Cuccioli di cane abbandonati all’ingresso del canile: il pronto intervento del personale rende non punibile il fatto? (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 6 marzo 2023, n. 9202)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NICOLA Vito – Presidente

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. MAGRO Maria Beatrice – Rel. Consigliere

Dott. DI STASI Antonella – Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) MARIA CATERINA nata a COPERTINO il 25/09/19xx;

avverso la sentenza del 26/10/2021 del TRIBUNALE di LECCE;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott.ssa MARIA BEATRICE MAGRO;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. LUIGI ORSI, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

Ricorso trattato ex. art. 23 comma 8 D.L. 137/2020.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) Maria Caterina impugna la sentenza in epigrafe indicata, con la quale veniva condannata per il reato di cui all’art. 727 cod. pen., per aver lasciato innanzi al cancello d’ingresso di un canile pubblico, una scatola contenente cinque cuccioli di circa due mesi, senza né acqua né cibo, sotto il sole e alla presenza di alcuni cani randagi, per circa una mezz’ora, fino all’apertura del canile.

1.1. La ricorrente deduce, con il primo motivo di ricorso, articolato in tre punti, violazione di legge e vizio della motivazione e travisamento della prova in ordine all’affermazione della responsabilità per il reato di cui all’art. 727 cod.pen..

Rappresenta che il ‘giudice ha ritenuto irrilevante il mancato accertamento della qualità di proprietaria dei cuccioli, sebbene la ricorrente abbia eccepito di non essere la proprietaria, ma di averli rinvenuti sul ciglio della strada e raccolti con l’intenzione di consegnarli alla struttura pubblica, che trovava tuttavia chiusa; quindi, dopo aver aspettato e citofonato, si era allontanata.

Si precisa in proposito che la condotta tipica di “abbandono”, descritta dall’art. 727 cod. pen., presuppone l’esistenza di poteri di custodia sull’animale, e quindi la disponibilità o proprietà di questi, in quando essa incide sulle preesistenti condizioni di vita dell’animale.

1.2. Deduce inoltre che non integra la condotta tipica di “abbandono di animali” ai sensi dell’art. 727 cod. pen. la consegna di animali a struttura pubblica, nel caso di specie, anche in ragione del ridotto lasso di tempo in cui i cuccioli sono rimasti fuori dal canile.

1.3. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente si duole in ordine alla mancata concessione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131 bis cod. pen., rispetto la quale il Tribunale non ha affatto argomentato, sebbene ne sia stato espressamente richiesto il riconoscimento.

Con il medesimo motivo deduce difetto di motivazione in ordine alla quantificazione del danno, stimato in euro 5000 in favore dell’Enpa, in ordine alla pena della ammenda, quantificata in euro 6000 e in ordine alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

2. Il Procuratore Generale presso questa Corte, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

3. La ricorrente ha depositato note di udienza con cui si illustrano ulteriormente i motivi di ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La prima doglianza non rientra nel numerus clausus delle censure deducibili in sede di legittimità, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto riservati alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum.

Nel caso di specie, dalle cadenze motivazionali della sentenza d’appello è enucleabile una ricostruzione dei fatti precisa e circostanziata, avendo i giudici di secondo grado preso in esame tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alle loro conclusioni, in punto di responsabilità, attraverso una disamina completa ed approfondita delle risultanze processuali, in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede, come si desume dalle considerazioni formulate dal giudice a quo, laddove non ha ritenuto credibile la tesi difensiva esposta dalla ricorrente, in ordine al fatto di aver citofonato e telefonato al canile, di aver aspettato l’apertura per qualche minuto e di essersi determinata ad andare via perché aveva in auto una anziana parente.

Il giudice ha infatti affermato che le immagini tratte dal sistema di videosorveglianza collocate innanzi al cancello del canile non attestano alcuno sforzo di contatto della ricorrente con i gestori del canile, essendosi essa limitata ad aprire il cofano dell’auto e a prelevare uno scatolone con i cuccioli, che veniva poggiato accanto al muro di confine del canile ancora chiuso.

