REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
composta dagli ill.mi Sigg.ri magistrati:
LUCIA TRIA Presidente
CATERINA MAROTTA Consigliere
ANDREA ZULIANI Consigliere
ROBERTO BELLÉ Consigliere – Rel.
NICOLA DE MARINIS Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 12741/2022 R.G. proposto da:
(omissis) (omissis), (omissis) (omissis), (omissis) (omissis) rappresentate e difese dall’avvocato (omissis) (omissis), presso il cui studio in Roma, (omissis), é elettivamente domiciliata;
– ricorrente –
contro
COMMISSIONE DI GARANZIA DELL’ATTUAZIONE DELLA LEGGE SULLO SCIOPERO NEI SERVIZI PUBBLICI ESSENZIALI, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso la quale in Roma, via dei Portoghesi 12, é domiciliata
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma, n. 4694/2021, depositata il 11.1.2022, RG 1911/2016;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 7.2.2024 dal Consigliere dott. ROBERTO BELLÉ;
udito ii Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Mario Fresa il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avv.ti (omissis) (omissis) per la ricorrente e l’Avvocato dello Stato (omissis) (omissis) per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’Appello di Roma, riformando la sentenza del Tribuna le della stessa citta, ha rigettato ii ricorso proposto dall’organizzazione sindacale ricorrente al fine di sentir accertare l’illegittimità dei provvedimenti con i quali la Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali (di seguito, Commissione) aveva disposto, ai sensi dell’art. 4, 2, della legge n. 146 del 1990, la sospensione del pagamento dei contributi associativi a favore della predetta, per un ammontare economico di euro 20.000,00, perché ritenuta responsabile, insieme ad altre associazioni sindacali, della preordinata e anomala astensione collettiva in violazione delle disposizioni normative sull’esercizio del diritto di sciopero, concretizzatasi nelle massicce assenze dei lavoratori della Polizia Locale del Comune di Roma nella notte tra il 31.12.2014 ed il 1.1.2015.
La vicenda riguarda quanto accaduto nel dicembre 2014 e poi, appunto, il 31.12 di quell’anno e il 1.1.2015 nella citta di (omissis) nel contesto di contrasti su vari profili lavoristici ed organizzativi tra le Organizzazioni Sindacali (di seguito, anche 00.SS.) e i dipendenti della Polizia Municipale, da un lato ed il Comune di (omissis) dall’altro.
La Corte territoriale riteneva provato che, nonostante la revoca delie assemblee originariamente indette dalle 00.55. per le ore 21.00 del 31.12.2014 e le ore 3.00 del 1.1.2015, fosse stato mantenuto uno stato di agitazione che veniva desunto dal fatto che non era stato revocato l’invito ai lavoratori ad astenersi dall’adesione allo straordinario volontario per i turni di fine anno, dalle modalità temporali con cui si era avuta la revoca delle predette assemblee, intervenuta solo il 30.12 e da un comunicato in forma congiunta sempre del 30.12 con cui venivano preannunciate ulteriori forme di lotta.
Secondo la Corte territoriale non costituiva poi un intervento realmente dissuasivo il comunicato del segretario regionale della (omissis) del 30.12, sia per il suo tenore ambiguo, sia perché esso non poteva essere letto isolatamente rispetto ai tre post, apparsi tra il 18 ed il 20 dicembre sul profilo ufficiale della stessa (omissis) con cui si preannunciava che una delle tre occasioni di impegno (Capodanno, epifania, derby cittadino di calcio) “non ci sarebbe stato”, che a Capodanno avrebbero “lavorato in tre” e che sarebbero state rimosse le deleghe a chi si fosse impegnato in turni di straordinario.
La Corte territoriale ha quindi evidenziato il dato statistico, tale per cui i permessi per il 31.12 erano quasi raddoppiati rispetto agli anni precedenti e le assenze per malattia erano più che quintuplicate, sostenendo che l’elevato tasso di incremento non rendesse verosimile il risalire dell’accaduto a reali stati patologici e rimarcando che più della metà dei lavoratori assenti era iscritto ad una delle 00.SS. sanzionate, segno palese della influenza di esse sui lavoratori.
