Lieve entità del fatto nel delitto di rapina impropria (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 5 dicembre 2024, n. 44704).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SECONDA SEZIONE PENALE

Composta da

ANNA MARIA DE SANTIS – Presidente –

LUCIANO IMPERIALI – Consigliere –

LUCIA AIELLI – Relatore –

GIUSEPPE COSCIONI – Consigliere –

MASSIMO PERROTTI – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

(OMISSIS) (OMISSIS) nato a (OMISSIS) (OMISSIS) il x/x/19xx;

avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia in data 5/2/2024;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Lucia Aielli;

lette conclusioni con le quali il Sostituto procuratore generale, Dott. Giulio Romano ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Venezia con la sentenza indicata in epigrafe ha confermato quella del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Venezia che, in esito al giudizio abbreviato, esclusa la contestata recidiva ed applicate le attenuanti generiche e l’attenuante comune di cui all’art. 62 n. 4 c.p., aveva condannato (OMISSIS) (OMISSIS) alla pena ritenuta di giustizia per il delitto di rapina impropria, assolvendolo dal delitto di lesioni.

2. Avverso la sentenza di appello propone ricorso per cassazione (OMISSIS) (OMISSIS), per mezzo del proprio difensore di fiducia il quale, con il primo motivo, contesta la decisione della Corte territoriale di non rimettere alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla difesa con i motivi aggiunti, con i quali ci si doleva dell’illegittimità della norma di cui all’art. 628 cod.pen., per la mancata previsione di un’ipotesi di lieve entità del fatto.

3. Il ricorrente solleva ulteriori motivi di censura deducendo: violazione di legge in relazione all’art. 628 cod.pen., per la ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato; violazione di legge per la mancata assoluzione dal reato contestato e l’erronea qualificazione giuridica del fatto che andava inquadrato nella fattispecie di cui all’art. 624 cod.pen.; carenza ed illogicità della motivazione per la mancata applicazione della circostanza attenuante comune di cui all’art. 62 n. 4 cod.pen. e delle attenuanti generiche; carenza ed illogicità della motivazione in relazione alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art 131 bis cod.pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è parzialmente fondato.

Nel caso di specie il giudice di appello, conformemente al giudice di primo grado, ha ritenuto integrato il delitto rapina impropria e, con motivazione esaustiva oltre che giuridicamente corretta, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata).

La Corte di merito dopo avere dichiarato la manifesta infondatezza delle deduzioni difensive con le quali si chiedeva di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 628, co. 2 cod.pen., per violazione degli artt. 3, 25, co.2, e 27 Cost., e richiamato le precedenti pronunzie della Corte Costituzionale che già si sono espresse sul tema (Sent. n. 190 del 2020;0rd. 111/2021 e Sent. 260/2022), ha ritenuto provata la penale responsabilità dell’odierno ricorrente per il delitto di rapina impropria ponendo a fondamento della affermazione di penale responsabilità le dichiarazioni delle persone offese, dei testimoni e gli accertamenti della polizia giudiziaria che hanno consentito di ricostruire il comportamento tenuto dall’imputato il quale, dopo essersi impossessato di alcuni generi alimentari, ha esercitato violenza nei confronti dei soggetti che si erano frapposti alla sua fuga, per garantirsi l’impunità (pag. 3 della impugnata).

A fronte di tale ineccepibile compendio argomentativo, le censure difensive articolate nei motivi da 2 a 5, sono inammissibili perchè reiterative di doglianze già avanzate con l’atto di appello alle quali il giudice di secondo grado ha risposto con considerazioni logico – giuridiche corrette.

2. Fondato appare, invece, il motivo n. 1.

La Corte di appello ha ritenuto irrilevante, oltre che manifestamente infondata l’ulteriore questione di legittimità costituzionale dell’art. 628, co.2, cod. pen., formulata con i motivi aggiunti, con cui si contestava la mancata previsione di una diminuente speciale quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o le circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità.

