REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VILLONI Orlando – Presidente –
Dott. AMOROSO Riccardo – Rel. Consigliere –
Dott. ROSATI Martino – Consigliere –
Dott. RADDUSA Benedetto Paternò – Consigliere –
Dott. SILVESTRI Piero – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS) nato a (OMISSIS) il 13/07/19xx;
avverso l’ordinanza del 08/06/2022 del Tribunale di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Riccardo AMOROSO;
letta la requisitoria scritta del pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Kate TASSONE, depositata ai sensi dell’art.23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla I. 18 dicembre 2020, n. 176, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento in epigrafe indicato, il Tribunale di Roma, decidendo in sede di riesame, ha confermato l’ordinanza emessa in data 27 maggio 2022 dal G.i.p. del Tribunale di Roma con la quale è stata applicata la custodia cautelare in carcere nei confronti di (OMISSIS) per il delitto di maltrattamenti ai danni della coniuge separata, (OMISSIS) (OMISSIS).
Il Tribunale, previa conferma del quadro indiziario basato sulle dichiarazioni della persona offesa, ha ritenuto necessaria l’applicazione della custodia in carcere in ragione dell’aggressività dell’indagato incapace di contenere i propri impulsi a causa dell’abituale assunzione di sostanze alcoliche e dell’atteggiamento di rivalsa dal predetto anche dopo la collocazione della persona offesa e dei figli minori in una casa protetta, in relazione al manifestato intento di scoprire il luogo in cui la persona offesa si trova attraverso informazioni assunte presso la scuola frequentata dai figli.
2. Tramite il proprio difensore di fiducia, l’imputato ha richiesto l’annullamento del provvedimento articolando un unico motivo in ordine alla scelta della misura cautelare di massimo rigore, in violazione del principio di proporzionalità, ed adeguatezza considerato il fatto che la persona offesa vive presso un centro antiviolenza dal mese di marzo 2022, quindi in un luogo non raggiungibile dal coniuge nei cui confronti, attesa l’incensuratezza, potrebbe pertanto essere disposta la più gradata misura del divieto di avvicinamento congiunta a quella dell’obbligo di allontanamento dalla casa familiare.
3. Si deve dare atto che il ricorso è stato trattato, ai sensi dell’art. 23, commi 8 e 9, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla I. 18 dicembre 2020, n. 176, senza l’intervento delle parti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Va ricordato che con specifico riguardo alla materia delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione in punto di valutazione dei gravi indizi di colpevolezza come anche di esigenze cautelari è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (da ultimo, Sez. 2, n. 315 ;3 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628; Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828).
Il ricorrente, pur adducendo i vizi di legge e di illogicità e contraddittorietà della motivazione, ha in realtà riproposto dinanzi a questa Corte le medesime doglianze già fatte oggetto del ricorso ex art. 309 cod. proc. pen., censurando le argomentazioni del Tribunale soltanto attraverso una diversa chiave di lettura delle risultanze processuali, ma senza riuscire ad evidenziare concreti vizi logici della motivazione, finendo così con il sollecitare da parte di questa Corte una non consentita rivalutazione del merito in un senso ritenuto più plausibile di quello prescelto dai Giudici della cautela.
La scelta della misura della custodia in carcere, contrariamente a quanto dedotto, è supportata da una motivazione adeguata che tiene conto della estrema gravità dei fatti in ragione delle lesioni personali ripetute nel tempo accompagnate da minacce di morte, valutate in rapporto alla dimostrata incapacità di autocontrollo dell’indagato dovuta all’abuso di sostanze alcoliche.
Peraltro, l’elemento di novità che viene valorizzato dal ricorrente, rappresentato dalla collocazione della persona offesa presso una casa rifugio del centro antiviolenza, è palesemente incongruo.
La collocazione della persona offesa presso un centro antiviolenza non può infatti essere apprezzata, come propone il ricorrente, quale motivo di attenuazione delle esigenze cautelari, costituendo all’opposto una conseguenza della sua pericolosità e non già una ragione valida per attenuare le restrizioni imposte nei confronti dell’imputato a tutela della persona offesa, quasi che i condizionamenti della libertà di movimento della vittima possano giustificare una maggiore libertà di azione da parte dell’autore delle violenze.
2. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso, al versamento della somma, che si ritiene equa di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 26 ottobre 2022.
Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2023.