Pertanto, la sentenza, evidenziando anche la rilevante convergenza di autonomi comportamenti individuali, riteneva che non potessero residua re dubbi sul fatto che, nella notte del 31.12.2014, si fosse realizzata un’astensione collettiva dal lavoro per motivi sindacali promossa attraverso l’azione congiunta di tutte le sigle coinvolte.
2. (omissis) (di seguito, in breve, (omissis)) ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, cui la Commissione ha resistito con controricorso.
II Pubblico Ministero ha depositato requisitoria scritta con cui ha insistito per il rigetto del ricorso, confermando in udienza pubblica tali conclusioni.
(omissis) ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. II primo motivo di ricorso é rubricato come violazione e falsa applicazione dell’art. 4, co. 2 della legge n. 146 del 1990 (art. 360 n. 3 c.p.c.) e con esso si assume che la Corte d’Appello avrebbe assunto una nozione estensiva di sciopero, considerando tale il mero fatto di essere state indotte o favorite condotte di fatto illegittime, senza contare che l’invito a non prestare lavoro straordinario non equivaleva a proclamare un’astensione collettiva dal lavoro, che le assemblee dapprima fissate erano state poi revocate e che la facoltà dei lavoratori di aderire o meno all’invito escludeva logicamente la riconducibilità delie condotte disaminate nell’ambito del concetto stesso di sciopero.
Più in generale la censura ritiene debba escludersi la configurabilità di uno sciopero, in presenza di condotte individuali, benché plurime e non sussistendo condotte ingiustificate, ma assenze per malattia.
Con il secondo motivo é addotta la violazione dell’art. 2729 c.c. e dell’art. 116 c.p.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.) suI presupposto che la Corte di merito abbia basato la propria decisione su prove presuntive prive dei caratteri legali della precisione, gravità e concordanza, erroneamente concludendo anche rispetto al contenuto di prove documentali – quale il messaggio Facebook del segretario (omissis) (omissis) – che andavano valutate secondo ii significato loro proprio.
2. I suesposti motivi, stante la loro stretta connessione, vanno esaminati congiuntamente, secondo l’ordine logico delle questioni.
3. La Corte territoriale, in esito ad ampia motivazione, ha concluso la propria disamina affermando che la notte nel 12.2014, a gli addetti della Polizia Municipale realizzarono una «astensione collettiva dal lavoro per motivi sindacali». la quale fu «organizzata e promossa» anche da (omissis).
Non essendovi mai stata una formale “proclamazione” di tale sciopero, si addebita quindi alle OO.SS. che avrebbero di fatto organizzato e promosso quell’astensione dal lavoro, la violazione di tutte le regole di cui all’art. 2 della legge n. 146/1990 (comunicazione scritta, nel termine di preavviso, della durata e delle modalità di attuazione, nonché delle motivazioni dell’astensione collettiva dal lavoro), con applicazione consequenziale della sanzione di cui all’art. 4, co. 2, della stessa legge, che appunto prevede la sospensione dell’erogazione dei contributi di cui agli artt. 23 e 26 della legge n. 300 del 1970 e la loro devoluzione all’INPS.
4. Si deve premettere come sia indubbio che la vicenda riguardi “servizi pubblici essenziali” ovverosia, secondo la dizione dell’art. 1 della legge 146 del 1990, quelli “volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all’assistenza e previdenza sociale, all’istruzione ed alla liberta di comunicazione”.
É infatti chiaro – e sostanzialmente incontestato – che fra i compiti prioritari della Polizia Municipale vi siano quelli relativi alla sicurezza dei cittadini e alla circolazione di essi.
Gli effetti potenzialmente pregiudizievoli di un’alterazione nella prestazione di quei servizi di sicurezza sono poi destinati ad insistere non solo su una generica facoltà di movimento dei cittadini, ma anche – in casi mano a mano più gravi – a realizzare pericoli per la loro incolumità.