La Corte di appello nel motivare il diniego ha ritenuto, da un canto, che la questione non fosse rilevante poiché, essendo già stata applicata l’attenuante comune di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. e non essendo le due attenuanti cumulabili, il riconoscimento della lieve entità del fatto non avrebbe portato alcuna ulteriore mitigazione della pena; dall’altro canto ha ritenuto che la ratio giustificatrice del più mite trattamento sanzionatorio previsto per l’ipotesi 94″ lieve riferita al delitto di estorsione introdotto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 120/2023, non fosse estensibile al delitto di rapina.

3. Entrambe le considerazioni non sono corrette.

La Corte Costituzionale con sentenza n. 86 del 13 maggio 2024, intervenuta successivamente alla sentenza impugnata, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 628, co. 2, cod. pen., nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando, per la natura, la specie, i mezzi, le modalità e circostanze dell’azione ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità.

In via conseguenziale, per gli stessi motivi, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale anche del primo comma dell’art. 628 c.p. per violazione degli artt. 3 e 27 Cost.

Si tratta dell’estensione al delitto di rapina di quanto deciso dalla sentenza n. 120 del 2023 in tema di estorsione, delitto caratterizzato anch’esso dall’elevato minimo edittale di reclusione e, nel contempo, dalla possibilità di consumazione tramite condotte di basso impatto personale e patrimoniale.

Occorre ribadire che, nel giudizio di cassazione, è rilevabile di ufficio, anche in caso di inammissibilità del ricorso, la nullità sopravvenuta della sentenza impugnata nel punto relativo alla determinazione della pena in conseguenza della dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma attinente alla determinazione della pena (Sez. 6, n. 21982 del 16/05/2013, Rv. 255674; 5e2. 3, n. 4595 del 27/6/2017, Rv. 271795; Sez. 2, n. 4365 del 15/12/2023, Rv. 285862; Sez. 2 n. 19938 del 15/5/2024 Rv. 286432).

Pertanto, la sentenza impugnata, deve essere annullata limitatamente alla possibilità d’applicazione dell’attenuante di lieve entità che, come rilevato dalla Corte Costituzionale, è applicabile, per identità di ratio, anche al delitto di rapina.

4. Quanto poi alla ritenuta non cumulabilità dell’ipotesi attenuata introdotta dalla sentenza della Corte Costituzionale, con l’attenuante comune di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., per il fatto che esse fonderebbero sugli stessi presupposti, rileva il collegio che, in linea di principio, non è di ostacolo al riconoscimento dell’ipotesi attenuata l’applicazione della circostanza attenuante comune dovendo il giudice valutare, ai fini dell’art. 62 n. 4 cod. pen., l’entità del danno economico, che dev’essere pressochè irrilevante (nella specie si è trattato di tre confezioni di affettato e una birra), in uno con gli effetti pregiudizievoli scaturiti dall’azione criminosa (Sez. 2, n. 36916 del 28/09/2011, Rv.251152; Sez. 2, n. 3576 del 23/10/2013, Rv. 260021) e, ai fini dell’ipotesi attenuata che, è stato chiarito, in relazione a delitto di estorsione non costituisce una fattispecie autonoma di reato ma una circostanza attenuante, il fatto oggettivo nel suo complesso, sicché essa non è configurabile se il requisito della lieve entità manchi o in rapporto all’evento di per sé considerato, ovvero in rapporto a natura, specie, mezzi, modalità e circostanze della condotta; ovvero, ancora, in rapporto all’entità del danno o del pericolo conseguente al reato, avuto riguardo a tempi, luoghi e modalità della privazione della libertà personale ed all’ammontare delle somme oggetto della finalità estorsiva.

