LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE CIVILE
Composta da
Dott. Lorenzo ORILIA – Presidente –
Dott. Mario BERTUZZI – Consigliere –
Dott. Milena FALASCHI – Consigliere –
Dott. Valeria PIRARI – Consigliere Rel. –
Dott. Remo CAPONI – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27379/2020R.G. proposto da
(omissis) s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. (omissis) (omissis) ed elettivamente domiciliata in Roma, piazza (omissis) n. 1, presso lo studio dell’avv. (omissis) (omissis);
–ricorrente–
contro
DITTA (omissis) (omissis), elettivamente domiciliata in Roma, via (omissis) n. 159, presso lo studio dell’avv. (omissis) (omissis), che, unitamente all’avv. (omissis) (omissis), la rappresenta e difende;
-controricorrente-
Avverso la sentenza n. 700/2020 della Corte d’Appello di Lecce, pubblicata il 15/7/2020 e notificata il 17/7/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/6/2023 dalla dott.ssa Valeria Pirari;
Rilevato che:
1. In seguito alla denuncia di nuova opera sporta dalla società (omissis) s.r.l. nei confronti del confinante (omissis) relativamente al solaio di copertura del piano interrato da lui realizzato in violazione delle distanze legali ed urbanistiche, il Tribunale di Brindisi, all’esito della fase cautelare, ordinò la sospensione dei lavori.
Il giudizio di merito, instaurato su iniziativa del (omissis) onde ottenere la revoca dal provvedimento cautelare (nel quale si costituì la società (omissis), chiedendo ne invece la conferma), si concluse con la sentenza n. 311 del 20/2/2017, con la quale fu disposta la demolizione.
Il giudizio d’appello, avviato su iniziativa del (omissis), nel quale si costituì la società (omissis), si concluse con la sentenza n. 700, pubblicata il 15 luglio 2020, con la quale la Corte d’Appello di Lecce, in accoglimento del gravame, riformò la sentenza impugnata, rigettando la denuncia di nuova opera proposta dalla società, revocando il provvedimento cautelare emesso il 24 febbraio 2011 dal Tribunale di Brindisi e condannando la società (omissis) al rimborso, in favore del (omissis), delle spese e competenze di entrambi i gradi di giudizio.
2. Contro la predetta sentenza, la Società (omissis) propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati anche con memoria.
Si difende con controricorso (omissis) (omissis) s.r.l., illustrato anche con memoria.
Considerato che:
1. Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 873 cod. civ. e dell’art. 3 del Regolamento edilizio del Comune di (omissis) (omissis), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello affermato che, come risultante dalla c.t.u., il manufatto realizzato da (omissis) (omissis) non rientrasse nel concetto di costruzione, in quanto interamente interrato, fuoriuscendo l’estradosso dello stesso di soli 15 cm rispetto al muro di confine con la società.
Ad avviso della ricorrente, invece, l’elaborato peritale era stato completamente disatteso dal giudice del provvedimento cautelare e da quello del giudizio di cognizione di primo grado, in quanto, alla stregua delle foto allegate sia alla consulenza tecnica d’ufficio, sia a quella di parte e non contestate, l’opera non era affatto completamente interrata, ma si trovava fuori terra rispetto al piano di calpestio del lotto della società, da cui fuoriusciva di oltre 3 mt., tale essendo l’altezza del muro di recinzione e la fuoriuscita di 15 cm. da esso, sicché i giudici di merito avrebbero dovuto ritenere che il manufatto rientrasse a pieno titolo nella nozione di costruzione, senza che il dislivello eventualmente esistente tra i due fondi finitimi potesse eliminare tale concetto, potendo essere escluse da esso soltanto le costruzioni completamente interrate, con la conseguenza che, nella specie, avrebbe dovuto trovare applicazione la norma prevista dal regolamento comunale di (omissis) (omissis) che prevede il rispetto di 5 mt. dal confine e 10 mt. tra corpi di fabbrica.
2. Col secondo motivo, si lamenta la nullità della sentenza per motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, per motivazione apparente, per violazione del combinato disposto di cui all’art. 118, primo comma, disp. att. cod. proc. civ., e all’art . 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. , nonché dell’art . 111 della Cost., in relazione all’art . 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ ., per avere la Corte d’ Appello motivato, limitandosi a copiare quanto scritto dal c.t.u. nel suo elaborato peritale della fase cautelare, senza addurre al riguardo alcuna argomentazione, senza spiegare le ragioni per le quali l’opera in contestazione era da considerarsi completamente interrata e senza rendere percepibili le ragioni della decisione.
Ad avviso della ricorrente, l’unica parte della motivazione era quella che citava le foto allegate alla relazione di CTU, rappresentanti “un tratto limitato dell’estradosso del solaio di copertura rialzato, nella misura massima di soli 15 cm, rispetto al piano di campagna”, di cui non era possibile comprendere il significato.
