Militare di leva morto a causa della meningite contratta nell’infermeria della caserma: per i genitori, riconosciuti i benefici economici (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro Civile, Sentenza 1 aprile 2022, n. 10631).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 38252-2019 proposto da:

(OMISSIS) GIUSEPPE, (OMISSIS) IDA, domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’ avvocato ANDREA (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, MINISTERO DELLA DIFESA, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi, ope legis, dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano in ROMA, alla Via DEI PORTOGHESI, 12;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 319/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 16/10/2019 R.G.N. 991/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/02/2022 dal Consigliere Dott.ssa Alfonsina DE FELICE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott.ssa Rita SANLORENZO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato EMANUELE (OMISSIS);

udito l’Avvocato ANDREA (OMISSIS).

R.G. 38252/2019

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Venezia, a conferma della pronuncia del Tribunale di Treviso, ha rigettato la domanda proposta da Giuseppe (OMISSIS) e Ida (OMISSIS), diretta alla concessione dei benefici assistenziali di legge in quanto familiari superstiti di Giorgio (OMISSIS), militare di leva presso la caserma di San Giorgio a Cremano, deceduto nel febbraio 1984 a seguito di meningite contratta per contagio all’interno dell’infermeria, ove si era recato per sottoporsi ad una visita medica.

La Corte territoriale disattendendo la domanda attrice non ha riconosciuto al militare deceduto la qualifica di soggetto equiparato a vittima del dovere, ritenendo che il comma 564 dell’art. 1 della I. n. 266 del 2005 imponga di conferire siffatta qualifica soltanto nei confronti di eventi legati a un’attività specifica intrinsecamente pericolosa e non anche ad accadimenti derivanti dall’esposizione a un fattore letale.

In altri termini, la Corte territoriale non ha inteso porre l’evento mortale in relazione causale e temporale con lo svolgimento dell’ordinaria attività di servizio, sostenendo che l’evento letale non si era determinato nell’ambito di una precisa missione assegnata al militare di leva, dal momento che questi non svolgeva servizio in infermeria né come guardia ordinaria di vigilanza, in condizioni ambientali di freddo intenso, tali da determinare l’aggravamento del rischio di contagio.

La Corte ha rilevato ancora che non era risultato che l’infortunio alla caviglia fosse avvenuto durante l’espletamento dell’ordinaria attività di servizio e che il militare si era recato in infermeria come mero paziente e non nello svolgimento di un incarico istituzionale a lui assegnato.

La causa del contagio era dipesa, in definitiva, dal fatto che all’interno dell’infermeria, presso la quale egli si era recato come paziente, erano ricoverati altri commilitoni con sospetta meningite.

E’ sulla base di tale percorso argomentativo che la Corte d’appello, richiamandosi alla sentenza di questa Corte n. 22686 del 2018, ha escluso il ricorrere delle condizioni richieste dall’art. 1, comma 564, della I. n. 266 del 2005, ai fini del riconoscimento dei benefici riservati ai soggetti equiparati alle vittime del dovere in capo ai genitori del militare deceduto in quanto familiari superstiti.

La cassazione della sentenza è domandata da Giuseppe (OMISSIS) e Ida (OMISSIS) sulla base di un unico motivo, illustrato da successiva memoria.

Il Ministero della Difesa ha depositato tempestivo controricorso.

Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, parte ricorrente deduce “Violazione dell’art. 1, comma 564 I. 26/05, art. 1 commi b e c d.p.r. 243/06”.

La sentenza impugnata avrebbe ritenuto erroneamente che, non essendosi in presenza dello svolgimento di una “missione di qualunque natura”, non sarebbero configurabili le condizioni ambientali e operative tali da concretizzare quel rischio che giustifica il riconoscimento della qualifica di soggetto equiparato a vittima del dovere in capo al soggetto interessato.

Il motivo fa appello alla giurisprudenza di questa Corte al fine di sostenere che le “particolari condizioni ambientali ed operative” richieste dalla legge possono essere configurate anche nel caso in cui, pur non essendovi stato uno specifico incarico o lo svolgimento di una specifica mansione, è l’attività di servizio in sé ad esporre il soggetto ad un rischio anomalo.

