Colpito ad un occhio durante l’estrazione dell’ultimo chiodo dal muro. Responsabilità del preposto di fatto (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 28 dicembre 2023, n. 51459).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI SALVO Emanuele – Presidente –

Dott. MICCICHÉ Loredana – Consigliere –

Dott. MARI Attilio – Consigliere –

Dott. RICCI Anna Luisa Angela – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Relatore –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(omissis) (omissis), nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 02/03/2023 della CORTE APPELLO SEZ. DIST. di BOLZANO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa MARINA CIRESE;

lette le conclusioni del Procuratore Generale.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 2 marzo 202321a Corte d’appello di Trento ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Bolzano aveva ritenuto (omissis) colpevole dei reati di cui all’art. 590 c.p., commi 1, 2 e 3 (capo A)) e di cui al D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 art. 19, comma 1, lett. a), (capo C)) e, concesse le circostanze attenuanti generiche, e unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, lo aveva condannato alla pena di mesi due di reclusione ed Euro 200,00 di multa (oltre alla condanna al risarcimento dei danni in favore della parte civile Inail da quantificarsi in sede civile.

2. Il procedimento ha ad oggetto l’infortunio sul lavoro occorso ad (omissis) in data (Omissis) mentre era intento a compiere un lavoro nel cantiere “(Omissis)” sito in (Omissis) in cui era presente la ditta (omissis) Sas di (omissis), di cui era dipendente.

In particolare allo stesso era stato richiesto dal capo squadra (omissis) di tagliare una fila di chiodi in acciaio infissi in una parete di calcestruzzo lunga circa 30 m, lavorazione compiuta dapprima mediante una macchina smerigliatrice detta flex grande, quindi, non riuscendo a togliere l’ultimo chiodo, ed in mancanza dell’attrezzo idoneo ovvero una flex piccola, utilizzando un martello con cui dava un colpo al chiodo che spezzatosi rimbalzava contro il muro trasversale attingendolo all’occhio.

In quel momento l'(omissis) era privo di occhiali protettivi sicché l’impatto provocava una lesione personale consistita in “trauma bulbare perforante OD”, che rendeva necessario un intervento chirurgico con prognosi di 283 giorni.

Il giudice di primo grado ha concluso che sul (omissis), gravava un obbligo di sovraintendere sull’osservanza degli obblighi di legge da parte dei lavoratori in quanto investito dei poteri di superiore diretto quale preposto di fatto. Lo stesso era capo squadra all’interno del cantiere (Omissis), dipendente della (omissis) Sas che eseguiva lavori in subappalto dalla ditta (omissis) Srl nel predetto cantiere.

Pertanto lo stesso doveva vigilare sulle modalità di svolgimento del lavoro e pretendere che fossero utilizzati i dispositivi di protezione individuale, obbligo che nella specie non è stato osservato.

Anche il giudice di appello ha fondato il giudizio di responsabilità nei confronti del (omissis) sulla circostanza che lo stesso quale capo squadra era colui che doveva ripartire quotidianamente i compiti e poteva e doveva pretendere l’osservanza delle disposizioni in materia antinfortunistica.

3. Avverso la sentenza d’appello l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione con un unico, articolato motivo con cui deduce, in relazione all’art. 606 comma 1, lett. b) ed e), l’inosservanza e l’erronea applicazione del D.Lgs. n. 81 del 2008 art. 590 c.p. e art. 2 lett. e), e art. 19 nonché la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione risultante dall’atto in relazione all’omessa valutazione della interruzione causale tra la originaria condotta del (omissis) e la verificazione dell’evento secondo le specifiche modalità adottate dal lavoratore (omissis) nonché in relazione alla affermata incontrovertibilità della mancanza di D.P.I. durante la fase di lavorazione.

Si contesta, da un lato) la sussistenza degli elementi del reato di cui all’art. 590 c.p., dall’altro la qualifica di preposto di fatto riconosciuta dai giudici del merito in capo al ricorrente, assumendo che la sentenza impugnata giunge ad affermare la responsabilità del (omissis) senza individuare l’elemento fondante della colpa del medesimo: considerato che risulta che il capo cantiere aveva incaricato l'(omissis) di cercare un flex piccolo per togliere il chiodo e di terminare il lavoro in fretta. Le azioni dell'(omissis) da tale momento sfuggono completamente al controllo ed al conseguente obbligo di vigilanza del (omissis), per essere attratte nella sfera del capo cantiere.

4. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.

5. L’imputato ha depositato memoria difensiva.

6. L’Inail ha depositato memoria difensiva in cui chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso nonchè conclusioni scritte e nota spese.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso nell’unico motivo propone una serie di censure che si incentrano sulla motivazione adottata dalla Corte territoriale con riguardo al ruolo di preposto di fatto attribuito all’odierno imputato lamentando come la stessa risulti apodittica anche in ragione della circostanza che nel cantiere vi era un capo cantiere il quale avrebbe chiesto all'(omissis), di finire in fretta il lavoro di rimozione dei chiodi.