Inoltre, la Corte non si era resa conto che i 15 cm. di rialzo dell’estradosso del solaio dell’opera del resistente non erano relativi al piano di campagna – che coincideva con il livello naturale del terreno privo di sistemazione artificiale, ossia prima dello scavo per la realizzazione del manufatto -, ma al muro di confine tra i due lotti, la cui altezza, rispetto al piano di campagna, era di oltre 3 mt., così identificando il piano di campagna con la sommità del muro di confine tra i due lotti.
3. Col terzo motivo, si lamenta, infine, l’omesso esame circa un punto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, la cui esistenza risulti dagli atti processuali e che se esaminato avrebbe portato ad un esito differente del giudizio e l’omessa valutazione, in sentenza, delle foto allegate alla perizia di parte, non contestate, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod.proc.civ., che, se esaminate, avrebbero condotto i giudici d’appello a una conclusione differente, così come era stato per il giudice di prime cure, in quanto indicative della porzione del manufatto ubicato fuori terra, rispetto al piano di campagna interessante la proprietà (omissis), e che avrebbero impedito di definire l’opera completamente interrata, essendo dalle stesse evidente la profondità dello scavo e, dunque, la notevole porzione di costruzione emergente dal piano di campagna.
4. Il primo motivo è fondato, con assorbimento del secondo e del terzo.
5. Come sostenuto da questa Corte, in tema di distanze legali, l’art.873 cod. civ., nello stabilire per le costruzioni su fondi finitimi la distanza minima di tre metri dal confine o quella maggiore fissata dai regolamenti locali, va interpretato, in relazione all’interesse tutelato dalla norma, nel senso che la nozione di “costruzione” comprende qualsiasi manufatto avente caratteristiche di consistenza e stabilità, o che emerga in modo sensibile dal suolo, sporgendone stabilmente, e che, per la sua consistenza, abbia l’idoneità a creare intercapedini pregiudizievoli alla sicurezza ed alla salubrità del godimento della proprietà (Cass., Sez. 2, 17/12/2012, n. 23189), senza riferirsi necessariamente ad un edificio ma ad un qualsiasi manufatto (come un’autorimessa o una tettoia), avente le suddette caratteristiche (Cass., Sez. 2, 21/7/2005, n. 15282; Cass., Sez. 2, 6/3/2002, n. 3199).
Ai sensi della citata disposizione, esiste, dunque, una nozione unica di costruzione, consistente in qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo, indipendentemente dalla tecnica costruttiva adoperata, la quale non può essere modificata dai regolamenti comunali, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, poiché il rinvio contenuto nella seconda parte dell’art. 873 cod. civ. ai regolamenti locali, costituenti norme secondarie, è circoscritto alla sola facoltà di stabilire una distanza maggiore (Cass., Sez. 2, 2/10/2018, n. 23843; Cass., Sez. 2, 8/1/2016, n. 144).
5.1. L’art. 873 cod. civ. non comprende né le opere completamente realizzate nel sottosuolo né i manufatti che non si elevino oltre il livello del suolo, non ricorrendo per le une o per gli altri la ragione giustificatrice della norma stessa(Cass., Sez. 2, 1/7/1996, n. 2956), mentre il parziale interramento del manufatto rileva ai fini delle distanze allorché, oltre ad avere le caratteristiche di solidità, stabilità e immobilizzazione dal suolo, presenti un collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell’opera stessa (sul punto, Cass., Sez. 2, 2/10/2018 n. 23856 ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto non costituisse costruzione l’opera costituita da un basamento in calcestruzzo, posizionato 20 cm. al di sotto del circostante piazzale, sul quale erano stati installati nove profilati in acciaio dell’altezza di 1.50 m. circa e delle pareti lignee, senza valutarla nella sua interezza né considerare la sua parziale sporgenza dal suolo e il livello del fondo contiguo).
Nella specie, la Corte d’appello non si è attenuta ai predetti principi, essendosi limitata a valorizzare la sporgenza di soli 15 cm. dell’estradosso del solaio del manufatto di nuova realizzazione, senza tener conto né della complessità dell’opera, né della sua sporgenza dal suolo e dal livello del fondo contiguo, così pervenendo ad un giudizio parziale, focalizzato sul solo requisito dell’emersione della stessa “in modo sensibile” al di sopra del livello del suolo e privo di riferimenti sulle caratteristiche del piano di campagna, sia del fondo sul quale lo stesso era insorto, sia di quello finitimo.
6. Ne consegue la fondatezza del motivo.
7. In conclusione, dichiarata la fondatezza del primo motivo e l’assorbimento dei restanti, la sentenza deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Lecce, che, in diversa composizione, dovrà statuire anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Lecce, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Roma, 22/6/2023.
Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2023.