REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE PENALE
Composta da:
ELISABETTA ROSI – Presidente –
PIERLUIGI CIANFROCCA
LUCIA AIELLI
FRANCESCO FLORIT
GIOVANNI ARIOLLI – Relatore –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS) (OMISSIS) nato a (OMISSIS) il xx/xx/1971;
(OMISSIS) (OMISSIS) nato a (OMISSIS) il xx/xx/1964;
avverso la sentenza del 12/04/2022 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, Il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIOVANNI ARIOLLI;
udito il Pubblico Ministero, In persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. ALESSANDRO CIMMINO che ha concluso per l’annullamento con rinvio per il capo 2 con trasmissione degli atti per la rideterminazione della pena. Rigetto nel resto.
uditi i difensori
L’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) in difesa della parte civile (OMISSIS) (OMISSIS) IN PERSONA DEL LEGALE RAPPRESENTANTE chiede il rigetto dei ricorsi, depositando conclusioni scritte e nota spese.
L’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) in difesa di (OMISSIS) (OMISSIS) e L’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) in difesa di (OMISSIS) (OMISSIS) insistono per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
(OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS), ricorrono, con distinti ricorsi, avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona del 12/04/2022 che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Ancona, ha rideterminato la pena inflitta ai ricorrenti in ordine ai reati di cui agli artt. 110, 61 n. 7 e 11, 646 e 648-terl. cod. pen.
Ricorso di (OMISSIS) (OMISSIS);
1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla sussistenza del delitto di cui all’art. 646 cod.pen.
La sentenza impugnata aveva individuato la condotta di appropriazione nell’avere il ricorrente venduto li marchio «(OMISSIS)», omettendo di considerare che proprietaria del marchio – e dunque soggetto che ne aveva il possesso – era la società e non Il ricorrente che ne era amministratore.
Errato, poi, era ritenere che il momento appropriativo dovesse rinvenirsi allorché Il ricorrente, dopo avere ricevuto (a mezzo assegni) Il corrispettivo della vendita del brand (alla società (OMISSIS) a.r.l.), non ne effettuava alcuna registrazione in contabilità, considerato che detta operazione rispondeva a ragioni giustificative di cui l’imputato aveva dato contezza e rispondenti all’interesse della società (avvenuto mutamento della compagine sociale, far fronte alla situazione debitoria in cui versava la società, tanto che le somme ricavate dalla vendita vennero anche utilizzate per il pagamento di fornitori).
2. Violazione di legge e vizio dì motivazione con riferimento alla sussistenza del delitto di cui all’art. 648-terl. cod. pen.
La Corte di merito aveva ritenuto integrato l’autoriciclagglo in forza del versamento degli assegni ricevuti quale corrispettivo della vendita del marchio su un conto corrente Intestato alla società. In realtà non sì trattava di un’autonoma e successiva condotta rispetto a quella con cui si era stato realizzato il delitto presupposto (ossia l’appropriazione indebita), bensì della stessa che vi aveva dato origine in quanto proprio con tale comportamento è stato possibile per l’indagato appropriarsi delle somme, a nulla rilevando che dal conto della società tali somme siano state poi trasferite a conti di altra società, trattandosi di modalità di realizzazione dell’unica condotta di appropriazione Indebita.
3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla sussistenza dell’attività dissimulatoria richiesta per l’integrazione del delitto di cui all’art. 648-ter1 cod. pen.
La mera esecuzione di bonifici era priva di idoneità ad ostacolare gli accertamenti sulla provenienza delittuosa delle somme, trattandosi di conti correnti accesi presso istituti di credito presenti sul territorio nazionale e intestati a società italiane.
Ricorso di (OMISSIS) (OMISSIS);
1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla sussistenza del delitto di cui all’art. 646 cod. pen.
Difettava qualunque elemento di fatto dimostrativo che il ricorrente si fosse appropriato delle somme contestate, essendo questi del tutto estraneo ai c/c su cui erano transitate. Anche con riguardo a quelle pervenute sul c/c della società (OMISSIS), si era escluso che il ricorrente ne fosse amministratore di fatto.
