Nessuna responsabilità del conducente che ha investito mortalmente un minore che, accompagnato dalla nonna, improvvisamente ha attraversato la strada (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 13 luglio 2023, n. 20140).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17093/2022 R.G. proposto da:

(omissis) (omissis) e (omissis) (omissis), in proprio e nella qualità di esercenti la potestà genitoriale sul minore (omissis) (omissis), rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. (omissis) (omissis) e domiciliati per legge presso la cancelleria della Corte Suprema di cassazione;

– ricorrenti –

contro

ASSICURATRICE MILANESE Spa in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, in forza di procura in calce al controricorso, dall’avv. (omissis) (omissis), elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma via (omissis) (omissis) n. 212;

– controricorrente –

nonché nei confronti di

A.U.;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 1312/2021, pubblicata in data 30 dicembre 2021;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’8 maggio 2023 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina Anna Piera Condello

Svolgimento del processo

1. (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis), in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale sul minore (omissis), convenivano in giudizio A.U. e la Milanese Assicurazioni Spa il primo quale responsabile e la seconda quale assicuratrice per la RCA dell’autovettura Hunday Atos tg. (Omissis), al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti dal minore a seguito del sinistro avvenuto in data (Omissis).

Dedussero a sostegno della domanda che il bambino, accompagnato dalla nonna, aveva effettuato l’attraversamento della (Omissis) con direzione (Omissis) in (Omissis) e, successivamente, sempre in compagnia della nonna, aveva effettuato l’attraversamento per tornare indietro e, giunto all’altezza degli stalli di sosta, esistenti sul lato della sede stradale, era stato colpito dalla parte anteriore destra della vettura, condotta dal (omissis), che stava marciando in direzione (Omissis), riportando lesioni.

Costituitasi in giudizio, l’Assicurazione Milanese Spa contestava la responsabilità dell’assicurato, replicando che l’attraversamento era stato improvviso, imprevedibile ed inevitabile, e deduceva una culpa in vigilando della nonna.

Rimasto contumace il conducente dell’autovettura, all’esito dell’assunzione della prova orale e della disposta c.t.u. medico legale, il Tribunale di Massa, ritenuta una responsabilità concorsuale del 50 per cento a carico del conducente dell’auto, condannava quest’ultimo e la società assicuratrice al risarcimento dei danni in favore degli attori.

Pur ritenendo che l’attraversamento del bambino, di appena due anni, fosse stato improvviso, osservava che il conducente, transitando in area abitativa e con autovetture in sosta ai lati della strada, avrebbe dovuto adottare una condotta di guida estremamente prudente.

2. La sentenza, impugnata dalla Milanese Assicurazioni, è stata riformata dalla Corte d’appello di Genova che ha rigettato la domanda proposta dai genitori del minore.

I giudici d’appello, osservando che dai rilievi grafici della Polizia Municipale emergeva che le tracce di sangue del bambino, a seguito della caduta, erano state rilevate all’interno dell’area di sosta fra due veicoli parcheggiati e che il punto d’urto era stato individuato proprio all’inizio della carreggiata stradale ed alla fine della sagoma dell’auto in sosta, hanno ritenuto provato che l’urto fosse avvenuto con la parte laterale anteriore destra dell’auto e subito dopo che il bambino, correndo, era uscito dalla sagoma dell’auto parcheggiata sulla destra della (Omissis); sulla base di tali circostanze hanno concluso che l’attraversamento era stato improvviso, imprevedibile ed inevitabile e che non poteva ritenersi che il conducente dell’auto avesse avvistato il bambino, nè che potesse tentare una manovra d’emergenza, non riuscita a causa della velocità tenuta. Ha, pertanto, ritenuto il pedone responsabile in via esclusiva del sinistro.

3. Avverso la suddetta decisione (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis), in proprio e nella qualità di esercenti la potestà genitoriale sul minore (omissis), propongono ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

Assicuratrice Milanese Spa resiste con controricorso.

A.U. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

4. La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1. cod. proc civ. Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.

I ricorrenti e la controricorrente hanno depositato memorie illustrative.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo si deduce ‹‹error in iudicando ed error in procedendo commesso dalla Corte di Appello di Genova nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto non necessaria la prova liberatoria da parte di controparte, per violazione dell’art. 24 Cost. e violazione e falsa applicazione degli artt. 141, commi 1, 2, 3, 4, art. 191 c.d.s, artt. 1227, 2043, 2054, 2697 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 4, c.p.c., nonché il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 e/o n. 4, c.p.c. per falsa applicazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., art. 111, comma 6, Cost. e 6 C.E.D.U. e difetto di motivazione e/o motivazione apparente››.

