Conducente di un bus di linea sul display scrive “vaccinatevi sto Cxxxo”: licenziato per giusta causa (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 13 marzo 2023, n. 7293).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10469/2020 R.G. proposto da:

(OMISSIS) ALESSANDRO, elettivamente domiciliato in ROMA V.LE (OMISSIS) (OMISSIS), n. 294, presso lo studio degli avvocati VALERIO  (OMISSIS) ed ANGELO (OMISSIS), che lo rappresentano e difendono;

-ricorrente-

contro

(OMISSIS) S.P.A. AZIENDA (OMISSIS) DI ROMA CAPITALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA (OMISSIS), n. 45, presso lo studio dell’avvocato SIMONA (OMISSIS) che la rappresenta e difende;

-controricorrente-

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 358/2020, depositata il 29/01/2020.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/01/2023 dal Consigliere Dott. Guglielmo Cinque.

Ritenuto che

1. Con la sentenza n. 358/2020 la Corte d’appello di Roma ha confermato la pronuncia del Tribunale della stessa sede che aveva respinto l’opposizione proposta da (OMISSIS) Alessandro, autista di mezzi pubblici dell’(OMISSIS) spa avverso l’ordinanza dello stesso Tribunale con la quale era stata disattesa la domanda di impugnativa del licenziamento per giusta causa, fondata su:

a) la mancanza di forma scritta del licenziamento;

b) la ritorsività del recesso datoriale;

c) la non riconducibilità al ricorrente del fatto contestato; d) la sproporzione della sanzione applicata.

2. Il recesso era stato adottato, a seguito di opinamento di destituzione ex 53 RD n. 148/1931, per la seguente contestazione:

“in data 27 agosto 2017, alle ore 7,38 circa, sul gruppo Facebook di “Genitori e bambini liberi e sani -Popolo Unico”, con il nominativo Alessandro Ceccarelli, veniva pubblicata una foto di un autobus che sul display della tabellazione riportava “VACCINATI STO CAZZO”, accompagnata da un post riportante la seguente dichiarazione: “Scusate il termine colorito ma stamattina me so’ svegliato così e mentre lavoro e aspetto di partire ho voluto dipingere il mio bus così”…. Risulta, inoltre, che alle ore 9,30 circa…nella medesima pagina suindicata di Facebook…ad un interlocutore che scriveva che Alessandro (OMISSIS) meritava di essere licenziato, Lei rispondeva testuali parole: “ci hanno provato in tutti i modi ma per la loro insolenza gli ho sfilato 40.000 euro con i quali mi sono fatto casa nuova ahahahahah e li ho anche ringraziati” …. Per quanto sopra risulta che Lei, nella giornata in questione, durante il suo turno di servizio, utilizzava, senza alcuna autorizzazione aziendale, il sistema di bordo per la tabellazione della vettura aziendale a Lei assegnata per lo svolgimento del servizio di linea per divulgare un messaggio non attinente lo svolgimento del servizio di linea cui Lei era atteso, con gravi ripercussioni sulla reputazione e l’immagine aziendale.

Con il comportamento sopra descritto Lei:

– in qualità di incaricato di un pubblico servizio ha abusato dei mezzi e degli strumenti aziendali messi a disposizione nell’esercizio delle sue finzioni durante il suo turno di servizio;

– arbitrariamente distoglieva il mezzo aziendale dal normale servizio di linea per pubblicare un messaggio sul display non attinente il servizio medesimo, bensì una personale manifestazione del pensiero;

– non rendeva identificabile la linea esercitata da quel bus pregiudicandone il possibile utilizzo da parte dell’utenza; recava pregiudizio all’immagine e alla reputazione aziendale pubblicando un messaggio non attinente al servizio ma una Sua personale opinione inerente una tematica sociale particolarmente rilevante;

– nel divulgare informazioni e notizie attinenti il suo rapporto di lavoro con l’azienda, Lei ha violato la riservatezza delle notizie e la corretta gestione delle informazioni personali;

– inoltre violava il codice etico aziendale agli artt. 3, 4, 6, 7 e 12…”.

3. Per quello che interessa in questa sede, la Corte distrettuale, dopo avere ritenuto il (OMISSIS) autore della condotta, ha rilevato che la stessa rientrava tra quelle punibili dal RD 148/1931 con la destituzione (art. 45 sub 2 e 9) così come era sussumibile nella ipotesi, sanzionabile con il licenziamento senza preavviso dalla contrattazione collettiva, oltre a rappresentare un autonoma fattispecie, sanzionabile invece con la sanzione della sospensione, la frase detta (“ci hanno provato in tutti i modi ma per la loro insolenza gli ho sfilato 40.000 euro con i quali mi sono fatto casa nuova ahahahahah e li ho anche ringraziati”) costituente “dimostrazione di scherno o di disprezzo ai superiori od agli atti dell’azienda, per iscritto”.

4. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione Alessandro (OMISSIS) affidato a due motivi cui ha resistito con controricorso la (OMISSIS) spa.

5. Il ricorrente ha depositato memorie.

Considerato che

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, degli artt. 42 nn. 14) e 15, e 45 n. 9) del Regio Decreto n. 148/1931 in relazione all’art. 12 delle preleggi in rapporto all’art. 18 comma 4 legge n. 300 del 1970 e all’art. 2119 cc, per avere la Corte distrettuale erroneamente o falsamente interpretato, violando e/o falsamente applicando l’art. 12 preleggi, il predetto Regio Decreto così applicando erroneamente e/o falsamente l’art. 18 co. 4, legge n. 300/1970, avendo configurato la fattispecie accertata tra le ipotesi di destituzione di cui all’art. 45 n. 2 e 9) RD n. 148/1931 anziché in quelle di sospensione di cui all’art. 42 n. 14 e 16 RD n. 148/1931; in tal modo la Corte territoriale, secondo l’assunto del ricorrente, ha inquadrato giuridicamente in modo erroneo la fattispecie come legittimo motivo di licenziamento per giusta causa e proporzionata la sanzione applicata.

Il ricorrente sostiene, altresì, che il display non era un registro e non conservava tracce dei percorsi effettuati o dei parametri del mezzo né poteva avere il valore di documento, mentre l’uso improprio temporaneo del display non avrebbe potuto ledere né la pubblica fede né l’affidabilità dei documenti aziendali, costituendo solo un pensiero di un autista manifestato in forma volgare di scherno e di disprezzo, senza incidere sulla regolarità del servizio.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione e/o falsa applicazione, ex 360 n. 3 cpc, dell’art. 67 del contratto collettivo nazionale autisti in relazione all’art. 1362 cc, in riferimento all’art. 18 co. 4 legge n. 300 del 1970 e all’art. 2119 cc, per avere la Corte di appello erroneamente o falsamente interpretato il predetto art. 67 b) del contratto collettivo nazionale autoferrotranvieri ex art. 1362 cc, così applicando erroneamente e/o falsamente l’art. 18 co. 4 della legge n. 300/1970, avendo configurato la fattispecie accertata tra le ipotesi di licenziamento di cui all’art. 67 lett. b) del predetto contratto collettivo anziché tra le ipotesi di cui all’art. 66 lett. c), così erroneamente inquadrando giuridicamente come legittimo il motivo di licenziamento per giusta causa e proporzionata la sanzione applicata.

Il ricorrente sostiene, altresì, che il display non era un registro e non conservava tracce dei percorsi effettuati o dei parametri del mezzo né poteva avere il valore di documento, mentre l’uso improprio temporaneo del display non avrebbe potuto ledere né la pubblica fede né l’affidabilità dei documenti aziendali, costituendo solo un pensiero di un autista manifestato in forma volgare di scherno e di disprezzo, senza incidere sulla regolarità del servizio.

In particolare, si obietta che il comportamento oggetto di incolpazione costituiva mancanza da cui era derivata una momentanea irregolarità nel servizio o poteva derivarne danno non rilevante alla sicurezza del servizio ma non l’appropriazione di un bene aziendale a lui affidato e la alterazione di documenti di trasporto come ritenuto dai giudici di appello; si evidenzia, infine, che la statuizione della Corte distrettuale estendeva il catalogo delle giuste cause o dei giustificati motivi soggettivi oltre quanto stabilito dall’autonomia delle parti e si chiedeva, in subordine, che fosse applicata la tutela ex art. 18 co. 5 legge n. 300 del 1970.

4. Il primo motivo è infondato.

5. La Corte di merito ha, infatti, correttamente escluso che la condotta complessivamente addebitata e pacificamente ritenuta in capo al lavoratore potesse essere riduttivamente ricondotta a quella prevista dall’art. 42 del RD 148 del RD n. 148 del 1931: in particolare, quale dimostrazione di scherno e di disprezzo verso i superiori dell’azienda, sia per iscritto che in presenza di testimoni.

