Intossicazione alimentare? Viene risarcito il solo danno biologico (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 17 maggio 2023, n. 13602).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Antonietta SCRIMA – Presidente –

Dott. Marco DELL’UTRI – Consigliere –

Dott. Marco ROSSETTI – Consigliere –

Dott. Augusto TATANGELO – Consigliere –

Dott. Anna MOSCARINI – Consigliere Rel. –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6584/2021 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) e domiciliato, ex lege, in (OMISSIS);

ricorrente

contro

PRO LOCO (OMISSIS); 

intimata

avverso la sentenza n. 236/2020 del TRIBUNALE di ROVERETO, depositata il 26/11/2020;

udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 28/02/2023 dal Consigliere, dott.ssa ANNA MOSCARINI.

Rilevato che:

(OMISSIS) (OMISSIS) convenne in giudizio la Pro loco (OMISSIS) esponendo che, in occasione dell’evento denominato (omissis) organizzato nei giorni (OMISSIS), la convenuta, responsabile dell’organizzazione dell’evento, aveva somministrato ai partecipanti, tra cui l’attore, della carne di bue avariata, causa di grave intossicazione alimentare; espose di essere stato costretto a recarsi al pronto soccorso e di aver dovuto osservare un periodo di dieta e di terapia, in conseguenza dei quali chiese il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali in una misura non inferiore ad € 2.856,60;

la convenuta, nel costituirsi in giudizio, eccepì di aver già integralmente risarcito, tramite la propria assicurazione (omissis) i danni con il  pagamento della somma di € 250,00 e chiese il rigetto della domanda;

il Giudice di Pace adito, conteggiati i giorni di invalidità temporanea totale e relativa, desumibili dalla documentazione medica pubblica depositata agli atti, concluse che quanto già versato dalla compagnia di assicurazione prima del giudizio avesse soddisfatto pienamente la funzione ripristinatoria propria del risarcimento, in mancanza di allegazione di un danno da invalidità permanente;

il Tribunale di Rovereto, adito dal (OMISSIS) con atto di appello, con sentenza del 26/11/2020, ha ritenuto che, pur essendo incontestato il nesso causale tra la somministrazione di carne adulterata e la patologia sofferta dal (omissis) anche alla luce del decreto penale di condanna conseguente ai fatti di causa, e pur essendo sussistente un danno biologico risarcibile quale diritto fondamentale dell’individuo, come del resto riconosciuto dal legislatore con gli articoli 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni, non risultava assolto, da parte dell’attore, l’onere di allegare e provare le conseguenze anatomo-funzionali, relazionali e di sofferenza soggettiva normalmente conseguenti alla lesione dell’integrità psico-fisica e la loro idoneità in concreto a determinare una lesione permanente della salute, con la conseguente conferma della liquidazione, operata dal Giudice di Pace, del solo danno biologico temporaneo;

avverso la sentenza, notificata in data 23/12/2020, il (OMISSIS) (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi;

l’intimata non ha svolto difese in questa sede di giudizio;

il ricorso è stato assegnato alla trattazione in adunanza camerale ricorrendo i presupposti di cui all’art. 380-bis, 1° co. c.p.c.;

considerato che:

con il primo motivo di ricorso – violazione di legge in relazione all’applicazione e interpretazione circa il quantum debeatur.

Erronea interpretazione di norme di diritto e/o illogicità della motivazione il ricorrente lamenta che il giudice del merito, pur in presenza di precedenti derivanti dagli stessi eventi, nei quali il Giudice di Pace aveva riconosciuto la responsabilità della compagnia e l’aveva condannata al risarcimento dei danni e alle spese del giudizio, nel caso in esame, inspiegabilmente, ha giudicato in senso sfavorevole all’attore, non solo liquidando un somma irrisoria a titolo risarcitorio ma anche ponendo a carico del medesimo una somma esorbitante a titolo di spese di lite;

quanto alla liquidazione del danno il ricorrente lamenta poi che il giudice non abbia considerato che i criteri per la liquidazione dovevano essere desunti dall’art. 2059 c.c. e dall’art. 185 c.p., indipendentemente dall’accertamento  penalistico  del  fatto criminoso, in quanto il giudice avrebbe  dovuto valutare in astratto l’esistenza di un fatto-reato;

