REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
con l’intervento dei magistrati:
Dott. Pietro Morabito, Presidente
Dott. Michelangelo Francavilla, Consigliere
Dott. Giuseppe Licheri, Referendario, Estensore
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9777 del 2023, proposto da
Diocesi di Civitavecchia e Tarquinia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Silvia Maria Cinquemani e Francesco Vannicelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Varrone 9;
contro
Comune di Tarquinia (VT), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Maria Eugenia Albé, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’accertamento
dell’illegittimità del silenzio-inadempimento, serbato dalla resistente amministrazione, sull’istanza, presentata in data 26 luglio 2022, con cui la ricorrente domandava, al Sindaco, al Comandante della Polizia Locale ed al Prefetto, di avviare un procedimento ai sensi della legge 7 agosto 1990 n.241 finalizzato alla modifica dell’Ordinanza comunale n. 73 del 27 giugno 2020, come previsto dall’art. 9, comma 6, del Disciplinare sulle Aree Pedonali Urbane, approvato con Deliberazione di Giunta n.77 del 19 maggio 2020, quanto alla diversa delimitazione del divieto di circolazione e conseguente diverso posizionamento del dispositivo di rilevazione infrazioni – telecamera e per la condanna della resistente Amministrazione a provvedere sull’anzidetta istanza, stante lo spirare del termine di conclusione del procedimento.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Tarquinia;
Visti gli artt. 35, co. 1, e 85, co. 9, cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2023 il dott. Giuseppe Licheri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso promosso ai sensi degli artt. 31, commi 1,2, e 3 e 117 c.p.a., la Diocesi di Civitavecchia e Tarquinia proponeva azione per l’accertamento dell’obbligo giuridico di provvedere del comune di Tarquinia sulla propria istanza inviata via PEC il 26.7.2022 mediante l’adozione di un provvedimento espresso, nonché per conseguire la condanna dell’ente locale resistente all’emanazione del richiesto atto di riscontro.
In fatto, essa esponeva di gestire una struttura (denominata “Casa di Spiritualità”) sita in Tarquinia località Saline, ove vengono svolte una molteplicità di attività religione quali ritiri del clero, attività pastorali e accoglienza di fedeli e pellegrini.
Inoltre, nel medesimo complesso sorge anche una chiesa aperta al culto.
Proseguiva la Diocesi rappresentando che, con ordinanza comunale n. 73 del 27.6.2020 veniva istituita, pochi metri prima dell’ingresso del complesso in questione, una telecamera per il rilevamento delle infrazioni al divieto di transito istituito con Ordinanza comunale n. 73 del 27 giugno 2020, sulla base del Disciplinare delle Aree Pedonali Urbane approvato con Deliberazione di Giunta n.77 del 19 maggio 2020.
Di fatto, sosteneva la ricorrente, il divieto di transito sarebbe funzionale alla sicurezza dei pedoni e ciclisti impegnati a percorrere la pista ciclabile completata su buona parte del lido di Tarquinia.
Pur se la medesima ordinanza consentiva il transito ai veicoli autorizzati, tra cui residenti, affittuari, titolari/utilizzatori/ospiti di immobili il cui accesso è ubicato nel tratto di strada sopra citato ed ospiti delle strutture ricettive ubicate sul tratto di strada interessato, riteneva la ricorrente che le procedure richieste dalla citata ordinanza per attivare l’esonero dal divieto siano eccessivamente gravose ed impegnative, dato il numero degli ospiti, e la costante periodicità del loro accesso, al punto tale da dover destinare stabilmente a tale attività un dipendente della diocesi, senza considerare che, a parere dell’istituto ricorrente, la comunicazione quotidiana degli accessi potrebbe compromettere il diritto alla riservatezza degli ospiti, inteso quale diritto a tenere riservati aspetti relativi alla sfera intima della persona quali quelli relativi alla Spiritualità.
Per queste ragioni la Diocesi, con la nota di cui in epigrafe, aveva chiesto all’amministrazione comunale di Tarquinia di spostare il dispositivo di rilevamento delle infrazioni qualche decina di metri più avanti, poco oltre il cancello principale di accesso all’Istituto, invocando l’art. 9, comma 6 del Disciplinare sulle Aree Pedonali Urbane, approvato con Deliberazione di Giunta n.77 del 19 maggio 2020, disposizione secondo la quale “Trattandosi di un provvedimento fortemente innovativo è per sua stessa natura sperimentale, il Comando di Polizia Locale si riserva di valutare nel tempo gli effetti, al fine di proporre ed attuare tutti i correttivi ed i miglioramenti che si rendessero necessari”.
Non essendo pervenuto riscontro nei trenta giorni di legge, la Diocesi proponeva l’odierno ricorso con il quale riteneva violato l’obbligo di provvedere sulla propria istanza ai sensi dell’art. 2 della l. n. 241/1990 ravvisando l’obbligo giuridico di provvedere proprio nella previsione del sopra citato art. 9, comma 6 del disciplinare sulle aree pedonali urbane.
Si costituiva in giudizio il comune resistente.
Con memoria ai sensi dell’art. 73 c.p.a., l’amministrazione locale prendeva posizione sui fatti di causa.
Preliminarmente, essa eccepiva l’inammissibilità del ricorso in quanto volto a sanzionare l’obbligo dell’amministrazione di fornire riscontro ad un’istanza di autotutela, obbligo più volte escluso in giurisprudenza.
Infatti, a parere dell’ente locale, l’istituzione religiosa ricorrente non avrebbe mai gravato né la deliberazione di Giunta Comunale n. 77/2022 – recante la previsione dell’installazione del suddetto impianto di rilevazione infrazioni – né la successiva ordinanza comunale n. 27/2020 – istitutiva del divieto di transito e comportante l’attivazione dell’impianto – per poi, a distanza di oltre due anni chiedere all’amministrazione di riesaminare tale decisione.
