Mendicante aggredisce e minaccia due persone in strada e si fa consegnare 9 euro: condannato per rapina aggravata (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 27 maggio 2022, n. 20684).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MESSINI D’AGOSTINI Piero – Presidente –

Dott. SGADARI Giuseppe – Rel. Consigliere –

Dott. MONACO Marco Maria – Consigliere –

Dott. FILIPPINI Stefano – Consigliere –

Dott. PARDO Ignazio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) Cristian, nato a Palermo il 17/04/1984;

avverso la sentenza del 05/02/2021 della Corte di appello di Palermo;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione della causa svolta dal consigliere Dott. Giuseppe Sgadari;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Raffaele Gargiulo, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza del Tribunale di Palermo emessa il 17 marzo del 2020 che aveva condannato il ricorrente alla pena di giustizia in relazione al reato di rapina commesso in danno di due persone offese dalle quali, con violenza e minaccia, si faceva consegnare una somma complessiva di nove euro.

2. Ricorre per cassazione (OMISSIS) Cristian, deducendo:

1) violazione di legge e vizio di motivazione per omissione, avendo la Corte pretermesso l’esame del motivo di appello inerente alla affermazione di responsabilità, con il quale si era sostenuta l’assenza di minaccia o violenza idonee ad integrare il reato di rapina per le ragioni ribadite a fg. 3 del ricorso;

2) violazione di legge e vizio di motivazione per non avere la Corte ritenuto sussistente la causa di giustificazione dello stato di necessità, posto che la condotta del ricorrente sarebbe stata animata dal bisogno di cibo, da intendersi come primario, essendo egli un mendicante senza fissa dimora;

3) violazione di legge e vizio di motivazione quanto al diniego dell’attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 4, cod.pen., non ritenendosi ostativa la circostanza che si fosse trattato di una rapina, ma avendo la Corte trascurato il modestissimo danno economico subito dalle vittime e l’assenza di danno morale, avuto riguardo al fatto che le persone offese non si erano allontanate dai luoghi in attesa dell’arrivo della Polizia.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.

1. Quanto al primo motivo, deve ricordarsi il principio di diritto secondo il quale, nella motivazione della sentenza il giudice di merito non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo; nel qual caso devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 4, n. 1149 del 24/10/2005, dep. 2006, Mirabilia, Rv. 233187).

Nel caso in esame, oltre che attraverso la lettura della sentenza di primo grado – il cui contenuto si fonde con quello della sentenza impugnata stante la conformità del giudizio di condanna – l’incompatibilità logica tra la tesi difensiva circa l’assenza di minaccia o violenza e la tesi propugnata dalla Corte e dal Tribunale, è data dalla circostanza che una delle due vittime aveva subito una lesione personale, documentata dal fatto che l’imputato le aveva provocato una ferita lacerocontusa (fg.5 sentenza Tribunale), non altrimenti giustificata in ricorso e pienamente aderente alle dichiarazioni delle persone offese, riportate dal Tribunale, in ordine al fatto che tale ferita fosse conseguenza della condotta predatoria ed aggressiva dell’imputato.

Per tale ragione, è da ravvisarsi una motivazione implicita idonea a superare le censure difensive inerenti al giudizio di responsabilità.

2. Quanto al secondo motivo, la Corte ha ampiamente esaminato la doglianza del ricorrente, ritenendo non provato che egli versasse in stato di necessità, potendo rivolgersi a centri di assistenza presenti nella stessa città luogo del fatto e specializzati nel dare sostegno alimentare giornaliero agli indigenti, circostanza che rendeva non giustificato il ricorso a forme di violenza fisica nei confronti di terzi.

Nel che, l’insussistenza del requisito della attualità ed inevitabilità del pericolo di un danno grave per la persona dell’imputato proporzionato rispetto all’offesa arrecata.

Si ricordi, in punto di diritto, che la situazione di indigenza non è di per sé idonea ad integrare la scriminante dello stato di necessità per difetto degli elementi dell’attualità e dell’inevitabilità del pericolo, atteso che alle esigenze delle persone che versano in tale stato è possibile provvedere per mezzo degli istituti di assistenza sociale (Fattispecie in tema di furto con strappo di cui all’art. 624 bis cod. pen.) (Sez. 5, n. 3967 del 13/07/2015, dep. 2016, Petrache, Rv. 265888).

3. Quanto al terzo motivo, la Corte ha ritenuto grave l’offesa alle vittime per il fatto di avere causato una ferita lacero contusa ad una di esse e per essere stata “reiterata e particolarmente insistente”.

Tanto ha voluto esprimere il giudice di merito richiamando il principio, neanche contestato in ricorso, secondo il quale, con riguardo al reato di rapina, la valutazione della speciale tenuità del danno deve tenere conto anche del rilievo morale di esso in ragione di quanto patito dalle vittime – in questo caso, per di più, in numero di due, come ha segnalato la Corte a dimostrazione della ulteriore gravità della condotta – e non del solo aspetto prettamente economico dell’illecito.

Le diverse considerazioni difensive in proposito sollecitano l’esame di altri aspetti di fatto della vicenda e per questo rimangono relegate al merito del giudizio.

4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 13.05.2022.

Depositato in Cancelleria, addì 27 maggio 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.