La vicenda oggetto del contendere riguarda i servizi di Polizia Municipale per la notte tra l’ultimo dell’anno del 2014 e ii Capodanno del 2015 nella citta di (omissis) e dunque una situazione di fatto rispetto alla quale l’importanza di una piena efficienza del corpo di Polizia Municipale destinato strutturalmente e fisiologicamente ad operare sul territorio non merita ulteriori spiegazioni per essere compresa.
Non vi é quindi dubbio che il regime dello sciopero su cui si deve decidere rientra nell’ambito della disciplina di cui alla legge n. 146 del 1990, concernendo un servizio pubblico essenziale e che quindi si applichino gli artt. 1, 2 e 4 della stessa legge.
4.1. In tale contesto é poi ininfluente il verificarsi o meno di un concreto pregiudizio per il servizio pubblico.
II Comune di (omissis) – come si dirà – ha sopperito ricorrendo al turno ordinario e poi alla pronta disponibilità – ovverosia a forme diverse di reperimento del personale diverse da quella in genere attuata per la notte di Capodanno – ma ciò che conta é il dato obiettivo del verificarsi di uno sciopero, con coinvolgimento dei sindacati, senza l’osservanza delle regole che la materia dei servizi pubblici essenziali impone di rispettare, onde prevenire e/o tutelare in modo adeguato rispetto ad eventuali pericoli o violazioni con riferimento ai diritti primari delle persone.
Le già citate regole di preavviso di cui all’art. 2 della legge n. 146 sono finalizzate ad una pronta organizzazione di chi eroga il servizio essenziale, ai controlli cui é deputata la Commissione (co. 4) ed ai tentativi di composizione (co. 5), che sono con tutta evidenza indispensabili per assicurare il bilanciamento ordinato dei contrapposti interessi.
Come efficacemente precisato – seppure in altro contesto – da Corte Costituzionale 24 febbraio 1995 n. 57 «l’esercizio del diritto di sciopero nel settore dei servizi pubblici essenziali é assoggettato, dalla legge n. 146 del 1990, ad una disciplina di marcata connotazione procedimentale» che muove «dalla fissazione dei requisiti minimi delle prestazioni indispensabili» e determina poi «la sequela degli atti strumentalmente necessari per pervenire alla fase di astensione dall’attività lavorativa», nel senso che l’iter procedimentale é appunto finalizzato ad assicurare il contemperamento degli opposti interessi ed a salvaguardare dal pericolo che, in assenza di quelle valutazioni necessarie ad assicurare legittimità all’astensione, vi possa essere per i beni primari indicati dalla legge stessa a sopra richiamati.
In altre parole, la violazione dell’iter procedimentale é in se causa di illegittimità dello sciopero che sia ciononostante attuato e fonte di responsabilità.
Non e inopportuno ricordare in proposito come questa S.C. abbia già ritenuto che i comportamenti sanzionati dall’art. 4, comma secondo, della legge n. 146 del 1990, ovverosia la proclamazione o l’adesione ad uno sciopero illegittimo – quale é certamente quello non sviluppato nell’osservanza delle regole di cui alla legge n. 146 – siano fonte di responsabilità addirittura anche nel caso in cui non siano seguite da un’effettiva astensione dal lavoro e ciò in quanto la proclamazione provoca, in tutta evidenza, disagi e danni per la collettività e per il datore di lavoro, sulla cui considerazione si fonda la ratio della previsione legislativa delle sanzioni di cui si tratta (Cass. 5 ottobre 1998, n. 9876).
