Merce nascosta in borse idonee a non far scattare l’allarme all’uscita dal negozio: legittimo parlare di furto aggravato dall’uso di un mezzo fraudolento (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 17 maggio 2022, n. 19288).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOVERE Salvatore – Presidente –

Dott. CIAMPI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. CAPPELLO Gabriella – Rel. Consigliere –

Dott. NARDIN Maura – Consigliere –

Dott. DAWAN Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) ANA MARIA LILIANA nata a SLATINA (ROMANIA) il 07/07/19xx;

avverso la sentenza del 03/02/2021 della CORTE APPELLO di CAGLIARI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

svolta la relazione dal Consigliere Dott.ssa GABRIELLA CAPPELLO;

udito il Procuratore generale, in persona del sostituto Felicetta MARINELLI, la quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;

udito l’avvocato Giuseppe (OMISSIS) del foro di Cagliari in difesa di (OMISSIS) Ana Maria Liliana, il quale, illustrati i motivi di ricorso, ne ha chiesto raccoglimento.

Ritenuto in fatto

1. La Corte d’appello di Cagliari ha confermato la sentenza del Tribunale cittadino di condanna di (OMISSIS) Ana Maria Liliana per il reato di furto aggravato dall’uso di mezzo fraudolento, posto in essere in concorso il 21/7/2012 ai danni di un esercizio commerciale, mediante asporto di svariati profumi occultati sia all’interno di un porta PC che all’interno di una borsetta, riuscendo gli agenti a guadagnare l’uscita senza far scattare l’allarme.

2. La difesa dell’imputata ha proposto ricorso, formulando tre motivi.

Con il primo, ha dedotto vizio della motivazione in ordine alla valutazione del compendio probatorio, contestando la certezza del riconoscimento dell’imputata.

Con il secondo, ha dedotto inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale in relazione alla ritenuta sussistenza dell’aggravante del mezzo fraudolento, tale non potendo considerarsi, secondo il deducente, l’utilizzo di borse per l’occultamento della merce, con conseguente improcedibilità del reato, in difetto di apposita querela.

Con il terzo, infine, ha dedotto violazione di legge in relazione al giudizio di comparazione tra gli elementi circostanziali.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile.

2. La Corte d’appello ha ritenuto la penale responsabilità dell’imputata alla luce delle testimonianze (OMISSIS), dipendente dell’esercizio commerciale, e (OMISSIS), all’epoca dei fatti in servizio presso la Stazione dei CC di Quartu Sant’Elena.

La prima era stata avvisata da un collega della sottrazione di merce avvenuta con modalità analoghe a precedenti furti ai danni di profumerie nello stesso lasso temporale e a opera di una coppia di stranieri – dei quali rendeva anche descrizione – che si erano serviti di un porta computer e di una borsetta bianca. Effettuati i relativi controlli, la donna si era accorta dell’ammanco della merce.

La stessa, poi, aveva messo a disposizione dei CC il filmato tratto dal sistema di videosorveglianza del negozio.

Dal canto suo, l’operante di PG aveva visionato le immagini delle telecamere di videosorveglianza, in cui erano perfettamente visibili gli autori del furto.

Grazie ad esse, poi, erano stati individuati un ragazzo e di una ragazza, quest’ultima identificata nell’odierna ricorrente grazie al controllo incrociato con una foto segnaletica, scattata in occasione di analoghi fatti criminosi.

Un riscontro era stato tratto anche dal confronto tra le immagini della videocamera e quelle tratte dal profilo facebook della (OMISSIS).

Pertanto, attraverso un controllo incrociato tra i dati in possesso delle forze di polizia e gli accertamenti anagrafici (sulla patente di guida e altro) si era risaliti alla identificazione della coppia.

Le borse portate dai due nell’occorso erano di dimensioni tali da contenere le 33 confezioni di profumo mancanti dai banconi del negozio.

Quanto alla aggravante del mezzo fraudolento, la Corte di merito ha precisato che i due ragazzi si erano introdotti nell’esercizio commerciale simulando la qualità di clienti, occultando senza esser notati la refurtiva in capaci borse e raggiungendo con rapidità l’uscita, riuscendo a dissimulare l’esecuzione del furto (che, infatti, fu scoperto solo dopo) grazie all’impiego di contenitori che avevano scongiurato l’attivazione dell’allarme ai tornelli delle casse, in ciò ravvisando un mezzo fraudolento che può essere integrato da una varietà di condotte tali da connotare il fatto di una maggiore offensività rispetto al bene protetto e ritenendo, dunque, che non vi era stato il semplice occultamento della refurtiva nelle borse, ma l’impiego di un vero e proprio stratagemma che aveva impedito l’attivazione dell’allarme.

