Il messaggio WhatsApp inviato due minuti prima del tamponamento mortale prova la distrazione dell’automobilista (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 28 marzo 2025, n. 12256).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUARTA SEZIONE PENALE

Composta da:

Dott. EMANUELE DI SALVO – Presidente –

Dott. DANIELA CALAFIORE – Consigliere –

Dott. GABRIELLA CAPPELLO – Relatore –

Dott. LOREDANA MICCICHÉ – Consigliere –

Dott. ANNA LUISA ANGELA RICCI – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 26/06/2024 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

svolta la relazione dal Consigliere Dott.ssa GABRIELLA CAPPELLO;

lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del procuratore aggiunto, Dott. GIULIO ROMANO, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.

Ritenuto in fatto

1. La Corte d’appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza del GUP del Tribunale di Enna, con la quale (OMISSIS) (OMISSIS) era stato condannato per il reato di omicidio stradale ai danni di (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS), passeggere su un’auto ferma all’interno della corsia d’emergenza, per avere con colpa generica e specifica, condotto un autocarro sull’autostrada A19 in corrispondenza di una curva destrorsa ad ampio raggio, in violazione degli artt. 141 comma e 146_comma 1, codice-i strada, tamponando l’auto sulla quale viaggiavano le vittime (fatti accaduti in Centuripe il 20/06/2019, con decesso di (OMISSIS) (OMISSIS) in Catania il 04/09/2019).

2. La Corte del gravame ha ricostruito gli eventi sulla scorta delle risultanze probatorie, ritenendo in conclusione che l’imputato, nell’occorso, avesse invaso la corsia d’emergenza (sulla quale l’auto investita da tergo si trovava a causa di un malore della figlia della conducente che, reduce da un intervento cardiaco, stava rigurgitando), travolgendo l’auto in sosta, lungo un tratto di strada caratterizzato da lieve curva a destra, con manto stradale asciutto e buone condizioni di visibilità e senza rilevamento di segni di frenata, il consulente del pubblico ministero avendo accertato che l’autocarro viaggiava a cavallo tra la propria corsia di marcia e quella d’emergenza ad una velocità di 115 Km/h, superiore a quella consentita.

Oltre a ciò, l’imputato non aveva rispettato la segnaletica orizzontale che demarcava il tratto di strada percorribile rispetto a quello destinato alle fermate d’emergenza.

Ad esito, poi, di specifica perizia sul suo telefono cellulare, era pure emerso che, durante la guida, l’uomo stava chattando con la fidanzata, avendo scambiato una decina di messaggi nell’arco temporale in cui iscriveva il tamponamento mortale.

Quanto ai motivi del gravame, i giudici territoriali hanno disatteso quello inerente all’addebito di colpa, evidenziando come fosse incontestato che il (OMISSIS) aveva oltrepassato la suddetta linea di demarcazione, senza neppure avvedersi della presenza dell’auto in sosta, non avendo approntato alcuna manovra di frenata, quanto alla causa di tale condotta avendo i giudici ipotizzato la distrazione del conducente, avvalorata dall’esito della perizia svolta sul suo cellulare.

Allo stesso modo, la Corte del merito ha ritenuto infondato il rilievo inerente all’accertamento dell’avvenuto superamento del limite di velocità, tale circostanza non avendo svolto un ruolo causale rispetto all’evento, atteso che il (OMISSIS) aveva invaso la corsia riservata alle fermate d’emergenza, non accorgendosi della presenza dell’auto in sosta; ma anche quello concernente l’utilizzo del cellulare durante la marcia.

Quanto a quest’ultimo, in particolare, i giudici del gravame hanno precisato come fosse stato accertato che lo scambio di messaggi era avvenuto nell’arco temporale in cui si era verificato il sinistro, dalle stesse allegazioni difensive essendo emerso che tra l’ultimo messaggio scambiato (ore 12:53:08) e il sinistro (ore 12:55:02) era passato poco tempo e che il messaggio si collocava in termini di prossimità al sinistro, giustificando la conclusione che questa era stata la causa della distrazione, non facendosi questione, poi, di imprevedibilità dell’evento, attesa la evidente prevedibilità della presenza di un mezzo su quella corsia.

3. La difesa ha proposto ricorso, formulando tre motivi, con i quali ha contestato la motivazione della sentenza impugnata in ordine a tre distinti profili.

Il primo riguarda l’addebito di colpa specifica di cui all’art. 146, comma 1, codité. strada, al quale aveva fatto esplicito riferimento il giudice di primo grado, addebito che, secondo la difesa, non troverebbe alcun riscontro oggettivo, residuando solo quello di colpa generica di cui all’art. 141, comma 2,stesso codice.

