La Suprema Corte conferma il sequestro preventivo di mascherine acquistate con intermediazione illecita durante la pandemia (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 15 luglio 2022, n. 27476).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MESSINI D’AGOSTINI Piero – Presidente –

Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere –

Dott. DI PAOLA Sergio – Consigliere –

Dott. PELLEGRINO Andrea – Consigliere –

Dott. COSCIONI Giuseppe – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

GUARNIERI DANIELA ROSSANA nata a MILANO il 05/08/19xx;

avverso l’ordinanza del 10/03/2022 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE COSCIONI;

sentite le conclusioni del PG, Dott. PASQUALE SERRAO D’AQUINO, che ha chiesto rigettarsi il ricorso;

sentito il difensore dell’indagata, Avv. GIUSEPPE (OMISSIS) in sostituzione dell’Avv. ANGELO ALESSANDRO (OMISSIS), il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Roma confermava il decreto con cui è stato disposto nei confronti di Guarnieri Daniela Rossana il sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei “saldi attivi esistenti sui rapporti finanziari e/o bancari fino a concorrenza dell’importo di euro 212.000”; la somma indicata costituirebbe il prezzo del reato di concorso in traffico di influenze illecite.

Secondo l’imputazione provvisoria, Mario Benotti, sfruttando le sue relazioni personali con Domenico Arcuri, Commissario Nazionale per l’emergenza Covid, si sarebbe fatto dare o promettere da Tommasi Andrea Vincenzo, che avrebbe agito in concorso con Guidi Daniele e Solis San Andre Jorge Edisson, la somma di euro 11.948.852,00 quale remunerazione indebita di una mediazione illecita – perché occulta, svolta al di fuori di un ruolo professionale/istituzionale e fondata sulle relazioni personali con lo stesso Arcuri – relativa alle commesse di fornitura di dispositivi di protezione personale (mascherine), ordinate dal Commissario straordinario a tre società cinesi al prezzo di 1.251.500 100 euro; dette società sarebbero state individuate dallo stesso Tommasi Andrea Vincenzo, “titolare della società Sunsky s.r.l.” e da Solis San Andres Jorge Edisson, titolare di fatto di un’altra società (Guernica s.r.I.), i quali avrebbero ricevuto provvigioni rispettivamente di euro 59.705.882,00, transitati sul conto della società Sunsky e di euro 5.800.000,00 transitati sui conti societari della Guernica.

Una parte della somma percepita da Benotti sarebbe confluita su un conto corrente della società Microproducts It s.r.l. di cui sarebbe stata legale rappresentante Daniela Guarnieri, compagna dello stesso Benotti.

A seguito di ricorso, questa Corte, con sentenza del 14 ottobre 2021, annullava la predetta ordinanza con rinvio al Tribunale di Roma per nuovo esame; il Tribunale di Roma, con ordinanza del 10 marzo 2022, confermava il decreto di sequestro.

1.1 Ricorre per cassazione avverso la predetta ordinanza il difensore dell’indagata, lamentando che l’impugnato provvedimento non aveva minimamente affrontato la questione processuale relativa all’eccezione secondo cui il Tribunale non avrebbe dovuto consentire l’ingresso nel giudizio del materiale fornito dall’accusa e concernente sviluppi investigativi successivi al momento del riesame.

1.2 Il difensore, contesta l’affermazione del Tribunale secondo cui sarebbe concepibile un’intermediazione illecita ex art. 346 bis cod.pen. svincolata dalla corruzione del pubblico ufficiale ed autonomamente punibile e sarebbe da riferirsi ad altri reati commessi dal pubblico ufficiale diversi dalla corruzione, posto che nell’ordinanza impugnata si rinvenivano affermazioni in palese contrasto con i principi fondamentali del concorso di persone nel reato e della responsabilità penale, che è personale e non certo oggettiva: come già rilevato nel precedente ricorso per cassazione, il difensore osserva che se la condotta di intermediazione illecita è funzionale al reato del pubblico ufficiale e ne rappresenta un presupposto o un segmento, secondo le regole generali del concorso di persone nel reato, l’intermediario è un concorrente nel reato del pubblico ufficiale e vi concorre appunto mediante la condotta di intermediazione; del tutto impossibile e giuridicamente assurdo sarebbe poi immaginare che la clausola di salvezza contenuta nell’art. 346 bis cod.pen. voglia escludere dal concorso nel reato solo la corruzione e non anche gli altri reati in ipotesi realizzabili dal pubblico ufficiale perché, in tal caso, si arriverebbe all’assurdo che soltanto per la corruzione, che costituisce il reato più grave, il legislatore scriminerebbe l’illecito dell’intermediario, che invece sarebbe punito per l’intermediazione rispetto ad altro reato meno grave; pertanto, una volta che, attraverso la propria opera di mediazione, abbia cooperato alla commissione del reato commesso dal pubblico ufficiale, il privato mediatore risponderà del medesimo reato commesso da quest’ultimo e la condotta di intermediazione resterà assorbita nell’unica responsabilità concorsuale prevista per tutti coloro che, con le rispettive condotte, hanno commesso il reato; conclude il difensore affermando che non vi è spazio per l’illecita intermediazione se non quando il privato mediatore abbia prospettato la possibilità di corrompere il pubblico ufficiale che sia all’oscuro della finalità illecita della mediazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