Del resto, va altresì rammentato come la Corte costituzionale abbia ampiamente ritenuto – come riepilogato da Cass. 28 gennaio 2019, n. 2298 cui risale la sintesi che segue – che il diritto di sciopero di cui all’art. 40 Cost. «possa essere oggetto di particolari limitazioni, relativamente agli addetti ai servizi pubblici essenziali, proprio in ragione della tutela di interessi generali assolutamente preminenti che trovano diretta protezione in principi consacrati dalla Costituzione (Corte cost. n. 123 del 1962), ovverosia di una tutela che attiene alla soddisfazione di interessi assolutamente essenziali (Corte cost. n. 124 del 1962) o di valori fondamentali legati alla integrità della vita e della personalità dei singoli, principi e limitazioni, cioè, diretti ad evitare la compromissione di funzioni da considerare essenziali per il loro carattere di preminente interesse generate (Corte cost. n. 31 del 1969, n. 290 del 1974, n. 222 del 1976, n. 125 del 1980 en. 165 del 1983)».
5. Ciò posto, il primo punto – di diritto – da dirimere é se l’astensione collettiva dei la voratori che si realizzi sulla base di giustificazioni formali delle assenze (permessi; malattia) possa essere definita sciopero ed a quali condizioni.
II punto si suddivide tuttavia in due profili, tra loro consequenziali e dunque da analizzare secondo l’ordine logico, dovendosi stabilire dapprima se le assenze nella notte del 31.12.2014 fossero astensioni da un lavoro dovuto e, in caso positivo, se esse si qualifichino come sciopero.
5.1. Rispetto al primo punto la dinamica fattuale appare pacifica:
– i turni di fine anno sono stati negli anni sempre regolati sulla base di straordinario volontario ed in tal senso il 18.12 il Comandante aveva trasmesso il piano operativo dei servizi;
– le organizzazioni sindacali hanno tuttavia emanato e mai revocato l’invito ai lavoratori ad astenersi dalla disponibilità a quei turni volontari;
– nell’impossibilità di procedere secondo le modalità consuete il Comune di (omissis) organizzò altrimenti i servizi di fine anno e tuttavia si manifestarono le assenze per malattia e permessi di cui si dirà, sicché il Comune dovette sopperire poi con il regime della “pronta disponibilità”, per cui evidentemente furono chiamati al lavoro dipendenti diversi da quelli che avrebbero dovuto coprire il servizio secondo l’organizzazione comunale e che erano risultati a quel punto assenti.
5.2. Non può aversi per utilmente richiamata la giurisprudenza (ad es. Cass. 31 marzo 2021, n. 8958) in ambito di lavoro (privato) ove si fa riferimento ad un diritto soggettivo a non prestare lavoro, se non su base volontaria, nelle festività infrasettimanali, quale il Capodanno.
É infatti evidente che tale regime non può valere per i servizi pubblici caratterizzati da continuità di svolgimento, ove é la normativa sui turni e sulle conseguenti indennità e riposi (art. 22 CCNL 14.9.2000 e poi art. 23 CCNL 21.5.2018 e 30 CCNL 16.11.2022) ed eventualmente sugli straordinari, a costituire la disciplina di riferimento.
D’altra parte, non risulta che le prestazioni di fine anno fossero incongrue rispetto ai turni di lavoro propri dei dipendenti addetti ai servizi di polizia di un ente locale secondo la contrattazione collettiva.
II fatto, dunque, che la Corte d’Appello non abbia considerato la natura meramente volontaria del lavoro festivo e dello straordinario non ha rilievo, in quanto si tratta di profilo giuridicamente infondato.
5.3. Quanto al verificarsi di un’astensione dal lavoro e quindi di uno sciopero, é certo che l’iniziativa comunale di copertura dei servizi con il consueto straordinario volontario non fosse andata a buon fine e che il Comune (omissis) – essendo evidente la necessità di coprire i servizi – doveva utilizzare in forme non volontarie il proprio personale.
É parimenti pacifico che il Comune, quando si organizzò per ottenere le prestazioni in forme non volontarie, non poté fare riferimento ad un gran numero di addetti che sarebbero stati chiamati, perché in malattia o a vario titolo in permesso.
Tralasciando il caso dei permessi, il diniego della prestazione insito nell’invio di certificate medico cui si abbia astrattamente titolo e senza dubbio in sé legittimo.
