Il cliente, non sapendo scrivere, si firma con la X. L’avvocato non può autenticarla. Per la Cassazione l’analfabetismo e il non saper scrivere, sono due cose distinte (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 27 aprile 2023, n. 17508).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROCCHI Giacomo – Presidente –

Dott. TALERICO Palma – Consigliere –

Dott. SANTALUCIA Giuseppe – Consigliere –

Dott. CAPPUCCIO Daniele – Consigliere –

Dott. TOSCANI Eva – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;

avverso il decreto del 25/05/2021 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANZARO;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa EVA TOSCANI;

lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Francesca Ceroni, che ha concluso per la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Catanzaro, con decreto emesso in data 25 maggio 2021, ha dichiarato inammissibili le istanze di affidamento in prova al servizio sociale e detenzione domiciliare, formulate in via gradata da (OMISSIS) (OMISSIS) con riguardo alla pena oggetto della sentenza del Tribunale di Castrovillari in data 9 aprile 2019, in quanto il difensore aveva autenticato il crocesegno apposto dal condannato in calce alla istanza stessa.

A ragione della decisione poneva il principio, espresso da Sez. U, n. 22 del 25 novembre 1998, Velletri, Rv. 212662, secondo cui nella nozione di pubblico ufficiale abilitato, a norma dell’art. 110, comma terzo, cod. proc. pen., ad annotare, in fine di un atto scritto, che il suo autore non lo firma perché non è in grado di scrivere, non è compresa espressamente, ne’ può farsi rientrare in via di interpretazione, la figura del difensore, a nulla rilevando che ad esso l’art. 39 disp. att. stesso codice attribuisca il potere di autenticazione della sottoscrizione di atti per i quali sia previsto il compimento di tale formalità, in quanto l’autenticazione è atto con cui il pubblico ufficiale si limita ad attestare che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, mentre l’attestazione che un anonimo segno di croce proviene da una certa persona anziché da qualunque altra costituisce esercizio di una potestà certificativa esulante dal potere eccezionalmente riconosciuto al difensore solo in presenza di un atto regolarmente sottoscritto (Fattispecie in tema di atto d’impugnazione, in calce al quale, dopo il segno di croce dell’imputato, il difensore aveva provveduto all’annotazione che trattavasi di persona analfabeta).

2. Ricorre (OMISSIS) per cassazione, a mezzo del difensore, deducendo violazione dell’art. 39 disp. att. cod. proc. pen.

Detta norma si riferisce all’autenticazione degli atti per i quali il codice di rito prevede tale formalità, sicché ritenere non compresa in tale disposizione l’autentica da parte del difensore al segno di croce apposto dal proprio assistito, analfabeta, restringe indebitamente un diritto.

Rileva, inoltre, che, il provvedimento impugnato non è stato notificato al difensore, avendo il giudice specializzato erroneamente ritenuto nulla ovvero invalida anche la nomina del difensore, siccome apposta in calce all’istanza di ammissione alle misure alternative alla detenzione, in contrasto con la giurisprudenza di legittimità secondo cui la nomina del difensore di fiducia fatta dall’imputato con dichiarazione scritta, anche se mancante di autenticazione, è valida poiché detto requisito non è richiesto dall’articolo 96 cod. proc. pen.

3. Il Sostituto Procuratore generale, Francesca Ceroni, ha presentato conclusioni scritte in data 6 giugno 2022, chiedendo la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deduce censure infondate e, come tale, dev’essere rigettato.

2. Il Collegio intende qui riaffermare il principio di diritto, che si condivide e ribadisce, richiamato nel provvedimento impugnato, ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità (si veda, in tema di ricorso per cassazione, Sez. 1 n. 27162 del 08/05/2013, Zanca, 256613).

2.1. Diversamente da quanto affermato nel ricorso in tema di significato da attribuire ai termini “autentica” e “autenticazione”, il problema che qui si pone è quello della natura del “crocesegno” che è un semplice elemento grafico convenzionale indicante che una persona non sa scrivere. Come tale, non essendo idoneo all’individuazione del suo autore, non può costituire equipollente della sottoscrizione, con la conseguenza che deve ritenersi inoperante la funzione stessa dell’autenticazione.

Va difatti esclusa, nei riguardi dell’analfabeta, sia l’applicabilità dell’art. 110, terzo comma c.p.p., che si riferisce alla persona che non è in grado di scrivere per causa diversa dall’analfabetismo, sia l’applicabilità dell’art. 39 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, che conferisce al difensore il mero potere di autenticazione della sottoscrizione e non anche quello di formazione dell’atto di nomina che, nel caso specifico, deve necessariamente essere ricevuto dal pubblico ufficiale a ciò autorizzato, ai sensi dell’art. 96, comma 2, c.p.p.

Per tali ragioni è inammissibile l’impugnazione proposta dall’analfabeta il cui “crocesegno” cui il difensore abbia apposto la dicitura “è autentica”, del quale ultimo difetta la legittimazione alla proposizione del gravame.

E’, poi, da respingersi l’ulteriore censura difensiva in punto di mancata notifica al difensore del provvedimento impugnato.

Stante la già richiamata natura del “crocesegno” di semplice elemento grafico convenzionale indicante che una persona non sa scrivere e che non può costituire equipollente della sottoscrizione, va esclusa, nei riguardi dell’analfabeta, l’applicabilità dell’art. 110, terzo comma c.p.p., che si riferisce alla persona che non è in grado di scrivere per causa diversa dall’analfabetismo.

Sicché a nulla vale invocare – come ha fatto il ricorrente – l’applicabilità al caso che ci occupa la giurisprudenza di legittimità, qui condivisa, secondo la quale è valida la nomina del difensore di fiducia, fatta dall’imputato con dichiarazione scritta, anche se mancante di autenticazione, non essendo tale requisito richiesto dall’art. 96 cod. proc. pen., poiché tale giurisprudenza postula comunque che siano state rispettate le condizioni di cui all’art. 96 cod. proc. pen e, segnatamente, l’apposizione della firma da parte dell’interessato.

E, d’altro canto e con valenza assorbente, il provvedimento impugnato non doveva in ogni caso essere notificato al difensore, ma è stato correttamente notificato, ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen. al solo (OMISSIS) (OMISSIS) soggetto «interessato», come tale dovendosi intendere esclusivamente colui che vanti una posizione giuridicamente tutelata sulla quale incide l’esecuzione del provvedimento.

2.2. Sotto altro profilo, deve rilevarsi come il difetto di formalità in questione consistente nell’assenza di una firma dell’interessato rientra tra l’assenza delle condizioni di legge che consentono l’opzione della decisione con decreto de plano ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., trattandosi certamente di un’ipotesi riconducibile all’«assenza delle condizioni di legge» da intendersi rigorosamente ed in senso restrittivo come quei requisiti che non implicano alcuna valutazione discrezionale, ma che sono posti direttamente dalla legge.

3. Alla conclusiva reiezione del ricorso segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 proc. pen., al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 29 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria, oggi 27 aprile 2023.

SENTENZA – originale -.