Inoltre, sotto il profilo ermeneutico, si osserva che nessuna rilevanza assume ai fini della integrazione della condotta tipica dì “abbandono” la proprietà degli animali domestici, quanto il potere di fatto esercitato sull’animale, sicché la fattispecie è integrata non solo dal proprietario, ma anche da chiunque detenga l’animale anche solo occasionalmente (Sez. 3, ordinanza n. 6415 del 18/01/2006, Rv. 233307).

1.2. Nemmeno il secondo motivo di ricorso può essere accolto.

Risulta infatti dalla motivazione della sentenza impugnata che i cuccioli sono stati collocati innanzi al cancello del canile, ancora chiuso, senza che fosse stato posto in essere alcun tentativo di contattare la struttura che li avrebbe presi in carico, citofonando, o attendendone l’apertura.

Si è quindi integrato, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, il reato di maltrattamenti di animali nella forma dell’abbandono, e non la consegna di animale, randagio o di proprietà, ad un canile comunale.

Né può essere ritenuta meritevole la tesi difensiva secondo cui si tratterebbe di consegna – lecita – di animale domestico a struttura pubblica preposta al ricovero di animali; in proposito si ricorda che, condivisibilmente, la giurisprudenza ha affermato che non integra il reato di cui all’art. 727 cod. pen., neppure sotto la forma dell’abbandono, la consegna di un cane presso le strutture comunali di ricovero per cani, anche sul falso presupposto che l’animale non sia il proprio, ma abbia origine randagia (Sez. 3, n. 34396 del 05/07/2001, Rv. 220105).

Nel caso in disamina, tuttavia, non vi è stata alcuna “consegna” dei cuccioli da parte della ricorrente, a prescindere dal rilievo che questi fossero randagi.

1.3. E’ fondata la terza doglianza.

Dall’esame degli atti contenuti nel fascicolo emerge che il difensore della ricorrente all’udienza del 26/10/2021 ha chiesto il riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen.

Il giudice a quo avrebbe pertanto dovuto spiegare le ragioni per le quali non ha ravvisato l’esiguità del pericolo determinato dalla condotta, nonostante dall’apparato argomentativo della pronuncia in esame emerga che le videocamere avevano ritratto la ricorrente depositare la scatola con i cuccioli alle ore 18,25 e che alle ore 19,00 i cuccioli sono stati raccolti e messi in sicurezza dal personale del canile.

Risulta poi dall’impianto giustificativo della pronuncia in esame che non si verificò alcun patimento, e che il fatto si verificò comunque in prossimità di una struttura adeguata a soccorrere gli animali che da lì a poco avrebbe aperto.

Viceversa, il giudice a quo ha semplicemente taciuto in ordine a tali profili. Siamo dunque in presenza del vizio di mancanza di motivazione, che è ravvisabile non solo quando quest’ultima venga completamente omessa ma anche quando sia priva di singoli momenti esplicativi in ordine ai temi sui quali deve vertere il giudizio (Sez. 6, n. 27151 del 27/06/2011; Sez. 6, n. 35918 del 17/06/2009, Rv. 244763).

Si impone, quindi, un pronunciamento rescindente limitatamente alla verifica della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto.

Qualora la Corte di Cassazione annulli con rinvio limitatamente all’accertamento dell’esistenza della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, il giudice di rinvio è tenuto a verificare esclusivamente l’applicabilità di tale causa di esclusione della punibilità, ma non può rilevare l’eventuale decorso del termine di prescrizione, stante la formazione del giudicato progressivo in punto di accertamento del reato e affermazione di responsabilità dell’imputato (Sez. 3, n. 38380 del 15/07/2015, Rv. 264796).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto concernente l’applicabilità dell’art. 131 bis cod. pen. con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Lecce, in diversa persona fisica.

Rigetta nel resto.

Così deciso all’udienza del 20 gennaio 2023.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.