Disastro ferroviario: il dipendente colpevole non è licenziabile se negli ultimi 60 mesi non ha causato sinistri (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 26 settembre 2023, n. 27407).

L A    C O R T E    S U P R E M A    D I    C A S S A Z I O N E

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADRIANA DORONZO – Presidente –

Dott. FABRIZIA GARRI – Consigliere –

Dott. CARLA PONTERIO – Consigliere –

Dott. FRANCESCO GIUSEPPE LUIGI CASO – Consigliere –

Dott. ELENA BOGHETICH – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso 21625-2020 proposto da:

(omissis) (omissis) elettivamente domiciliata in (omissis);

ricorrente

contro

(omissis) (omissis) S.R.L., in persona del legale rappresentante, pro tempore, elettivamente domiciliata in  (omissis);

controricorrente

avverso la sentenza n. 527/2020 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 05/06/2020 R.G.N.  3/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/09/2023 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH.

RILEVATO CHE

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Catanzaro, in riforma della sentenza del Tribunale di Cosenza, ha accertato – nell’ambito del procedimento ex art. 1, comma 58, della legge n. 92 del 2012 – la legittimità del licenziamento intimato da Ferrovie di (omissis) s.r.l. a (omissis) (omissis) in data 24.7.2015 per provata responsabilità nel disastro ferroviario del 6.3.2014.

2. La Corte territoriale, ritenuto rispettato il termine di 180 giorni previsto dal Regolamento di disciplina di cui alla delibera commissariale governativa 182 del 1995 per l’adozione del provvedimento disciplinare (che rinvia all’art. 53 dell’allegato A, del R.d. n. 148 del 1031), ha ripercorso minuziosamente i fatti accaduti sulla linea ferroviaria Catanzaro città-Soveria Mannelli il 6.3.2014 anche riportando ampi stralci del contenuto della consulenza tecnica d’ufficio redatta dagli ingegneri incaricati, in sede penale, dal Pubblico Ministero (giudizio che si è concluso, in primo grado, con la condanna della lavoratrice, responsabilità confermata dalla Corte d’Appello di Catanzaro, Terza Sezione Penale, n. 1225/2023 del 10/24 maggio 2023), giungendo alla valutazione di una gravissima violazione di fondamentali regole di diligenza professionale.

3. Avverso tale sentenza la lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.

La società ha resistito con controricorso e depositato memoria.

4. Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.

CONSIDERATO CHE

1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360 proc.civ., primo comma, n. 4, la nullità della sentenza, composta da “pezzi” della consulenza tecnica d’ufficio espletata nel giudizio penale, inseriti in modo bizzarro e disorganico; viene dedotta, altresì, la violazione degli artt. 111 Cost., 132, 156 cod.proc.civ. e 118 disp.att. cod.proc.civ., rilevandosi che la lavoratrice aveva proposto appello incidentale invocando l’applicazione dell’allegato 4 dell’accordo sindacale del 26.4.2013 (che escludeva l’applicazione di sanzioni disciplinari e risarcimento del danno ove risultasse la mancanza di sinistri imputabili al dipendente da almeno 60 mesi precedenti l’evento) e l’applicazione dell’art. 18, comma 4, della legge n. 300 del 1970.

2. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360 proc.civ., primo comma, n. 4, la nullità della sentenza e la violazione dell’art. 112 cod.proc.civ. avendo, la Corte territoriale, trascurato di verificare l’integrazione delle specifiche contestazioni disciplinari, statuendo la legittimità del licenziamento per cause differenti da quelle per cui era stato intimato.

3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 3, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti accordi collettivi nazionali di lavoro, la violazione dell’allegato 4 del verbale di accordo sindacale del 26.4.2013 (recepito nell’art. 34 del successivo CCNL del novembre 2015), la violazione falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 300 del 1970, avendo, la Corte territoriale, trascurato che la ricorrente, al momento del sinistro, era in servizio dal 2007, ovvero da più di 60 mesi e non aveva mai riportato alcun sinistro nei precedenti 27 mesi, con conseguente esclusione – in applicazione dell’accordo sindacale del 2013 – di ogni sanzione disciplinare ed eventuale risarcimento del danno; considerata tale previsione (e la ricorrenza dei suddetti requisiti, nel caso di specie), doveva applicarsi l’art. 18 della legge n. 300 del 1970 posto che ricorreva il caso della condotta punibile con una sanzione conservativa (ipotesi assimilabile al caso, come il ricorrente, nel quale – in applicazione dell’accordo sindacale del 2013 – nessuna sanzione era applicabile alla condotta disciplinarmente rilevante, con conseguente diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro).