1.1 Con riferimento al primo motivo di ricorso, fermo restando che nel giudizio di rinvio la sopravvenienza di nuovi elementi di fatto, sempre valutabili nel giudizio allo stato degli atti, la frase contenuta a pag. 3 della sentenza rescindente (“La questione, che prescinde da eventuali sviluppi investigativi, è se fosse configurabile il fumus del reato per il quale si procede al momento in cui la misura è stata disposta ovvero al momento in cui il Tribunale ha emesso l’ordinanza impugnata”) non poneva alcun principio di diritto da osservare nel giudizio di rinvio, ma costituiva soltanto l’incipit del ragionamento della sentenza; inoltre il motivo è per un verso generico, non chiarendo quali siano gli “sviluppi investigativi successivi al momento del riesame”, e per altro verso non supera la cd. prova di resistenza; si deve ribadire, infatti, come secondo l’orientamento di questa Corte allorché con il ricorso per cassazione si lamenti l’inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di ricorso deve illustrare, a pena di inammissibilità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, essendo in ogni caso necessario valutare se le residue risultanze, nonostante l’espunzione di quella inutilizzabile, risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento (Sez. 6, n. 18764 del 05/02/2014, Rv. 259452).

1.2 Infondato è anche il secondo motivo di ricorso.

La sentenza rescindente aveva rilevato che il Tribunale non aveva “spiegato in nessun modo:

a) quale fosse la finalità prospettica illecita di quella “mediazione”, tenuto conto che nessuna irregolarità è stata nemmeno ipotizzata nella condotta del Commissario e neppure in ordine alla legittimità dei contratti stipulati con le società cinesi;

b) quale fosse la finalità di inquinamento della pubblica funzione che i contraenti- Tommasi e Benotti- si proponevano di realizzare;

c) quale fosse il comportamento inquinante che Benotti, nell’ottica della mediazione, avrebbe in astratto dovuto compiere;

d) se l’iniziativa fu presa dal Commissario e perché, se così fosse, la mediazione sarebbe illecita” (pag.11 sentenza della Sesta Sezione di questa Corte del 14 ottobre 2021).

A tali rilievi ha risposto il giudice di rinvio, evidenziando nelle pagine da 19 a 25 dell’ordinanza impugnata tutti gli elementi che portavano alla conclusione della “sussistenza del fumus in ordine alla natura illecita della mediazione svolta da Benotti presso Arcuri” (pag.25 ordinanza impugnata), ipotizzando l’esistenza nei confronti di quest’ultimo del reato di abuso d’ufficio e sottolineando che nella clausola di riserva contenuta nell’art. 346 bis cod.pen. volta ad escludere il concorso tra il traffico di influenza ed altre ipotesi di reato, non compare quella di cui all’art. 323 cod.pen.

A tale proposito, deve essere osservato che se si mettono a confronto il primo comma dell’articolo 346 bis cod.pen. (“Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319, 319 ter e nei reati di corruzione di cui all’articolo 322 bis, sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322 bis, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322 bis, ovvero per remunerarlo in relazione all’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, è punito con la pena della reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi.”) con il quarto comma del medesimo articolo (“le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giudiziarie, o per remunerare il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322 bis in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio”) si nota che la volontà del legislatore è stata proprio quella di prevedere una clausola di riserva solo per i reati indicati nel primo comma e non per i rimanenti reati, nel concorso dei quali si avrà invece un aggravamento di pena; e ciò in quanto nel caso in cui l’intervento del mediatore abbia portato alla corruzione, egli ne risponderà in concorso con il pubblico ufficiale in concorso con quest’ultimo; trattasi di precisa scelta legislativa, dovuta evidentemente al maggior disvalore dei reati indicati nel primo comma, per i quali si vuole estendere anche al mediatore il concorso negli stessi, a differenza dei rimanenti reati, per i quali il mediatore risponderà soltanto del reato di cui all’art. 346 bis cod.pen.

Del resto, la stessa sentenza rescindente ha precisato, a pag. 9 della motivazione, che “La mediazione onerosa è illecita in ragione della proiezione ‘esterna’ del rapporto dei contraenti, dell’obiettivo finale dell’influenza compravenduta, nel senso che la mediazione è illecita se è volta alla commissione di un illecito penale – di un reato – idoneo a produrre vantaggi al committente”, presupponendo quindi che, per poter ritenere configurabile il reato di cui all’art. 346 bis cod.pen,, il comportamento di Benotti fosse teso a far commettere un reato al pubblico ufficiale; ma se tale reato, commesso dal mediatore, dovesse sempre ritenersi assorbito in quello più grave commesso dal pubblico ufficiale, è chiaro che non sarebbe mai ipotizzabile.

Anche a voler seguire il ragionamento della difesa, secondo cui il reato di cui all’art. 346 bis cod.pen dovrebbe ritenersi assorbito nel più grave reato di cui all’art. 323 cod.pen. commesso da Arcuri, nella presente fase cautelare non è ancora chiaro se il Commissario Arcuri abbia o no commesso il reato di abuso di ufficio, per cui non può comunque essere esclusa la sussistenza del reato di cui all’art. 346 bis cod.pen. a carico di Benotti (e quindi anche della Guarnieri).

2. Pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 23/6/2022.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.

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In relazione all’argomento trattato in Sentenza, de quo, che risulta di dominio pubblico, stante l’ampia diffusione su tutti i quotidiani nazionali e non, comprese le inchiesta giornalistiche divulgate nelle varie televisioni nazionali (e non), si omette l’oscuramento dei dati delle persone e/o società coinvolti nella decisone della Suprema Corte di Cassazione!