L’onere della prova in caso di contestazione degli sgravi contributivi per contratti di formazione e lavoro (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 1 febbraio 2023, n. 2988).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANCINO Rossana – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CERULO Angelo – Rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9930-2018 proposto da:

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale procuratore speciale della SOCIETÀ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (S.C.C.I.) S.P.A., rappresentato e difeso, in forza di procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dagli avvocati ANTONINO (OMISSIS), LELIO (OMISSIS), CARLA (OMISSIS), EMANUELE (OMISSIS), GIUSEPPE (OMISSIS) ed ESTER ADA (OMISSIS), con domicilio eletto in ROMA, VIA (OMISSIS), 29, presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto

-ricorrente-

contro

(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, per procura conferita a margine del controricorso, dagli avvocati GIAMPIERO (OMISSIS) e CARLO (OMISSIS), con domicilio eletto in ROMA, VIA (OMISSIS) (OMISSIS), 23/a, presso lo studio del primo difensore

-controricorrente-

e

EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE S.P.A.

-intimata-

per la cassazione della sentenza n. 756 del 2017 della CORTE D’APPELLO DI BARI, pronunciata il 14 marzo 2017 e pubblicata il 21 marzo 2017 (R.G.N. 7392/2010).

Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 13 ottobre 2022 dal Consigliere Angelo Cerulo.

FATTI DI CAUSA

1.- Con sentenza pubblicata il 21 marzo 2017 con il numero 756/2017, la Corte d’appello di Bari ha respinto i gravami proposti dall’INPS, e successivamente riuniti, contro le sentenze pronunciate dal Tribunale di Bari e dal Tribunale di Trani (datate, rispettivamente, 24 maggio 2010 e 19 gennaio 2011).

Con le sentenze confermate in appello, i Tribunali di Bari e di Trani, in accoglimento dell’opposizione instaurata da (OMISSIS) s.r.I., avevano annullato la cartella esattoriale, che alla società aveva intimato la restituzione degli sgravi contributivi percepiti per i contratti di formazione e lavoro relativi, rispettivamente, alle sedi di Bari e di Andria.

2.- L’INPS impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Bari, con ricorso notificato il 21 marzo 2018 e affidato a un unico motivo.

3.- (OMISSIS) s.r.l. resiste con controricorso, illustrato da memoria.

4.- Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a. non ha svolto in questa sede alcuna attività difensiva.

5.- Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio dinanzi a questa sezione, in base agli artt. 375, secondo comma, e 380-bis.1. cod. proc. civ.

6.- Il pubblico ministero non ha depositato conclusioni scritte.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- L’INPS, mediante E.TR. s.p.a., agente per la riscossione, ha intimato a (OMISSIS) s.r.l. la restituzione degli sgravi contributivi goduti dalla società, dal novembre 1995 al maggio 2001, per i contratti di formazione e lavoro della sede di Bari (cfr., per l’analitica indicazione, pagina 10 del controricorso).

L’INPS ha richiesto, inoltre, la restituzione degli sgravi contributivi inerenti ai contratti di formazione e lavoro della sede di Andria (cfr., a tale riguardo, pagina 11 del controricorso).

I giudici d’appello hanno dichiarato prive di fondamento le pretese restitutorie dell’INPS, ritenendo gl’importi percepiti compatibili con la disciplina degli aiuti di rilevanza minore (de minimis).

A tali conclusioni la Corte territoriale è giunta sulla scorta dell’accertamento peritale disposto in grado d’appello e della carenza di specifiche contestazioni con riguardo all’autodichiarazione sul mancato superamento del tetto “de minimis“.

La sentenza d’appello ha poi valorizzato la genericità delle censure mosse alla soluzione delineata dai giudici di primo grado.