4. Con il quarto motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli 9,65,75,76,103 del Regolamento di esercizio, del Regolamento segnali, dell’art. 12 delle Disposizioni per l’esercizio del sistema CTC, degli ordini di servizio emanati in materia nonché  violazione  e  falsa  applicazione dell’art. 18 della legge n. 300 del 70, avendo la Corte territoriale, mantenuto un atteggiamento acritico riguardo agli accertamenti effettuati in sede penale, prendendo in considerazione null’altro che le circostanze “sfavorevoli” alla lavoratrice, non considerando il prolungato black out elettrico che aveva interessato la zona a causa di forti temporali, i precedenti numerosi episodi di guasti tecnici e di malfunzionamento dei segnali e, in genere, un sistema di controllo della tratta ferroviaria del tutto inefficiente, non comprendendo al capotreno le operazioni e i controlli successivi alla partenza del treno.

5. Con il quinto motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli 2, 3 e 6 del Regolamento sul procedimento disciplinare (di cui alla delibera commissariale governativa n. 182 del 7.4. 1995), 53 dell’allegato A del Regolamento di cui al R.D. n. 148 del 1931,18, commi 4,5,6, della legge n. 300 del 1970 avendo, la Corte territoriale, erroneamente e genericamente individuato il termine iniziale del procedimento, risultando provato documentalmente che l’azienda e il suo direttore avevano avuto piena conoscenza delle circostanze legittimante l’apertura del procedimento molto prima della sua effettiva apertura (ossia già nel mese di aprile del 2014 quando erano state effettuate le verifiche e i controlli sulla funzionalità dei dispositivi e a maggio del 2014 quando erano state raccolte le dichiarazioni dei soggetti coinvolti nel sinistro) e, dunque, era ampiamente spirato il termine di 180 giorni per l’adozione del provvedimento  finale;  la  “conoscenza qualificata” degli eventi da parte dell’azienda è irrilevante, posto che l’art. 2 del Regolamento richiama solamente il primo comma dell’art. 53 (con la conseguenza che l’acquisizione della notizia qualificata non è il presupposto per l’apertura del procedimento ma per la proposta della sanzione ed eventualmente anche per la sospensione del lavoratore dal servizio).

6. Risulta logicamente e giuridicamente preliminare la disamina del quinto motivo di ricorso ai fini della verifica della tempestiva adozione del provvedimento Il motivo – che affronta una questione su cui non constano precedenti specifici di questa S.C. – non è fondato.

7. L’art. 2, comma 1, della delibera commissariale governativa 182 del 7.4.1995 recita: “Il termine iniziale del procedimento decorre dalla data in cui l’organo aziendale responsabile del procedimento abbia conoscenza, nelle forme di cui all’art. 53, co. 1, del Regolamento all. A) al R.D. 8 gennaio 1931, 148, del fatto da cui sorge l’obbligo di provvedere”.

L’art. 53 dell’Allegato A, del R.D. n. 148 del 1931 (applicabile ratione temporis alla fattispecie, visto che l’art. 27 del d.l. n. 50 del 2017, convertito con modificazioni dalla legge n. 96 del 2017,  ne ha disposto l’abrogazione), recita: “In base ai rapporti che pervengono alla Direzione od agli  uffici  incaricati del servizio disciplinare, il direttore, o chi da esso delegato, fa eseguire, per  mezzo  di  uno  o  più  funzionari,  le indagini e le constatazioni necessarie per l’accertamento dei fatti costituenti le mancanze.

Nel caso in cui l’agente sia accusato di mancanza, per la quale sia prevista la retrocessione o la destituzione, i suddetti funzionari debbono contestare all’agente i fatti di cui è imputato, invitandolo a giustificarsi.

I funzionari, eseguite le indagini, debbono presentare una relazione scritta nella quale riassumono i fatti emersi, espongono su di essi gli apprezzamenti e le considerazioni concernenti tutte quelle speciali circostanze che possono influire sia a vantaggio, sia ad aggravio dell’incolpato e quindi espongono le conclusioni intese a determinare, secondo il proprio convincimento morale, le mancanze accertate ed i responsabili di esse.

Alla relazione saranno allegati tutti gli atti concernenti il fatto, comprese le deposizioni firmate dai rispettivi deponenti od interrogati. Se questi non possono o non vogliono firmare, dovranno indicarne il motivo.

In base alla relazione presentata, il direttore, o chi da esso delegato, esprime per le punizioni, di cui agli articoli 43 a 45, l’opinamento circa la punizione da infliggere.

Quante volte il direttore ritenga incompatibile, a termini dell’art. 46, la permanenza dell’agente in servizio, può ad esso applicare la sospensione preventiva fino a che sia intervenuto il provvedimento disciplinare definitivo.