Parimenti, con riguardo all’ipotizzata appropriazione indebita dell’autovettura, di cui il ricorrente non aveva mai avuto il possesso.
2. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla sussistenza del delitto di cui all’art. 646 cod. con particolare riguardo alle aggravanti di cui all’art. 61 n. 7 ed 11 cod. pen.
Mancava, con riguardo alla posizione del ricorrente, qualunque relazione di ufficio con le persone offese. L’imputato non era socio della (OMISSIS) s.r.l. e non vi aveva rivestito alcun ruolo.
3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla sussistenza del delitto di cui agli artt. 110 – 646 pen.
Mutata l’imputazione dall’originarla contestazione di falsità materiale in scrittura privata relativamente alla redazione del verbale assembleare (a seguito di depenalizzazione), si era Ipotizzato un concorso del ricorrente con il (OMISSIS) nell’appropriazione indebita in assenza di qualunque elemento dimostrativo di detta compartecipazione. In Ipotesi, si sarebbe potuto contestare il favoreggiamento personale.
4. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla sussistenza dell’attività dissimulatorla richiesta per l’Integrazione del delitto di cui all’ 648- ter1. cod. pen.
Vedi il motivo comune sub 3 del coimputato.
5. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 62-bis e 133 cod. pen.
La Corte d’appello si era limitata a richiamare per relationem la motivazione, posta a fondamento del diniego, adottata dal Tribunale, omettendo di confrontarsi con gli elementi positivi addotti con l’atto di appello.
6. Violazione ed inosservanza dell’art. 533 cod. proc. pen. Vizio di motivazione.
Non si era fatta corretta applicazione della regola che stabilisce che l’affermazione della responsabilità penale dell’Imputato deve avvenire oltre ogni ragionevole dubbio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Dalla lettura della sentenza impugnata, che ha ricostruito minuziosamente la vicenda facendo riferimento a convergenti e puntuali fonti probatorie, risulta:
– che la vendita del marchio fu esclusiva iniziativa del B – allora presidente del c.d.a. della società (OMISSIS) s.r.l. che lo deteneva – il quale, al fine di poterlo cedere a terzi (previamente individuati), architettò l’escamotage di predisporre una falsa delibera assembleare nella quale si dava falsamente atto non solo della presenza dell’intero capitale sociale, ma dell’autorizzazione concessa all’imputato alla vendita del marchio; la falsa delibera, pertanto, costituiva il necessario antecedente di fatto e di diritto che legittimava l’inputato all’alienazione del marchio, consentendogli di stipulare il relativo contratto di vendita con la società (OMISSIS) s.r.l., con la quale erano già in corso delle trattative;
– che l’imputato stipulava avanti al notaio il 6/03/2015 (con Integrazione del 17/03/2015) il contratto di cessione del marchio alla (OMISSIS) s.r.l. al prezzo di € 700.000,00 che veniva corrisposto dalla società acquirente con tre assegni bancari della Cassa (OMISSIS)
– che l’imputato accendeva il 9/03/2015 presso la Banca di (OMISSIS) – Banca (OMISSIS), un e/e intestato abusivamente alla società (OMISSIS) s.r.l., al fine di monetizzare gli importi oggetto degli assegni versati In pagamento.
All’imputato è dunque ascrlvibìle la condotta che ha determinato la perdita irreversibile del marchio In capo alla società (unico asset positivo) mediante l’alienazione a terzi, a cui è seguita la ricezione del tantundem nelle mani dell’imputato, il quale ha trattenuto per sé gli assegni consegnati dall’acquirente in pagamento, versandoli su un conto aperto dallo stesso imputato e all’Insaputa dei soci.
L’esclusione, dunque, del soddisfacimento di un interesse sociale sotteso alla vendita – per come ricavato sia dalle modalità di alienazione sia dalla contestuale risoluzione del contratto che l’imputato effettuava con la società licenziataria del marchio – dà conto del dolo, escludendo che si sia al cospetto di una mera distrazione non penalmente rilevante.