Se tuttavia il diniego della prestazione su tali basi si fondi su giustificazioni puramente formali e non corrispondenti a reali stati di malattia, va da sé – sulla base di quanto sopra detto – che si realizzi un’astensione dal lavoro la quale, se motivata da ragioni di rivendicazione collettiva, non può sfuggire alla qualificazione come sciopero, se si vuole “occulto”, in quanto apparentemente, ma infondatamente, coperto da giustificazioni formali delle assenze.
Non é qui questione di forme anomale di sciopero (a singhiozzo, a scacchiera, sciopero pignolo, comportamenti dilatori, su cui v., rispetto ai servizi pubblici essenziali, Cass. 5 maggio 1999 n. 476), quanto di una astensione dal lavoro, la cui particolarità sta nel fatto di essere essa occultata attraverso giustificazioni ritenute fittizie.
5.4. Pertanto, ricorrendo lo sciopero e ricorrendo l’interferenza con i servizi pubblici essenziali, ne deriva che l’attuazione senza osservanza delle forme di cui alla legge n. 146 del 1990 determina l’illiceità dello strumento e, nel ricorrere di una situazione in cui vi siano organizzazioni sindacali che “proclamano” o “aderiscono” ad una tale agitazione, una loro responsabilità ai sensi della normativa sopra citata.
5.5. L’assoluta preponderanza nel caso di specie del fenomeno delle “malattie”, numericamente (745 casi) e percentualmente (oltre il quintuplo rispetto agli anni precedenti) assai elevate, consente peraltro di concentrare su di esse – come del resto ha fatto la Corte territoriale – la valutazione della liceità o meno di quanto accaduto, senza necessità di affrontare il tema dell’incremento anomalo dei permessi, peraltro risultati anch’essi sostanzialmente raddoppiati proprio in corrispondenza della fine dell’anno.
6. In gran parte la questione, rispetto a questa causa, diviene dunque di fatto, per quanto articolata rispetto ai vari profili che gradatamente integrano la fattispecie ultima della responsabilità del sindacato ricorrente per la sanzione infine irrogata.
7. Procedendo in ordine logico, la prima questione da affrontare e quella in ordine alla portata fittizia delle giustificazioni addotte dai lavoratori per restare assenti dai servizi propri di quella notte di fine anno.
Quanto accertato dalla Corte d’Appello é che le giustificazioni delle malattie fossero fittizie e quindi esse avessero il fine di realizzare l’effetto dell’astensione dal lavoro con assenza del servizio senza far apparire che si attuava in tal modo una protesta a fini di rivendicazione lavoristica ed un incremento significativo di assenze risulta esservi stato anche con riguardo ai permessi.
II manifestarsi di assenze per malattia fittizie, evidentemente, se vero, riporta di per se appieno, per quanto sopra detto, nell’alveo dello sciopero, con l’aggravante del tentativo di un occultamento di esso a fini elusivi delle regole di tutela della collettività che lo riguardano quando si interferisca con servizi pubblici essenziali.
7.1. Su questo primo punto di fatto, la Corte territoriale ha argomentato evidenziando:
– il rilevante incremento statistico delie assenze (più che quintuplicate quelle per malattia e più che duplicate quelle per permessi) rispetto al corrispondente periodo degli anni precedenti;
– l’assenza di elementi atti a dimostrare l’esistenza di picchi epidemici in quel frangente temporale;
– la rilevante convergenza dei comportamenti dei lavoratori nel medesimo lasso di tempo dal 29 dicembre e nel contesto di una situazione di conflittualità sindacale che già precedentemente era stata indirizzata (v. indizione delie assemblee per l’ultimo dell’anno, a cavallo della mezza notte, poi revocate) verso la creazione di un disservizio proprio nel momento di particolare necessità per il servizio pubblico.