2.- L’INPS ricorre per cassazione sulla scorta di un motivo, che s’incentra sulla violazione e sulla falsa applicazione di molteplici disposizioni (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.):

gli artt. 87 e 88 del trattato CE;

il regolamento (CE) n. 994/98 del Consiglio del 7 maggio 1998 sull’applicazione degli articoli 92 e 93 del trattato che istituisce la Comunità europea a determinate categorie di aiuti di stato orizzontali;

l’art. 2 del regolamento (CE) n. 69/2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001, relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti d’importanza minore (“de minimis“);

la decisione della Commissione 2000/128/CE, dell’11 maggio 1999, relativa al regime di aiuti concessi dall’Italia per interventi a favore dell’occupazione;

la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 7 marzo 2002, nella causa C- 310/99;

l’art. 2697 cod. civ.;

l’art. 16 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, nella legge 19 luglio 1994, n. 451;

l’art. 15 della legge 24 giugno 1997, n. 196.

La Corte territoriale avrebbe violato le disposizioni richiamate:

a) nel valorizzare un’autodichiarazione presentata irritualmente, senza alcuna autorizzazione del giudice, nel solo giudizio pendente dinanzi al Tribunale di Bari, con riguardo alla posizione aziendale della sede barese;

b) nell’attribuire rilievo a una autodichiarazione sprovvista di valore probatorio e nel trascurare la puntuale contestazione dei requisiti di legittimità degli sgravi concessi;

c) nel fondare il proprio convincimento su una consulenza tecnica d’ufficio che, «con atto di fede», ha escluso il superamento della soglia “de minimis“, senza alcun esame della documentazione concernente il periodo di riferimento;

d) nell’accogliere l’opposizione, addebitando all’Istituto di non avere dimostrato la fondatezza delle singole censure, con «palesi errori interpretativi, in tema di adempimento dell’onere probatorio da parte della società che assume di non rientrare nell’ambito di applicazione della decisione della Commissione europea dell’11.5.99 in forza dell’applicazione della regola de minimis».

3.- Si deve premettere che, per giurisprudenza costante di questa Corte, gli sgravi contributivi per i contratti di formazione e lavoro costituiscono aiuti di Stato compatibili con il mercato comune in presenza di condizioni alternative, che riguardano o la creazione di nuovi posti lavoro nell’impresa beneficiaria, a favore di lavoratori che non hanno trovato un impiego o che hanno perso quello precedente, ovvero l’assunzione di lavoratori che incontrano difficoltà ad inserirsi o a reinserirsi nel mercato del lavoro (i giovani con meno di venticinque anni, i laureati fino a ventinove anni compresi e i disoccupati di lunga durata, almeno a far data da un anno).

Nella prima condizione, l’incremento netto dell’occupazione è un requisito di per sé sufficiente a rendere legittima l’agevolazione; nella seconda, viceversa, è richiesto solamente il rispetto del requisito anagrafico.

In assenza di una delle predette condizioni, gli aiuti possono essere concessi nei limiti del “de minimis” (Cass., sez. lav., 22 giugno 2017, n. 15492).

4.- Con riguardo agli sgravi introdotti dalla legislazione italiana per la conclusione dei contratti di formazione e lavoro, questa Corte ha affermato che «in tema di sgravi contributivi e di fiscalizzazione degli oneri sociali, grava sull’impresa che vanti il diritto al beneficio l’onere di provare la sussistenza dei necessari requisiti in relazione alla fattispecie normativa di volta in volta invocata (v. Cass. sez. lav. n. 14130 dell’1.10.2002, n. 19262 del 16.12.2003, n. 5137 del 9.3.2006, n. 16351 del 24.7.2007, n. 21898 del 26.10.2010 e Sez. Un. 6489 del 26.4.2012); né la circostanza che le condizioni legittimanti il beneficio siano state dettate (anche) da disposizioni comunitarie può alterare i termini della questione, spettando pur sempre al datore di lavoro dimostrare la sussistenza delle condizioni, stabilite dalla Commissione o da quest’ultima presupposte siccome già fissate dalla normativa nazionale, per poter legittimamente usufruire degli sgravi (Cass. n. 6671 del 2012; in senso conf. V. Cass. Sez. lav. n. 23654/2016; Cass. n. 15970 del 2020)» (di recente, Cass., sez. lav., 27 gennaio 2022, n. 2452; in senso conforme, sempre con riguardo al contenzioso innescato dalla decisione 2000/128/CE, Cass., sez. lav., 13 gennaio 2022, n. 959, 14 dicembre 2021, n. 40005, e 29 marzo 2018, n. 7832, punto 12).

