LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Franco DE STEFANO – Presidente –
Dott. Pasquale GIANNITI – Consigliere –
Dott. Antonella PELLECCHIA – Consigliere –
Dott. Stefano Giaime GUIZZI – Rel. Consigliere –
Dott. Salvatore SAIJA – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso 19891-2022 proposto da:
(omissis) (omissis) elettivamente domiciliato in Roma, (omissis) presso lo studio dell’Avvocato (omissis) (omissis) rappresentato e difeso dall’Avvocato (omissis) (omissis);
– ricorrente –
contro
COMUNE DI AVEZZANO, in persona del Sindaco “pro tempore”, elettivamente domiciliato in Roma, via (omissis), presso lo studio dell’Avvocato (omissis) (omissis), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 41/2022 della Corte d’appello de L’Aquila, pubblicata il 12/01/2022;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camera le del 05/06/2024 dal Consigliere Dott. Stefano Giaime GUIZZI.
FATTI DI CAUSA
1. (omissis) (omissis). ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 41/22, del 12 gennaio 2022, della Corte d’appello de L’Aquila, che – accogliendo il gravame esperito dal Comune di Avezzano avverso la sentenza 1273/16, del Tribunale della stessa citta – ha respinto la domanda risarcitoria, “illo tempore” proposta da (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) nella qualità di esercenti la responsabilità genitoriale sul figlio (allora) minore (omissis) (omissis) in relazione ad un sinistro occorsogli il 22 agosto 2008, alle ore 23.00, nella Villa comunale di Avezzano, mentre giocava su di un’altalena in bilico, alla presenza dei genitori.
2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierno ricorrente – divenuto maggiorenne nelle more del giudizio d’appello – che i suoi genitori ebbero ad adire l’autorità giudiziaria per far valere la responsabilità del Comune, ai sensi dell’art. 2051 cod. civ. (o in subordine ex 2043 cod. civ.), in relazione al suddetto sinistro, avendo egli subito lesioni personali in ragione della omessa manutenzione del gioco, sprovvisto, nella postazione su cui il medesimo era seduto, dell’apposita maniglia anticaduta.
Costituitosi in giudizio, il Comune, oltre a resistere all’avversaria domanda, chiedeva – invano, stante la tardività dell’istanza – di essere autorizzato a chiamare in causa sia il proprio assicuratore, sia la società appaltatrice della manutenzione dei giochi.
Istruita la causa attraverso prova per interpello dei genitori del (omissis) (omissis) nonché merce l’esame del solo teste ammesso e l’espleta mento di consulenza tecnica d’ufficio, il giudice di prime cure accoglieva la domanda, condannando il convenuto – ai sensi dell’art. 2051cod. civ. – a risarcire il danno, liquidato nella misura di € 11.084,00, oltre interessi.
Esperito gravame dal Comune di Avezzano, nel corso del secondo grado di giudizio sopravveniva la maggiore età del (omissis) tanto che, all’esito di interruzione della causa, la stessa veniva riassunta dall’appellante nei suoi confronti.
L’esito del giudizio d’appello consisteva nell’accoglimento del gravame, avendo il giudice di seconde cure – pur ritenuta certa la sussistenza della “responsabilità del Comune verso i terzi per la custodia e la manutenzione delle strade e di ogni spazio aperto al pubblico” – affermato l’esistenza di “un dovere dei terzi di fare un uso corretto e responsabile dei suddetti manufatti in custodia”.
Su tali basi, dunque, il giudice d’appello assumeva non esservi “dubbio” sul fatto che, nell’ipotesi in esame, “il comportamento del danneggiato” non fosse “stato conforme alle regole della prudenza, tenuto conto delle circostanze del caso concreto, tanto da aver “eliso in toto la possibilità di ricondurre alla responsabilità del proprietario l’evento dannoso occorso al piccolo (omissis) integrando l’ipotesi del “caso fortuito”. Difatti, presentandosi la cosa custodita “priva dell’indispensabile accessorio (maniglia)” e, dunque, “evidentemente inidonea ad essere usata da un bambino”, la “mancata valutazione dello stato dell’oggetto” da parte dei genitori, vale a dire il “comportamento del danneggiato”, lungi “dall’essere circostanza irrilevante – come sostenuto dal Tribunale – ha avuto un’efficienza causale autonoma nella eziologia dell’evento”.