7.2. I dati valorizzati sono indubbiamente precisi (“rilevante” – perché numericamente di assoluta evidenza – incremento delie assenze; assenza di picchi epidemici; sussistenza di iniziative sindacali aventi ad oggetto i servizi dell’ultimo dell’anno), gravi (in quanto tutti attinenti alla giustificazione di quelle assenze) e concordanti (in quanto tutti destina ti ad indirizzare nello stesso senso interpretativo).
I principi in tema di presunzioni sono del resto consolidati, nel senso che, con riferimento agli artt. 2727 e 2729 c.c., spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso ..a11e presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fonda mento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezza mento di fatto che, ove adeguata mente motivato, sfugge al sindacato di legittimità (Cass. 5 agosto 2021, n. 22366).
Va aggiunto che la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi a prospettare l’ipotesi di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio ed anche la censura ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. non può avere corso, se non quando esso porterebbe la controversia con certezza ad una soluzione diversa, sicché non si tratti invece dell’opzione tra due scelte possibili, altrimenti realizzandosi una indebita sostituzione del giudice di merito nella selezione delle fonti di convincimento (Cass. 12 dicembre 2017, n. 29781; Cass. 28 marzo 2017, n. 7916).
Neppure occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo criterio di normalità (tra le molte, Cass. 1° agosto 2007, n. 1693; Cass. 29 maggio 2006, n. 12802; Cass. 10 gennaio 2006, n. 154) visto che la deduzione logica e una valutazione che, in quanto tale, deve essere probabilmente convincente, non oggettivamente inconfutabile (Cass. 13 marzo 2014 n. 5787 e, ancora Cass. 22366/2021 cit.).
L’evidenziarsi, nel ricorso per cassazione, di altri elementi o la critica rispetto aIla valorizzazione dei profili ritenuti decisivi dal giudice, é dunque inammissibile, perché a fronte di un ragionamento basato su elementi dotati delie caratteristiche idonee a sorreggere ii ragionamento presuntivo, quella che si persegue in tal modo é una diversa valutazione del merito e dell’istruttoria che é improprio rispetto al giudizio di legittimità (Cass., S.U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., S.U., 25 ottobre 2013, n. 24148; ora anche Cass. 22 novembre 2023, n. 32505).
7.3. II ragionamento può essere ulteriormente precisato.
Nulla muta, rispetto al tema dell’accertamento della natura fittizia delle malattie dei dipendenti, anche a voler considerare l’assenza di specifici riscontri sulla falsità delle singole certificazioni.
La Corte territoriale ha infatti dato preponderanza al dato statistico, per concluderne che, al di là di singoli casi, in assenza di epidemie comprovate, esso stesse ad attestare che le malattie o un numero significativo di esse doveva essere fittizio.
L’eclatanza del dato statistico (più che quintuplicarsi delle malattie rispetto agli anni precedenti) esclude che il ragiona mento sia in se implausibile e ci6 appare di evidenza inoppugnabile.
Su tale presupposto, la scelta sul valorizzare l’uno o l’altro elemento appartiene al libero convincimento del giudice, che ha evidentemente ritenuto impossibile una ricostruzione ex post caso per caso di malattie non più esistenti ed ha invece dato preponderanza ad un elemento numerico in se assai sintomatico e, date le dimensioni, tutt’altro che equivocabile.
Ciò secondo i principi del tutto consolidati che si sono ricordati al punto che precede, che escludono altresì la rilevanza di altri fatti e rilievi minori al fine di sovvertire l’asse decisionale precedentemente ricostruito nei suoi diversi dettagli.
7.4 I motivi sul verificarsi di un’astensione collettiva dal lavoro non giustificabile, nel suo insieme e senza riguardo a posizioni di singoli, vanno dunque disattesi.