Sul «soggetto che assume di avere diritto allo sgravio, che costituisce una situazione di eccezione in senso riduttivo dell’obbligo contributivo» grava la prova dei relativi fatti costitutivi e della sussistenza dei necessari requisiti, «in relazione alla fattispecie normativa di volta in volta invocata» (Cass., 22 febbraio 2021, n. 4672, punto 4, con precipuo riguardo agli sgravi relativi ai contratti di formazione e lavoro e alla decisione 2000/128/CE).

Tale regola di distribuzione dell’onere della prova si raccorda alla peculiarità dell’azione intrapresa, che tende al recupero degli sgravi contributivi illegittimamente percepiti (Cass., sez. lav., 18 luglio 2017, n. 17729).

5.- Si deve ribadire, inoltre, che «in materia di divieti a tutela della concorrenza nell’ordinamento comunitario, la sussistenza delle condizioni per l’esenzione degli aiuti di Stato d’importanza minore (“de minimis“) deve essere provata dal beneficiario con riguardo non al singolo aiuto, ma al periodo di tre anni, decorrente dal momento del primo aiuto, comprendendo ogni altro aiuto pubblico accordato quale aiuto “de minimis“» (la richiamata ordinanza n. 2452 del 2022).

Proprio con riguardo agli sgravi accordati per la stipulazione dei contratti di formazione e lavoro, questa Corte ha rilevato che la prova del mancato superamento della soglia di 100.000,00 Euro nel triennio non deve intendersi circoscritta ai soli sgravi oggetto del recupero, ma deve investire «tutti gli aiuti percepiti, nell’indicato limite temporale, dall’impresa nel suo complesso» (la richiamata ordinanza n. 7832 del 2018, punto 15; nel medesimo senso, anche la già citata ordinanza n. 17729 del 2017).

Chi invoca l’applicazione dell’eccezionale regola “de minimis” è dunque tenuto a dimostrare non solo che l’importo richiesto nel corso del singolo procedimento sia inferiore a tale soglia, ma anche quale sia l’ammontare massimo totale dell’aiuto ascrivibile alla categoria “de minimis“, su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo aiuto. Occorre valutare, in tale esame, qualsiasi aiuto pubblico accordato, sotto qualunque forma (Cass., sez. lav., 6 aprile 2020, n. 7704, e 12 giugno 2017, n. 14574).

6.- La sentenza impugnata, nel confermare le decisioni dei Tribunali di Bari e di Trani, reputa legittimi gli aiuti percepiti dalla società controricorrente, in applicazione della disciplina degli aiuti de minimis.

La pronuncia d’appello, che sostituisce le pronunce di primo grado, si fonda su tale presupposto, che è all’origine dell’accoglimento delle opposizioni instaurate da (OMISSIS) s.r.l.

Le condizioni per l’applicazione della disciplina “de minimis” sono state approfondite anche nell’indagine peritale affidata al dottor Bartolomeo (OMISSIS), per gli sgravi relativi tanto alla sede di Bari quanto a quella di Andria.

7.- Il ricorrente imputa alla Corte territoriale di aver disatteso le regole di distribuzione dell’onere della prova, con riguardo alla dimostrazione dei presupposti di legittimità degli sgravi contributivi e, in particolare, dei requisiti degli aiuti “de minimis“.