3. Avverso la sentenza della Corte abruzzese ha proposto ricorso per cassazione il sulla base – come detto – di quattro motivi.
3.1. II primo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. – nullità della sentenza in relazione agli artt. 132, 101, 112 e 156 cod. proc. civ.
Viene lamentata “la nullità della sentenza per l’assoluta incertezza in relazione alle parti nei cui confronti la sentenza é stata emessa e nei cui confronti la stessa deve svolgere i suoi effetti”.
Essa, infatti, sebbene resa nei confronti del danneggiato, divenuto nelle more del giudizio d’appello maggiorenne:
– considera in più parti della motivazione i genitori quali danneggiati;
– indica erroneamente che la sentenza di primo grado avrebbe condannato il Comune a risarcire il danno in favore dei genitori;
– condanna alle spese del doppio grado i genitori dell’odierno ricorrente che hanno sempre agito quali rappresentanti e nell’interesse del minore e che, alla data della sentenza, non erano neppure contraddittori costituiti.
3.2. II secondo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, 3), cod. proc. civ. – violazione o falsa applicazione degli artt. 2051, 1227 e 2043 cod. civ., in relazione agli artt. 40 e 41 cod. pen.
Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui, attraverso un errore di sussunzione – nell’art. 12 27, anziché nell’art. 2043 cod. civ. – del comportamento del terzo tenuto alla vigilanza sul figlio minore, “si disinteressa di individuare la regola di condotta non scritta che il soggetto tenuto alla vigilanza era tenuto a rispetta re nelle circostanze risultanti dalie prospettazioni delie parti e dagli esiti dell’istruttoria, ricercando, al contrario, con valutazione soggettiva ed ex post, il solo comportamento che, a prescindere dalla regola di condotta, avrebbe con certezza impedito l’evento, con ciò violando i principi di regolarità causale di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., da applicare nelle condotte omissive”.
Si precisa, poi, che tutte “le argomentazioni sopra enunciate debbono ritenersi svolte anche con riferimento aIla domanda di risarcimento danni formulata dall’odierno ricorrente in via subordinata ai sensi dell’art. 2043 cod. civ.”, questione che, “assorbita implicitamente dalla sentenza per effetto della dichiarata efficienza causale autonoma della condotta omissiva dei genitori, viene espressamente riproposta”.
3.3. II terzo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. – violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132, comma 2, n. 4), proc. civ.
Tale motivo é proposto subordinatamente a quello che lo precede, e, in particolare, per l’ipotesi in cui si individuasse la regola cautelare trasgredita dai genitori del (omissis) nella loro presenza sul luogo del sinistro e nella “mancata valutazione dello stato dell’oggetto”, sicché tale regola fungerebbe anche da criterio per l’imputazione dell’omissione.
Infatti, in questo caso, la sentenza risulterebbe priva del benché minima riferimento al processo logico attraverso ii quale si e giunti ad individuare la regola di condotta.
3.4. II quarto motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che é stato oggetto di discussione tra le parti.
Si censura la sentenza impugnata perché “omette di valutare la dinamica cosi come rappresentata dalle parti e dall’unico testimone escusso, con particolare riferimento alla condotta tenuta dai genitori, i quali non hanno interagito con l’attrezzo” e “non accompagnavano il minore ad ogni gioco”, sicché “non potevano avere evidenza della mancanza della maniglia e della situazione di pericolo contingente”.
“Tale fatto, non valutato in sentenza, la quale fa riferimento alla mera presenza dei genitori sul posto”, si assume essere “decisive”, e ciò “in quanto la dichiarata responsabilità si fonda esclusivamente sull’evidenza del difetto del manufatto”.
4. Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, il Comune di Avezzano, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
5. La trattazione del ricorso e stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ.
6. Entrambe le parti hanno presentato memoria.
7. II Collegio si e riservato il deposito nei successivi sessanta.
RAGIONI DELLA DECISIONE
8. II ricorso – cui quattro motivi possono scrutinarsi congiuntamente, data la loro connessione – é inammissibile, giacche non coglie, ne quindi contrasta in modo adeguato, l’affermazione della sentenza impugnata che identifica nel “fatto del danneggiato” l’omissione di controllo della “res” da cui ha tratto origine (ma non causa, secondo la valutazione della Corte territoriale) l’evento dannoso di cui e stato vittima il (omissis).
8.1. Invero, la “criticità” del presente ricorso consiste nel fatto che esso “lambisce” soltanto il “punctum pruriens” della sentenza impugnata, ovvero l’aver essa applicato l’art. 1227 civ. ad una fattispecie concreta (l’omessa vigilanza dei genitori, che avrebbero dovuto avvedersi delle condizioni di insicurezza dell’attrezzo utilizzato dal figlio minore, privo com’era della maniglia di protezione), sussumibile, non nel fatto dello stesso danneggiato, bensì del terzo, rilevante ai fin i dell’esclusione della responsabilità ex art. 2051 cod. civ. del Comune di Avezzano.
Infatti, questo profilo della decisione della Corte aquilana non viene “ex professo” censurato, cioè lamentando la falsa applicazione, sotto questo specifico aspetto, dell’art. 1227 cod. civ., ma é – per cosi dire – attinto in modo obliquo e indiretto solo dal primo motivo di ricorso, che ne fa, però, l’oggetto di una censura di tipo “formale”. Essa, per vero, stigmatizza unicamente la difficolta di individuare – ciò di cui é riprova il rilievo che il motivo attribuisce alla disposta condanna dei genitori (e non del (omissis)) al pagamento delle spese di lite – l’effettivo destinatario del “comando” recato dalla statuizione del giudice d’appello e destinato, potenzialmente, “a fare stato tra le parti”, ex art. 2909 cod. civ.
Di fronte, dunque, a questa sorta di “aberratio ictus”, occorre prendere atto dell’inidoneità di tutti e quattro i motivi ricorso a contrastare l’erronea affermazione della sentenza impugnata in ordine ad un (inesistente) “fatto del danneggiato”, pervenendo al rigetto del ricorso.
Esito a corroborare il quale deve evidenziarsi che, al di la dell’inappropriato riferimento aI 1227 cod. civ., ciò che la sentenza ha voluto rimarcare e che l’omessa verifica dei genitori sulle condizioni d’insicurezza della cosa custodita in relazione all’evento dannoso ha degradato la prima da causa del secondo a mera occasione dello stesso.
8.2. Su tali basi, dunque, deve ribadirsi che, sull’ormai indiscusso presupposto della natura oggettiva della responsabilità del custode e della ontologica distinzione tra caso fortuito e fatto del danneggiato o del terzo, salva l’omogeneità delle ricadute “funzionali” sul piano della responsabilità e del risarcimento (per tutte, Cass. Sez. 3, sent. 27 aprile 2023, n. 11152, e successive conformi), questa Corte ha ancora di recente ribadito che “presupposti della responsabilità per i danni da cose in custodia, ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., sono la derivazione del danno dalla cosa e la custodia”, sicché essi, “in quanto elementi costitutivi della fattispecie di responsabilità speciale, ex art. 2051 cod. civ., devono essere provati dal danneggiato” (cosi, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 7 settembre 2023, n. 26142, Rv. 669110-01).
“Incombe, invece, sul custode”, si é del pari ribadito, “la prova (liberatoria) della sussistenza del «caso fortuito», quale fatto (impeditivo del diritto al risarcimento) che esclude la derivazione del danno dalla cosa custodita”, da intendersi quale “fatto diverso dal fatto della cosa, estraneo alla relazione custodiale, che assorbe in se l’efficienza causale dell’evento dannoso, escludendo che esso possa reputarsi cagionato dalla res” (cosi, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. n. 26142 del 2023, cit.).