L’opinamento è reso noto agli interessati con comunicazione scritta personale.

Gli agenti interessati hanno diritto, entro cinque giorni dalla detta notifica, di presentare a voce o per iscritto eventuali nuove giustificazioni, in mancanza delle quali, entro il detto termine, il provvedimento disciplinare proposto diviene definitivo ed esecutivo.

Nel caso in cui l’agente abbia presentate le sue giustificazioni nel termine prescritto, ma queste non siano state accolte, l’agente ha diritto, ove lo creda, di chiedere che per le punizioni, sulle quali, ai sensi del seguente articolo, deve giudicare il Consiglio di disciplina, si pronunci il Consiglio stesso.

Tale richiesta, che deve essere fatta nel termine perentorio di dieci giorni da quello in cui gli è stata confermata dal direttore la punizione opinata, sospende l’applicazione della punizione fino a che non sia intervenuta la decisione del Consiglio stesso”.

8. Come questa Corte ha già rilevato (Cass. 13654 del 2015), il procedimento (maggiormente garantista, per il dipendente del settore autoferrotranviario, rispetto alla procedura prevista dalla legge n. 300 del 1970), si dipana attraverso quattro fasi: la prima è integrata dalla contestazione dell’addebito, con invito all’incolpato affinché si giustifichi; la seconda (che segue alle eventuali giustificazioni del dipendente) prevede una relazione scritta (corredata dell’opportuna documentazione delle indagini svolte) in cui i funzionari dell’Ufficio Disciplina riassumono i fatti emersi, espongono su di essi gli apprezzamenti e le considerazioni concernenti tutte le circostanze che possono influire sia a carico che a discarico dell’incolpato, nonché le conclusioni circa le mancanze accertate e i relativi  responsabili;  la   terza  fase  prevede l’espressione, da parte del Direttore dell’Ufficio Disciplina, del c.d. opinamento circa la eventuale sanzione da adottare, opinamento reso noto con comunicazione scritta all’interessato, che entro cinque giorni può presentare nuove giustificazioni (in mancanza delle quali il provvedimento disciplinare diviene definitivo ed esecutivo); infine, la eventuale quarta fase di attivazione del ricorso al Consiglio di disciplina.

9. Nel caso di specie, il sinistro ferroviario è avvenuto il 6.3.2014 tra le stazioni di (omissis) e (omissis) (omissis) come espone la stessa ricorrente, il Direttore dell’esercizio ferroviario disponeva l’espletamento di un’inchiesta e le attività amministrative si concludevano il 23.3.2015; tali risultanze “venivano trasmesse e rese note alla Direzione aziendale in data 26.3.2015” (pag. 2 del ricorso per cassazione); l’Ufficio di disciplina, nella stessa data di ricezione del rapporto da parte del Direttore dell’esercizio ferroviario, ha contestato l’addebito al lavoratore, richiedendo le giustificazioni; l’interessata presentava proprie giustificazioni; il Direttore dell’Azienda, non ritenute fondate le giustificazioni, adottava l’opinamento di destituzione, consentendo l’accesso agli atti alla lavoratrice; l’interessata presentava, nel rispetto del termine di 5 giorni previsti dall’art. 53 cit., nuove giustificazioni scritte; il provvedimento di licenziamento veniva comunicato il 17.7.2015.

10. Il combinato disposto degli 2, comma  1, della delibera n. 182 del 1995 e 53 del R.d. n. 148 del 1931, ricollega l’avvio del procedimento disciplinare alla conoscenza da parte della Direzione aziendale (o degli uffici incaricati del servizio disciplinare) dei rapporti inviati dagli altri uffici della società: organo preposto all’avvio del procedimento disciplinare e all’adozione del provvedimento finale (e, dunque, al rispetto del termine massimo di 180 giorni) è la Direzione aziendale (o gli Uffici del procedimento disciplinare).

Come emerge agevolmente dalle scansioni temporali innanzi riassunte, la Direzione aziendale (o l’Ufficio di disciplina) ha ricevuto il rapporto sul sinistro (così come ricostruito dal Direttore dell’esercizio ferroviario) nel marzo del 2015 e nel luglio dello stesso anno ha adottato il c.d. opinamento, nel rispetto, pertanto, del termine di 180 giorni dalla ricezione del rapporto.

11. La censura sviluppata nell’ambito del primo motivo di ricorso concernente la modalità di redazione della sentenza impugnata, il secondo motivo ed il quarto motivo sono inammissibili.

12. La nullità della sentenza per mancanza della motivazione, ai sensi dell’art. 132 p.c., è prospettabile quando la motivazione manchi addirittura graficamente, ovvero sia così oscura da non lasciarsi intendere da un normale intelletto.