I precedenti dell’imputata hanno giustificato il giudizio di mera equivalenza delle riconosciute generiche con la ritenuta aggravante.

3. I motivi sono manifestamente infondati.

Richiamato il consolidato orientamento di questa Corte in ordine ai limiti del sindacato di legittimità, soprattutto in un caso di doppia sentenza conforme di merito (tra le altre, sez. 3 n. 44418 del 16/7/2013, Argentieri, Rv, 257595; sez. 3 n. 13926 del 1/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615; sez. 2, n. 37295 del 12/6/2019, Rv. 277218) e ricordata la estraneità al giudizio di legittimità della valutazione e dell’apprezzamento del significato degli elementi probatori che attengono interamente al merito, (cfr. sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, Rv. 265482; sez. 6 n. 25255 dèl 14/2/2012, Rv. 253099), va rilevato che, con il primo motivo, la difesa ha inteso sollecitare una rivisitazione delle risultanze probatorie per inferirne una inidoneità dimostrativa degli addebiti, riconosciuta invece con ragionamento del tutto logico dai giudici del merito proprio alla luce delle prove testimoniali.

Con tale incedere argomentativo la difesa ha omesso un effettivo confronto, come denuncia la stessa affermazione secondo cui la identificazione sarebbe avvenuta solo in virtù di una foto segnaletica dell’imputata.

Quanto, poi, alla aggravante di cui all’art. 625 n. 2, cod. pen., la decisione si pone in termini di perfetta coerenza con i principi più volte affermati dal giudice di legittimità, a mente dei quali, essa delinea una condotta, posta in essere nel corso dell’azione delittuosa, dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosità, astuzia, scaltrezza, idonea, quindi, a sorprendere la contraria volontà del detentore e a vanificare le misure che questi ha apprestato a difesa dei beni di cui ha la disponibilità (Sez. U, n. 40354 del 18/7/2013, Sciuscio, RV. 255974, in cui, in applicazione del principio, la Corte ha escluso la configurabilità dell’aggravante nel caso di occultamento sulla persona o nella borsa di merce esposta in un esercizio di vendita self-service; sez. 4, n. 10041 del 6/12/2018, dep. 2019, Chaketadze, Rv. 275271, in cui, la Corte ha ritenuto configurabile l’aggravante in un caso di impossessamento di capi di abbigliamento realizzato mediante occultamento all’interno di una borsa schermata da fogli di alluminio, al fine di eludere il sistema di allarme del centro commerciale dal quale erano stati sottratti).

Nella specie, la Corte ha dato conto che non si era trattato del semplice occultamento della merce in una borsa, ma dell’impiego di contenitori che avevano consentito ai due complici, in maniera connotata quindi da particolare insidiosità, di superare i tornelli delle casse senza attivare l’allarme, la scoperta della sottrazione essendo avvenuta nell’immediatezza solo grazie alla memoria visiva di un commesso. Lo stesso dicasi quanto alla dosimetria della pena.

Oltre a rilevarsi, ancora una volta, il mancato confronto con le ragioni della decisione, con la quale – del tutto legittimamente – i giudici hanno valorizzato la personalità dell’imputata che, solo qualche mese prima, si era resa responsabile di analoga condotta criminosa, va ricordato che il giudizio di comparazione tra gli elementi circostanziali attiene esclusivamente al merito e che le circostanze attenuanti generiche sono state introdotte con la funzione di mitigare la rigidità dell’originario sistema di calcolo della pena nell’ipotesi di concorso di circostanze di specie diversa e tale funzione, ridotta a seguito della modifica del giudizio di comparazione delle circostanze concorrenti, ha modo di esplicarsi efficacemente solo per rimuovere il limite posto al giudice con la fissazione del minimo edittale, allorché questi intenda determinare la pena al di sotto di tale limite, con la conseguenza che, ove questa situazione non ricorra, perché il giudice valuta la pena da applicare al di sopra del limite, il diniego della prevalenza delle generiche diviene solo elemento di calcolo e non costituisce mezzo di determinazione della sanzione e non può, quindi, dar luogo né a violazione di legge, né al corrispondente difetto di motivazione (sez. 3, n. 44883 del 18/7/2014, Cavicchi, RV. 260627).

4. Alla inammissibilità segue la condanna dell’imputata al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità (cfr. C. cost. n. 186/2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Deciso il 27 aprile 2022.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.