Inoltre si assume che anche a voler ritenere il ruolo di preposto di fatto attribuito al (omissis), la lavorazione affidata all'(omissis) sarebbe stata eseguita senza intoppi per la lunghezza di circa 30 m. di muro verificandosi il sinistro solo a seguito dell’utilizzo di una modalità operativa differente così configurandosi una chiara interruzione del nesso causale.

Tale ultima fase dovrebbe quindi esorbitare dalle direttive impartite dal (omissis) e sfuggire all’attività di vigilanza da parte del medesimo. Inoltre deve ritenersi che, pur se al momento dell’infortunio l'(omissis) non indossava gli occhiali, gli stessi erano in dotazione ed erano stati utilizzati nel rimuovere gli altri chiodi.

Ebbene, così ripercorse le doglianze difensive, le stesse sono infondate per le ragioni che di seguito verranno esposte.

In ragione, tuttavia, della non manifesta infondatezza del ricorso e quindi della corretta instaurazione del rapporto processuale, va in primis rilevato che il reato contestato sub c), il cui termine massimo di prescrizione di anni cinque è spirato in data (omissis), è estinto per intervenuta prescrizione.

2. Venendo al ruolo rivestito dal (omissis) in relazione alla contestazione principale, la sentenza impugnata ha chiarito che l’odierno imputato rivestiva di fatto la qualifica di preposto per conto della (omissis) Sas che stava eseguendo lavori in subappalto concessi dalla ditta (omissis) Srl nel cantiere di (omissis).

Dalle prove testimoniali assunte, ed in particolare dalle dichiarazioni rese dall'(omissis), risulta che il (omissis) era il soggetto che sovraintendeva all’attività lavorativa e garantiva l’attuazione delle direttive ricevute controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori.

Destituito di fondamento è quindi l’argomento agitato dalla difesa dell’imputato secondo cui l'(omissis), era stato incaricato di effettuare la rimozione del chiodo dal capo cantiere Omissis, atteso che quest’ultimo pacificamente era alle dipendenze della (omissis) e non era quindi gerarchicamente sovraordinato all'(omissis).

Quanto alla responsabilità del (omissis) in relazione al ruolo dal medesimo ricoperto nella vicenda per cui è processo, va rilevato che in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto, indipendentemente dalla sua funzione nell’organigramma dell’azienda (Fattispecie relativa ad infortunio di dipendente di una ditta addetta al posizionamento di cartelli di segnalazione, con lavoro in quota, in cui anche il “project manager” responsabile di funzione, per quanto non superiore diretto dell’infortunato, è stato ritenuto preposto, in quanto aveva, di fatto, commissionato il lavoro da cui era originato l’infortunio e aveva provveduto a realizzare corsi di formazione nell’ambito del reparto, riguardanti l’uso della cesta per le lavorazioni in quota). (Sez. 4, n. 31863 del 10/04/2019, Rv. 276586).

In altri termini, pur in mancanza di un’investitura formale, il preposto di fatto è colui che esercita in concreto gli stessi poteri di un preposto assumendo di conseguenza la relativa posizione di garanzia dovendo assicurare la sicurezza del lavoro e sovraintendere alle attività, impartendo istruzioni, dirigendo gli operai, attuando quindi le direttive ricevute dal datore di lavoro.

Ebbene, nella specie il (omissis), ricopriva tale ruolo ed oltre ad essere presente in cantiere era tenuto a vigilare sulla corretta esecuzione dei lavori, assicurandosi dell’utilizzo dei dispositivi antinfortunistici, a maggior ragione a fronte di una manovra oggettivamente pericolosa, quale era quella di togliere un chiodo da un muro utilizzando uno strumento del tutto inappropriato, per il potenziale distacco di schegge con pericolo di offesa agli occhi, dovendo in assenza delle dovute cautele ordinare la sospensione dei lavori.

Vigilanza che nella specie si rendeva tanto più esigibile e pregnante proprio in ragione della coesistenza di più ditte nello stesso cantiere e di un contesto in cui si incrociavano e si sovrapponevano le mansioni ed i ruoli ed in cui la specifica lavorazione sembrava dover essere ultimata con urgenza.

Proprio detta situazione richiedeva, pertanto, una maggiore vigilanza sul corretto utilizzo dei presidi infortunistici (occhiali antinfortunistici), tanto più se, come riferito dall'(omissis), questi li teneva sopra l’elmetto, essendo esigibile da parte del preposto, anche per la sua vicinanza alle fonti di rischio, una costante vigilanza sull’operato dei lavoratori presenti nel cantiere.

In conclusione, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio limitatamente al reato di cui al capo c) (D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 19, comma 1, lett. a)) perché è estinto per prescrizione. Per l’effetto la pena va rideterminata in mesi uno, giorni venti di reclusione ed Euro 180,00 di multa mentre il ricorso va rigettato nel resto.

Il ricorrente va altresì condannato a rifondere alla parte civile Inail le spese sostenute in questo giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo c) (D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 19, comma 1, lett. a) perché estinto per prescrizione.

Ridetermina per l’effetto la pena in mesi uno, giorni venti di reclusione ed Euro 180,00 di multa.

Rigetta nel resto il ricorso.

Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio sostenute dalla parte civile Inail nel presente grado di legittimità, che liquida in Euro tremila oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, l’8 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.