con il secondo motivo di ricorso – illegittimo rigetto delle istanze istruttorie con riferimento alla richiesta di consulenza tecnica – violazione di legge ex art. 360, co. 1 nn. 3 e 5 c.p.c. il ricorrente lamenta che il giudice non abbia ammesso una consulenza tecnica d’ufficio la quale, in presenza di prova dell’evento, del danno e del nesso causale, avrebbe avuto la sola funzione di consentire l’esatta quantificazione dei danni subìti; ciò sarebbe ancor più censurabile alla luce della giurisprudenza di questa Corte che ha riconosciuto la ammissibilità di una CTU esplorativa;

i motivi possono essere trattati congiuntamente per ragioni di connessione, essendo entrambi volti a prospettare un vulnus del diritto del danneggiato ad una più congrua quantificazione del danno, e sono entrambi da disattendere in quanto non attingono la ratio decidendi dell’impugnata sentenza secondo cui l’attore non ha allegato e provato il danno da lesione permanente;

il giudice del gravame ha, infatti, testualmente affermato: “… è comunque onere dell’attore, odierno appellante, quanto meno allegare e provare le conseguenze anatomo-funzionali, relazionali e di sofferenza soggettiva normalmente conseguenti alla lesione dell’integrità psico-fisica e, per quanto in questa sede rileva, tenuto conto delle caratteristiche trans[e]unti della patologia riportata, la loro idoneità in concreto a determinare una lesione permanente. L’attore, odierno appellante, non ha, invece, assolto a tale onere che nella specie è di più significativa latitudine atteso che, essendo stata nella specie accertata una patologia di regola transitoria (intossicazione alimentare da batterio) e priva di postumi permanenti, egli non può profittare di alcuna  presunzione  circa  l’idoneità  della  patologia  medesima  determinare significativi effetti permanenti, come avviene, ad esempio, per patologie derivanti da eventi traumatici o similari. Del tutto correttamente, quindi, in assenza di allegazioni e prove sul punto, il Giudice di Pace ha liquidato il solo danno biologico temporaneo che peraltro di regola consegue in via esclusiva all’intossicazione alimentare“;

tale ratio decidendi non è attinta dai motivi di ricorso: con il primo, il ricorrente, non prendendo alcuna posizione sulla questione della mancata allegazione e prova del danno da invalidità permanente, affronta questioni prive di decisività quale la risarcibilità del danno alla persona derivante da fatto-reato pur in assenza di un giudizio penale (che invero vi era stato) e la stretta inerenza del danno alla persona al fatto di reato, in contrasto con l’ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale che configura il danno risarcibile in tutti i casi di violazione di diritti costituzionalmente tutelati; peraltro il ricorrente neppure rappresenta di aver ritualmente dedotto e dimostrato la sussistenza, nella specie, del danno morale (Cass., ord., n. 6444 del 3/03/2023) e di aver proposto, in relazione al mancato riconoscimento dello stesso, specifico motivo di appello (il che sembra debba escludersi in base a quanto riportato nella sentenza impugnata in questo grado);

con il secondo motivo di ricorso il ricorrente cerca di ovviare alla mancata allegazione e prova del danno da invalidità permanente reclamando la mancata ammissione di una CTU che, pur meramente esplorativa, avrebbe consentito la quantificazione del danno;

tale ultima tesi, oltre a non attingere alla ratio decidendi, é in contrasto con il consolidato indirizzo di questa Corte, al quale il Collegio ritiene di dare continuità e secondo cui “La consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario; la motivazione dell’eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato effettuata dal suddetto giudice” (Cass., 1, n. 15219 del 5/772007, Cass., 6-1, n. 326 del 13/1/2020);

infine, con il terzo motivo, il ricorrente torna a lamentare che il Giudice di Pace e poi il Tribunale, ponendosi in totale controtendenza rispetto ad altre analoghe pronunce con le quali avevano accolto la domanda risarcitoria, condannato la compagnia di assicurazioni al risarcimento del danno e alle spese di lite, abbiano rigettato la domanda e disposto una liquidazione delle spese in misura esorbitante; si tratta con evidenza di un “non motivo”, cioè di un argomento privo delle caratteristiche proprie di un mezzo di impugnazione, come tale palesemente inammissibile, sostanziandosi in una del tutto generica doglianza circa la determinazione delle spese operata dai Giudici del merito rispetto a casi analoghi;

conclusivamente il ricorso va rigettato;

non vi è luogo per provvedere sulle spese, non avendo l’intimata svolto attività difensiva in questa sede;

si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di una somma a titolo di contributo unificato pari a quella versata per il ricorso, se dovuta.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, in data 28 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.