Le doglianze dell’INPS si sottraggono ai rilievi d’inammissibilità formulati dalla (OMISSIS) s.r.l. (pagine 19, 20, 21 e 22 del controricorso e pagine 9, 10 e 11 della memoria illustrativa), in quanto non si risolvono nella richiesta di riesame dei fatti controversi, ma si appuntano sulla violazione delle regole di riparto dell’onere della prova.

Il motivo soddisfa, inoltre, i requisiti di specificità.

Il ricorrente espone gli snodi salienti del processo e così consente a questa Corte d’intendere le censure proposte, senza dover attingere a elementi estranei al ricorso.

Il motivo si confronta con la ratio decidendi della pronuncia impugnata e la critica sotto il profilo della violazione delle regole di riparto degli oneri della prova, profilo che riveste importanza dirimente.

Le censure si rivelano fondate, nei termini di seguito esposti.

8.- È la stessa sentenza impugnata, nel ripercorrere gli antefatti processuali rilevanti (pagina 3), a riferire che «L’INPS, invero, sostiene con gli atti di gravame che la società appellata fruisce (rectius, non ha provato di non fruire) di altri aiuti di Stato, i quali, se cumulati con i contribu[i]ti indebiti accertati, determinerebbero il superamento della soglia del de minimis».

Nel giudizio d’appello, l’INPS ha dunque rimarcato la necessità che sia l’impresa a dover provare la mancata fruizione di altri aiuti di Stato, oltre a quelli inerenti ai contratti di formazione e lavoro.

La sentenza impugnata, nel disattendere il gravame dell’INPS, incentrato sull’attribuzione dell’onere della prova in capo all’impresa, pone a carico dell’appellante l’onere di dimostrare la fondatezza delle singole censure mosse alle pronunce di primo grado (pagina 6) e di fatto, come traspare dalla trama argomentativa, addossa all’Istituto che agisce per il recupero degli sgravi indebiti la prova della fondatezza della pretesa restitutoria.

Per giurisprudenza costante di questa Corte, è invece la parte che rivendica gli sgravi a dovere offrire la prova rigorosa dei presupposti che la legittimano a fruirne, in quanto si tratta di eccezione alla regola dell’obbligo contributivo.

9.- L’erronea ripartizione degli oneri della prova si riverbera anche sulle altre statuizioni, che la sentenza enuncia, come corollario della premessa argomentativa criticata dal ricorrente.

10.- Come si evince dalla sentenza impugnata (pagina 5), la consulenza tecnica d’ufficio, espletata in fase d’appello, ha accertato che gli aiuti percepiti per i contratti di formazione e lavoro non travalicano la soglia degli aiuti “de minimis” e ha fondato tale conclusione sulla documentazione disponibile, senza dar conto dell’esame di dati documentali attinenti all’erogazione di altri aiuti.

Il perito dell’ufficio ha dichiarato che «non è stato possibile reperire documentazione contabile “oltre il decennio trascorso per la conservazione della stessa”» (la già menzionata pagina 5 della sentenza d’appello).

In conseguenza della violazione della regola che governa la distribuzione degli oneri probatori, tale mancanza di riscontri documentali ha pregiudicato l’Istituto (cfr. pagina 15 del ricorso per cassazione, punto i) e non la parte onerata della prova, secondo le regole enucleate da questa Corte e poste in risalto con il motivo di ricorso.

11.- La violazione dei criteri che presiedono alla distribuzione degli oneri della prova inficia anche le valutazioni in ordine alla supposta non contestazione.

Sul punto nodale della fruizione di altri aiuti di Stato, anche per titoli diversi dagli sgravi concernenti i contratti di formazione e lavoro, l’elemento cruciale del percorso argomentativo risiede nell’autodichiarazione presentata dalla (OMISSIS) s.r.l.

Ad avviso della Corte territoriale, tale autodichiarazione, che attesterebbe la mancata percezione di altri aiuti di Stato nel periodo 1996-2001, non è stata debitamente contestata dall’INPS (pagina 5).