I ricorrenti censurano la sentenza impugnata per avere ritenuto esente da colpa il conducente dell’autovettura e per avere affermato, in modo apodittico, che l’attraversamento fosse da considerarsi ‹‹imprevedibile››, senza avere previamente accertato in concreto la condotta del conducente, il rispetto dei limiti e delle regole cautelari imposti e senza avere fornito un supporto argomentativo adeguato circa la correlazione tra le macchie di sangue rinvenute ed il punto di impatto.

Sostengono pure che non sono stati accertati in concreto l’ubicazione esatta del minore, lo stato dei luoghi, ed in particolare della strada e delle distanze tra stalli e marciapiede, la velocità dell’auto prima dell’impatto ed al momento dell’impatto, considerato che le dichiarazioni del conducente del veicolo non spiegavano quando lo stesso avesse percepito la presenza e la posizione del bambino.

Lamentano che, pur in assenza di tali accertamenti, la Corte territoriale, con motivazione meramente apparente, ha ritenuto che l’attraversamento fosse da considerarsi ‹‹imprevedibile››, che il minore era rimasto celato dalle auto in sosta, che nonostante l’età stesse correndo e che l’impatto era stato ‹‹inevitabile››, addivenendo a ritenere che il conducente avesse fatto tutto il possibile per evitare l’evento.

Evidenziano, altresì, che i precedenti di legittimità richiamati dalla Corte d’appello a sostegno della motivazione non sarebbero conferenti.

2. Con il secondo motivo si denuncia ‹‹error in iudicando ed error in procedendo commessi dalla Corte di Appello di Genova sempre per violazione dell’art. 24 Cost., violazione e falsa applicazione degli artt. 141, commi 1, 2, 3, 4, art. 191 C.d.S., nonchè degli artt. 1227, 2043, 2054, 2697 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c., ma in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, poiché con riferimento alle domande effettivamente proposte dagli attuali ricorrenti è stato omesso l’esame di fatti decisivi che erano stati oggetto di discussione tra le parti quali l’accertamento della regola di condotta violata, la velocità del veicolo procedente, la condizione residenziale – abitativa dello stato dei luoghi, oltre che per falsa applicazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., art. 111, comma 6, Cost. e 6 C.E.D.U. per difetto di motivazione e/o motivazione apparente, il tutto eventualmente anche in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, c.p.c.››.

I ricorrenti ribadiscono che dalla lettura della decisione impugnata emerge chiaramente che la dinamica del sinistro non è stata attentamente analizzata, perché la sentenza avrebbe omesso di esaminare: la ‹‹natura residenziale dei luoghi››, le ‹‹dimensioni ridotte del tratto di strada, oltre che le distanze tra gli stalli ed il marciapiede››, la visibilità del pedone e, quindi, l’ubicazione esatta del minore al momento dell’impatto, la ‹‹natura e relativa dinamica della “corsa” del minore››, i ‹‹segnali di pericolo percepiti con anticipo dal conducente nel vedere una persona anziana in “allarme” a bordo strada››, il rispetto di norme cautelari imposte dalla normativa, la velocità dell’autovettura, la prosecuzione della corsa per 30/40 metri a dimostrazione della guida incauta, così mancando di verificare le rispettive responsabilità.

A corollario della doglianza, i ricorrenti segnalano pure che, diversamente da quanto emergeva dalla documentazione in atti, la Polizia Municipale di (Omissis) aveva erroneamente indicato nel rapporto una larghezza di quel tratto stradale di metri cinque, misura che è stata successivamente rettificata da parte degli stessi organi di polizia, come emergerebbe dalla documentazione prodotta in questa sede unitamente al ricorso, nella quale si evidenzia una larghezza stradale percorribile di soli mt. 3,00, cosicché, anche sotto questo profilo, la sentenza sarebbe viziata.