In particolare, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr Cass. n. 3819 del 2020), non essendo più ammissibili, a seguito alla riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. (disposta dall’art. 54 del d.l. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012), le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata (Cass. n. 23940 del 2017).

13. La Corte territoriale ha dedicato ampio spazio ad illustrare le ragioni per le quali ha ritenuto ricorrente la violazione, da parte della lavoratrice, di fondamentali regole di diligenza professionale, con particolare riguardo alla contestazione disciplinare (riprodotta nella sentenza impugnata) che atteneva al consenso dato al treno 16 di uscire dalla stazione di (omissis) (omissis) “nonostante il segnale di partenza fosse disposto a via impedita” nonché al consenso alla prosecuzione della marcia nonostante il deviatoio n. 1 fosse disposto in coerenza con il segnale di partenza a via impedita.

La riproduzione di significative parti della relazione peritale effettuata in sede di indagini penali è intercalata da argomentazioni svolte dalla stessa Corte territoriale che rendono del tutto logicamente e giuridicamente comprensibile il ragionamento sviluppato.

14. Per il resto, nonostante il formale richiamo alla violazione di norme di legge, tutte le censure si risolvono nella denuncia di vizi di motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito, ai fini della ricostruzione dei fatti.

Al riguardo va ricordato che la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata non conferisce al Giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal Giudice del merito, non essendo consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze probatorie, sicché le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal Giudice del merito; la sentenza impugnata ricade sotto la vigenza della novella legislativa concernente l’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. (d.l. 22 giugno 2012, n. 83 convertito con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134) che ha determinato una ulteriore sensibile restrizione dell’ambito di controllo, in sede di legittimità, sulla motivazione di fatto, che va circoscritto al “minimo costituzionale”, ossia al controllo sulla esistenza, sotto il profilo della assoluta omissione o della mera apparenza, e sulla coerenza, sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta,” (sentenza n. 8053/2014), profili che, nel caso di specie, non ricorrono.

15. La censura del primo motivo attinente all’omessa valutazione dell’applicazione dell’allegato 4 dell’accordo sindacale del 26.4.2013 (che escludeva l’applicazione di sanzioni disciplinari e risarcimento del danno ove risultasse la mancanza di sinistri imputabili al dipendente da almeno 60 mesi precedenti l’evento), censura sostanzialmente riprodotta nel terzo motivo di ricorso, è fondata.

16. L’omessa pronuncia denunciabile ai sensi dell’art. 112 p.c. consiste nella mancanza di presa di posizione del giudice rispetto ad una domanda od eccezione, nulla avendo a che vedere con la mera carenza motivazionale, in una delle sue possibili manifestazioni. Né può ritenersi che si tratti di questione dipendente dalle altre affrontate dalla sentenza impugnata (e quindi suscettibile di assorbimento), essendo connotata da causa petendi autonoma e differente.

17. Risulta dal ricorso introduttivo del giudizio (esposto per sintesi dalla ricorrente e “localizzato” nell’ambito del fascicolo) nonché dal motivo di appello incidentale (riprodotto, in parte, nel ricorso per cassazione) che la lavoratrice (vittoriosa in primo grado) ha riproposto, in sede di appello, la tesi della inapplicabilità, nel caso di specie, della sanzione disciplinare adottata dall’azienda, in forza di una prospettata interpretazione dell’accordo sindacale del 26 aprile 2013, Allegato 4 che consente di rendere non punibili le condotte disciplinarmente rilevanti ove il dipendente non abbia mai riportato sinistri da più di 60 mesi.

Ebbene, effettivamente la Corte territoriale si limita ad illustrare ampiamente la valutazione di gravità del comportamento tenuto dalla lavoratrice (tale da integrare una giusta causa di licenziamento-destituzione, profilo da ritenersi, ormai, definitivamente accertato), ma non affronta minimamente il profilo di “non punibilità” cosi come prospettato dall’interessata.

La causa va, dunque, rimessa al giudice di merito per la valutazione dell’interpretazione dell’accordo sindacale invocato dalla lavoratrice e dell’eventuale applicazione al caso di specie.

18. In conclusione, va accolto il terzo motivo di ricorso e, per quanto di ragione, il primo motivo; il secondo ed il quarto motivo di ricorso sono inammissibili; il quinto motivo di ricorso va La sentenza impugnata va cassata e rinviata alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, che provvederà altresì sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, per quanto di ragione, e il terzo motivo;

dichiara inammissibili il primo motivo (per la parte residuale), il secondo ed il quarto motivo di ricorso;

rigetta il quinto motivo;

cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, che provvederà altresì sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso nella camera di consiglio del 12 settembre 2023.

Il Presidente

dott.ssa Adriana Doronzo

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.