Tantomeno, ad avviso della resistente, un obbligo in tal senso potrebbe discendere dalla previsione di cui all’art. 9, comma 6 del citato disciplinare, il quale altro non prevederebbe che la possibilità per l’amministrazione di riformare la decisione adottata, ma non certo l’obbligo di agire in autotutela su richiesta di privati.
Ancora, eccepiva l’amministrazione l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, avendo la diocesi richiesto, con l’istanza del 26.7.2022, chiesto il riesame dell’ordinanza n. 27/2020, ma non già della deliberazione di G.C. n. 77/2022 istitutiva dell’impianto di rilevazione in questione, sicché il presente gravame, quand’anche accolto, non consentirebbe di soddisfare l’interesse del ricorrente.
Infine, nel merito, il comune resistente concludeva per l’infondatezza del ricorso.
Alla camera di consiglio del 18.10.2023, l’affare passava in decisione.
Ritiene il Collegio che, ostativa ad una pronuncia nel merito del presente gravame, sia l’eccezione di inammissibilità del ricorso preliminarmente sollevata dal comune resistente.
Infatti, a prescindere dalla formulazione dell’invito rivolto dalla Diocesi ricorrente al comune di Tarquinia ad “avviare un procedimento ai sensi della legge 7 agosto 1990 n.241, sulla base di quanto espressamente stabilito dall’art. 9, comma 6, del Disciplinare sulle Aree Pedonali Urbane, approvato con Deliberazione di Giunta n.77 del 19 maggio 2020 (doc.3) finalizzato alla diversa delimitazione del divieto di circolazione così come disciplinata dall’Ordinanza comunale n. 73 del 27 giugno 2020 (doc.2) e conseguente diverso posizionamento del dispositivo di rilevazione infrazioni – telecamera”, devesi convenire con il comune resistente nel senso che tale richiesta sottenda, in realtà, un’inammissibile istanza di riesame in autotutela della determinazione assunta dall’amministrazione comunale in ordine alla collocazione della telecamera di rilevazione infrazioni posta in via Filippo Giorgi.
Appare evidente, infatti, che la disposizione del Disciplinare sulle Aree Pedonali Urbane invocata dalla Diocesi ricorrente a fondamento del preteso obbligo del comune di Tarquinia di riesaminare il posizionamento della telecamera in questione, altro valore non può avere all’infuori di quello di una formula meramente programmatica con la quale l’amministrazione ha assunto l’impegno, invero giuridicamente non vincolante, di “valutare nel tempo gli effetti” di un provvedimento di chiusura al traffico veicolare di un ampio tratto di viabilità cittadina, definito dal carattere “fortemente innovativo” e “sperimentale” (virgolettati tratti dall’art. 9, comma 6 del disciplinare sulle Aree Pedonali Urbane del comune di Tarquinia).
Nulla tuttavia da cui poter trarre l’obbligo giuridico di concludere un procedimento amministrativo intrapreso su istanza di parte ai sensi dell’art. 2 della l. n. 241/1990 e ss.mm.ii., obbligo che, come noto, è configurabile solo allorché l’amministrazione pubblica sia vincolata a pronunciarsi entro un termine prescritto dalla legge, da un regolamento o da un atto di autolimitazione dell’Amministrazione stessa, in corrispondenza ad una situazione soggettiva protetta e qualificata come tale dall’ordinamento nonché ove lo impongano, in particolari fattispecie, ragioni di giustizia o di equità (cfr., da ultimo, T.A.R. Lombardia – Milano, sez. IV, n. 1837 del 17.7.2023).
Nel caso di specie, viceversa, la Diocesi, benché abbia formalmente richiesto l’avvio di un procedimento “di primo grado” volto ad individuare una diversa collocazione dell’apparato di rilevazione infrazioni in questione, con l’istanza del 22.7.2022 ha inteso, piuttosto, provocare il riesame di una determinazione ad essa sfavorevole contenuta in un atto (il Disciplinare delle Aree Pedonali Urbane) adottato dal comune di Tarquinia sin dal 19.5.2020 e mai tempestivamente gravato dalla ricorrente.
Pertanto, essa va intesa alla stregua di una mera denuncia, con funzione sollecitatoria, che non fa sorgere in capo all’amministrazione alcun obbligo di provvedere.
Infatti, salvo eccezioni espressamente previste dalla legge, l’autotutela non è mai doverosa; per cui, anche a fronte di una richiesta di riesame formulata nelle forme regolamentate all’amministrazione locale, non sussiste alcun obbligo di provvedere in capo al comune resistente, né può formarsi alcun silenzio inadempimento.
I provvedimenti di autotutela, infatti, sono manifestazione dell’esercizio di un potere tipicamente discrezionale dell’amministrazione che non ha alcun obbligo di attivarlo e, qualora intenda farlo, deve valutare la sussistenza o meno di un interesse che giustifichi la rimozione dell’atto, valutazione della quale essa sola è titolare (su tutte, Cons. St., sez. V, n. 2911 del 22.3.2023).
In definitiva, quindi, il gravame proposto è da considerarsi inammissibile per difetto dei presupposti di legge stabiliti per la sua proposizione, in quanto vertente in ordine ad istanza sulla quale l’amministrazione resistente non aveva alcun obbligo di fornire riscontro al privato nelle forme e nei termini di cui all’art. 2, l. n. 241/1990.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano, in favore del comune resistente, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Spese a carico della parte ricorrente, ed in favore del comune di Tarquinia, liquidate in Euro 2.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2023.
Depositato in Cancelleria il giorno 25 ottobre 2023.