Di conseguenza, non confacente è che gli assegni corrisposti dalla (OMISSIS) s.r.l. in pagamento della cessione siano stati inizialmente versati dall’imputato su un conto corrente intestato alla società alienante, essendosi al riguardo sottolineato che si trattava di un conto corrente che l’imputato aveva aperto per l’occasione (solo pochi giorni prima rispetto all’atto notarile di cessione del marchio), all’insaputa degli organi sociali e sul quale solo l’imputato poteva operare: l’ennesimo escamotage, dunque, per poter incamerare uti dominus la somma derivante dalla vendita di cui poi disponeva secondo i suoi desiderata ed al fine di esclusivo e personale profitto.
2. Sussiste anche il delitto di riciclaggio.
Sul tema, il ricorso è generico: la sentenza impugnata ha, infatti, evidenziato che il successivo svuotamento del conto “sociale” in favore di altri tre conti correnti intestati a società di comodo che versavano già in grosse difficoltà economiche e finanziarie – su cui il coimputato aveva delega ad operare – avvenne con bonifici bancari supportati da fatture false emesse per operazioni inesistenti che non comparivano affatto nella contabilità della società, avvalendosi, dunque, di documentazione fittizia.
L’attività di autoriciclaggio si arricchisce, dunque, di un’attività più ampia idonea ad ostacolare gli accertamenti sulla provenienza delittuosa delle somme transitate su quei conti su cui il coimputato aveva una delega ad operare, atteso che tale condotta realizza la sostituzione del profitto del reato presupposto, che assume diversa destinazione e transita nella disponibilità di altro soggetto giuridico {Sez. 2, n. 35260, dell’08/09/2021, Pari, Rv. 281942 – 01).
In tema di autoriciclaggio, il criterio da seguire ai fini dell’individuazione della condotta disslmulatoria è quello della idoneità “ex ante”, sulla base degli elementi di fatto sussistenti nel momento della sua realizzazione, ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del bene, senza che il successivo dlsvelamento dell’Illecito per effetto degli accertamenti compiuti (nella specie, grazie alla tracciabilità delle operazioni poste in essere fra diverse società), determini automaticamente una condizione di inidoneità dell’azione per difetto di concreta capacità decettiva (ex multis, v. Sez. 2, n. 16059 del 18/12/2019, dep. 2020, Fabbri F., Rv. 279407 – 01).
Peraltro, attraverso detto meccanismo si viene a configurare un impiego In attività economiche e finanziarie dell’utilità di provenienza Illecita, con la conseguenza che si è al cospetto di un’attività dotata non solo di un autonomo disvalore ma del tutto distonica, per causa ed effetto, rispetto all’attività Illecita che ne costituìsce il presupposto.
3. Sussiste anche Il concorso del (OMISSIS) nei reati accertati.
E’ principio affermato dalla Corte di legittimità che in tema di concorso di persone nel reato, il contributo causale del concorrente può manifestarsi attr,aver.so forme differenziate e atipiche della condotta criminosa non solo in caso di concorso morale ma anche in caso di concorso materiale, fermo restando l’obbligo del giudice di merito di motivare sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti (Sez. 4, n. 1236, del 16/11/2017, dep. 2018, Raduano, Rv. 271755 – 01).
La sentenza impugnata a corredo della compartecipazione ha dato motivatamente conto dell’esistenza di plurimi contributi dimostrativi di una previa illecita intesa tra gli imputati: il (OMISSIS) fu colui che redasse Il verbale assembleare quale segretario senza averne alcun titolo; consentì la domiciliazione del conto corrente acceso dal (OMISSIS) e intestato alla (OMISSIS); risulta essere delegato ad operare sui conti delle società in favore delle quali vennero convogliati i flussi di denaro. Si tratta di una molteplice attività che si pone in diretta derivazione causale, in punto di agevolazione, con la realizzazione da parte del coimputato delle condotte tipiche dei reati contestati.
