Il commercialista risponde della discrasia tra valori in fattura e dichiarato accollandosi la sanzione irrogata (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 8 settembre 2023, n. 26231).

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati

Dott. ANGELO SPIRITO      -Presidente

Dott. CRISTIANO VALLE     -Consigliere

Dott. GIUSEPPE CRICENTI -Consigliere

Dott. ANNA MOSCARINI    -Consigliere – Rel.

Dott. PAOLO SPAZIANI      -Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso 15290/2021 proposto da:

(omissis) (omissis) rappresentata e difesa dall’avvocato (omissis) (omissis), e domiciliata presso il domicilio digitale della medesima Pec: (omissis)

-ricorrente-

contro

(omissis) Spa;

-intimata-

nonché contro

(omissis) (omissis) rappresentato e difeso dall’avvocato (omissis) (omissis) e domiciliato presso il domicilio digitale del medesimo Pec: (omissis)

-controricorrente-

avverso la sentenza n. 616/2021 della CORTE D’APPELLO di CATANIA depositata il 22/03/2021;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/05/2023 dal Cons. dott.ssa ANNA MOSCARINI

Rilevato che:

(omissis) (omissis) con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., chiese al Tribunale di Ragusa di accertare che il dottore commercialista (omissis) (omissis) cui il ricorrente aveva conferito l’incarico di tenere la contabilità relativa alla propria attività di medico-legale e di provvedere alla compilazione e presentazione delle dichiarazioni dei redditi, si era resa inadempiente all’incarico ricevuto, omettendo di denunziare una parte dei redditi relativi alle annualità 2011 e 2012 così da esporre il cliente a due accertamenti fiscali per redditi non contabilizzati e all’irrogazione di sanzioni per complessivi € 6.651,83 di cui chiese il risarcimento;

la convenuta nel costituirsi in giudizio chiese la chiamata in causa della propria compagnia di assicurazione per la responsabilità professionale e contestò gli addebiti affermando che le omissioni rilevate nelle dichiarazioni fiscali erano da attribuirsi unicamente al comportamento del contribuente il quale aveva svolto una parte della propria attività professionale senza provvedere alla emissione di fatture, e conseguentemente, non aveva consegnato alla commercialista la documentazione necessaria per la dichiarazione di tutti i redditi effettivamente percepiti;

il Tribunale adito, ritenendo non assolto l’onere probatorio da parte dell’attore, rigettò la domanda;

a seguito di appello (omissis), la Corte d’Appello di Catania, con sentenza del 22/3/2021, notificata in data 24/3/2021, rilevato che la compilazione delle dichiarazioni reddituali con indicazione di ritenuta d’acconto in misura corrispondente a compensi maggiori costituisce inadempimento del commercialista, ha ritenuto che, mentre per l’anno d’imposta 2011 tale discrasia non era rilevante e comunque risultava provato che (omissis) non avesse consegnato alla commercialista tutte le fatture effettivamente emesse, per i redditi del 2012 vi era invece una totale incongruenza tra le ritenute d’acconto indicate (per € 22.345,00) e i redditi dichiarati (per € 64.406,00) di cui la professionista avrebbe dovuto avvedersi, con la conseguenza che l’appello é stato parzialmente accolto con condanna della (omissis) a risarcire al cliente la somma di € 3.851,25 pari alla sanzione irrogata dall’Agenzia delle Entrate, oltre accessori; rigettata la domanda di ulteriori danni, la Corte del gravame ha disposto la parziale compensazione delle spese;

avverso la sentenza (omissis)(omissis) ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo;

ha resistito (omissis) (omissis) con controricorso;

il ricorso è stato assegnato per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380bis, 1 co. c.p.c.

entrambe le parti hanno depositato memoria.

Considerato che:

con l’unico motivo del ricorso – omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, co. 1 n. 5 c.p.c. con riguardo alla contestata e negata redazione da parte dell’appellata dott.ssa (omissis) del modello unico 2013 prodotto in giudizio da parte del dott. (omissis) travisamento della prova da parte della Corte d’Appello di Catania con conseguente contrasto fra la decisione e l’informazione probatoria in atti- la ricorrente censura la sentenza per aver ritenuto che la commercialista fosse in possesso della documentazione utile per la corretta indicazione dei redditi percepiti, quando invece il modello unico del 2013 prodotto in giudizio non era quello redatto dalla (omissis)ma quello redatto dal nuovo commercialista (omissis) dott. Sebastiano Iacono (CTP in questo giudizio) presentato a seguito di invito alla compliance notificato dall’Agenzia delle Entrate; dunque la Corte del gravame sarebbe caduta nel vizio di travisamento della prova, rilevante, in base alla giurisprudenza di questa Corte, qualora l’informazione probatoria su un punto decisivo metta in crisi irreversibile la struttura del percorso argomentativo del giudice del merito;

il motivo, non privo di profili di inammissibilità in quanto la ricorrente non ottempera all’onere di specificare a quali documenti si sia riferita la commercialista limitandosi a fare riferimento ad una dichiarazione integrativa redatta da nuovo commercialista in sede di compliance e contenente dati corretti per tentare di sanare le omissioni del modello unico redatto dalla (omissis) per il periodo d’imposta 2012, così che il motivo non ottempera alle condizioni di cui all’art. 366 n. 6 c.p.c., esso è comunque palesemente infondato perché fa riferimento ad una documentazione integrativa e successiva rispetto a quella redatta dalla (omissis) mentre la documentazione allegata da (omissis) fin dal primo grado del giudizio e ridepositata in una al controricorso, su cui la sentenza impugnata ha correttamente basato la propria valutazione, è quella redatta dalla dott.ssa (omissis) e presentata telematicamente in data 26/9/2013, contenente con evidenza la discrasia tra le somme corrispondenti alle ritenute d’acconto ed i redditi dichiarati;

pertanto nessun travisamento della prova si è avuto da parte della Corte d’Appello che ha deciso sulla base di un documento prodotto in atti e non su quello redatto, in rettifica, dal dott. Iacono;

si conferma, pertanto, la correttezza dell’impugnata sentenza e la sua conformità al consolidato indirizzo di questa Corte secondo cui “il professionista assume nei confronti del cliente l’obbligazione di svolgere la propria attività a regola d’arte, impegnandosi ad eseguire la prestazione richiesta con l’adozione di tutte le cautele necessarie che andranno adeguate e parametrate al criterio della diligenza qualificata che costituisce regola di valutazione del comportamento del debitore e di apprezzamento dell’esattezza della prestazione dovuta” (Cass., 3, n. 11382 del 31/7/2002 n. 11382);

alle suesposte considerazioni consegue il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente a pagare, in favore della parte controricorrente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo;

si dà altresì atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di una somma a titolo di contributo unificato pari a quella versata per il ricorso, se dovuta;

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di cassazione, in favore della parte controricorrente, che liquida in € 2.200 (oltre € 200 per esborsi), più accessori e spese (omissis) al 15%;

ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto;

così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, in data 18/5/2023

Il Presidente

Dott. Angelo Spirito

Depositato in Cancelleria l’8 settembre 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.