REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Salvatore DOVERE – Presidente –
Dott. Ugo BELLINI – Relatore –
Dott. Vincenzo PEZZELLA – Consigliere –
Dott. Attilio MARI – Consigliere –
Dott. Anna Luisa Angela RICCI – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(omissis) (omissis) nata a MESSINA il xx/xx/19xx;
avverso la sentenza del 30/10/2020 della CORTE APPELLO di MESSINA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. UGO BELLINI;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa GIUSEPPINA CASELLA che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Messina in riforma della sentenza di condanna del Tribunale di Messina, appellata dall’imputata (omissis) (omissis), ritenuta la ipotesi del delitto tentato, ha rideterminato nei suoi confronti la pena, in relazione al reato di cui agli artt. 56, 624, 625 n. 2 e 7 cod. pen., in mesi due giorni venti di reclusione ed euro 140 di multa con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alle ritenute circostanze aggravanti.
Escludeva che ricorressero le condizioni per ritenere il fatto reato non punibile per particolare tenuità del fatto in primo luogo per i limiti di pena edittali previsti dall’art. 131 bis commi 1 e 4 cod.pen. e in secondo luogo perché il fatto non poteva ritenersi di particolare tenuità in presenza di danno potenzialmente non irrisorio (due confezioni profumo dal valore di euro 214) e in ragione delle circostanze aggravanti riconosciute che evidenziavano un condotta insidiosa e decettiva.
2. Avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso l’imputata articolando un unico motivo di ricorso con il quale deduce l’erronea applicazione della legge in quanto il tentativo di furto pluriaggravato consentirebbe di non superare lo sbarramento di cui all’art. 131 bis commi 1 e 4 cod.pen.
Con una seconda articolazione assume difetto di motivazione per illogicità e contraddittorietà in ragione alla esclusione del beneficio, laddove il fatto era modestissimo in quanto il furto si era fermato al tentativo; nessun pregiudizio si si era realizzato laddove il riconoscimento delle circostanze aggravanti non era tale da evidenziare una maggiore pericolosità della condotta ma era riconducibile alle modalità di vendita correlate al sistema self service della merce esposta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va disatteso in quanto la motivazione della sentenza impugnata appare resistente alle censure articolate dalla difesa della ricorrente laddove ha escluso, con argomenti privi di illogicità e contraddittorietà, la causa di non punibilità di cui all’art.131 bis cod.pen.
Il primo argomento utilizzato dal giudice distrettuale, rappresentato dai limiti edittali per la ipotesi di tentato furto pluriaggravato di cui agli art. 56, 624 e 625 n. 2 e 7 cod.pen. risulta invero superato dal fatto che, a seguito della riforma Cartabia, a partire dal 30 Dicembre 2022, deve farsi riferimento al nuovo testo dell’art. 131 bis cod.pen. con la conseguenza che, ai fini del riconoscimento della suddetta causa di non punibilità il giudice non deve più considerare la pena massima prevista per il reato nel previgente regime, che non avrebbe dovuto superare il limite di cinque anni di reclusione, bensì deve farsi riferimento alla pena minima edittale che non deve superare i due anni di reclusione; ne consegue che, poiché la novella normativa risulta immediatamente applicabile alla fattispecie in oggetto ai sensi dell’art. 2 comma 4 cod.pen., stante il contenuto sostanziale della nuova disciplina, e applicati i criteri di computo indicati dagli art. 56 e 131 bis comma 4 cod.pen., la ipotesi di furto tentato pluriaggravato consente l’applicazione della causa di non punibilità in quanto il minimo edittale del furto pluriaggravato (art. 625 cpv. cod.pen.) è pari ad anni tre di reclusione, ma su tale misura deve essere operata la riduzione per il delitto tentato, che costituisce figura autonoma di reato, così da risultare rispettato il limite dei due anni indicati dalla norma.
2. Quanto invece alla esclusione della causa di non punibilità in ragione della riconosciuta non particolare tenuità dell’offesa e della condotta il giudice di legittimità ha affermato che il giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (sez.7, n.10481 del 19/01/2022, De Plano, Rv.283044; sez.6, n.55107 del 8/11/2018, Milone, Rv.274647), risultando sufficiente evidenziare l’assenza di uno dei presupposti richiesti dall’art.131 bis cod.pen., da ritenersi pertanto decisivo (sez.3, n.34151 del 18/06/2018, Foglietta, Rv.2736782).
2.1 Orbene, il giudice distrettuale nel dare rilevanza alla ricorrenza di due circostanze aggravanti, che caratterizzavano per insidiosità e decettività l’azione delittuosa e nell’evidenziare che l’azione predatoria aveva avuto per oggetto non beni di prima necessità, ma prodotti di profumeria di un certo valore, ha operato una valutazione discrezionale sorretta da motivazione adeguata e comunque non caratterizzata da profili di evidente illogicità o contraddittorietà, sia con riferimento alla consistenza dell’offesa apportata, sia in relazione alle modalità dell’azione criminale.
3. Il ricorso deve pertanto essere rigettato con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 8 giugno 2023.
Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2023.