4. Generico è, invece, il motivo dedotto dal (OMISSIS) sul diniego delle circostanze attenuanti generiche, essendosi omesso di specificare nel corpo del motivo gli elementi di positivo apprezzamento che sarebbero stati pretermessi nella valutazione della Corte d’appello. E tanto a prescindere dal pur decisivo rilievo che non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n.3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244; Sez. 2, n. 23903 del 15/7/2020, Rv. 279549; Sez. 5, n. 43952 del 13/4/2017, Rv. 271269).
Nel caso in esame, pur nella rideterminazione favorevole del trattamento sanzionatorio, si è fatto espresso richiamo ai precedenti penali annoverati dall’imputato.
5. Altrettanto generico è anche l’ultimo motivo di ricorso che lamenta l’errata applicazione del principio dell’aldilà di ogni ragionevole dubbio.
Al riguardo, questa Corte ha osservato come la regola dell'<<al di là di ogni ragionevole dubbio>>, secondo cui li giudice pronuncia sentenza di condanna solo se è possibile escludere ipotesi alternative dotate di razionalità e plausibilità, impone all’imputato che, deducendo il vizio di motivazione della decisione impugnata, intenda prospettare, in sede di legittimità, attraverso una diversa ricostruzione dei fatti, l’esistenza di un ragionevole dubbio sulla colpevolezza, di fare riferimento ad elementi sostenibili, cioè desunti dai dati acquisiti al processo, e non meramente ipotetici o congetturali quali quelli prospettati che riguardano ipotesi del tutto indimostrate che non rinvengono alcun appiglio probatorio negli atti del processo o in massime di esperienza (Sez. 5, n. 18999 del 19/2/2014, Rv. 260409).
6. In conclusione, i ricorsi, in ragione dei profili di infondatezza rilevati con riguardo ai motivi dai ricorrenti dedotti in tema di appropriazione indebita che di autoriciclaggio, vanno rigettati.
7. Al rigetto dei ricorsi, stante l’avvenuta costituzione di un valido rapporto di impugnazione, consegue l’estinzione per prescrizione del delitto di appropriazione indebita, maturata dopo la pronuncia della sentenza impugnata e nelle more del giudizio di legittimità. Il reato, infatti, risulta consumato il 9/03/2015 allorché il (OMISSIS) accreditava gli assegni sul conto corrente acceso presso la banca di (OMISSIS) e intestato abusivamente alla società (OMISSIS) s.r.l. Da tale momento è cominciato a decorrere, ai sensi dell’art. 158 cod. pen., il termine di prescrizione, interamente maturato all’odierna udienza nella sua massima estensione (anni sei e mesi sette) considerando anche la sospensione per giorni 64 dovuta all’emergenza COVID che ha determinato il rinvio del processo di primo grado dall’udienza del 5/02/2020 a quella del 21/10/2020.
Di conseguenza, va eliminata, per ciascuno dei ricorrenti, la pena di mesi tre di reclusione ed € 500,00 di multa inflitta dal giudice del merito quale aumento operato a titolo di continuazione per il delitto di cui al capo 1) della rubrica (artt. 110, 646, 61 n. 7 e n. 11 cod. pen.).
8. In conclusione:
– va annullata senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di appropriazione Indebita cui al capo 1) perché estinto per prescrizione, eliminandosi, per ciascuno dei ricorrenti, la relativa pena di mesi tre di reclusione ed euro di cinquecento di multa;
– vanno rigettati nel resto i ricorsi, essendo gli altri motivi dedotti infondati e/o manifestamente infondati;
– vanno condannati gli Imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile (OMISSIS) s.r.l., liquidate come in dispositivo tenendo conto dell’attività defensionale svolta e della notula presentata e della tariffa legale.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo 1) perché è estinto per prescrizione ed elimina, per ciascuno dei ricorrenti, la relativa pena di mesi tre di reclusione ed euro 500,00 di multa.
Rigetta nel resto i ricorsi.
Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi euro tremilacentocinque, oltre accessori di legge.
Così deciso, il 20/06/2023.
Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2023.