In definitiva, parte ricorrente sostiene che nel concetto di “missione di qualunque natura” ex art. 1, comma 564, della l. 266/2005 e art. 1 lett. b, del d.p.r. 243/ 2006, va ricompreso anche il servizio di leva e che le “particolari condizioni ambientali e operative” in cui esso si svolge giungono fino a ricomprendere le condizioni ambientali di igiene e sicurezza; che l’omissione del dovere di sorveglianza sanitaria e di isolamento degli infetti (che nel caso in esame mangiavano insieme agli altri militari e venivano ricoverati in infermeria con i colleghi non affetti da contagio) da parte dei responsabili, concretizza esattamente quel rischio specifico che giustifica il riconoscimento della qualifica dei ricorrenti quali familiari superstiti di soggetto equiparato a vittima del dovere.

Il motivo merita accoglimento.

Va premesso che il richiamo al precedente, al quale la Corte territoriale fa espresso riferimento (Cass. n. 22686 del 2018), si rivela inconferente nel caso in esame.

Nel caso di specie, infatti, il punto dirimente non è costituito dal perimetro di tipizzazione delle attività che possono dar luogo al riconoscimento della qualifica di vittima del dovere, ossia all’ampiezza del concetto di missione, sì come estesa a tutti i compiti svolti dal personale militare resi per funzioni operative, addestrative, logistiche su mezzi o nell’ambito di strutture, stabilimenti e siti militari.

Quanto emerge nella fattispecie in esame è, altresì, indipendente dalla causa dell’infermità, e concerne la circostanza, tutt’affatto diversa che, nell’impossibilità per il militare in servizio di leva obbligatorio di rivolgersi a strutture sanitarie alternative, egli è stato, di fatto, esposto obiettivamente ad un rischio specifico in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti d’istituto.

Nel caso di specie, Giorgio (OMISSIS) aveva corso un rischio non generico che in nessun modo può essergli imputato, e nemmeno è riferibile a una missione compresa nelle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti d’istituto.

I militari affetti da contagio non erano tenuti in quarantena, ma ricoverati in infermeria a contatto con i militari non infetti.

Il rilievo è sufficiente a configurare la sussistenza delle “particolari condizioni ambientali o operative” in capo al militare di leva in servizio obbligatorio, il cui decesso è dipeso dalla ragione obiettiva per cui, quella di rivolgersi all’infermeria costituiva una scelta necessitata, non avendo egli nessun’altra possibilità riguardo al permanere o non all’interno dell’infermeria e della stessa caserma.

Dunque la Corte territoriale, che ha dato, comunque, conto del subentrare delle cause specifiche e straordinarie che hanno modificato radicalmente le “condizioni ambientali e operative” del servizio, rendendole rischiose al punto tale da costituire un vulnus per vita stessa dei militari, non ha tratto da tale accertamento le necessarie conseguenze – a meno di non voler considerare “fisiologica” l’inerzia e la scarsa vigilanza degli organi superiori militari – il che entrerebbe in collisione diretta e immediata con il principio costituzionale di tutela della salute e sicurezza, nonché con le corrispondenti tutele contemplate negli ordinamenti civile e militare a salvaguardia dell’integrità fisio – psichica della persona, e, segnatamente, del personale in servizio di leva.

La lettura degli atti reclama, in conclusione, la stigmatizzazione dell’operato della pubblica amministrazione nella gestione igienico – sanitaria della caserma di San Giorgio a Cremano, così come accertata nel giudizio di merito, che ha messo a rischio la salute e la stessa incolumità del militare di leva Giorgio (OMISSIS), al quale va, pertanto, riconosciuta la qualifica di soggetto equiparato a vittima del dovere, con le dovute conseguenze di legge nei confronti dei genitori superstiti, attuali ricorrenti.

In definitiva, il ricorso va accolto.

La sentenza impugnata va cassata, e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione, anche sulla determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

In considerazione dell’esito del giudizio, dà atto che non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione, anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, alla Pubblica Udienza del 2 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria, oggi 1° aprile 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.