La caratterizzazione oggettiva della nozione di “caso fortuito”, diversa da quella tradizionale che lo identificava con l’assenza di colpa (casus=non culpa), trova fondamento nell’orientamento, consolidatosi già da diversi anni nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. Sez. 3, ord. 1° febbraio 2018, nn. 2477, 2478, 2479, 2480, 2481, 2482 e 2483), nonché suggellato dal suo massimo consesso (Cass. Sez. Un., sent. 30 giugno 2022, n. 20943, Rv. 665084-01), oltre che di recente ulteriormente ribadito (Cass. Sez. 3, sent. n. 11152 del 2023, cit.), “secondo il quale la responsabilità di cui all’art. 2051 cod. civ. ha natura di responsabilità oggettiva, la quale prescinde da ogni connotato di colpa, sia pure presunta, talché e sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore della derivazione del danno dalla cosa, nonché del rapporto di fatto custodiale tra la cosa medesima e il soggetto individuato come responsabile” (cfr., ancora una volta, Cass. Sez. 3, sent. n. 26142 del 2023, cit.).
Pertanto, la responsabilità ex art. 2051 cod. civ. ha natura oggettiva – in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, non già su una presunzione di colpa del custode – e può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate, rispettivamente, la prima dalla colpa ex art. 1227 cod. civ. (bastando la colpa del leso: Cass. Sez. 3, ord. 20 luglio 2023, n. 21675, Rv. 668745-01; Cass. Sez. 3, ord. 24 gennaio 2024, n. 2376, Rv. 670396 – 01) o, indefettibilmente, la seconda dalle oggettive imprevedibilità e non prevedibilità rispetto all’evento pregiudizievole.
A tanto deve aggiungersi che la valutazione del giudice del merito sulla rilevanza causale esclusiva della condotta del leso costituisce un tipico apprezzamento di fatto, come tale incensurabile in sede di legittimità, ove scevro – come nella specie – da quei soli vizi logici o giuridici ancora rilevanti ai fini del n. 5) dell’art. 360 cod. proc. civ. (tra cui l’apparenza della motivazione per manifesta fallacia o falsità delle premesse od intrinseca incongruità o inconciliabile contraddittorietà degli argomenti: Cass. Sez. 3, sent. 5 luglio 2017, n. 16502, Rv. 644818-01).
Se, dunque, “la colpa del custode non integra un elemento costitutivo della sua responsabilità, la prova liberatoria che egli é onerato di dare, nell’ipotesi in cui il danneggiato abbia dimostrato il nesso di causalità tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, non può avere ad oggetto l’assenza di colpa (ovverosia, la posizione in essere, da parte sua, di una condotta conforme al modello di comportamento esigibile dall’homo eiusdem condicionis et professionis e allo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso), ma dovrà avere ad oggetto la sussistenza di un fatto (fortuito in senso stretto) o di un atto (del danneggiato o del terzo) che si pone esso stesso in relazione causale con l’evento di danno, caratterizzandosi, ai sensi dell’art. 41, secondo comma, primo periodo, cod. pen., come causa esclusiva di tale evento” (cosi, ancora una volta, Cass. Sez. 3, sent. n. 26142 del 2023, cit.).
Nella specie, tale prova liberatoria la Corte abruzzese – con giudizio di fatto non sindacabile in questa sede, siccome non implausibile, ne affetto da evidenti vizi logici o giuridici – ha ritenuto di raggiunta, ravvisando, come detto, nell’omessa vigilanza dei genitori sulle condizioni della “res” la causa esclusiva del danno, donde l’inammissibilità delle censure oggetto dei quattro motivi di ricorso.
9. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
10. A carico del ricorrente, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sussiste l’obbligo di versare, al competente ufficio di merito, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
11. Infine, per la natura della “causa petendi”, va di ufficio disposta l’omissione, in caso di diffusione del presente provvedimento, delle generalità e degli altri dati identificativi del ricorrente e, per evitarne l’indiretta individuazione, dei suoi genitori, ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando a rifondere, al Comune di Avezzano, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 1.800,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte da atto della sussistenza dei presupposti per ii versamento da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per ii ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Dispone che, ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 del 2003, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, in caso di diffusione del presente provvedimento siano omessi generalità ed altri dati identificativi del ricorrente e dei suoi genitori.
Casi deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, svoltasi il 5 giugno 2024.
Il Presidente
Franco DE STEFANO
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2024.