Il ventaglio delle situazioni che possono essere prese in esame al fine di valutare, per ritenere (o escludere) la lieve entità del fatto, dunque, è, più ampia e multiforme rispetto all’attenuante comune riguardando aspetti sia di natura oggettiva che di natura soggettiva (cfr., così, Sez. 2 , n.9820 del 26/01/2024, Rv. 286092, in cui la Corte ha spiegato che l’attenuante della lieve entità del fatto, prevista dall’art. 311 cod. pen. ed applicabile anche al delitto di estorsione a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 120 del 2023, postula una valutazione del fatto nel suo complesso, sicché non è configurabile se la lieve entità difetti con riguardo all’evento in sé considerato o con riguardo alla natura, alla specie, ai mezzi, alle modalità e alle circostanze della condotta ovvero, ancora, in relazione all’entità del danno o del pericolo conseguente al reato, finendo per escludere la “lieve entità” del fatto sul rilievo della condizione soggettiva dell’imputato, che era recidivo, e di quella della vittima, che era un ottantenne).

In altri termini le situazioni valutabili ai fini del riconoscimento della “lieve entità” del fatto sono talmente ampie che la esclusione della ipotesi “lieve” non può essere giustificata per il contestuale riconoscimento, nella stessa sentenza, della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.

Infatti, l’attenuante comune afferisce al profilo della offesa al bene tutelato che, pertanto, nei delitti cd. “plurioffensivi”, deve essere di “speciale tenuità” sotto ogni aspetto, ovvero con riguardo ad ogni profilo di possibile pregiudizio arrecato alla vittima.

L’attenuante introdotta dalla sentenza della Corte Costituzionale, dal canto suo, ha uno spettro diverso ed ha riguardo sia alla natura, alla specie, ai mezzi, alle modalità o circostanze dell’azione sia, in alternativa (“ovvero”), alla “… particolare tenuità del danno o del pericolo”.

Si tratta di aspetti distinti e non coincidenti tanto che il legislatore ha inteso differenziare proprio dettando i criteri di valutazione per giungere ad individuare la corretta risposta sanzionatoria alla condotta penalmente rilevante che, di volta in volta, è portata al vaglio del giudice: l’art. 133 cod. pen., stabilisce, infatti, che, nel parametrare la pena, il giudice deve tener conto della “gravità” del reato desunta sia “… 1) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall’oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità dell’azione” che, tra gli altri, “… 2) dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato…”.

Proprio la non coincidenza tra questi due profili comporta che un fatto possa aver cagionato un danno (astrattamente qualificabile come) di speciale tenuità (e, si ribadisce, non soltanto sotto il profilo esclusivamente patrimoniale ma sotto tutti i possibili aspetti di “lesività” della condotta) ma, nello stesso tempo, possa assumere un diverso rilievo sotto altri profili come, per l’appunto, quelli che concernono “… la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione …”, espressione utilizzata nelle sentenze della Corte Costituzionale (n. 68 del 2012, n. 120 del 2023 , n. 86 del 2024) e che risulta pressoché integralmente coincidente il disposto di cui al n. 2) del comma primo dell’art. 133 cod. pen..

Conclusivamente, ove, come nel caso di specie, sia stata riconosciuta la attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., occorrerà verificare i profili di cui il giudice abbia inteso tener conto e che, come appena detto, devono essere riferiti al solo profilo del danno (o del pericolo) all’interesse o agli interessi contestualmente tutelati dalla norma incriminatrice, ma non è escluso che l’attenuante “costituzionale” della “lieve entità del fatto” possa essere, comunque, riconosciuta se, oltre agli aspetti già considerati ai fini della attenuante comune, anche quelli concernenti “… la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione …” consentano di apprezzare il fatto, nel suo complesso (ovvero a prescindere dal danno o dal pericolo cagionato) come “di lieve entità”; viceversa, la attenuante “costituzionale” potrà essere esclusa, anche in caso di riconoscimento della attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., qualora gli ulteriori profili sopra richiamati non consentano una valutazione complessiva di “lieve entità” del fatto.

5. La sentenza impugnata va dunque annullata con rinvio in parte qua, perché il giudice di appello tenuto conto della sentenza della sentenza della Corte costituzionale n. 86 del 13 maggio 2024, valuti la ricorrenza dell’ipotesi di lieve entità.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla diminuente della lieve entità del fatto con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Venezia.

Dichiara inammissibile nel resto il ricorso e irrevocabile l’accertamento di responsabilità.

Roma, 25/10/2024

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.