Nella prospettiva dei giudici d’appello, tale dato è sufficiente a destituire di fondamento la pretesa restitutoria dell’INPS, sul presupposto che spetti all’Istituto offrirne idonea prova. Presupposto che l’INPS ha recisamente censurato nei motivi di gravame (cfr. la richiamata pagina 3 della sentenza impugnata), in radicale antitesi con la prospettazione difensiva di un mancato superamento della soglia de minimis.

Si deve rilevare, peraltro, che questa Corte ha affermato in molteplici occasioni che il principio di non contestazione, di cui all’art.115 cod. proc. civ., ha per oggetto fatti storici sottesi a domande ed eccezioni e non può riguardare le conclusioni ricostruttive desumibili dalla valutazione di documenti (Cass., sez. III, 5 marzo 2020, n. 6172).

Il principio di non contestazione non opera in difetto di specifica allegazione dei fatti che dovrebbero essere contestati, né tale specificità può essere desunta dall’esame dei documenti prodotti dalla parte: l’onere di contestazione, difatti, si correla alle affermazioni presenti negli atti destinati a contenere le allegazioni delle parti, così da consentire alle stesse e al giudice di verificare immediatamente, sulla base delle contrapposte allegazioni e deduzioni, quali siano i fatti non contestati e quelli ancora controversi (Cass., sez. III, 22 settembre 2017, n. 22055).

Rispetto alle produzioni documentali, sussiste soltanto l’onere di disconoscerle, nei casi e modi di cui all’art. 214 cod. proc. civ., o di proporre – ove occorra – querela di falso.

Gli elementi costitutivi della domanda devono essere specificamente enunciati nell’atto introduttivo e le produzioni documentali non possono assurgere a funzione integrativa di una domanda priva di specificità, con l’effetto (inammissibile) di demandare alla controparte (e anche al giudice) l’individuazione, tra le varie produzioni, di quelle che l’attore intende porre a fondamento della propria domanda, pur senza esplicitarlo nell’atto introduttivo (Cass., sez. III, 8 marzo 2018, n. 3022).

Anche la scelta di valorizzare a danno dell’INPS il contegno processuale di un’asserita “non contestazione”, ben oltre il perimetro tracciato dal codice di rito, si riconnette alla violazione delle regole di riparto dell’onere della prova e al presupposto che tale onere incomba sull’INPS, e non sull’impresa che propugni la legittimità degli sgravi.

12.- Alla luce delle considerazioni svolte, il ricorso dev’essere accolto.

La sentenza è cassata e la causa dev’essere rinviata ad altro giudice, che s’individua nella medesima Corte d’appello di Bari, in diversa composizione.

Il giudice del rinvio, nel riesaminare le questioni controverse, si dovrà uniformare al seguente principio di diritto:

«Nelle azioni intraprese dall’INPS per il recupero degli sgravi contributivi attinenti a contratti di formazione e lavoro, considerati come aiuti di Stato non conformi al trattato CE dalla decisione della Commissione 2000/128/CE, confermata dalla Corte di giustizia delle Comunità europee con sentenza 7 marzo 2002 (causa C-310/99) e ribadita dalla medesima Corte con pronuncia del 1° aprile 2004 (causa C- 99/02), grava sull’impresa che vanti il diritto di fruire dei benefici in esame l’onere di provare la sussistenza dei requisiti di compatibilità con il mercato comune, delineati dalla citata decisione della Commissione europea ai punti 113, 114 e 115. Al fine di verificare se le misure rispettino la regola de minimis, il giudice dovrà tener conto di tutti gli aiuti pubblici ricevuti dall’impresa nel periodo di tre anni che decorre dal momento del primo aiuto, sulla base delle allegazioni e degli elementi di prova ritualmente acquisiti al processo».

Al giudice del rinvio è rimessa, altresì, la pronuncia sulle spese del presente giudizio (art. 385, terzo comma, cod. proc. civ.).

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione civile del 13 ottobre 2022.

Depositato in Cancelleria il 1° febbraio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.