8. II secondo punto di fatto rispetto a tale astensione lavorativa é quello in ordine ai motivi che l’hanno determinata.
La Corte qui ha argomentato in difformità dal Tribunale escludendo che si potesse essere trattato di ragioni “soggettive” dei singoli lavoratori e per fare ciò ha:
– sostanzialmente escluso il mero intento di riposarsi, evidenziando come fosse in tal caso più ragionevole attendersi una tempestiva richiesta di ferie;
– evidenziato il convergere del fenomeno di quei plurimi comportamenti individuali realizzati sin dal 29 dicembre, ovverosia nel periodo (il fine anno) cui avevano fatto riferimento le prospettate iniziative sindacali dei conflitti pregressi del dicembre di quell’anno.
Si tratta ancora di ragionamento indiziario fondato su elementi chiari, che esprime un non implausibile convincimento di merito e per il quale valgono dunque le considerazioni sopra esposte.
9. Gli elementi di cui sopra attestano dunque, nel ragionamento della Corte territoriale, il verificarsi di un’astensione collettiva a fini sindacali in occasione dell’ultimo dell’anno/Capodanno 2014/2015, in (omissis).
10. Vi é quindi da affrontare il tema sotto il profilo – anch’esso essenziale per quanto vi é qui da decidere – dell’avere le organizzazioni sindacali, tra cui la (omissis) “organizzata e promossa” l’astensione collettiva dal lavoro di cui si é detto.
Qui la Corte d’Appello ha valorizzato i seguenti elementi:
– gli originari post apparsi tra il 18 ed il 20 dicembre, suI profilo ufficiale della (omissis) in cui si manifestavano minacciose iniziative di sabotaggio degli eventi della citta: Capodanno, epifania e derby “una delle tre non ci sarà”; “lavoreranno in 3 !!! Capodanno in famiglia”; rimozione deleghe a chi si impegnasse in turni di straordinario;
– la mancata revoca dell’invito ai lavoratori di astenersi dalla prestazione di lavoro su base volontaria, su cui il Comune di (omissis) aveva sempre fatto affidamento negli anni precedenti per assicurare il servizio;
– il verificarsi di un mero differimento delle assemblee già indette per la notte di Capodanno, avvenuto con modalità temporali (il 12) tali da non contraddire il persistente intento di protesta delle organizzazioni sindacali;
– il comunicato a firma congiunta del 30 dicembre con cui le Organizzazioni Sindacali preannunciavano “ulteriori forme di lotta per rendere più incisiva ed eclatante l’azione intrapresa”;
– l’ambiguità del post suI profilo Facebook del rappresentante (omissis) del 30 dicembre che, nell’invitare i colleghi a comportarsi “correttamente”, manifestava tuttavia il verificarsi di una sorta di cooptazione e poteva anche sembrare tale (“fosse cosi facile”) da suggerire espedienti per reagire al comportamento datoriale.
Da ciò la Corte di merito ha sostanzialmente desunto l’esistenza di un indirizzo delle organizzazioni sindacali ai lavoratori perché si astenessero dal prestare la propria opera nella notte del 31 dicembre.
L’impianto indiziario muove da fatti precisi, assunti nella loro oggettività (post del 18-20 dicembre; mancata revoca dell’invito a rifiutare le prestazioni volontarie dell’ultimo dell’anno; i tempi di disdetta delle assemblee; il comunicato del 30.12) o ricostruiti – non essendovi evidentemente da parlare di prove “legali” – in modo non implausibile (l’ambiguità del comunicato Facebook del 30.12), tra loro convergenti e muniti di indubbie caratteristiche di “gravità” nel manifestare l’intento di protesta.
Quindi vale anche da questo punto di vista quanto si é sopra detto rispetto alla validità del ragionamento indiziario.
11. Vi é poi da considerare l’argomento secondo cui la sentenza di appello, ricostruendo in quel modo i fatti, addosserebbe al sindacato una posizione di avallo rispetto a comportamenti, se non anche a reati.
Tuttavia, la fattispecie di reato é individuale e necessita accertamenti puntuali (sul tema specifico, v. Cass. pen. 7 dicembre 2015, n. 48328) che qui non rilevano come tali.
L’accertamento che fonda la sanzione applicata riguarda il verificarsi di uno sciopero in ambito di servizi pubblici essenziali senza l’osservanza delle regole proprie di esso e tanto basta, il resto appartenendo a – comprensibili ma non decisive – enfasi difensive.