Sotto altro profilo, poi, la difesa ha rilevato la mancata concretizzazione del rischio rispetto all’utilizzo del telefono da parte del (OMISSIS), non essendo stato dimostrato che ciò fosse avvenuto proprio nel preciso momento in cui si verificò l’incidente, cosicché l’imprudente comportamento non sarebbe stato causa diretta o indiretta dello stesso.

Infine, si è censurato il diniego delle generiche, giustificato in relazione alle dichiarazioni del (OMISSIS) alla Polstrada, ritenute posticce, senza considerare che verosimilmente esse erano state conseguenza del forte sconcerto per la tragedia appena verificatasi.

4. Il Procuratore generale aggiunto, Dott. Giulio ROMANO, ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza di tutti i motivi.

2. Quanto al primo e al secondo, la difesa ha omesso un effettivo confronto con le ragioni della decisione censurata, del tutto coerenti, del resto, rispetto all’ipotesi d’accusa. In base al compendio probatorio, infatti, i giudici del merito hanno ritenuto, in maniera conforme, che il (OMISSIS), nell’occorso, avesse perso il controllo del suo mezzo (art. 141, comma 2, codice strada), come dimostrato dal mancato rilevamento di tracce di frenata, e violato la segnaletica stradale (art. 146, comma 2, stesso codice), vale a dire la linea divisoria che separa la corsia di marcia da quella riservata ai soli veicoli in fermata d’emergenza, con conseguente sussistenza, quindi, di entrambi i profili di colpa addebitati e correttezza della qualificazione giuridica attribuita al fatto.

In sede di ricorso, la difesa ha ribadito il proprio dissonante punto di vista, senza introdurre argomenti idonei a mettere in luce il denunciato vizio motivazionale e senza neppure tener conto dei limiti propri del giudizio di legittimità.

La cognizione della Corte di cassazione, infatti, è funzionale a verificare la compatibilità della motivazione della decisione con il senso comune e con i limiti di un apprezzamento plausibile, non rientrando – tra le sue competenze stabilire se il giudice di merito abbia proposto la migliore ricostruzione dei fatti, né condividerne la giustificazione (Sez. 1, n. 45331 del 17/02/2023, Rezzuto, Rv. 285504 – 01), essendo estranei al presente sindacato, per consolidata giurisprudenza, la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6 n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482 – 01; n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601 – 01; Sez. 6 n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099 – 01).

Allo stesso modo, la difesa ha mostrato di non aver correttamente interpretato il ragionamento dei giudici quanto alla rilevanza dell’accertato utilizzo del telefono cellulare (scambio messaggistica via whatsApp) rispetto ai fatti per cui è processo.

Invero, una volta dimostrata l’invasione della corsia d’emergenza e il mancato governo del proprio veicolo da parte dell’imputato, in assenza di elementi interruttivi del nesso causale tra detta condotta e l’evento, i giudici del merito si sono limitati a rilevare che lo scambio dei messaggi era avvenuto in un arco temporale nel quale si era verificato l’incidente, ciò risultando dimostrativo, stante la prossimità temporale dell’ultimo messaggio rilevato rispetto al tamponamento, di una condotta di guida improntata alla imprudenza, valutando la compatibilità del rilevamento rispetto alla invasione della corsia d’emergenza.

3. È, poi, manifestamente infondata anche la doglianza inerente al diniego delle generiche.

Premesso, infatti, che il loro riconoscimento non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle stesse (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, De Crescenzo, Rv. 281590 – 01; Sez. 4, n. 32872 del 08/0 6 /2022, Guarnieri, Rv. 283489-01, in cui si è precisato, di conseguenza, che il loro diniego può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62 bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione di esse, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato), nella specie, i giudici del merito hanno giustificato il giudizio di non meritevolezza, non limitandosi a richiamare il dato normativo (art. 62 bis, comma 3, cod. pen.), vale a dire del difetto di elementi positivi a tal fine valutabili, ma valorizzando altresì la particolare pericolosità della condotta, anche in ragione della tipologia del mezzo condotto (un autocarro).

La congruità di tale incedere argomentativo trova espressa eco nel consolidato orientamento di questa Corte di legittimità, per il quale non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, essendo sufficiente il riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, purché la valutazione di tale rilevanza tenga conto, a pena di illegittimità della motivazione, delle specifiche considerazioni mosse sul punto dall’interessato (Sez. 3, n. 2233 del 17/06/2021, Bianchi, Rv. 282693 – 01; Sez. 2 n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826 – 01; Sez. 7 n. 39396 del 27/05/2016, Rv. 268475 – 01; Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021, Angelini, Rv. 281217 – 01).

4. All’inammissibilità segue, a norma dell’art. 616, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Deciso il 12 febbraio 2025.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2025.

SENTENZA – copia non ufficiale -.