6. In realtà, come sottolineato dai giudici di seconde cure, nel comportamento del dipendente è ravvisabile una condotta di chi:

a) avvalendosi della propria condizione (autista con disponibilità del display del veicolo affidatogli in custodia) si è procurato un indebito vantaggio nell’esprimere in termini volgari una sua opinione sulle vaccinazioni;

b) si è reso, con azione disonorevole, indegno della pubblica stima tanto è che sul medesimo social ove era stata postata la foto, un interlocutore gli aveva detto che meritava di essere licenziato;

c) aveva sottratto scientemente dal suo uso naturale il display dell’autobus per adibirlo a strumento di manifestazione di un proprio pensiero in maniera peraltro scurrile.

7. A tale riguardo è opportuno evidenziare che il display luminoso di un autobus, in quanto indicatore luminoso e visibile a terzi della linea, della destinazione, oltre che mezzo di comunicazione di eventuali emergenze per gli utenti, può considerarsi -come condivisibilmente affermato dalla Corte territoriale- sicuramente compreso nel concetto di “documenti di servizio, registri od atti qualsiasi appartenenti all’azienda o che la possano comunque interessare” avendo appunto riguardo ad una lettura della disposizione del Regio Decreto del 1938 calibrata all’attualità e modulata in relazione allo sviluppo tecnologico che ha interessato la strumentazione di bordo rispetto a quella di quasi un secolo fa quando, cioè, fu redatta la norma.

8. Alcun vizio di sussunzione è, pertanto, ravvisabile nelle argomentazioni della Corte distrettuale che, in modo esatto, ha fatto rientrare il comportamento addebitato tra le ipotesi sanzionabili con la destituzione (art. 45) e non con la sospensione dal servizio (art. 42) dal RD n. 148/1931.

9. Anche il secondo motivo è infondato.

10. La Corte capitolina ha svolto una accurata disamina anche delle disposizioni contrattuali collettive sussumendo la condotta contestata in quella per la quale è prevista la sanzione del licenziamento senza preavviso (art. 67).

11. Invero, il comportamento del dipendente è stato correttamente ritenuto quale appropriazione, sia pure temporanea, di un bene aziendale affidato al lavoratore e quale alterazione di un documento di trasporto (come specificato dalla contrattazione collettiva) perché, come detto, esso serve a rendere pubbliche e visibile agli utenti le indicazioni che devono essere riportate nel “foglio di viaggio” contenente, appunto, il tipo di servizio svolto, l’itinerario principale e la indicazione della società che eroga il servizio.

12. Per la finalità e funzionalità sopra indicata del display di un autobus, è senza dubbio condivisibile la natura di “documento di trasporto” (come specificato dalla contrattazione collettiva) perché, come detto, esso serve a rendere pubbliche e visibili agli utenti le indicazioni che devono essere riportate nel “foglio di viaggio” contenente, appunto, il tipo di servizio svolto, l’itinerario principale e la indicazione della società che eroga il servizio.

13. Di tale strumento il dipendente si è appropriato per uso personale.

14. Quanto, infine, al parametro della giusta causa, la Corte territoriale ha, in ogni caso, valutato la gravità del fatto ex 2119 cc, in ordine al comportamento del (OMISSIS), non solo considerando le condotte già previste quali causa di destituzione (dal RD n. 148/1931) o di licenziamento senza preavviso (dal Contratto Collettivo Autoferrotranvieri), ma anche vagliando l’affermazione di scherno, sprezzante e fortemente denigratoria, manifestata dal lavoratore nello stesso contesto temporale, nei confronti della propria azienda: dichiarazione di per sé idonea ad essere sanzionata con la sospensione dal servizio.

15. Anche, pertanto, avendo riguardo alla nozione legale di giusta causa i giudici del merito hanno esattamente ritenuto la gravità della condotta e la proporzionalità della sanzione applicata.

16. Il notevole disvalore sociale di tutto il comportamento oggetto di incolpazione ed il quomodo del suo sviluppo non consentono, del resto, in alcun modo la sussunzione dell’addebito nella diversa previsione contrattuale della mera “mancanza da cui è derivata una momentanea irregolarità del servizio”.

17. L’esistenza di una giusta causa di licenziamento e la ritenuta proporzionalità della sanzione rendono, poi, ininfluente ogni questione sulla chiesta applicabilità dell’art. 18 co. 5 legge n. 300 del 1970 che presuppone, comunque, un accertamento di illegittimità del recesso o di non proporzionalità della sanzione che, nel caso de quo, sono stati esclusi.

18. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.

19. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.

20. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 gennaio 2023.

Depositata in Cancelleria il 13 marzo 2023.

SENTENZA – copia non originale -.