12. Quanta poi alla prova che abbiano aderito allo sciopero lavoratori appartenenti alla ricorrente, oltre ad avere la Corte territoriale positivamente accertato che più della meta degli assenti era iscritto ad almeno una delle sigle interessante, vale altresì il rilievo in diritto svolto dalla sentenza impugnata, ovverosia che una volta organizzato e promosso uno sciopero da parte di una certa organizzazione sindacale, non ha rilievo che chi partecipi sia ad essa iscritto, contando solo il nesso causale tra quell’iniziativa e il comportamento dei lavoratori che vi hanno data attuazione.
Rileva cioè la capacita di fatto delle sigle promotrici di trovare adepti rispetto all’iniziativa assunta e non la formale appartenenza sindacale di questi ultimi.
13. Infine é irrilevante anche il fatto che, con altre sentenze, sia stata esclusa la responsabilità di altri sindacati, in quanto ciò é effetto naturale dell’autonomia dei relativi processi, con data che non può in sé sovvertire il convincimento di merito raggiunto, sui fatti decisivi, dall’ampia ed articolata motivazione della Corte d’Appello nella sentenza qui impugnata.
14. II ricorso va quindi disatteso e può affermarsi anche il seguente principio di diritto:
«nell’ambito dei servizi pubblici essenziali, costituisce sciopero, come tale soggetto alla disciplina di cui alla legge n. 146 del 1990, l’astensione dal lavoro che si realizzi, a fini di rivendicazione collettiva, mediante presentazione di certificazioni mediche che, secondo l’accertamento del giudice del merito, risultino fittizie e finalizzate a giustificare solo formalmente fa mancata presentazione al lavoro, senza reale fondamento in un sottostante stato patologico, ma in realtà siano da collegare ad uno stato di agitazione volto all’astensione collettiva dal lavoro nella sostanza proclamato dalle OO.SS. in modo “occulto”».
15. Alla reiezione del ricorso segue la regolazione delle spese secondo soccombenza.
16. Segue altresì la declaratoria della ricorrenza delie condizioni per il c.d. raddoppio del contributo unificato, cui non si sottraggono, se quel contributo risulti dovuto, le organizzazioni sindacali quali soggetti giuridici legittimati ad agire in giudizio.
Ciò per plurime ragioni:
a) la disciplina del suddetto raddoppio é di stretto diritto e non contempla deroghe per le organizzazioni sindacali;
b) per costante giurisprudenza di questa Corte le circolari non sono fonti del diritto ma semplice presupposto chiarificatore della posizione espressa dall’Amministrazione su un dato oggetto (Cass. 12 gennaio 2016, n. 280; Cass. 14 dicembre 2012, n. 23042; Cass. 27 gennaio 2014, n. 1577; Cass. 6 aprile 2011, n. 7889);
c) di conseguenza, non va attribuito alcun valore, nella specie, alla Circolare del Ministero della Giustizia n. 21/2013 secondo cui il procedimento disciplinato dall’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori, volto a ottenere da parte dei sindacati la repressione della condotta antisindacale del datore di lavoro – il quale peraltro, nella specie, non é oggetto di causa – sarebbe da considerare esente dal contributo unificato, trattandosi di un procedimento che si fonda sulla violazione di norme costituzionali o quantomeno generali dell’ordinamento, tenuto conto che non vi é esenzione per le cause che riguardino la tutela individuale del lavoratore, per quanto anch’esse destinate a fondarsi sul diritto costituzionale al lavoro di cui agli artt. 4 e 35 Cost.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della Commissione di Garanzia dell’Attuazione della Legge sullo Sciopero nei Servizi Pubblici Essenziali, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del atto della sussistenza dei 2002, art. 13, comma 1-quater da presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per ii ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7 febbraio 2024
II Consigliere estensore Il Presidente
Roberto Bellé Lucia Tria
Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2024.