3. Con il terzo motivo si prospetta ‹‹error in iudicando ed error in procedendo commesso dalla Corte di appello di Genova per violazione dell’art. 24 Cost., violazione e falsa applicazione degli artt. 61 e 191 c.p.c. in relazione agli artt. 141, commi 1, 2, 3 e 4, art. 191 C.d.S., nonché degli artt. 1227, 2043, 2054, 2697 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto omettendo di predisporre una perizia cinematica è stato omesso l’esame di fatti decisivi che erano stati oggetto di discussione tra le parti, quali le reali condizioni della strada, l’accertamento della regola di condotta violata, la velocità del veicolo procedente, la natura residenziale-abitativa dello stato dei luoghi, oltre che per falsa applicazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., art. 111, comma 6, Cost. e 6 C.E.D.U per difetto di motivazione e/o motivazione apparente, il tutto eventualmente anche in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4››.

I ricorrenti assumono che i giudici di appello, omettendo di disporre una c.t.u. tecnica e mancando di accertare in concreto ogni aspetto probatorio, sarebbero incorsi in un errore di diritto rilevante, essendo il giudice sfornito delle necessarie competenze tecniche.

4. Il primo ed il secondo motivo, strettamente connessi, possono essere trattati congiuntamente, e sono inammissibili.

4.1. Va, anzitutto, osservato che non ricorre il vizio di difetto assoluto di motivazione, dedotto con entrambi i motivi in esame.

In tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito e consenta anche di verificare se il giudice abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata (Cass., sez. 6- 5, 23/05/2019, n. 13977; Cass., sez. L, 14/02/2020; Cass., sez. 1, 01/03/2022, n. 6758).

Consegue che la sanzione di nullità colpisce le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e che presentano una “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053), nonché quelle in cui, dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire “di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato”, venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass., sez. U, 03/11/2016, n. 22232 e la giurisprudenza ivi richiamata).

La decisione qui impugnata non presenta le gravi anomalie argomentative individuate negli arresti giurisprudenziali sopra menzionati, perché la Corte d’appello, prendendo in esame tutto il corredo probatorio messo a sua disposizione, ha adeguatamente esplicitato gli elementi da essa valorizzati per addivenire ad escludere qualsiasi responsabilità del conducente dell’autovettura, sicché essa non si pone al di sotto del ‹‹minimo costituzionale›› (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053).

4.2. Osserva, inoltre, il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, in materia di responsabilità civile da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, in caso di investimento di pedone la responsabilità del conducente è esclusa quando risulti provato che non vi era, da parte di quest’ultimo, alcuna possibilità di prevenire l’evento, situazione ricorrente allorché il pedone abbia tenuto una condotta imprevedibile ed anomala, sicché l’automobilista si sia trovato nell’oggettiva impossibilità di avvistarlo e comunque di osservarne tempestivamente i movimenti.

Tanto si verifica quando il pedone appare all’improvviso sulla traiettoria del veicolo che procede regolarmente sulla strada, rispettando tutte le norme della circolazione stradale e quelle di comune prudenza e diligenza (Cass., sez. 6 – 3, 22/02/2017, n. 4551).

Al riguardo, deve sottolinearsi come l’accertamento del comportamento colposo del pedone investito da veicolo non sia sufficiente per l’affermazione della sua esclusiva responsabilità, essendo pur sempre necessario che l’investitore vinca la presunzione di colpa posta a suo carico dall’art. 2054, comma 1, c.c., dimostrando di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno e tenendo conto che, a tal fine, neanche rileva l’anomalia della condotta del primo, ma occorre la prova che la stessa non fosse ragionevolmente prevedibile e che il conducente abbia adottato tutte le cautele esigibili in relazione alle circostanze del caso concreto (Cass., sez. 3, 04/04/2017, n. 8663; Cass., sez. 3, 28/03/2022, n. 9856).

Nel caso di specie, il giudice d’appello, sulla base degli elementi di prova complessivamente acquisiti al giudizio, ha accertato che l’attraversamento del bambino, di appena due anni, è stato improvviso ed imprevedibile, in quanto ‹‹è sbucato dietro la sagoma di un’auto in sosta sulla destra della carreggiata che impediva la visibilità al conducente dell’auto che sopraggiungeva, ma anche l’inevitabilità dello scontro, in quanto l’auto già si trovava davanti al punto di entrata nella carreggiata e porgeva, alla corsa del bambino, il proprio lato anteriore destro (parallelo/parafango anteriore destro)››.

