di tipo comunicativo per cui non potevano essere utilizzati come fatto.

2.2. Con il secondo deduce la violazione di legge perché la condanna era stata basata su un quadro probatorio incompleto.

2.3. Con il terzo denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione perché la parte civile non aveva subito un danno e non aveva diritto alla liquidazione delle spese nella misura di Euro 2.340, ma nella minor somma di Euro 1.620.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. Quanto al primo motivo, come correttamente rilevato dalla Corte di appello, le riprese video allegate alla denuncia-querela non sono soggette alla disciplina delle intercettazioni e costituiscono invece prove documentali legittimamente acquisibili ai sensi dell’art. 234 c.p. (Sez. 5, n. 21027 del 21/02/2020, Nardi, Rv. 279345-01), mentre la tutela della riservatezza non è assoluta, ma sub-valente rispetto all’esigenza di acquisizione probatoria propria del processo penale (Sez. 1, n. 27850 del 02/12/2020, dep. 2021, Caramia, Rv. 281638-01).

3. Il secondo motivo è assolutamente generico e fattuale e non si confronta con la decisione impugnata dove si legge che dai filmati si potevano individuare distintamente i lanci di sassi contro i cani, provenienti da soggetto che la parte civile aveva riconosciuto senza dubbio essere l’imputato.

La Corte territoriale ha poi ricostruito in maniera approfondita il dolo diretto e intenzionale della condotta delittuosa, osservando che l’imputato si era avvicinato allo spazio sottostante il terrazzo e aveva mirato il lancio in alto, con l’obiettivo inequivoco di attingere i cani della parte civile.

4. Il terzo motivo è privo di consistenza, perché, come puntualmente evidenziato dalla Corte di appello, ai fini della condanna generica al risarcimento dei danni, non è necessaria la prova della concreta esistenza di danni risarcibili, essendo sufficiente l’accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e dell’esistenza di un nesso di causalità tra questo e il pregiudizio lamentato, desumibile anche presuntivamente (tra le più recenti, Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021, Castaldo, Rv. 281997-21).

5. Quanto alle spese di lite liquidate in favore della parte civile, va rilevato che la difesa del ricorrente ha dimenticato di calcolare gli onorari per la fase istruttoria, per cui la liquidazione è corretta e l’omessa risposta della Corte territoriale irrilevante.

6. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento.

7. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

8. Le spese della parte civile sono liquidate, alla stregua delle risultanze di causa, come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi Euro 1.900, oltre accessori di legge.

Roma, lì 23/11/2022.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.