I giudici di merito hanno invero escluso che la velocità dell’autovettura condotta dal (omissis) possa avere avuto una qualsiasi incidenza sull’investimento del pedone, o che fosse inadeguata in relazione alle condizioni dei luoghi, sottolineando come gli elementi di prova acquisiti avessero pienamente confermato che la condotta del bambino, connotata da assoluta imprevedibilità, ha reso impossibile il tentativo di una manovra di emergenza atta ad evitare l’impatto con il veicolo, così attestando che non potevano muoversi rilievi alla condotta stradale del conducente dell’autovettura, in quanto l’impatto è avvenuto quando il veicolo già si trovava all’altezza del punto in cui è uscito il bambino, il quale, stante la bassa statura dovuta all’età, non poteva essere avvistato attraverso i vetri dell’autovettura parcheggiata.

Essendosi il giudice di merito conformato ai principi sopra richiamati, non può non rilevarsi che le censure rivolte alla decisione impugnata sono sostanzialmente finalizzate ad una rivisitazione del merito allo scopo di ottenere una diversa ricostruzione del sinistro, più confacente alle esigenze degli odierni ricorrenti, in palese contrasto con i limiti imposti al sindacato di legittimità.

Infatti, i ricorrenti, sotto l’apparente deduzione dei vizi di violazione di legge evocati nella rubrica dei motivi, non prospettano una falsa applicazione delle norme, ma piuttosto insistono nell’affermazione che la Corte territoriale avrebbe operato un accertamento sommario e lacunoso, trascurando di valutare una serie di elementi, quali la velocità del veicolo e l’incidenza causale della condotta di guida del conducente sia nella fase immediatamente precedente l’impatto sia nella fase coincidente con l’impatto stesso, in tal modo muovendo una critica all’interpretazione e valutazione delle risultanze istruttorie operata dai giudici di appello.

Si tratta, come è evidente, di doglianze dirette a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato.

Da tanto discende che i motivi d’impugnazione così formulati devono ritenersi inammissibili, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi, non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti.

Sotto tale ultimo profilo, varrà rammentare che per effetto della nuova formulazione del vizio di legittimità introdotta dall’art. 54, comma 1, lett. b), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis, non trova più accesso al sindacato di legittimità il vizio di mera insufficienza od incompletezza logica dell’impianto motivazionale per inesatta valutazione delle risultanze probatorie, qualora dalla sentenza sia evincibile una regula iuris che non risulti totalmente avulsa dalla relazione logica tra premessa (in fatto)-conseguenza (in diritto) che deve giustificare il decisum.

A quanto detto deve pure aggiungersi che il vizio di motivazione può essere dedotto soltanto in caso di omesso esame di un ‹‹fatto storico›› controverso, che sia stato oggetto di discussione ed appaia ‹‹decisivo›› ai fini di una diversa decisione, non essendo più consentito impugnare la sentenza per criticare il percorso argomentativo che giustifica la decisione adottata sulla base di elementi fattuali che sono stati ritenuti dal giudice di merito determinanti ovvero che sono stati scartati in quanto non pertinenti o recessivi (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053; Cass., sez. U, 22/09/2014, n. 19881; Cass., sez. 3, 10/06/2016, n. 11892; Cass., sez. 3, 12/10/2017, n. 23940).

I ricorrenti non hanno neppure indicato quali fatti decisivi il giudice di merito avrebbe trascurato di esaminare e pertanto, i motivi d’impugnazione non soddisfano i requisiti minimi richiesti dall’invocato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 Deve, altresì, rilevarsi l’inammissibilità della produzione del documento richiamato a pag. 11 del ricorso (doc. n. 5 – copia p.e.c. del 19 maggio 2022 della Polizia Municipale di (Omissis) con allegato schizzo del luogo del sinistro ‹‹corretto››), non essendo consentita in sede di legittimità il deposito di documenti formatisi successivamente alla decisione d’appello, con la sola eccezione di quelli espressamente richiamati dall’art. 372 c.p.c. che attengono all’ammissibilità del ricorso e con esclusione di quelli concernenti l’allegata fondatezza del medesimo (Cass., sez. 3, 26/05/2020, n. 9685).

5. Il terzo motivo è infondato.

La consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario; pertanto, la motivazione dell’eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato effettuata dal giudice (Cass., sez. 6 – 1, 13/01/2020, n. 326; Cass., sez. 1, 05/07/2007, n. 15219; Cass., sez. L, 21/04/2010, n. 9461).

La Corte d’appello, alla stregua delle evidenze probatorie, ha implicitamente ritenuto irrilevante l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio, che avrebbe avuto natura meramente esplorativa.

6. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, in considerazione del contrastante esito dei due giudizi di merito, possono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 8 maggio 2023.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.